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Le indicazioni di una settimana di corsi di mobile journalism.
La scorsa settimana ho affrontato per la prima volta l’esperienza di una docenza di livello universitario presso i Master della Iulm concernenti il mondo del “Beauty e del Wellness” e l’ambito professionale della “Food and Wine Communication“. Cosa è successo? Il finimondo naturalmente… in senso buono, un finimondo concluso con uno splendido minicorso base di mobile journalism nella community di Italianmojo, esattamente l’ultimo del 2017.
Quello che ho visto negli occhi degli altri.
Ti confesso: ero emozionato prima di cominciare questa esperienza, essendo completamente novizio della docenza. Niente, in pochi minuti mi sono sentito parte delle mie classi, gestendo didattica ed errori di “gioventù” (si, dai, almeno come professore sono giovane :-)) con estrema naturalezza. Ho attraversato la storia, la grammatica visuale, l’hardware, il software, il filming, l’editing, iMovie, Kinemaster, i trucchi e l’essenza di questa nuova materia con un obiettivo, sperando di raggiungerlo. Vuoi sapere qual era? Volevo che tutto sembrasse semplice. Volevo che le persone che avevo di fronte sentissero arrivare il “calore” di questa nuova cultura, la sua vicinanza e la sua immediata fruibilità, prima delle disquisizioni tecniche o di grammatica visuale. Volevo che il mobile journalism che stavo insegnando fosse semplice.
Quello che ho visto negli occhi delle oltre 50 persone che ho incontrato nei tre giorni di insegnamento è che sono riuscito a trasmettere questo valore, quello della semplicità del mobile journalism. L’ho visto nelle giovani studentesse del mondo del beauty, nel mondo più variegato che si interessa della cucina e del vino, ma anche nel mondo dei professionisti del giornalismo che sono venuti a Italianmojo sabato. Giornalisti di esperienza o comunicatori di vaglia, studentesse del mondo della bellezza o cultori della comunicazione del mondo del vino: tutti hanno recepito la semplicità di questa materia.
Correzioni del colore e gimbal? No, pure mojo.
Il mobile journalism che ho cercato e cerco di diffondere è puro e tende solo a far esprimere al massimo le potenzialità dello smartphone all’atto della produzione dei contenuti editoriali che sono utili alla professionalità di chi lo interpreta. Non sono andato dentro i tecnicismi, non ho “violentato” il mobile facendolo diventare un nuovo tipo di videomaking, ma un filo più sfigato. Il mobile journalism è e resta un linguaggio unico, differente, con i suoi enormi punti di valore e i suoi limiti strutturali. Renderlo criptico con potenti soluzioni tecniche e con importanti hardware di correzione dei limiti che ha la macchina, mi sembra un esercizio di una assurdità enorme. Insomma, mojo tecnico? No, pure mojo. Io vado da quella parte…
Il mobile journalism è una filosofia nuova e in continuo cambiamento
E quando parli di nuova filosofia o di nuova cultura, quello che devi fare se la studi è capirne quello che di buono può essere per te. Se la insegni, invece, la devi “girare” a chi la riceve con le chiavi in mano per aprire una porta che apre un mondo semplice e utile, chiaro ed efficace. Il mobile journalism è una filosofia nuova e un nuovo linguaggio, il quale fa rima con il cambiamento della prospettiva. Il mobile journalism è questione di storie da raccontare con l’agilità e la potenza del telefono, il quale non crea immagini che “replicano” il linguaggio della telecamera, ma ne fa nascere di nuove. Il linguaggio video del mobile è più vicino, più smarcato, più agile, più profondo, più intimo e più artigianale, se vogliamo curato. Sono molto felice di essere riuscito a farlo capire ai miei studenti. Ultima nota: il mobile journalism cambia tutti i giorni e trova nuove forme e nuovi hardware. Giovedì, con il prossimo articolo, ti racconto una esperienza diretta, un altro test sul campo che, per ora, puoi trovare sulla mia fanpage di Facebook. Il mobile journalism è anche questione di punti di visione della realtà.
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