Autore: Francesco Facchini

  • Lo smartphone e un’azienda da raccontare

    Lo smartphone e un’azienda da raccontare

    Fare un video con uno smartphone è diverso rispetto a farlo con una telecamera.

    E fino qui siamo nel campo delle ovvietà. Me lo avrai sentito dire o lo avrai visto mille volte su questo blog. Oggi però desidero raccontarti cosa succede quando entri in un’azienda con un telefonino e devi raccontare una storia. Si tratta davvero di un’esperienza interessante che crea un’interazione diversa con i protagonisti del racconto e un’invasione dolce in quel piccolo mondo di persone che lavorano per un obiettivo comune.

    Il progetto Granda Tradizioni

    Qualche mese fa ho realizzato un video aziendale per Granda Tradizioni, un’azienda di Borgo San Dalmazzo che crea meravigliose eccellenze alimentari nella Provincia Granda di Cuneo. Prima te lo faccio vedere.

    Dal canale YouTube di Granda Tradizioni

    Uno smartphone, le mani, gli occhi

    L’obiettivo era comunicare i valori dell’azienda ai buyer e agli stakeholder. Con uno smartphone e le dovute procedure sanitarie, sono entrato nello stabilimento e ho cercato di confondermi tra le persone. Ho osservato i flussi di lavoro, capito il senso, la tradizione, le idee, la passione, le innovazioni, la tecnologia. Il tutto senza che i lavoratori si accorgessero di quello che stavo facendo, diretto dai responsabili dell’azienda fino al cuore della loro impresa. Con lo smartphone ho raccontato molte mani, molti occhi, molte storie in una.

    Quello che fa la differenza

    Ecco i punti che fanno la differenza quando fai un video con lo smartphone in un’azienda:

    • Il lavoro dell’azienda non viene interrotto
    • Il vissuto dell’azienda viene catturato con naturalezza
    • I protagonisti della storia parlano in modo più naturale
    • La cattura delle immagini avviene più velocemente
    • La versatilità del mezzo di permette di catturare immagini e situazioni che non avevi previsto di poter raffigurare
    • La velocità del mezzo dimezza i tempi di lavorazione
    • La particolarià del linguaggio avvicina il video con lo smartphone allo spettatore

    L’ecosistema dello smartphone

    La relazione fra la mobile content creation e le aziende è una relazione che rafforza l’ecosistema dell’informazione anche per quanto riguarda i clienti. Fare un video con lo smartphone, infatti, regala quel linguaggio particolare della vita di tutti i giorni che i clienti cercano sempre di più per capire di che pasta sono fatte le aziende.

    Far nascere un messaggio da uno smartphone per inviarlo agli smartphone dei clienti è il modo più naturale per creare un contatto visivo tra un’azienda e chi la segue. E’ un modo per catturare il mondo della tua impresa e metterlo davanti agli occhi di chi la osserva dall’esterno.

  • I giornali? Morti. E adesso?

    I giornali? Morti. E adesso?

    I giornali sono morti, un horror tutto italiano

    Meno 191 mila copie in un mese per un totale che dà un numero poco lontano dal 1.300.000 copie in tutto. Con il Corriere della Sera  sotto le 192 mila copie e Repubblica attorno a 141 mila. Un horror per i giornali italiani nelle vendite a settembre 2021 comunicate qualche ora fa.

    E adesso? Tutti a spacciare la loro verità. Al netto del covid19, al netto della crisi, al netto degli aiuti di stato, però, il panorama dei quotidiani italiani è afflitto da qualcosa di più profondo e più grave di una recessione economica.

    Fra i mandanti dell’omicidio anche i giornalisti

    I giornali italiani sono morti per mano degli editori che li hanno ridotti a foglietti pubblicitari, ma io preferisco puntare il dito contro la mia categoria. Siamo noi #giornalisti ad aver officiato il funerale. Con una terrificante mancanza di cultura digitale, con il mantenimento delle posizioni e degli orticelli, con le definizioni travolte dal tempo e con i “ma noi abbiamo sempre fatto così”. La verità è che siamo dei morti che camminano se non guardiamo dalla parte giusta.

