Autore: Francesco Facchini

  • La lunga vita: io rappresento tutti

    La lunga vita: io rappresento tutti

    Finalmente. E’ più di un anno che aspetto “La lunga vita” e l’attesa sta per finire.

    Forse sono passati tre anni dal giorno in cui l’organizzazione del progetto “La lunga vita” di Fondazione Farmafactoring mi ha chiamato. “Vorremmo farle un ritratto fotografico nell’ambito di un progetto che racconta le fasi della vita”. Ricordo il mio stupore. “Volete proprio me?”. “Sì, abbiamo visto il suo bel lavoro di divulgazione e di cultura che sta facendo con Sharingdaddy e ci serviva un papà single. Lei, per noi, è il Papà single con la p maiuscola”.

    Un po’ di tempo dopo sono venuti a trovarmi con il fotografo Costantino Ruspoli. Ricordo tutto di quello scatto: Ricordo la serenità, la calma, mio figlio che diceva “scegliamo questo scatto, perché qui almeno sorride un po’“. Infine la meraviglia (con il Covid in mezzo).

    La mostra “La Lunga Vita: viaggiatori a metà strada. Equilibrio Instabile” doveva andare in scena nel marzo del 2020, ma la pandemia ha spazzato via tutto. In questi mesi ho atteso l’uscita di questo evento, ma è successo molto di più.

    Essere una copertina

    Già, perché nel frattempo mi hanno comunicato che la mia foto andava in copertina del libro fotografico che è stato creato per questo progetto e per la sua fase di mezzo. “La lunga vita”, infatti, è una mostra fotografica, ma è anche una ricerca approfondita della Fondazione Farmafactoring che indaga sulle fasi dell’esistenza della popolazione italiana in questa epoca così liquida e complicata.

    Sono, quindi, il manifesto dell’età di mezzo. Sinceramente non me lo aspettavo e non penso di avere criteri per essere un uomo copertina di questo bellissimo progetto. Quando me lo hanno detto sono rimasto davvero sconcertato. Poi ho visto la foto… e ho capito.

    Faccio una riflessione. Io sono tutti, ho le ferite di molti, ho passato le difficoltà di tanti, ho le rughe profonde di un’età di mezzo vissuta senza alcuna certezza. Io sono te, ho un percorso simile, ho sogni essenziali, sono provato, stanco, ma anche consapevole e speranzoso. Credo che quella foto sia stata scelta come immagine di copertina non perché rappresenta me, ma perché rappresenta te. Anzi noi. Tutti quelli della mia generazione: con una famiglia infranta, un lavoro stravolto dai cambiamenti, un fisico segnato da due crisi economiche epocali e dalle tragedie che si sono portate appresso.

    La mostra va in scena: ecco la Lunga vita

    L’onore che mi è stato fatto chiedendomi la disponibilità di rappresentare un’età dell’uomo, l’età di mezzo, è un onore per il quale non ho molti titoli. Anzi ne ho uno solo: sono stato in grado di affrontare tutto e di conservare un sorriso abbozzato sul volto, anche grazie alla mano di un bambino che mi sorregge. Quando ho visto quella foto ho pianto molto, perché dentro ci sono io e la mia capacità di dare un’immagine vera di me nel mio percorso digitale. Per questo sono stato trovato, per questo sono diventato un simbolo. Perché io sono te, sono noi, sono l’età di mezzo della lunga vita.

    La mostra fotografica va in scena dal primo al 13 ottobre 2021 a Palazzo Morando a Milano. L’ingresso è libero e la mostra è aperta dal martedì alla domenica. Ti consiglio di andarci, per vedere come è sofferto, bello, particolare, quello che abbiamo vissuto e quello che stiamo vivendo. Io sarò da quelle parti più di una volta, perché voglio capire quanti si riconosceranno in me.

    Io sono uno strumento

    Alla fine questa vicenda mi fa capire una cosa. Il mio lavoro è essere strumento. Imparo cose e le insegno agli altri, vivo cambiamenti e li descrivo, interpreto ruoli a beneficio di tutti, racconto storie e le diffondo. Sono un mezzo, uno strumento di pensiero, di riflessione, di azione e cambiamento. E tutto questo mi sembra bellissimo.

