Snapchat, Instagram e mobile journalism, un matrimonio possibile.
Due ragionamenti iniziali: parlare di snapchat è dura. Capire snapchat è un’ impresa.
Fare tanta fatica per una cosa che poi non resta e sparisce in pochi secondi è una situazione che noi comunicatori di una certa età non riusciamo a sopportare. Devo ammetterlo: ho seguito i panel a Galway 2017 di Yusuf Omar e sua moglie Sumaiya, ma ne sono uscito con le ossa rotte. Ho replicato a Galway 2018, a Mojofest e mi si è aperto un mondo perché ho compreso come utilizzare queste due app in modo da creare, sia con Instagram, sia con Snapchat, un linguaggio unico.
L’ho capito anche in molti mesi di studio del progretto Hashtag Our Stories che Yusuf e Sumaiya stanno portando avanti con risultati choccanti (naturalmente in positivo). Dal loro genio è uscito un linguaggio nuovo e inimitabile del video in verticale che parte dal presupposto che sia Snapchat, sia Instagram, sono editing tool da sfruttare a fondo per “pre-montare” video o per filmare in un modo innovativo, immediato, emozionante e “vicino”.
Quello che ho capito di Instagram.
Il montaggio è lineare, la storia è fatta di piccoli shot, le possibili aggiunte grafiche sono colorate, carine, qualche volta eccessive, ma efficaci. Il mondo di Intagram è un mondo che puoi vivere partendo dalle stories, filmarle con il senso di un racconto, dare loro una conseguenzialità o di senso o di tempo, per poi estrarle salvando la storia e ricevendo nel proprio rullino delle foto un pre montato, intero, di quello che è stato immesso nelle stories nelle 24 ore prima. Un modo, questo, di fare shooting di una storia vicina, viva, intima, veloce, per poi uscire dalla app e avere in dono un video (che può essere il racconto fatto e finito o una parte di qualcosa di più grande) già pronto. Instagram è in fortissima ascesa anche per la nascita di IGTV di cui ho parlato in questo articolo, ma c’è a mio avviso anche un altro motivo.
La tendenza “positiva” di Instagram.
Parlo di una tendenza di questo social che impone di postare più positività. Semplice il motivo: essendo, di base, un social visuale, non riusciamo tanto facilmente a buttare in pasto al web una foto negativa, tanto quanto, invece, ci viene facile vomitare un testo negativo. Facebook, invece, essendo nato testuale, ci viene più naturale usarlo come sfogatoio di quanto di peggio ci passi per la testa. Semplicemente perché dobbiamo mettere prima il testo e poi la foto, non prima la foto e poi il testo. Non è un discorso trascurabile e non è secondario pensare che Instagram, come editing tool, ci tocchi più da vicino perché ci impone positività.
Snapchat, però, batte tutti.
Pochi hanno capito la visionarietà di Snapchat per quanto riguarda il linguaggio video. Molti, me compreso, fanno fatica a capire perché devo smanettare così tanto su una app per far un video che dopo poco sparisce e comunque non ha un affaccio pubblico, a meno che tu noi sia un fenomeno. Eppure gli shot di Snaptchat sono i più colorabili, arricchibili, gestibili. La grande cosa che è capitata in queste ore è molto ben spiegata in questo moment di Twitter.
— Francesco Facchini (@frafacchini) 3 luglio 2018
Di cosa si tratta? Si tratta di un significativo passo avanti fatto fare agli Spectacles, finora considerati un gadget di poco conto. Ora uno snap girato con gli occhialetti può essere passato sul telefono ed esportato dalla applicazione in diversi formati. Uno di questi è a schermo pieno e può essere inserito nelle storie che si producono anche con montaggio normale e nel vecchio e caro 16/9. Con una mossa, che spero diventi una tendenza, hanno salvato dalla muffa migliaia di occhiali che stanno ancora nei loro magazzini e trasformato Snapchat, definitivamente in una magnifica editing tool al pari di Instagram e oltre.
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