Autore: Francesco Facchini

  • Il Giornalista del 2025: dall’Intelligenza Artificiale agli AI Agent

    Il Giornalista del 2025: dall’Intelligenza Artificiale agli AI Agent

    Chi è un giornalista nel 2025? Cosa fa? Come lo fa?

    Essere un professionista dell’informazione, un giornalista, è una sfida. Una sfida che ha cambiato qualsiasi parametro, strumento, luogo, mezzo, mittente e destinatario. Fare il mio lavoro (e forse anche il tuo) è un percorso cambiato per sempre.

    Le cose da tenere

    Il giornalista è ancora un professionista che si occupa di una cosa precisa: il contenuto di informazione. In questa professione, se la vuoi interpretare, puoi quindi tenere ben presenti gli strumenti cognitivi, le capacità e il metodo. Come studi è fondamentale. Come apprendi è cruciale. Inoltre, cosa apprendi resta determinante per capire una cosa. Questo ti permette di saperla spiegare, rendere e trasferire a un pubblico.

    Il giornalista quindi rimane un mediatore della realtà. Prende una cosa, la fa sua, la trasferisce a un pubblico. Resta uno dei mestieri più vecchi del mondo. L’umanità ha sempre avuto bisogno di questa funzione: raccontare le storie, gli accadimenti.

    Il resto è da buttare.

    Le cose da cambiare nel mestiere del giornalista

    Lavorare come giornalista oggi è come fare l’astronauta. Sei sempre, costantemente, a contatto con l’ignoto. Non perché non sai quello cui vai incontro, ma perché non capisci se è vero. Negli ultimi anni, questo tipo di professionista si è dedicato a combattere le fake news. Tuttavia, l’epoca in cui viviamo oggi richiede una riflessione.

    Ha ancora senso distinguere il falso dal vero? Forse il giornalista deve fare un passo indietro e non interessarsi più di questa differenza. Deve interessarsi di trasferire a chi lo legge, vede, sente, le informazioni necessarie affinché sia lui a distinguere. Il giornalista, fino a ieri, ha avuto il compito di dirti “questa è la verità sostanziale dei fatti”. Oggi lo ha perso, se non altro perché la verità non esiste più (e forse non è mai esistita).

    Di conseguenza il giornalista deve cambiare: strumenti, metodo, media, committenti e destinatari. E approccio.

    L’intelligenza artificiale e il giornalista

    Nel mio lavoro di professionista del giornalismo ho iniziato a usare l’intelligenza artificiale ogni giorno. Per tutti i passaggi. Organizzazione, progettazione, produzione, formazione. La uso sempre.

    E come faccio?

    Come capisco che non mi sostituisce?

    Questa è la vera sfida del giornalista. Ecco i passaggi più importanti per fare in modo che al centro ci siano sempre il pensiero, i concetti, le parole dell’umano:

    • Grazie all’ingegneria del prompt, il giornalista deve rimanere unico nella progettazione delle informazioni. Queste informazioni devono condurre al risultato migliore per il suo pubblico. E per il mondo che lo circonda.
    • Una volta ricevuto l’output, deve verificarlo parola per parola e metterlo, per partito preso, in discussione.
    • Con i successivi prompt di correzione, deve eliminare errori, allucinazioni, bias, parzialità del contenuto.
    • Il giornalista deve poi fare in modo che la macchina, la IA, adegui perfettamente il linguaggio al suo pubblico.

    Rimaniamo umani, rimaniamo giornalisti

    Il giornalista del 2025 deve essere un AI journalist. Con la missione precisa di rendere “beneficial” per tutti il suo lavoro. Sai cosa vuol dire beneficial? Semplice: ogni cosa che realizza deve tendere al beneficio maggiore per il suo pubblico e per il mondo che lo circonda,

    Questa è la sfida. Ah, dimenticavo. Per generare una cultura che preveda l’interazione più etica tra uomo e macchina… ci vuole un giornalista. Ora perfino gli AI agent avranno bisogno di un giornalista. Un professionista che passa dal produrre il testo al progettare il contesto.

  • Cecilia Sala, il giornalismo di domani è oggi

    Cecilia Sala, il giornalismo di domani è oggi

    Il caso di Cecilia Sala alla fine del 2024 è un simbolo.