  • Social audio: dove sono finiti?

    Social audio: dove sono finiti?

    Social audio: un mondo di cui ti ho parlato spesso in questo blog.

    I social audio visti ora, in questa parte finale dell’estate del 2021, sembrano una moda arrivata in fretta e sparita velocemente. D’altronde il web fa spesso così: mangia e defeca tutto in un tempo troppo breve per rendersi conto di quello che sta succedendo. Eppure anche in questo caso l’apparenza inganna. I social audio ci sono e sono sempre più vivi e scalcianti.

    In principio era Clubhouse e quel mondo di chiacchiere che sembrava il nuovo eldorado per i social. Un social sincrono, un luogo dell’esperienza via web che iniziava una nuova era. A febbraio del 2021 sembrava fossimo tutti lì a guardare cosa stava succedendo in questo paese del Bengodi. In aprile… il deserto.

    Cosa è successo ai social audio

    Clubhouse ha avuto il merito di farci conoscere questo mondo e questo nuovo tipo di social e il demerito di farci avere subito un rigetto per troppa esposizione. Clubhouse si è rivelato, infatti, un posto totalizzante, un posto nel quale il tempo di permanenza è diventato indice di dipendenza da questo luogo nel quale, per non perdere qualche chiacchiericcio o qualche nuova stanza interessante, abbiamo bighellonato per ore.

    Troppo.

    Infatti in pochi mesi la popolazione attiva di Clubhouse si è dimezzata e se ci vai a fare un giro ora non trovi più folle oceaniche dentro le stanze di conversazione, ma qualche gatto intento a parlare in posti virtuali che hanno titoli improbabili. Cosa è successo ai social audio? Tutto sommato è facile dirlo. Li abbiamo subito stra-usati e non li abbiamo proprio capiti.

    Social audio: la rivoluzione nel silenzio

    Da aprile 2021 in poi la rivoluzione dei social audio è continuata. Sottotraccia, nel silenzio. Te ne avevo parlato in questo articolo del maggio 2021, ma i possono fare alcuni passi avanti. Dopo la nascita di Dive e di tutti quelli di cui ti parlo in quell’articolo, hanno risposto tutti i big. Twitter e i suoi Twitter Spaces sono addirittura diventati il luogo virtuale in cui sono comparse le prime stanze a pagamento.

    Facebook, dal giugno 2021, ha rilasciato le sue prime feature audio, mentre Spotify ha fatto di più: si è comprata un social audio. Era Locker Room e parlava di sport, ora è Green Room e ci trovi di tutto. Ci trovi, soprattutto, la possibilità di registrare le stanze e trasformarle immediatamente in podcast. Il punto di congiunzione tra social audio e podcast è Green Room.

    Poi c’è il mondo dei social audio asincroni come Swell oppure Beams, interessante per creare micropodcast. Infine social audio di settore come Pump dove ci trovi solo investitori tecnologici. Oppure il neonato Racket che è una piattaforma di lavoro in collaborazione a base audio. Questa ti prometto che la studio e che te la racconterò, ma su Algoritmo Umano. Là, infatti, parlerò di tutte queste piattaforme, qui voglio farti capire il senso di quello che sta succedendo.

    Ti faccio il punto della situazione

    Allora, mio caro, riassumiamo per punti, giusto per essere chiari:

    • I social audio sono un mondo nel quale devi esserci per capire, per ascoltare e per parlare.
    • Possono essere anche asincroni, quindi possono essere basati su note vocali che creano discussioni.
    • Se Twitter, Facebook, Instagram, Telegram e altri si sono mossi, la cosa non è una moda.
    • Le stanze presto diventeranno a pagamento.
    • Per valere e ottenere risultati sui social audio bisogno creare valore.
    • Le aziende ci debbono pensare seriamente perché questi luoghi sociali virtuali sono il posto dove dare una potente accelerata all’interazione con i propri clienti. In un modo mai visto prima e con un costo irrisorio rispetto a ogni social media marketing strategy.
    • Social audio e podcast sono sempre più vicini.

