Guadagnare col mobile journalism: sette consigli utili

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Guadagnare di più con il mobile journalism: si può.

Si, ma come faccio a guadagnare di più? Ecco la domanda più ricorrente che mi fanno quando parlo del mobile journalism. Ti presento alcune risposte, ma alla fine ti farò anche io una domanda: continua a leggere. Mi sembra doveroso premettere una cosa, l’ho capita qualche giorno fa guardando un video del collega, appena “acquisito” da Cnn International, Yusuf Omar. Nel suo primo giro via Snapchat della redazione nella quale era appena entrato, Yusuf ha incontrato Christiane Amanpour.

Mi ha impressionato una frase: “Il giornalismo sta benissimo e, proprio in questo periodo, è successa una cosa che ha addirittura migliorato la sua salute: è l’elezione di Trump. Ecco, proprio in questo momento, il giornalismo ha l’opportunità migliore di rivelare la sua vera funzione. Forse la migliore della storia“. Sai, ne sono convinto: il giornalismo non è per nulla in crisi, anzi scoppia di salute. In crisi, perlomeno in Italia, sono i giornalisti e gli editori, che non sanno da che parte andare…

La direzione è mojo.

Mi ha molto rallegrato quella frase, nel panorama di una situazione del lavoro giornalistico italiano che definire avvilente è eufemistico. Il mojo è la direzione verso la quale andare per ritornare ad avere valore con i linguaggi e i tempi che impone il mercato di oggi. E’, sinceramente, una delle poche soluzioni praticabili e la migliore in quanto a possibilità di ritornare a essere, come giornalisti, decisivi. Non sono uno studioso di economia, ma solo un cronista che ha imparato da alcuni errori e ha studiato. Quindi i principi che ti racconterò in questo articolo non hanno la presunzione di essere dogmi, ma ragionamenti basati sulla ricerca e sull’esperienza che potrai utilizzare declinandoli come ti viene meglio nella tua vita professionale.

Consiglio uno: l’attrezzatura e i sotfware costano meno

Il mobile journalism ha un costo pari a un terzo del video giornalismo normale. Con 1000 euro si può costruire un kit (e presto te ne parlerò) che ha la possibilità di riprendere immagini in 4k e un audio perfetto. Se poi vuoi esagerare ne puoi spendere anche 3000, ma con 3000 euro, se il tuo obiettivo è il semplice giornalismo, ci prendi solo una telecamera professionale. Ecco le differenze di scala del prezzo. In un’economia come la nostra, tuttavia, è importante il ragionamento che sta alla base. Il tuo hardware ce l’hai già nella tasca della giacca: qualunque telefonino moderno, con un processore un po’ decente, può rappresentare per te già l’inizio della possibilità di vendere dei contenuti realizzati con una device mobile.

Anche il software costa meno, visto che per acquistare una app per immagini perfette ci vogliono, al massimo, 11,9 euro (dalla parte del mondo Android), mentre il prezzo di Kinemaster è attorno ai 30 euro annui (ti sto dicendo sempre il costo più alto. Dal lato della mela, invece, il prezzo di Luma Fusion, dell’azienda Luma Touch è di poco sotto i 40 euro, ma per sempre. Vuoi comparare questi prezzi con quelli dei software di montaggio per Mac o PC? Te ne dico uno. Per la licenza mensile da acquistare online la Adobe cede il suo Premiere Pro CC a 36 euro mese. Ripeto 36 euro mese: può bastare come economia di scala?

Consiglio due: linguaggio è unico (e va venduto come tale)

Da quello che vedo e che sperimento, il linguaggio del mobile journalism è unico, particolare, difficilmente replicabile con gli strumenti classici del videogiornalismo normale se non con costi tremendamente superiori. Per questo motivo una delle caratteristiche del prodotto che riuscirai a fare con il mojo è la sua particolarità di linguaggio visivo. Va venduta anche quella, cercando di produrre, nei propri video, una buona quantità di immagini pensate e realizzate portando al limite l’attrezzo. Ti faccio un esempio di un mojo reportage che è molto più facile realizzare con il mojo che con il vj. E’ del mojo Philipp Bromwell di Rte, la televisione di stato irlandese.

Il video di Philip Bromwell
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Un’inquadratura tipicamente mojo del servizio di Philipp Bromwell.

