Giornalismo e mojo: un binomio possibile.
Al termine di Mojocon, la Mobile Journalism World Conference di Galway andata in scena dal 4 al 6 maggio, ho avuto l’occasione di parlare a lungo con il gran boss della manifestazione, il giornalista irlandese Glen Mulcahy. Il 43enne, capo dell’innovazione presso il broadcaster nazionale irlandese RTE, ha raccontato le sue sensazioni al tramonto della conferenza che, per tre giorni, ha tenuto assieme alcuni fra i pionieri del mobile journalism mondiale, parlando di un’edizione riuscita e improntata al “consolidamento. Ho visto case study coraggiosi – continua – che hanno fatto pensare che il giornalismo fatto con le device mobili è diventato parte del nostro lavoro di tutti i giorni“.
Un’ edizione di consolidamento.
Mojocon, nata proprio dalla testa di Mulcahy e dal suo visionario coraggio, è giunta alla terza edizione e ha mostrato senza dubbio come si possa fare del giornalismo di qualità con smartphone e tablet, lanciandosi anche nel mare dei video immersivi e nella realtà virtuale. “La prima edizione – afferma Mulcahy – era quella della novità. Si vedeva per la prima volta che nel giornalismo si poteva fare questa cosa. La seconda è stata quella della maturazione, mentre la terza ha fatto capire che il mojo può essere parte di tutti i processi produttivi. Mi ha fatto piacere vedere la comunità diventare forte e coesa, anche per merito di una città come Galway, magica nel creare contatti e far incontrare le persone”.
Un messaggio all’Italia.
“Stati che si affacciano per la prima volta a questo mondo – sottolinea Mulcahy – devono sapere di poter contare sulla nostra comunità. Va chiarito che la storia del mojo è molto giovane e ci è voluto molto tempo per convincere le persone che con smartphone e tablet si poteva fare giornalismo di qualità. Poi va anche chiarito che ci sono persone differenti al mondo, anche nella capacità di prendersi dei rischi. E comunità differenti. Non è una sorpresa, quindi, quella di vedere che ci sono paesi più avanti e paesi più indietro nell’accesso al mobile journalism che sta rivoluzionando il giornalismo. Basti pensare che perfino gli Stati Uniti, sul mobile journalism, sono dietro all’Europa. Quello di cui avete bisogno in Italia è una comunità, state facendo un buon lavoro“.
La forza di una comunità.
“D’altronde – afferma Mulcahy – Mojocon stessa è nata così’, come una comunità di persone che faceva mojo e si scambiava le practice per crescere insieme. Avete bisogno di replicare le stesse modalità, di fare gruppo, Meet Up, corsi, di avere dei case study, di diffondere la cultura in un piccolo gruppo di persone che poi faccia da diffusore del mobile journalism nel tessuto connettivo del giornalismo tradizionale“. Come un inarrestabile “virus”. La forza della comunità dei giornalisti, infatti si è vista benissimo in Irlanda.
Gli “avversari” più agguerriti.
Ora c’è da convincere gli editori a investire su questa fenomenale possibilità. “Paradossalmente – sentenzia Mulcahy – quelli più diffidenti sono proprio gli imprenditori televisivi. Quando direte loro che si possono fare con un telefono le stesse cose che stanno facendo con infrastruttura milionaria, vi risponderanno ‘Bah, è come avere una Ferrari e andare in giro con una 500’. Devono capire che si sta creando un ecosistema mojo che parte dagli smartphone e arriva agli utilizzatori finali passando soltanto attraverso device mobili e bypassandoli“.
Entrare in questo mondo ridurrà il rischio di essere scavalcati a zero e non è una questione di riduzione dei costi, ma di sopravvivenza. D’altronde se c’erano qui gruppi televisivi come CNN e Al Jaazera perché vogliono vedere da vicino come va a finire ci sarà un motivo, no? Poi quando arriveremo alla connessione 5G l’ecosistema avrà un avanzamento inarrestabile e le televisioni rimarranno fuori, con la loro eredità milionaria di infrastrutture“.
Il futuro, con le proprie gambe.
Mojocon 2018 potrebbe avere un volto completamente diverso ed essere autonoma. “RTE sta ristrutturando ancora e potrebbe considerare questa conferenza come un orpello e non come core business – conclude Mulcahy -. Io, tuttavia, ho investito un’enorme parte della mia vita su questa creatura. Assicuro fin da ora che, se RTE dovesse decidere di tagliarla, io lascerò la tv e andrò avanti da solo“. Una strada tracciata, sulla quale bisogna mettere anche gli editori e i sindacati, per una rifondazione ampia del giornalismo. In tutto il mondo.
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