    Modi per creare valore ce ne sono sempre di più

    Come crei valore con il suono? Facendo vivere esperienze a chi ascolta. Facendo interagire chi ascolta con qualcuno che sia speciale per lui. Crei valore facendo sentire musica, regalando cultura. Crei valore facendo capire a chi fa parte della tua community (di lettori, di interessati, di fan, di clienti) che lo stai ascoltando e che, per te, quello che dice, conta. Costruisci valore aprendo le porte del teatro quando il sipario è calato, le porte dello spogliatoio quando la partita è finita, le porte dell’azienda quando è nato un nuovo progetto o un nuovo prodotto sul quale hai lavorato tanto.

    Sai, potrei andare avanti per un sacco di tempo. Mi limito a osservare che, in attesa della crescita dei social audio, in attesa dei voice note social network (saranno quelli basati su formati audio brevi come il Soundbite di Facebook), in attesa delle stanze a pagamento dappertutto, osservo una grande povertà, un enorme carenza di contenuti e di coraggio. Già, infatti, fino a quando c’era da sparar quattro cazzate su Clubhouse eravamo tutti lì. Quando si è trattato di far sopravvivere i format, il valore, il modo, il metodo per creare una community, siamo spariti tutti.

  • Che cosa diavolo è il metaverso?

    Che cosa diavolo è il metaverso?

    Facebook e metaverso: Zuckerberg ha dato il via alle grandi manovre.

    Il mese di luglio del 2021 sarà ricordato nella storia dei social network come il mese in cui si è iniziato a parlare del metaverso. Lo ha fatto Mark Zuckerberg, amministratore delegato di Facebook Inc., presentando i risultati economici del secondo quarto dell’anno per la sua azienda.

    Ecco il post di Facebook di Zuck che spiega i concetti espressi durante la riunione istituzionale:

    Non un web da guardare, un web da vivere

    Zuckerberg ha spiegato il concetto del metaverso, che forse hai iniziato a conoscere con il film Matrix. Di che si tratta? Di una connessione web e di un’interazione nel web che non ti limiti solo a guardare, ma dentro la quale puoi vivere. Insomma, con nuovi device e con un flusso di dati maggiore, potrai eseguire azioni che vanno oltre la semplice visione. Potrai toccare virtualmente, incontrare, ballare, creare.

    Un web da vivere sul quale, dice Zuckerberg, stanno già lavorando 10 mila persone a Facebook. “Creazioni, avatar e oggetti digitali diventeranno gli strumenti attraverso i quali ci potremo esprimere sul web e nei social“: parole di Mark. “Questo è quello che ci aspetta nei mesi a venire – ha continuato Zuckerberg – e spero che la gente cominci a vederci non come una società di social network, ma come una società del metaverso”.

    Metaverso, Facebook lo punta da tempo

    Il metaverso è un obiettivo di Facebook da tempo. Ha comprato Oculus, la compagnia che produce i visori per la realtà aumentata, la quale sta vivendo un periodo difficile perché i suoi Quest 2 hanno provocato abrasioni agli utenti e sono stati richiamati. La strada per il metaverso, però, non si è interrotta. Lo conferma anche Facebook Spaces, un ambiente per interagire dentro Facebook che è stato provato per molti mesi e che sviluppa il concetto del metaverso come di un luogo virtuale nel quale le persone possono vivere sensazioni tridimensionali mentre stanno dentro questo ambiente.

    Tu e il metaverso

    Cosa vuol dire, cosa può significare il metaverso per te? Ti faccio alcuni esempi. Puoi lavorare su una macchina che si trova anche a chilometri di distanza da te, puoi cogliere le espressioni del viso del tuo capo mentre fate una call in tre dimensioni, puoi disegnare un progetto, puoi interagire con degli schermi, puoi guardare un film immerso nella scena.

    Insomma, io e te (e tanti altri) stiamo per entrare nel web. Nel senso, siamo per andare dentro il web.

    Questo provocherà un cambiamento sostanziale nella nostra natura e potrà avere effetti molto controversi. Si tratta, tuttavia, di un’innovazione tecnologica irreversibile che non potremo fermare. Un vero potenziamento del nostro esistere.

