Brand journalism: raccontare i sogni è davvero Speciale

Brand journalism

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Brand Journalism: si parla di un marchio e del suo sogno.

Uno dei campi nei quali il mobile journalism può rappresentare un linguaggio peculiare e un’opportunità importante per chi lo pratica è quello del Brand Journalism. In questi mesi sto vivendo un’esperienza professionale di grande soddisfazione con il designer Gianni Speciale e la sua “firma” di esclusivissime biciclette artigianali realizzate in legno. Gioielli unici, “diamanti” a due ruote, se vogliamo facilissimi da raccontare. Il motivo? Sono emozionanti e il brand journalism, nuova tendenza delle pubbliche relazioni delle aziende, quello racconta: l’emozione. L’emozione che si prova ad avere quel determinato prodotto, a vestire quel capo, a pedalare quella due ruote.

Con il team di Speciale abbiamo deciso di partire raccontando il “daydream”, il percorso, il sogno a occhi aperti di un artigiano che ha oltrepassato i confini della sua stessa natura per diventare un vero designer.  In grado di creare delle bici talmente belle da essere considerate un oggetto da esposizione. Ecco l’inizio della nostra nuova immagine digitale, prodotto tutto con tecniche di mobile journalism.

 

 

Questione di valori.

Il brand journalism è uno dei nuovi sbocchi professionali per il giornalismo perché è dai giornalisti che va sviluppato. Ormai il consumatore è attivo, informato, preciso, esigente e veloce nell’arrivare al punto. L’azienda, di conseguenza, che vuole proporsi in modo efficace sul mercato, deve diventare una produttrice di contenuti che abbiano dignità di notizia. News che possano regalare informazioni inedite ed esatte a chi, potenzialmente, vuole acquistare un bene, specialmente se di “super lusso” come quello nel video. Per questo il brand journalism è questione di valore e di valori. I quali vanno amministrati secondo la deontologia professionale dei giornalisti e secondo l’onestà del codice deontologico dei giornalisti (ammesso esista ancora, scusami la battutaccia).

Qui ci trovi il mio mojo.

Non c’è dubbio che ho cercato di dare la mia impronta a questo video. Con un ragionamento semplice: gli effetti sono pochi, le inquadrature semplici e intense. Come quella della foto in testa a questo articol. Foto che ritrae il designer che “si abbraccia” proprio mentre, nel suo discorso, dice le parole “l’abbraccio del manubrio”. Non voglio tirarmela, ma voglio farti un esempio: il mobile journalism è il solo linguaggio delle professioni visive che possa darti questo tipo di immagini pensate. Ad alta qualità concettuale e con un prezzo contenuto. Questo è tutto il mio mojo, anzi questo penso che sia il mojo. La possibilità di raccontare un’emozione con un video pensato “frame per frame”, con un attrezzatura semplice e con un tempo dimezzato rispetto al consueto tempo di esecuzione di un lavoro del genere. Brand journalism e mojo: binomio vincente.

 

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