    Dall’unica parte possibile, quella del cambiamento. Della definizione di giornalista, delle competenze, dei clienti, delle scuole, dei corsi, dei modelli di business, dei luoghi digitali.

    C’è bisogno di giornalisti 

    Il bisogno di giornalisti è più alto che mai. Nelle aziende, nelle istituzioni, nei più svariati campi e nei più svariati modi. Servono giornalisti sui social, sui siti, sui blog, dentro i video, dentro le esperienze virtuali, dentro il metaverso. 

    Serve cambiare tutto, tranne due cose: il ruolo di mediazione sociale e quello della produzione del contenuto. 

    I giornali sono morti. I giornalisti no. Almeno non ancora. Basta guardare dalla parte giusta. La storia sta travolgendo i media di massa, ma non travolgerà le comunità che hanno bisogno di giornalisti come se fosse aria. 

  • Mi riprendo la parola Giornalista

    Mi riprendo la parola Giornalista

    Giornalista, sono un giornalista.

    Oggi è un giorno speciale perché è il giorno in cui mi riprendo una parola. Anzi, mi riprendo la parola. Mi riprendo la qualifica, la vita, il senso, i progetti, i linguaggi ispirati dalla parola giornalista. L’esperienza delle elezioni vissuta assieme alla squadra di Rinnoviamo l’Ordine, di cui ti ho raccontato anche qui, come sui miei social, ha concluso un lungo viaggio che ho fatto ai confini della mia professionalità. Da ore, forse da qualche giorno mi vengono in mente le facce, gli occhi, i messaggi di coloro che mi hanno sostenuto. Mi vengono in mente anche i 369 voti che mi hanno dato. Senza una redazione, dopo anni di lontananza fisica dagli ambienti del mestiere del giornalista, aver preso tutti quei voti è stata un’impresa.

    Il giornalista di domani, oggi

    Sono un giornalista e resterò un giornalista. Sono un giornalista di domani, oggi. Un produttore di contenuti per l’informazione, un progettista di comunicazione consistente, obiettiva, di valore. Per chiunque me la chieda. Sono un giornalista che rispetta i valori della professione, la sua etica, il suo senso. Sono, però, anche un giornalista che è giornalista in altri posti, in altri modi. Un giornalista che si è creato una figura totalmente digitale e che studia l’innovazione dei media, i loro processi produttivi, i loro business model. Sono un giornalista che fa formazione multimediale, che è cultore della comunicazione interna ed esterna in tutti i suoi ambiti e in tutte le sue declinazioni.

    Sempre con il senso del contenuto per l’informazione o la formazione.

    L’evoluzione delle mie materie

    Ero un giornalista. Mi sono allontanato da quel mondo, ma con la convinzione, coltivata ogni giorno, che sarei tornato per cambiarlo. Con il nuovo, dal profondo, per sempre. La proposta di candidatura è stata per me il segnale che stavo tornando. Ho provocato, ispirato, aiutato il cambiamento della prima fase di questo mio reingresso: la campagna elettorale. E’ andata male, di poco, ma male.

    Poi ho pensato a quello che mi ha lasciato l’esperienza elettorale ed è un patrimonio enorme. Ho fatto paura a chi, per anni, ha marciato su questa professione. Ho aiutato il vento del cambiamento. Ho fatto comprendere che il cambiamento non è poi così male. Deve essere soltanto interpretato a dovere.

    Allora adesso non posso tirarmi indietro e ricomincio dal mio posto. Dal mio blog che divulgherà il futuro del giornalismo e il suo presente attraverso la mia esperienza di giornalista declinata in modi nuovi in questi anni. Non posso tirarmi indietro. Per questo motivo ho riscritto sui miei social la parola giornalista. Me la sono ripresa del tutto. Su Facebook, su Twitter, su Linkedin. Qui.