    Una tecnologia costosa, per ora…

    Zuckerberg parla di questo mondo del metaverso come di un mondo in grado di vincere le distanze di spazio. Cambierà la nostra vita per sempre. Forbes Italia ne parla qui. Certo l’idea di perdere ancora un po’ della nostra fisicità non mi diverte molto, ma indubbiamente ci sono molti lati positivi. E mi piace guardare quelli.

    Queste tecnologie sono ancora molto costose per la massa e hanno bisogno di potenti connessioni. Tuttavia sono già qui. Manca davvero poco al momento in cui tutti avremo i nostri visori per lavorare, i nostri cloud, i nostri avatar e, come dice Zuckerberg, andremo al lavoro senza spostarci.

    Questo screenshot è tratto da https://www.dday.it/redazione/19172/zuckerberg-stecca-sul-vr-la-sua-immagine-di-futuro-terrorizza-e-inquieta

    Il mondo che vedi qui rappresentato da una foto di qualche anno fa che ha fatto il giro del mondo è quello che ci aspetta. Questa foto scatenò enormi polemiche per la sua rappresentazione distocica di un solo uomo che può costringere un popolo intero alla realtà virtuale, restando lui a occhi aperti.

    Qui si aprirono discussioni aspre sull’argomento, discussioni che devono esserci. Creando il metaverso, un mondo di mezzo nel quale si farà fatica a distinguere la realtà dalla fantasia, si aprirà un’era digitale che va interpretata molto bene. Cominciando dal creare delle regole che non diano troppo potere ai padroni delle aziende tecnologiche. Certo sai, si tratta di cose che ne io ne te possiamo cambiare. Una cosa, però, la posso fare. Guardare dalla parte buona di queste tecnologie. Come faccio sempre. Dalla parte di quello che possono fare per migliorare l’uomo. Ci stai?

    Leggi anche

    Social network, come andare a sbattere e cambiare strada

  • Lavoro virtuale: territorio inesplorato

    Lavoro virtuale: territorio inesplorato

    Il lavoro, con il Covid, è cambiato per sempre.

    Ti racconto di un lampo, di un attimo. Un attimo che mi ha fatto capire molte cose sul lavoro che non avevo ancora realizzato. Cose che possono cambiare per sempre la velocità con cui uomini e imprese raggiungono i loro risultati. Non sarebbe una brutta cosa in questo mondo nel quale i mercati cambiano più velocemente di quanto possano fare le imprese.

    Un attimo che ha cambiato il mio lavoro

    Il 4 agosto 2021 ho lavorato tutto il giorno a Veronanetwork, una media company veronese per la quale mi occupo di consulenza e formazione. Stavamo esaminando le novità su alcune applicazioni per smartphone e tablet che riguardano il montaggio e le dirette social (a proposito, per saperne di più frequenta Algoritmo Umano. Ora è in manutenzione, ma presto diventerà la casa della mobile content creation).

    In un attimo mi accorgo che Zoom, il software di video call, propone un aggiornamento. Mi interrompo e scarico. Ogni volta che vedo qualcosa di nuovo mi fermo e imparo. Guardo. È una specie di malattia. Dopo il download riapro il software di Zoom del mio Mac e scopro una cosa meravigliosa. C’è una zona “app”. Incuriosito guardo di cosa si tratta e vedo che è una parte del software nel quale puoi associare applicazioni al tuo account di Zoom. Guardo un collega davanti a me e ci mettiamo subito a provare. Poi arriva quell’attimo che è destinato a cambiare il mio lavoro.

    Un luogo virtuale tutto da scoprire

    Apro una riunione Zoom e associo una app che si chiama Miro. È un software molto evoluto di mappe mentali. Lo lancio ed entro in un progetto. L’attimo folgorante arriva quando capisco che lui può interagire con me dentro la app.

    Siamo arrivati al punto di non ritorno.

    Se in un software come Zoom, infatti, possiamo lavorare insieme sullo stesso progetto, ma in modo aumentato rispetto alle solite piattaforme di collaborative work, beh penso che si possa considerare aperta l’era del lavoro virtuale.

