Dati personali “rubati”: beh, forse ne dobbiamo parlare.
Sarò pure un cretino, ma ho deciso di fare un pezzo sui nostri dati personali online, su tutta quella serie di informazioni che noi, ogni volta che accediamo a una app sul nostro cellulare, regaliamo, spesso inconsapevolmente, ai gestori di questi software per cellulari. Sono dati sensibili, a volte anche sensibilissimi (martedì Google Maps ha registrato la mia entrata e la mia uscita da un famoso ospedale milanese), che vengono gestiti, aggregati e riproposti sottoforma di servizi dalla App stessa, ma soprattutto vengono venduti alle aziende che, da questi big data, traggono (e fanno trarre) profitti enormi.
Le biciclette in sharing: pedali e regali dati.
L’argomento della gestione e della coscienza nell’amministrare i dati sensibili mi è venuto tra e mani qualche giorno fa, quando ho scritto questo pezzo sui servizi di Bike Sharing appena arrivati a Milano. La rivista Business Insider ha raccontato con molti particolari il megabusiness tutto cinese di questi velocipedi e ha ricondotto tutto al grande affare dei dati. Ho letto anche altri articoli su queste aziende e ho scoperto che fanno spallucce al fatto che il business in se sia in passivo. Il loro gran bel giochino e far soldi sui nostri dati personali online che spariamo ai loro server facendo pure la fatica di pedalare sopra i loro “registratori di dati” le biciclette.
Le App non sono mai trasparenti.
Nel mondo Android e nel mondo Apple ben poche si salvano. A cosa mi riferisco? Al modo in cui le App ti chiedono di poter registrare il tuo accesso e l’approdo a certi settori del tuo telefono. Certo, mi si potrà dire che senza l’accesso al mio gps la app Google Maps non può certamente indicarmi la strada. Mi si potrà pure dire che ormai sanno tutto di te, sanno chi sei e cosa fai, cosa pensi e cosa sogni, anche quando vai a fare la pipì, anche a telefono chiuso. Va bene pure questo, tuttavia il pensiero è un altro ed è semplice. Quei dati personali rubati col mio consenso (si fa per dire, perché nessuna app è assolutamente cristallina sull’uso che fa dei dati che le offro gentilmente) contribuiscono a creare valore: ecco, anche io ne voglio una parte.
Google Maps, cambia fatturati e sposta miliardi: e io?
Ti faccio vedere un semplicissimo video del tubo sulla precisione e sull’invasività dei dati personali che Google Maps mi ruba ogni giorno. Io sono un affezionato utente di Google Business, uso tutte le App inCloud, vivo sulla rete, lavoro nel digitale, consegno i miei dati con serena rassegnazione cercando, grazie alla tecnologia, di produrre ricchezza per me e per altri. Guarda il video, poi continuo il ragionamento.
why should I spread such important datas with apps and softwares without participating to the economic value that they have? #vitadigitale pic.twitter.com/J5quOV0M2Y
— Francesco Facchini (@frafacchini) 24 ottobre 2017
La prima cosa che mi viene da dire è che all’inizio o in una sezione ben chiara della App ci dovrebbe essere un lungo dislaimer sull’uso esatto che questa app fa dei dati che io le do. E’ inutile che mi inventi frottole: non c’è. Quando la app, la prima volta che la accendi, ti chiede accesso al Gps, alla macchina fotografica e all’audio, beh, sappi che lo fa per darti quel servizio, ma anche per vendere tutta una serie di dati personali rubati (con il tuo consenso) a enti terzi che gestiscono quei numeri per creare indagini o modificare valori importanti. Tu e io siamo il nulla nel grande gioco dei big data, ma se il nostro girare per la città come piccoli criceti vale miliardi di euro l’anno, beh, perché non dovrebbe valere qualche centesimo per noi?
Facciamo un ragionamento, anzi due.
Il fatto che dati come quelli che hai visto siano utilizzati per tarare valori di immobili o affitti, valori e prezzi delle case e delle cose circostanti o dei beni che possiamo acquistare, beh, deve imporre un ragionamento. Anzi due. Vuoi fare in modo che i dati personali che mi prendi siano rubati con la mia serena consapevolezza? Bene, lo ribadisco: spiegami come li usi dalla a alla zeta. A me, ma magari mi sbaglierò, non è mai comparso davanti un modulo di trattamento dei dati di Google Maps. Tuttavia so che c’è e so che fa parte del gioco e io questo gioco non lo voglio fermare, anzi.
Voglio fare un ragionamento folle come tutti i miei ragionamenti sulla vita digitale. I dati personali che ora mi vengono rubati con una mia parziale consapevolezza, siano presi come prima, magari anche di più. Però a una condizione: valutateli economicamente in un modo ragionevole, non dandomi qualche bicicletta gialla su cui pedalare (tra l’altro fornendovi ulteriori dati).
Stiamo mettendo addosso un numero sempre maggiore di sensori, stiamo consegnando alla rete un numero impressionante di… numeri. Ormai la creazione di valori, di tariffe, di prezzi, di servizi, di previsioni, di premi… si basa sui dati che tutti noi forniamo tutti i giorni in qualsiasi angolo del mondo. Sembra che quello che da queste app riceviamo in cambio sia molto: traffico, i posti dove siamo stati, gli orari migliori per andare nei negozi. Sembra un mondo alla portata di un click. Però il valore aggiunto che i dati aggregati di cui io e te siamo un’infinitesima parte contribuiscono a creare è notevolmente superiore.
Se il watch di Apple… parla del nostro cuore.
Ho avuto una strana sensazione quando ho visto la presentazione del Watch tre di Apple. Tutta quella attenzione legata ai dati del nostro cuore, quella possibilità di chiamare aiuto in caso di heart asttack… Mah, mi sono detto… se quei dati, quei numeretti che arrivano da ogni Watch di Apple sulla terra, andassero in mano alle assicurazioni, cosa succederebbe? Possono dirmi quanto vogliono che i server di quei dati sono inaccessibili anche all’FBI o alla NSA, ma non ne sono proprio convinto, perché non ne sono certo.
Per questo dico: è ora di parlare, tutti insieme, di dati personali che online mi vengono “rubati” con una consapevolezza parziale da parte mia. Ok, fatelo pure, ma da oggi mi batterò per due cose:
- Ditemi con chiarezza che uso fate di quei dati, a chi li date, a chi li vendete e perché. Care App, siate chiare nel trattare il cliente, basta mezze verità: sappiamo che quando ci chiedere di accedere al microfono non è solo per avere la possibilità di registrare i nostri audiomessaggi, ma anche per sentire dove siamo e cosa stiamo dicendo o facendo…
- Volete rubare i miei dati personali? Ecco, fatelo. Però dobbiamo parlare del valore che questi dati hanno sotto il profilo economico. Non è certo il valore di quei centesimi che mi elargite ogni tanto.
Quando parlo di dati personali rubati, lo faccio mettendo in campo una provocazione. Però è ora di cambiare registro: se volete davvero i miei dati, cacciate la lira, care le mie App.
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