    Non è mobile journalism, è giornalismo

    Da adesso si cambia registro. Non è Mobile journalism, è giornalismo. Non è social media journalism, è giornalismo. E io sono e rimango un giornalista. Da oggi qui ci troverai meno distinzioni, meno sottocategorie, meno leziosità. Il giornalismo che faccio io, tutti i giorni, è e resta giornalismo.

  • Diario di un candidato: vale più un assist o un gol?

    Diario di un candidato: vale più un assist o un gol?

    Il diario di un candidato della mia esperienza per le elezioni all’Ordine dei Giornalisti finisce oggi.

    Sono alla fine di un giorno strano. Emozionante. Ci vuole un sigaro e una metafora calcistica. Sono seduto su un campo da calcio, dentro uno stadio vuoto. La partita è finita. Abbiamo vinto. Guardo i compagni e penso che sono bellissimi. Guardo i miei piedi. Il respiro rallenta, gli occhi ripassano tutte le azioni.

    Una posizione difficile

    Ho giocato nella posizione che mi piace di più. Ho esplorato traiettorie, disegnato cambiamenti, stando sempre dietro i compagni. Il mio compito? Quello di mandare in gol. Avanzando verso zone del campo inesplorate, arretrando a difendere le posizioni e l’equilibrio. Stupendo avversari e, a volte anche i compagni. Incitando, tirando su da terra chi cadeva, facendo correre, correndo, fermandomi quando era il caso.

    Abbiamo vinto e guardo i miei compagni, mentre gli occhi si muovono veloci per ripassare quel passaggio, per ricordare quel ribaltamento di fronte. Per rivivere questa scarica di emozioni. E’ stata una gran partita e dal mio piede son partiti 12 assist. Cinque per il primo match, sette per il secondo. In gol ci è andata quella splendida ciurma che ho davanti.

    Fuori di poco

    A un certo punto ho tirato anche io. Un tracciante. Corpo perfettamente in asse, collo pieno. Ho accompagnato quella palla in rete per attimi infiniti. Ho invocato gli dei di Eupalla che scendessero a portarla fino alla rete.

    E’ andara fuori. Di poco. Anzi di pochissimo.

    Di sei centimetri.

    Proprio subito dopo il mio tiro l’arbitro ha fischiato la fine. Quattordici assist, nessun gol. Ho sentito le spalle incurvarsi, il corpo arrendersi. La vita del play è anche e soprattutto questa. Mandare in gol è bellissimo, anche se i gol non li fai tu. Bellissimo e pesante.

    E’ cambiato il vento

    Mi sono avviato da solo negli spogliatoi, camminando a passo lento e guardandomi i piedi. Capaci di dipingere nuovi scenari, condannati a essere diversi. Essere quello che cambia il vento è una cosa che costa. Spesso non fa comprendere chi sei e come giochi. I tuoi passaggi si ritrovano a essere frutti illogici della fantasia e dei sogni. Spaventano. Sono imprevedibili.

    La partita è finita, il vento è cambiato. Gli avversari non si capacitano, i compagni festeggiano. I miei piedi riposano. Fornire assist è la cosa più bella che ti possa capitare nella vita. Il gol è la foce del fiume di un’azione, ma l’assist è la sorgente. E’ il punto dove nasce qualcosa di nuovo.

    La perfezione di un attimo

    Le elezioni per il rinnovo delle cariche dell’Ordine dei Giornalisti della Lombardia sono finite e la mia squadra ha portato 5 elementi al consiglio regionale, conquistando la maggioranza e sette consiglieri al nazionale. Vederli andare in gol è stato bellissimo, anche perché gli avversari da battere erano quelli che per anni hanno tentato di ridurre il giornalismo in poltiglia. Sono andati a casa, con le pive nel sacco.

    Il senso di un risultato

    Io mi sono goduto la perfezione di un attimo. Anzi, la perfezione di tanti attimi. Quelli in cui nasceva un’idea che si trasformava in gol. La mia partita per cambiare le sorti di questo campionato è appena iniziata e io non mi voglio tirare indietro. Voglio continuare a essere il cambiamento del giornalismo, il fornitore di assist illogici, lo stratega dell’evoluzione di questa professione.