    Un vero ufficio virtuale per il lavoro

    Ti spiego cosa intendo. Molto probabilmente saprai che ci sono molti programmi che si possono usare in collaborazione. Anche istantanea. Quello che sta creando Zoom, tuttavia, è un vero ufficio virtuale grazie al quale lavori insieme ad altri su una cosa e, nello stesso ambiente, ti vedi, ti parli, di passi le cose. Un’esperienza. Concetto centrale del nuovo modo di vivere il web.

    Con questo passo avanti siamo a una nuova dimensione del lavoro che ora è smart, mobile e interattivo. Un mondo di cui le aziende dovrebbero approfittare.

    Le aziende e il lavoro virtuale

    Ho un’impressione abbastanza netta. Ho l’impressione che in questo periodo, nel quale le aziende stanno ricominciando a vivere stabilmente i loro luoghi di lavoro, abbiano già smesso di pensare che il lavoro virtuale, lo smart working e il lavoro in mobilità, siano opportunità.

    Errore madornale.

    È vero infatti che per certi progetti e alcune fasi creative la presenza fisica è determinate. È vero anche, tuttavia, che il lavoro virtuale, se ben vissuto e con la giusta formazione, potrebbe essere un’occasione importante per cogliere due risultati. Sveltire le operazioni, risparmiare sui costi. In più avrebbe il merito di aumentare la serenità e la soddisfazione degli smart worker e la loro qualità della vita. Passerebbero, infatti, dal vivere in solitudine le loro ore al PC al considerarle un’esperienza di gruppo.

    Il futuro del lavoro

    Il futuro del lavoro farà altri passi. Li affronterò per te. Presto arriveremo al metaverso. Non sai cos’è? Beh, te lo dico lunedì prossimo. Intanto, se vuoi approfondire questo discorso basta poco. Basta mandarmi un whatsapp. Il bottone lo trovi qui nella pagina.

  • Social network: come cambiare strada

    Social network: come cambiare strada

    Riflessioni mentre cammino.

    Ho camminato nella notte. Era talmente tanto buio che non si vedeva la lingua d’asfalto sulla quale mettevo i piedi. Mi sono sentito come uno di quelli che ha capito che i social network stanno cambiando e non ha capito come. Soprattutto, però, non ha capito dove deve andare e mette un passo malfermo dietro l’altro sperando che possa andar bene.

    Social network: il grande smarrimento

    Per scovare una nuova strada bisogna andare a sbattere. A me è capitato. È capitato durante l’ultimo giorno di lezione di un corso di riqualificazione professionale che ho tenuto per l’azienda IG Samsic. Stavamo facendo una sponsorizzata insieme, sì, una inserzione su Facebook. Ci siamo trovati davanti a un muro. Questo.

    Il gestore delle inserzioni fotografato dalla mia mano malandrina. (Facchini)

    Il muro del pianto

    La parte che vedi evidenziata è quella che ammette che, visto il cambiamento nel tracciamento dei dati operato dai sistemi operativi Apple, non è più possibile stimare il pubblico raggiungibile. E allora cosa faccio inserzioni a fare?

    Questa cosa deve essere esplosa come una bomba nelle agenzie di social media e a me ha dato un momento di terrore con i miei studenti. Non sapevo come avrebbero reagito di fronte a questo muro del pianto (per i social media marketer). Hanno capito tutti. Subito.

    E tu hai capito?

    La curva secca dei social network

    I social network si sono sviluppati sul modello di business dell’advertising profilato e su quel numero lì, quello del pubblico raggiungibile. E ora non c’è più…

    Questo significa una sola cosa. Una cosa semplice. Le aziende non possono più cacciar soldi a Facebook per rompere i cosiddetti ai potenziali clienti. Li devono raggiungere con altro. Se poi ci metti anche che le notifiche si possono gestire come mai è successo prima (leggi qui qualcosa in merito) il dado è tratto. Anzi come direbbe uno dei miei studenti “il dato è tratto”.

    E questo altro cosa sarà mai?