    La giornalista freelance che lavora per Chora Media e Il Foglio, famosa per il suo podcast Stories, è un simbolo. Cecilia Sala è il simbolo del nuovo giornalismo italiano e internazionale. Quello fatto dalle persone, dai professionisti che, con il loro lavoro, ora contano più dei media. Già, più di giornali, radio, tv e siti.

    Il 2025 sarà finalmente il loro anno, anche in Italia. Spero che sia anche l’anno in cui Cecilia Sala viene liberata e torna a casa. E spero sia presto.

    I media sono persone

    Ho guardato i social di Cecilia Sala da vicino e ho scoperto un mondo. Notizie, vita vissuta, volti, impegno, storie, conoscenza, spiegazioni. Ho visto i suoi social come quelli di Francesco Oggiano, di Gianluca Gazzoli e del suo BSMT, di Matteo Gracis e di Ciro Pellegrino. Frequentemente visito anche gli account di Nico Piro su X o di Carmine Benincasa, di Luca Talotta o Dave Legenda. Apprezzo molto Geopop e Cronache di Spogliatoio, mi piace da matti Francesco Costa. Alcuni sono freelance. Alcuni sono firme di media più tradizionali ormai divenuti più grandi del medium stesso per il quale lavorano. Alcuni sono diventati un’azienda.

    Su X c’è l’amico Giovanni Capuano, ma mi capita di leggere anche Maurizio Pistocchi. Su Youtube non perdo mai un video di Sandro Sabatini che ritengo un giornalista davvero con la “G” maiuscola. Vogliamo poi parlare di Fabrizio Romano, ormai fenomeno mondiale? Chiudo con Fabrizio Biasin e Daniele Mari, ma potrei continuare per molte righe.

    I media di oggi sono persone. Sono straordinari umani. Il più grande di tutti è Yusuf Omar (almeno per me). Questi individui sono talmente capaci di parlare il linguaggio dei social che hanno scalzato i media ed sono diventati medium. Guarda Masala e il suo Breaking Italy… oppure Tech Dale su Youtube. Gente bravissima che è informazione.

    Cecilia Sala è un simbolo

    Cecilia Sala è un simbolo di questa generazione di giornalisti che, ora come ora, è molto più importante dei media. Trump ci ha vinto le elezioni con i podcaster repubblicani, poche storie. Ha saltato tv e giornali tradizionali per arrivare al cuore del pubblico con questi giornalisti-medium. Sono loro, ormai, a informare il pubblico sotto i 50 anni, il pubblico che decide il futuro di un paese.

    Ormai l’Italia dinamica e giovane, quella che regge il paese e caccia le tasse, si informa così. Andando diretta verso giornalisti singoli, content creator, singoli account messi tra i preferiti.

    Journalist is the new medium… e allora?

    La cosa che ti ho raccontato vale per milioni di italiani e per centinaia di milioni di persone nel mondo. I giornalisti, i content creator che fanno informazione, sono i nuovi media. E adesso che si fa?

    Semplice: si esulta! Si esulta per la morte dei media tradizionali che restano attaccati a linguaggi della notizia ormai morti anche loro. Il giornale di carta… non esiste più. La tv? La vedono solo le nonne. I tg? Rimasuglio inutile di un mondo dei media sorpassato in modo definitivo da questi nuovi media-persone.

    Prima di avviarci a un 2025 davvero entusiasmante, dobbiamo attraversare due prese di coscienza. La prima la deve prendere questo nuovo pubblico che va verso i giornalisti-medium: deve verificare… sempre. Lo saprà fare?

    La seconda presa di coscenza la devono operare i media, gli editori e i giornalisti. Parlo di quelli che ancora non fanno parte di questo nuovo mondo. I media tradizionali devono accorgersi che sono morti nell’interesse del pubblico se non cambiano registro. Gli editori devono prendere atto che la generazione delle Cecilia Sala non la possono più trattare con sufficienza. Possono allearsi, ma con regole giuste, pagamenti e protezioni adeguate. Non possono più sconfiggerli perché questa generazione di produttori di contenuti di informazione è diventata grande. E può fare a meno di loro.