    Quello che desideravo fare l’ho fatto. Mi è mancato il gol. Però che magnifica partita. Per ora tolgo gli scarpini e ringrazio tutte le 369 persone che mi hanno votato alle elezioni del Consiglio Regionale dell’Ordine dei Giornalisti. E dico solo una cosa: ho 369 motivi per tornare presto a disegnare cambi di fronte, in campo. Al mio posto. Immediatamente dietro quelli che vanno in gol. Ecco: questo è il senso di un risultato. Non certo quei 6 voti di distanza tra me e il primo eletto.

  • Diario di un candidato/7: la parola giornalista

    Diario di un candidato/7: la parola giornalista

    Giornalista: serve una nuova definizione.

    Il diario di un candidato alle elezioni dell’Ordine dei Giornalisti (a proposito, si vota in presenza il 7 novembre 2022 dalle 10 alle 18) è anche un modo per raccontare una professione in difficoltà che vuole cambiare.

    Giornalista è chi il giornalista fa

    Se si vuole un futuro per il giornalismo è il momento di riscrivere le regole. Parlo proprio di cambiare la definizione di chi è giornalista. Capire qual è il suo ruolo oggi, in cosa consiste il suo lavoro, come lo fa, dove lo fa. L’epoca dei media di massa sta emettendo i suoi ultimi rantoli e sta nascendo il giornalismo delle comunità, delle aziende, dei social, delle piattaforme di interazione digitale, del metaverso. Se l’Ordine dei Giornalisti non si mette a riscrivere la professione, morirà.

    Tante opportunità per il giornalista

    Eppure la #tecnologia sta offrendo al #giornalismo delle opportunità che non ci sono mai state prima nella storia. I #socialnetwork hanno trasformato il giornalismo in una conversazione con il pubblico riportando al centro il dialogo giornalista-lettore. Il giornalista, però, non ne approfitta, soffocato com’è da vecchi modelli e da una crisi che è di identità ancor prima che di soldi.

    Se vuoi darmi una mano

    Come si fa a riscrivere la professione del giornalista e i suoi confini? Semplice e difficilissimo. Si cambia cultura, si cambia dialogo, si cambia posto in cui uno fa la professione, si cambia prospettiva, linguaggio e futuro.

    Se vuoi aiutarmi a farlo, allora vai a votare, in presenza presso l’hotel Hilton di Milano in via Galvani 12 e vota tutta la squadra di Rinnoviamo l’Ordine il 7 novembre 2021 dalle 10 alle 18.

  • Diario di un candidato/2: devi votare subito

    Diario di un candidato/2: devi votare subito

    Le elezioni dell’Ordine dei Giornalisti sono al momento decisivo.

    Persi come siamo “ognuno a rincorrere i suoi guai” forse non abbiamo prestato attenzione. Allora ti ripeto per l’ennesima volta che ci sono le elezioni per il rinnovo delle cariche al consiglio Regionale e Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti. Potrà non fregartene alcunché, potresti essere un giornalista e non avere mai votato. Adesso, nella tragica crisi nella quale versa questa professione molto importante per chi la fa e per chi ne riceve il frutto, devi votare o far votare.

    Da qualche giorno faccio il diario o, comunque, parlo di questa esperienza anche dalle colonne di questo blog che, solitamente, si occupa di altro. Lo faccio perché ci ho voluto mettere la faccia per ribaltare il piano in discesa di questa professione prima che sia tardi in modo ultimativo.

    La faccia la metto io, tu metti il voto

    Io ho deciso di impegnarmi in modo diretto. Ci sto mettendo la faccia. Tu devi metterci il voto e non solo per me, ma per tutta la squadra della componente Rinnoviamo l’Ordine. I candidati li trovi qui. Intanto perdi 5 minuti ad ascoltarmi e cerca di capirmi. Ho bisogno del tuo voto se vogliamo cambiare le cose.

    Il diario di un candidato, secondo episodio.