Festival del Giornalismo di Perugia: impressioni di un mojo

Festival del Giornalismo di Perugia

Festival del Giornalismo di Perugia: a place to be.

Sono tornato a Milano da poche ore e ho ancora negli occhi le impressioni forti che mi ha regalato il Festival Internazionale di Giornalismo a Perugia, edizione 2017. Per chi vuol fare innovazione in questa professione è una autentica “place to be”, un posto dove essere. Ogni anno, per vedere la professione che cambia e i confini del possibile, dei nuovi linguaggi, dei nuovi strumenti, che si allontanano un po’ e la terra da correre e da conoscere che diventa più larga, più lunga e più sconosciuta. Quindi da esplorare. Per la nostra professione, in Italia, va quindi considerato come un imprescindibile punto di riferimento per conoscere lo stato delle cose, ma soprattutto per inventarsi un futuro. La prima impressione, ma quasi il primo appello che faccio, è che il calendario ha offerto anche troppo lasciandomi l’impressione di avere assaggiato più cibi senza riuscire a mangiarne veramente uno.

Quello che non ho apprezzato.

Ho visto tanto mondo in poco tempo nelle aule e nei corridoi di questo bellissimo festival, di questa manifestazione di grande respiro. Ho visto anche tanti colleghi che si parlano addosso, tantissima autoreferenzialità, tanta supponenza. Mi sono molto divertito a passare fuori dalle sale dove avvenivano i panel e a sentire frasi come “O, ‘sto qua che parlava non mi ha detto niente che non sapessi”. Poi ho visto capi e capetti, colleghini e collegoni discettare del futuro della professione senza averne alba. Ho evitato di salutare tutti quelli che conoscevo, scientemente. Il motivo per cui ero lì non era quello di parlare con qualche capoccia di qualche giornale che conosco per sapere quanto male va il giornalismo. Il  motivo per cui ero lì era imparare.

Ero lì per imparare.

Ho evitato come la peste, infatti, panel con i signori del giornalismo italiano e non ho partecipato a panel su argomenti conosciuti, grandi fatti, grandi eventi del nostro tempo. Mi sarebbe piaciuto partecipare a eventi del secondo genere, ma non l’ho fatto perché ho pensato che il Festival fosse un modo di imparare, una vetrina per imparare quello che non so o avere strumenti ulteriori per migliorare il mio futuro professionale e quello di chi segue la comunità italiana di mojoer che dirigo. Per questo ho scelto solo panel su argomenti che riguardano il domani e gli strumenti per rinnovarsi e ho fatto domande. Ovunque. Già, perché se non sei al IJF2017 per fare domande, mi dici per che motivo ci sei andato?

Le major del web mettiamole in difficoltà.

Un altro piccolo appunto. Nell’evento sono entrare Amazon, Google e Facebook, ma spero che l’evento stesso non si pieghi troppo alle logiche di questi grandi player del web e sappia metterli in difficoltà creando un confronto che migliori il mondo delle news in senso democratico e che cerchi di far emergere qualsiasi producer serio di notizie che meriti attenzione. Non solo quelli che pagano le inserzioni….

Quello che ho apprezzato.

Beh, i panel che ho messo nel programma e cui ho partecipato mi hanno regalato molte indicazioni operative, molte suggestioni, molti strumenti. Erano tutti sul futuro, sulle novità della produzione di contenuti, sugli strumenti professionali per vivere meglio la professione, per elevarla, per migliorarne la redditività economica. Ho amato molto le chiacchierare con i mojoer stranieri che ho incrociato, i quali mi hanno fatto vedere importanti ricerche e nuovi stimolanti orizzonti. Ho apprezzato molto anche la conoscenza fatta con i colleghi mojoer della nostra comunità che mi hanno regalato feedback sul lavoro che sto facendo. E’ stato bellissimo venire via senza salutare alcuna faccia conosciuta e portandone via molte mai viste prima.


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