    I media sono morti, evviva i media

    In un mondo in cui c’è un social gestito da una sola persona (X), è difficile sapere cosa sia vero. Non è facile capire cosa non lo sia. In questo casino i media sono stati travolti dalla loro supponenza, dal pensiero che sarebbero sempre esistiti. Invece sono morti. Nel mare dell’informazione, ora, ci sono altri porti cui attraccare. Sono quelli dei giornalisti-medium che fanno un lavoro splendido. Alcuni sono talmente importanti che cominciano a parlare con le istituzioni. Alcuni straparlano o fomentano disinformazione, ma sta a te capire. Insomma, arriva il 2025 e ci porta il nuovo ecosistema dei media da interpretare. Fatto di persone come Cecilia Sala. Persone di cui abbiamo bisogno per capire quello che i media tradizionali hanno smesso di farci comprendere. Beh, sono morti, tutti. E sinceramente non mi mancheranno.

    Quello che va fatto, però, è ben altro. Ora l’informazione, le istituzioni dei media, il giornalismo, li deve riconoscere come fonti e li deve aiutare. Tutti quelli che ho menzionato in questo articolo e anche quelli che, se vuoi, puoi mettermi nei commenti, sono giornalisti. E sono importantissimi per il malandato concetto di democrazia e per i giovani, per il nostro futuro. Per cui liberate Cecilia Sala. Adesso. Buon 2025.

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    Il giornalista è una media company

  • Piattaforme digitali: dobbiamo parlare di luogo

    Piattaforme digitali: dobbiamo parlare di luogo

    Le piattaforme digitali che ognuno di noi ha a disposizione stanno diventando luoghi.

    E io e te dobbiamo parlarne un attimo. Siamo in una curva della nostra civiltà tecnologica. Abbiamo davanti molti strumenti digitali e molte differenti tipologie di connessione sociale, professionale e istituzionale che stanno cambiando senso.Le piattaforme digitali stanno cambiando senso: stanno, infatti, diventando luoghi e non solo semplici strumenti. Aesso ti spiego tutto.

    I social network non sono più loro…

    Lavori con il web, scambi messaggi con i social, ti connetti con il mondo con le app. Fai molte cose attraverso delle piattaforme digitali: acquisti, conoscenza, esperienze, informazioni, letture, scritture. L’epoca della comunicazione umana tramite i media di massa è finita. Ora ci sono tanti posti digitali dove vai a prendere le cose che ti servono o a cercarle.

    Nel frattempo anche i social sono cambiati. Erano posti dove leggevi dei tuoi amici, spiavi la loro vita, guardavi contenuti… perdevi tempo. Ora sono posti nei quali cerchi e vuoi cose più sostanziose. Altrimenti non ci entri più. Inutile dirlo, ma tanti social stanno perdendo utenti per un motivo: sono vuoti. Per fartelo capire ti chiederei l’ultima volta che hai trovato qualcosa di utile su Facebook… mi sa che farai fatica a ricordarla.

    Il web e le piattaforme digitali che vorresti

    I siti dei media, per esempio, sono, in pratica, invivibili. Giornali e testate, infatti, stanno scegliendo la via peggiore per darti dei contenuti. Tranne qualche rara eccezione tipo il “Post” in Italia. Di che via sto parlando? Della via del contenuto a pagamento dopo poche righe di testo, il maledetto paywall. I siti, però, hanno ormai una grande varietà di contenuti possibili da offrirti che andrebbe sfruttata. Potrebbero essere luoghi di dirette, di chat, di discussioni, di incontri, di concerti, di eventi. Tipo la chiacchierata che ho fatto con qualcuno di voi qualche giorno fa. E’ questa qui…

    La diretta sul concetto di luogo digitale fatta sul mio sito e caricata anche sul mio canale YouTube.

    Le piattaforme digitali che vorrei e che vorresti dovrebbero saper utilizzare tutti gli strumenti multimediali. Dovrebbero cercare interazione ed esperienza condivisa con i loro utenti. Alcune realtà lo fanno. Concerti su siti, eventi su siti, manifestazioni su siti. Si possono fare, potremmo farle insieme. I siti, quindi, che non si piegano alla logica del “se vuoi capirci qualcosa prima paga”, ci sono già. Il mio lo sta diventando e non smetterò finché non verrà percapito come un luogo digitale. Ecco, ma che cos’è?

