Qualche tempo fa ho incontrato uno dei più grandi mobile journalist del mondo: è Dougal Shaw della BBC.
L’ho incontrato a Parigi, in occasione della conferenza La Video Mobile 2019. Stargli vicino per qualche ora, vederlo all’opera nel suo workshop, durante il quale condivideva i segreti del suo mojo, è stato un grande regalo. Si tratta di un grande giornalista, con una spiccata sensibilità per le storie che hanno le caratteristiche giuste per viaggiare lontano sui social. Di cosa parlo? Di storie che ci sono vicine, di storie che hanno una comunità dietro e che hanno bisogno di una ribalta per rivelarsi.
Sono stato al suo workshop.
A Parigi ho fatto da attento studente di primo banco al suo workshop, sezionando la sua prolusione parola per parola. Ho trovato subito il filo conduttore del suo lavoro, capendo, se mai ne avessi avuto bisogno, una volta di più che mi trovavo davanti a un genio. Di cosa sto parlando? Sto parlando della sua costante ricerca della semplicità al servizio della storia, passando anche per un uso attento, ma leggero, della tecnologia. Dougal ha mostrato il suo kit ti lavoro che entra tutto in uno zainetto e ha mostrato come quello zainetto può soddisfare tutte le sue esigenze liberandolo da attrezzature pesanti.
La tecnica a servire la storia.
La storia, nel suo lavoro, resta il centro e non viene “violentata” dalla prepotenza di certi mezzi tecnici. Il suo mantra è che la tecnica deve finire a servire quello che stiamo scrivendo per immagini. Non deve fare altro. Quello che ripete spesso è che il mobile journalism deve essere semplice e aiutare a pensare in modo semplice. Dopo l’ora di workshop, nella quale sono rimasto ammirato dalla sua capacità di rendere snello ogni ragionamento ed efficace ogni movimento quando è sul campo, mi sono fermato a chiacchierare con lui per sentire cosa vede nel presente e nel futuro del mobile journalism. Ecco la sua risposta: “Il mojo è semplice ed è per tutti, anche per quelli che non si credono giornalisti, ma lo sono”. Allargherò la base, quindi, del target del mio lavoro. Basta pensare al “journalism”, questa cultura è per tutti. Buona visione.
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