Il mondo dell’intelligenza artificiale terrorizza chi produce il contenuto.
Anzi, più in particolare, terrorizza i giornalisti. Già, proprio quella categoria professionale che dovrebbe essere più felice dell’arrivo al pubblico di questa tecnologia. Ti spiegherò questa affermazione, ma ora fammi mettere in ordine le idee. Ti racconto un paio di cose.
Guardare negli occhi i colleghi
Da alcuni mesi ho l’occasione di incontrare i colleghi grazie ai corsi di formazione che l’Ordine dei giornalisti della Toscana mi fa tenere sulle mie materie con la modalità online. Ogni volta mi trovo davanti una cinquantina di volti pieni di fatica, ma anche di energia. Il 18 marzo 2023 ho introdotto per la prima volta gli strumenti di intelligenza artificiale in un corso di podcasting in mobilità e ho dovuto subito sgombrare il campo in merito alle mie idee riguardo all’uso che il giornalista (o in generale chi produce contenuti per l’informazione) deve fare dell’intelligenza artificiale.
Un’idea semplice sull’intelligenza artificiale
L’intelligenza artificiale è una rivoluzione. Agli inizi, ma lo è. Si tratta di una tecnologia che cambierà per sempre il nostro approccio con le macchine e quindi anche con la produzione del contenuto. Ma che cos’è in realtà?
Semplice: è uno strumento
Uno strumento. Come una macchina da scrivere quando le macchine da scrivere non c’erano. Come internet, quando internet non c’era. L’Intelligenza Artificiale è un’innovazione che cambia un’epoca, ma è e resta strumento. Detto questo mi viene facile dirti con che spirito ho cominciato a studiare questo “aggeggio” e con che spirito ho cominciato a utilizzarlo. Semplice: con l’idea di capire come funziona (e sono agli inizi) e di comprendere dove, come e quando poterlo utilizzare per migliorare il mio lavoro (e magari anche la mia vita, già che ci sono). Il tutto stando sempre al centro dell’evoluzione del mio modo di lavorare. Non sotto, non sopra. Al centro. Mi spiego.
Il futuro del giornalismo e dei contenuti
Tanti anni fa ho fatto un corso alla Lumsa di mobile journalism. Credo fosse il primo in Italia. Entrato in aula ho chiesto ai ragazzi dove si giocasse il futuro del giornalismo. Mi hanno risposto in maniera variopinta, ma nessuno ha centrato il problema: si gioca nella distanza tra il professionista e l’intelligenza artificiale. Il giornalista di domani (e forse già di oggi) dovrà fare un passo indietro rispetto alla tastiera e a quelle fasi meccaniche della produzione del contenuto.
@fpmarconi says it clear. #journalism #artificialintelligence https://t.co/yaIJl0qmcd pic.twitter.com/En0JBn6pAp
— Francesco Facchini – Algoritmo Umano (@frafacchini) March 19, 2023
Ma avrà una grande possibilità in più: potrà ritornare a pensare. Potrà verificare i dati, le fonti, potrà progettare l’esperienza di lettura o di visione del contenuto, potrà tornare a vedere una notizia nell’insieme. Semplice il motivo: l’intelligenza artificiale farà le attività meccaniche al posto suo. Per questo dico: magari non picchieremo sulla tastiera rischiando refusi a ogni passo, ma potremo ritornare a pensare. Mi sembra una novità strepitosa.
This is the point. @fpmarconi https://t.co/2QV1B0piLv pic.twitter.com/Lu3EtWUWOq
— Francesco Facchini – Algoritmo Umano (@frafacchini) March 19, 2023
Intelligenza artificiale: un’arma per terrorizzare
Tornando al corso, ho sentito i colleghi terrorizzati dall’arrivo dell’AI nel mondo del giornalismo. Mi ha fatto impressione. Una in particolare ha riferito di essere stata a un corso di formazione nel quale si parlava di intelligenza artificiale nel senso di una minaccia per il nostro lavoro. I due estratti dal libro “Newsmakers” di Francesco Marconi, il massimo esperto del rapporto giornalismo-intelligenza artificiale (a mio modesto avviso), dicono bene che il terrore è ingiustificato.
Tuttavia mi sono messo a pensare a chi sta terrorizzando i giornalisti brandendo l’arma dell’AI come strumento capace di sostituire la professionalità dei colleghi. Naturalmente sto parlando degli editori in gran parte condizionati dallo scopo di diminuire i costi dell’industria dei media a vantaggio dei ricavi. Si tratta di un tranello dal quale i colleghi devono smarcarsi subito.
Il tranello da evitare
Come tirarsi fuori? Cambiando punto di vista. Sarà difficile, perché il giornalismo, specialmente quello italiano, è pervarso dalla retorica della sconfitta e della crisi e cadrà anche in questo buco. Il modo per evitare il tranello c’è ed è semplice: l’intelligenza artificiale bisogna conoscerla e utilizzarla, prima che ci travolga. Dobbiamo far capire a chi ci paga l’onorario che senza l’uomo e le sue capacità di interpretare la realtà e riconoscere le notizie non ci sarà futuro. Se gli editori italiani vogliono finire come quelli americani facciano pure. Cosa intendo? Intendo che i media statunitensi stanno utilizzando l’IA per fare contenuti in modo talmente smodato da far appiattire l’informazione verso il basso. Pensa che ora hanno anche il problema di pensare che fra i lettori degli articoli creati dall’AI c’è anche… l’AI. Come faranno a uscire da questo non senso? Con gli uomini e le donne che fanno giornalismo.
Tirando le somme sull’AI
Come al solito mi sono scelto la posizione più scomoda, ma te la dico chiaramente: combatterò con tutte le mie forze tutti coloro che usano l’intelligenza artificiale per terrorizzare i giornalisti, puntando alla loro “sostituzione” con delle stupide macchine. Difenderò, invece, l’uso dell’intelligenza artificiale come strumento per migliorare la qualità dell’informazione. Ne abbiamo veramente bisogno.
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