    Piattaforme digitali? No, luoghi digitali

    Se vai su un social network e trovi più che una semplice informazione, stai attivando un’emozione o una reazione. Qualunque strumento digitale o web di fronte a te che ti attivi è un luogo digitale. Mi spiego: se quello che senti, vedi e fai su un sito o un social ti migliora… è un luogo digitale.

    Se ti arriva un messaggio di un amico che non vedi da tempo su Instagram, quello diventa luogo digitale. Perché quel messaggio ti emoziona, ti cambia anche solo per un attimo. Se vedi un video che ti spiega come risolvere un problema che pensavi irrisolvibile, beh, sei in un luogo digitale.

    Il luogo digitale è qualsiasi piattaforma ti permetta di agire e sentire, non solo di stare lì, passivo. Un luogo digitale è una piattaforma digitale che ti regali sensazioni, emozioni, sentimenti. Non solo informazioni. D’altronde i luoghi fisici sono questo: sono spazi che tu riempi di vita. Così sono i luoghi digitali: spazi virtuali che riempi di vita.

    Social e siti sono luoghi digitali

    Tanto per continuare: i miei social sono i miei luoghi digitali. Quando ci vado come utente mi connettono con le ispirazioni che mi servono. Scelgo account con accuratezza, vado solo su quelli. Quando pubblico sono il mio dialogo con gli altri. Il mio canale Youtube, per esempio, è un posto dove vivo e ascolto: per me è imprescindibile.Tanto per essere chiaro, ci sono anche luoghi dove scelgo anche di non andare. Uno di questi è “X”, ormai cloaca della stupidità umana. Se non hanno senso per me come persona, io su certi social non voglio stare. E tu?

    Le piattaforme social, quindi, sono luoghi digitali perché hanno reso più profonda la relazione con gli utenti. E stanno per diventare di più. Io, per esempio, frequento Horizon Worlds, il metaverso sociale di Facebook. Ecco: si tratta di una delle piattaforme digitali che è diventata luogo digitale perché solleva emozione. Non è solo un posto dove ci trasferiamo informazioni. E’ un luogo perché su quella piattaforma ci stiamo e ci staremo solo se ha senso… e dà senso.

    Una piccola definizione finale

    Insomma, il luogo digitale è un luogo virtuale, una piattaforma tecnologica che sa trasferire emozione a chi la usa. Uno spazio virtuale riempito di senso. Io lavoro e lavorerò su questo concetto per molto tempo. Voglio che anche questo posto qui sia un luogo digitale. Seguimi, vediamo insieme dove ci porta questa idea.

  • Sito Web: Da Vetrina a Luogo di Incontro

    Sito Web: Da Vetrina a Luogo di Incontro

    Voglio proprio farlo: voglio cambiare questo posto.

    Voglio capire come creare un sito web. Voglio che sia un luogo in cui vivo e lavoro. Lo voglio anche come luogo in cui incontro, parlo, ascolto, apprendo e insegno. Insomma un luogo digitale che sia pieno di senso. Questo concetto del luogo digitale l’ho ripetuto molto spesso. L’ho anche immaginato molto spesso e sognato molto spesso.

    Viviamo in un’epoca nella quale i siti, i media, i social network cambiano senso molto velocemente. Molti dei luoghi virtuali che frequentiamo non hanno una vera utilità per noi e, finalmente, abbiamo iniziato ad abbandonarli. Certi social, per esempio, non li frequentiamo più perché non ci danno alcunché. Altri perché fanno schifo. Anche i siti sono posti in cui spesso stiamo lì, passivi, a scorrere le colonne senza essere davvero presenti.

    Come creare un sito web che ti faccia vivere

    Il mio sito, per esempio, è stato per molti mesi una landing page che ti raccontava di me. Una facciata… con dietro nulla. Eppure io sono molte cose. Eppure i siti che frequento spesso mi danno talmente tanto che non mi sembra solo di prendere contenuti, informazioni notizie. Mi sembra di viverci dentro.

    Per il mio nuovo progetto voglio finalmente portare dentro la mia casa digitale il mio modo di essere internauta. Voglio includere sensazioni, emozioni e sorprese su queste colonne. Intendo anche aggiungere scoperte, notizie, documenti, contenuti e riflessioni che caratterizzano il mio stare sul web. Anzi il mio essere digitale praticamente dalla testa ai piedi.

