I giornali? Morti. E adesso?

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I giornali sono morti, un horror tutto italiano

Meno 191 mila copie in un mese per un totale che dà un numero poco lontano dal 1.300.000 copie in tutto. Con il Corriere della Sera  sotto le 192 mila copie e Repubblica attorno a 141 mila. Un horror per i giornali italiani nelle vendite a settembre 2021 comunicate qualche ora fa.

E adesso? Tutti a spacciare la loro verità. Al netto del covid19, al netto della crisi, al netto degli aiuti di stato, però, il panorama dei quotidiani italiani è afflitto da qualcosa di più profondo e più grave di una recessione economica.

Fra i mandanti dell’omicidio anche i giornalisti

I giornali italiani sono morti per mano degli editori che li hanno ridotti a foglietti pubblicitari, ma io preferisco puntare il dito contro la mia categoria. Siamo noi #giornalisti ad aver officiato il funerale. Con una terrificante mancanza di cultura digitale, con il mantenimento delle posizioni e degli orticelli, con le definizioni travolte dal tempo e con i “ma noi abbiamo sempre fatto così”. La verità è che siamo dei morti che camminano se non guardiamo dalla parte giusta.

Dall’unica parte possibile, quella del cambiamento. Della definizione di giornalista, delle competenze, dei clienti, delle scuole, dei corsi, dei modelli di business, dei luoghi digitali.

C’è bisogno di giornalisti 

Il bisogno di giornalisti è più alto che mai. Nelle aziende, nelle istituzioni, nei più svariati campi e nei più svariati modi. Servono giornalisti sui social, sui siti, sui blog, dentro i video, dentro le esperienze virtuali, dentro il metaverso. 

Serve cambiare tutto, tranne due cose: il ruolo di mediazione sociale e quello della produzione del contenuto. 

I giornali sono morti. I giornalisti no. Almeno non ancora. Basta guardare dalla parte giusta. La storia sta travolgendo i media di massa, ma non travolgerà le comunità che hanno bisogno di giornalisti come se fosse aria. 


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