Alla fine qualsiasi telecamera potrebbe arrivare allo stesso linguaggio, ma con dispersione di tempo e di risorse almeno doppia. Quella che vedi qui, per esempio, è una delle inquadrature classiche della narrativa del mobile journalism che con un iPhone 7 può essere fatta con maggiore velocità, minori risorse (filtri, supporti, etc) e minore impatto sul soggetto ripreso rispetto a quanto si può ottenere con una camera, per piccola che sia. Ecco perché il linguaggio del mojo è diverso e va venduto come particolare. Vale di più, nel senso che può andare oltre i limiti dell’inquadratura classica e costa di meno. Naturalmente dipende dalla notizia, dalla storia, dal modo in cui viene narrata, ma chi fa mojo deve saper vendere anche la diversità del mobile journalism rispetto al linguaggio visivo classico che si può vedere oggi nella maggior parte dei lavori.

Consiglio tre: due video nel tempo di uno.

Anni di esperienza mi hanno fatto capire che 3 minuti montati dal campo e chiusi con la tecnica del mobile journalism ti portano via 2 ore circa, tra arrivo sul campo, produzione immagini, montaggio e deliver. Succede quindi molto spesso che il mojoer consegni il lavoro già quando il videogiornalista classico sta riversando il materiale e iniziando a montare. Il video giornalista normale sta quasi il doppio del tempo. Faccio il conto della serva. Per un servizio base i siti nazionali danno un’ottantina di euro, quando va bene. Non è la paga giusta per il lavoro, ma se io nello stesso tempo di un video giornalista normale ne faccio due di video (tenendo allo stesso livello la qualità e liberando il linguaggio), beh, la mia paga comincia a rinormalizzarsi.

Consiglio quattro: sto facendo più prodotti contemporaneamente

Il mojoer, quando produce una cosa sul campo, la produce e la pensa in modo multimediale. Con un’operazione facilissima può scattare foto mentre filma, con la stessa operazione di acquisizione di un’intervista sta facendo anche un’audio di qualità. Per questo motivo, per eccesso, mentre un mojoer fa un video, potrebbe riconiugare lo stesso materiale in un pezzo per una radio e un testo con fotografie di qualità per un giornale o un sito che gli chieda un articolo scritto. Il video, quindi, è l’equivalente della storica libreria Billy, scheletro iniziale sul quale la mitica Ikea costruisce oltre la metà dei suoi prodotti di arredamento. Chiamalo giornalismo Ikea, ma comincia a stratificare le tue collaborazioni. Ora lo puoi fare.

Consiglio cinque: il self publishing

Con le tecniche del mojo è anche più facile autoprodursi e diventare editori del proprio lavoro. I primi 4 principi, infatti, permettono a tutti di diventare giornalisti e le piattaforme di diffusione dei contenuti aiutano tutti a diventare editori. Certamente in questo campo entrano dinamiche differenti, ma se si riesce a essere un punto di riferimento in un determinato campo o a coltivare un proprio brand, non è lontano il momento (anzi posso dire che è già presente) nel quale puoi diventare editore dei tuoi contenuti e farti pagare per questo. Nel blogging o nei canali Youtube avviene già da tempo, ma con la conversione verso il video di tante altre piattaforme, come Facebook, le opportunità di guadagno aumenteranno considerevolmente.

Consiglio sei: usi diversi dalla produzione giornalistica

Con le tecniche del mojo è possibile creare uffici stampa multimediali ad alta resa per creare contenuti adatti a qualsiasi necessità di un’azienda o, in generale, di un business. Una volta diventato patrone del mobile journalism, per guadagnare meglio, potrai proporre ad aziende di costruire lo storytelling del loro business in un modo unico e davvero particolare. Con gli strumenti del mojoer, infatti, potrai tirar fuori dalle immagini più calore e coinvolgimento per i clienti di qualsiasi videomaker classico. Potrai portare il cellulare in stanze, su tavoli e in posti delle aziende dove una telecamera ci va con molta più difficoltà e far raccontare il business che si sta sviluppando in una maniera più informale e, a tempo lungo, vincente. Nella consulenza di comunicazione politica, ma anche nei servizi a youtuber o public speaker, il mobile journalism può avere un ruolo innovativo, veloce e qualitativo. E tu ci puoi guadagnare.

Consiglio sette: la realtà è immersiva. E tu?

Il mojoer ha dimestichezza con i prodotti visuali a realtà immersiva e con le nuove tecniche di VR, ma anche con la fornitura di servizi per il live su tutte le piattaforme. Questi sono servizi che si possono integrare con la tua produzione giornalistica ed editoriale. Non te lo dimenticare. Video a 360 gradi, se fatti bene, possono avere prezzi molto alti e tu ci puoi guadagnare. Finalmente.

Il giornalismo sta benissimo, sono i giornalisti e gli editori italiani che non stanno molto bene. Il mobile journalism, però, può far guadagnare te e guadagnare loro. Vale la pena provarci.

L’ultima domanda: sai qual è, tuttavia, il fattore che fa la differenza nel mobile journalism per poter guadagnare di più? Io sì. Sei tu.

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