    Voglio capire come creare un sito web che ti dia l’impressione di entrare nel mio ufficio. Anzi, nella mia casa digitale. Ho intenzione di trovare metodi per incontrarti, ascoltarti, trasferirti valore.

    Le prime cose che sto pensando

    In queste ore sto provando l’interfaccia di pagamento di Jetpack. Con quella ho intenzione di creare più livelli di questa casa digitale. Naturalmente se ti darò il mio lavoro, i miei documenti, i miei corsi, i miei studi, le mie informazioni… non sarà gratis. Quindi sono già partito con i primi test sul livello premium di queste pagine.

    Qui, però, vorrei che ci vedessimo, ci incontrassimo, ci parlassimo. Con la stessa facilità con cui ci telefoniamo o ci mandiamo una mail. Desidero che tu mi possa trovare qui, spesso.

    Presto aprirò una sezione contenuti e una dedicata ai punti di incontro. Io e te, d’altronde, ci vediamo abbastanza spesso. Sui social, nel mio canale Youtube, durante le dirette, dal vivo, nel mondo fisico, in aula, in giro. Perché non vedersi anche qui?

    Vado piano e spero nella tua compagnia

    Per creare la nuova versione di questo sito web andrò piano. Molto piano…

    Cercherò di trasformare ogni passaggio del mio lavoro nella sua versione digitale e interattiva. Comincerò da un punto di incontro. Continuerò con la parte contenuti. Concluderò con la parte media. Tutto quello che faremo qui lo faremo insieme. Desidero trasformare questo sito in un luogo in cui ci incontriamo e ci scambiamo delle cose. Cose di valore. Se ti iscrivi ti incuriosirò passo dopo passo. Faremo la strada insieme.

    Cosa troverai su questo sito web

    La prima parte del cambiamento terminerà quando avrò creato una sezione “Punto d’Incontro” e una che si chiamerà “Conoscenza”. Poi ce ne sarà una che si chiamerà “Contenuti”. In queste tre sezioni troverai la possibilità di creare un’interazione diretta tra di noi. Avrai anche la possibilità di accedere a tutti i corsi. Infine, potrai guardare i miei contenuti.

    I contenuti e i corsi saranno interattivi: conterranno prove, sondaggi e test. Il punto d’incontro sarà il posto dell’interazione diretta. Per ora così: poi strada facendo troverò modi nuovi di contattarti, di interagire, di stare con te. Ti aspetto qui, per ora al lavoro su questa nuova casa digitale.

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    I social network sono luoghi digitali.

  • Crescita canale YouTube: lezioni importanti

    Crescita canale YouTube: lezioni importanti

    Sto sviluppando il mio canale Youtube.

    In questo ultimo periodo di lavoro sulla crescita del canale Youtube ho capito alcune cose molto interessanti. Dopo un anno di lavoro sono arrivati i primi risultati di una certa consistenza. Ti metto qui alcune riflessioni su questa spettacolare piattaforma e sul momento in cui è “cambiato tutto”. Inoltre, troverai consigli sul suo pubblico e scoprirai le strategie che devi adottare per far crescere la tua comunità.

    Crescita del canale Youtube? Si, ma seria!

    Questa crescita del canale Youtube sarà seria e i contenuti più consistenti per le persone che si iscrivono. Quelli che leggerai qui sotto appunti derivati dalla mia esperienza diretta. È ciò che è realmente accaduto sul mio canale. È passato da 200 a 730 iscritti in poco tempo, tipo 3 mesi. Una crescita del canale Youtube verticale, sebbene statisticamente ancora non rilevante.

    Numeri insignificanti. Si, è vero, ma associati a una potente crescita delle visualizzazioni (ho aggiunto due zeri… ti basta?). Una specie di terremoto per una formica come me.

    Trovare la comunità del canale Youtube

    Un anno. Ci è voluto un anno di tentativi per individuare la comunità da intercettare. Per molto tempo ho parlato, sul mio canale, di argomenti che si avvicinano al mio lavoro. Smartphone, mobile content creation, social, IA: questi i mondi che affrontavo. Pensavo a un argomento, lo sviluppavo, producevo un video, pubblicavo… e passavo oltre.

    Non intercettavo una vera comunità di persone interessate alla tecnologia che ci circonda e allo smartphone, ma tanti pezzetti. Poi è arrivato un video, nemmeno dei migliori… ed è scoppiato tutto.

