Il gimbal? Non l’ho mai utilizzato nelle mie produzioni mobile. Ho sempre pensato che fosse uno strumento non necessario per fare bei video con lo smartphone, un po’ per i suoi difetti genetici e un po’ per non rendere artificiale il linguaggio video del telefonino. In carriera ho provato molti tipi diversi di gimbal e la risposta ai miei test era sempre la stessa: strumento inutile. Troppe imprecisioni nella progettazione, troppi difetti operativi, troppi problemi di collegamento allo smartphone. Credo di aver maneggiato almeno 7-8 gimbal, i quali mi hanno portato agli stessi accadimenti.
La questione filosofica
Dei gimbal ho anche sempre odiato il fatto che rappresentano un esoscheletro che cambia il senso delle inquadrature di uno smartphone, rendendole troppo ferme, troppo pulite, troppo cinematografiche. Sarà anche una questione filosofica, ma tutto quello che trasforma il telefonino in una videocamera non è proprio benaccetto nel mio modo di vedere la produzione dei contenuti video nell’ambito della mobile content creation. Un gimbal, per me, è sempre stato una specie di additivo artificiale alle inquadrature del mio telefonino. Lo smartphone, invece, deve saper esprimere inquadrature sporche e vere, per avvicinarsi alla realtà senza il limite della pulizia grammaticale tipica della tv e del cinema.
Poi è arrivato il gimbal OM4
Ok, pensavo tutte queste cose fino a pochi giorni fa, quando è arrivato il nuovo gimbal della DJI Global, l’OM 4. Gimbal che mi ha messo fuori gioco. Già, perché con il nuovo strumento l’azienda di Shenzhen sembra aver messo a posto ogni problematica rispetto ai precette di gimbal. In due mosse.
Il primo cambiamento
Ha cambiato la staffa di attacco allo smartphone del braccio motorizzato, liberando in un baleno tutte le prese del telefono (tipo quella per metterci un microfono) che erano bloccate dai progetti degli improbabili gimbal che hanno preceduto questo prodotto innovativo. L’attacco dello smartphone ha due opzioni: la prima è una leggerissima staffa in alluminio con attacco magnetico; la seconda è un medaglione da attaccare al retro del telefonino. Piccolo problemino, con quel bollo di metallo lì dietro ti puoi scordare qualsiasi tipo di cover…
La seconda soluzione
Il secondo grande lavoro sul gimbal OM4 è stato sulla fluidità e sulla resistenza del braccio e del motore di movimento. L’ho stressato in mille modi, ma non si è mai staccato dal contatto con lo smartphone, dimostrando affidabilità perfino durante inquadrature in corsa. Tutti i precedenti, nel corso del lavoro, staccavano il bluetooth o impazzivano facendo tremare lo smartphone. OM4 non sbaglia un colpo, almeno secondo le mie prove sul campo. La batteria, poi, dura almeno due giorni di lavoro, altra caratteristica molto importante.
Il resto del gimbal
Il resto del gimbal lo fa il software, con funzioni come l’ active track che segue fedelmente il soggetto inquadrato, con i comandi a gesti e con tutta la tecnologia Dji a disposizione per timelapse, hyperlapse, foto panoramiche e zoom dinamico. Questo, però, non è merito dell’hardware, ma dei programmatori di Shenzhen.
Un gimbal veramente mojo
Da questo OM4, quindi, possiamo dire che mi sbaglio a considerare il gimbal un oggetto inutile. E’ arrivato lo strumento adatto per migliorare le tue inquadrature perché è diventato più leggero, veloce all’uso, facile e performante. E’ un gimbal veramente mojo. Alla fin fine, infatti, non impedisce allo smartphone di essere uno smartphone e alle tue inquadrature di essere mobile. Nonostante questo esoscheletro, quindi, la palla del gioco di fare meravigliosi video resta a te.
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