    Questo qui. Ho parlato dell’auto elettrica. Un argomento che non avevo mai affrontato. Il risultato? Quasi 20 mila visualizzazioni, una media di visione del video assurdamente più alta. Numeri pazzeschi per interesse, like, commenti e partecipazione. Questo era il segnale che aspettavo. Questo video è stato la sberla in faccia che mi ha fatto svegliare.

    Perché crei un canale?

    Mi sono fatto una domanda: perché ho creato questo canale? La risposta è stata semplice: voglio aiutare le persone a capire meglio la tecnologia. Voglio aiutarle a usarla meglio e a migliorarsi (nella vita e nel lavoro) grazie alla tecnologia. Vista la risposta che mi sono dato, ho capito che avevo sbagliato tutto. Ho pensato con più attenzione a quello che mi viene meglio nel mondo tech. Anche qui la risposta è stata semplice: so spiegare le cose difficili in modo facile.

    Di conseguenza ho iniziato le operazioni per cambiare orientamento, progetto editoriale, argomenti, tipologie di video.

    Canale Youtube: devi farti la Domanda

    Già, quella con la “D” maiuscola. In fondo, non mi ero mai domandato per chi stessi scrivendo. Questo fino al comparire del luminoso segnale di presenza di una vera comunità. Questa comunità aveva bisogno di me: già, sto parlando di quella che vuole sentir parlare di auto elettrica.

    È stato un momento fortunato. Fino al video che vedi su questa colonna del sito, non avevo mai parlato di auto elettrica. Allora mi sono fatto la Domanda. Si, ma per chi fai video? La risposta l’ho trovata nei dati. Su Youtube ho un pubblico superiore ai 45 anni di età. La maggior parte sono uomini (se vuoi iscriverti al canale clicca qui). Questo pubblico si collega dopo la fine della giornata di lavoro, dalle 18 in poi. In questa fase sto attirando gente nuova e non molti dei miei iscritti tornano a farmi visita (cosa pessima).

    Insomma ho visto in faccia il mio pubblico: l’ho trovato!

    Il progetto editoriale

    Sono sceso nel mio garage (dai scherzo, non ce l’ho). Ho cominciato a martellare il mio progetto editoriale precedente fino a far uscire quello nuovo. Un progetto semplice, diretto: un progetto mio. Cosa so fare meglio? Spiegare la tecnologia in modo facile. E allora sotto!

    Ho adeguato le playlist, cambiato le info del canale, definito il suo nome, la sua home. Ho aumentato la pubblicazione di short, deciso che farò due playlist che divagano (parlerò di calcio e di Milano). Il resto sarà incentrato sullo spiegare la tecnologia che ci circonda in modo semplice. Smartphone, hardware, software, social, IA, auto elettriche, mobilità, applicazioni: ecco i miei argomenti.

    Ho imparato ad ascoltare. Questo è successo nei mesi in cui il mio canale è passato da invisibile a visibile. Prima pubblicavo quello che sembrava utile a me, ora quello che è utile agli altri. Prima non conoscevo il mio pubblico, ora lo guardo in faccia. Giorni or sono non capivo perché alcuni video tiravano altri no, ora capisco cosa può tirare e cosa no.

    Canale Youtube, le lezioni imparate

    Alla fine ti metto qui le lezioni imparate da questo momento in cui tutto è cambiato.

    • Se vuoi far crescere un canale Youtube devi partire da una comunità.
    • Se non conosci perfettamente il tuo pubblico non sai come parlare e a chi.
    • A volte i progetti semplici sono molto meglio di quelli complessi.
    • Se non leggi i dati per bene sei un cretino.
    • Se non hai il coraggio di dirti “mio caro, hai sbagliato tutto”, il tuo canale Youtube non decollerà mai. Rimarrà a terra.

    Magari son consigli che ti possono servire… fammi sapere se hai bisogno di altro.

    Leggi anche: Youtube, il più potente di tutti.

  • Come fare un podcast con l’intelligenza artificiale

    Come fare un podcast con l’intelligenza artificiale

    Nel mondo del podcasting stanno succedendo molte cose interessanti in questo 2024. Creare contenuti di questo genere è un lavoro strettamente legato all’intelligenza artificiale. Con questo articolo voglio chiarirti la mia visione sull’uso della IA quando si creano podcast. Quindi, se vuoi sapere come fare un podcast puoi iniziare da qui.

    Come fare un podcast: questione di scrittura

    Creare un podcast, lo ripeto molto spesso, è una questione molto legata alla scrittura. Non si tratta di scimmiottare la radio, cosa che in Italia succede spesso, ma di creare qualcosa di originale. Si tratta di raccontare una storia nuova (o una nota con un taglio diverso) e di farlo in modo seriale. Cioè con quel legame tra le puntate che induca l’ascoltatore a non smettere di sentire lo svolgersi delle puntate.

    Per questo motivo la scrittura è la base di ogni podcast. Per sapere come fare un podcast bisogna immaginarsi di scrivere un libro. Con i suoi capitoli, i suoi personaggi, la sua sceneggiatura, le sue sorprese. Insomma, un lavoro da ricercatori, da scrittori e poi, solo alla fine, da montatori audio.

    Il rapporto tra il podcasting e la IA dal mio canale Youtube.

    Le fasi del lavoro di un podcast

    Il lavoro del podcaster, quindi, è complesso. Ha quattro fasi: ricerca, scrittura, produzione e montaggio. Ebbene, l’intelligenza artificiale va messa in tre di queste quattro fasi. Il tutto per fare in modo che la quarta diventi migliore.

    La ricerca

    Ecco un passaggio importante per sapere come fare un podcast con l’uso della IA. La ricerca delle storie e delle fonti è un lavoro immane. Spesso finisci sepolto da pdf e libri dal numero incalcolabile di pagine. È basilare avere uno strumento che estrae il meglio dai documenti. Questo strumento ti sintetizza il meglio facendoti conoscere le cose più importanti. In pochi istanti. Di chi sto parlando? Facile: di LLM. Un esempio è Notebook LM di Google. Ha una caratteristica determinante per il podcaster. Le fonti gliele fornisci tu. Il concetto generale: strumenti come Notebook sono importantissimi per facilitarti la ricerca. Cerca quello, fra gli applicativi IA, che ritieni migliore per te.

    La produzione

    Sempre parlando di applicativi di intelligenza artificiale per sapere come fare un podcast al meglio ti dico altre due cose. Nella produzione l’IA si rivela importantissima per sbobinare i testi delle voci che raccogli. Questo ti permette di inserirli con precisione nella scrittura delle puntate.

    Poi c’è un altro campo: l’uso di voci artificiali. Piattaforme come Eleven Labs ti permettono di accedere a un mondo di voci artificiali. Per rappresentare personaggi particolari, possono essere inserite nella produzione del podcast. Il limite è solo la creatività. E’ chiaro, però, che le voci IA possono essere un elemento narrativo: lo devi considerare.

    L’editing

    Descript, Podcastle, Eleven Labs e chi più ne ha più ne metta. Pe sapere come fare un podcast in salsa IA bisogna passare da lì. Sono piattaforme che automatizzano le operazioni di montaggio facendoti guadagnare tanto tempo.

    Parlo, naturalmente, delle operazioni meccaniche come eliminare le pause troppo lunge o gli “uhm”. Una vera magia. Per non parlare poi della pulizia del suono che fa raggiungere livelli da “studio” a ogni tua registrazione.

    Infine c’è la grande opportunità delle registrazioni ad alta qualità da remoto. Piattaforme come Squad Cast raggiungono facilmente i telefonini di chiunque… ovunque. E questo arricchisce le tue possibilità di creare.

    Come fare un podcast: quello che non devi…

    Mi resta da dirti quello che non devi fare. Non devi farti sostituire in nessuna delle operazioni di qualità. La scrittura è tua, il sapere quale frase tenere di una testimonianza e quale togliere… è tuo. E tuo resta. L’intelligenza artificiale, quindi, va dappertutto tranne in tutti quei passaggi che hanno bisogno di…te. Per sapere come fare un podcast con l’IA questa è la strada.

    Se ti fa piacere te ne metto un esempio molto chiaro. E’ un podcast nel quale ho intervistato il Maestro Pupi Avati. L’ho fatto con una piattaforma che mi ha regalato, in partenza, un audio molto sporco. L’Intelligenza Artificiale mi ha aiutato a pulirlo e a regalare a tutti le splendide frasi di Avati. Ti sembra una brutta cosa? A me decisamente no.

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