    La via del contenuto sui social

    Ho già scritto qui in merito al ritorno prepotente del contenuto al centro della scena. Ora resta da capire chi potrà fare il protagonista di questo cambiamento. Quelli del social media marketing li vedo un po’ smarriti se è vero che si attaccano perfino ai Reel sponsorizzati e ai Tiktok con spintarella pubblicitaria per creare attenzione. Vedo, invece, con forza una grande opportunità per i creatori di contenuti e i giornalisti. Già proprio i tanto vituperati giornalisti, capaci di raccontare storie come pochi altri professionisti della comunicazione.

    Un piccolo problema: la creazione del valore.

    Anzi ne vedo due. Vedo due problemi. Il primo sarà quello di fare capire alle aziende (che ancora credono che i social siano da affidare al cuggino con due g) che non devono più mettere soldi nel social adv, ma nel contenuto. L’altro sarà quello di emergere dalla mediocrità col valore. Se vuoi provarci inizia da qui. Si chiama Riccardo Scandellari e, come spesso gli accade, ci indica la strada. Che fai, vieni anche tu?

  • Creare contenuti: sui social network cambia tutto

    Creare contenuti: sui social network cambia tutto

    Creare contenuti sembra facile, ma lo è sempre di meno.

    Penso che succederanno presto delle cose sui social network. Delle cose importanti. Penso che succederanno molte cose nel mondo di coloro che sanno creare contenuti e che molti fra coloro che creano fuffa verrano smascherati. Finalmente verrebbe da dire.

    I cambiamenti in atto.

    Specialmente durante questa estate del 2021 guardo le reti sociali e i miei account con un’attenzione ancora maggiore. L’evoluzione che stanno avendo i social è di quelle che cambiano per sempre il mondo e il modo. Leggo ancora contenuti di pancia, estremi, violenti, aggressivi, mediocri. Vedo sempre più netto il rantolare della gente catturata dalla moda del momento e dal trend del momento. Però vedo anche altro. Sento il terrore di chi sta cominciando a capire che fare contenuti pieni del vuoto e del nulla cosmico, rutti buoni solo per ravanare un click, è un esercizio che sta per finire.

    Creare contenuti e creare esperienze

    I social network stanno diventando posti dell’esperienza virtuale, dello scambio, del business. Quindi devono diventare luoghi dove il contenuto deve essere pieno di valore non vuoto di mediocrità.

    E qui per molti cascherà l’asino.

    Tanti tanti personaggi, ma tanti proprio, cadranno come pere. Finalmente chi non riuscirà a confrontarsi con la qualità del contenuto comincerà a usare sempre meno parole. Comincerà a essere sopraffatto dal silenzio. Da quel momento in poi ricomincerai a sentire quelli che sono stati sommersi dal rumore del nulla. Quelli che sanno davvero come usare la scatola magica che si chiama contenuto.

    Sopravviveranno solo quelli, quelli che sanno mantenere la promessa di darti valore quando vai a trovarli sul loro account. Sono quelli che non solo sanno creare contenuti, ma sanno anche sviluppare delle esperienze che incidano. Il contenuto di oggi e di domani, infatti, non dovrà toccarti solo per le informazioni che ti dà, ma anche per come ti fa sentire poco prima che tu inizi a goderne e poco dopo.

    Creare contenuti e il cimitero degli elefanti

    Che bello. Non vedo l’ora di capire chi resterà nei miei account a dire cose di valore e chi verrà portato via…

    A proposito. Per fare contenuti di valore ci voglio i produttori di contenuti di valore. Ce ne sono molti, ma ancora non li vedi. Sono ancora dietro il commento di qualche no vax o dietro qualche rigurgito di populismo.

    Sono coloro che scrivono, postano video, audio o foto facendoti nascere dentro sensazioni come l”aspettativa, la curiosità, la voglia, anche prima della loro prima parola o del loro primo frame. Poi, dentro i loro testi, trovi le risposte che cerchi o le cose che non ti aspetti. Insomma apri il regalo e c’è qualcosa di bello, di utile, di inaspettato, di nuovo. Infine, dopo il contenuto c’è la piccola sensazione spiacevole che il contenuto sia finito e che devi aspettare il prossimo.

    Resterà vivo chi mantiene tutte queste promesse. Gli altri si appoggeranno su un fianco e cominceranno ad affollare il cimitero degli elefanti del contenuto basato sul nulla.

    Creare contenuti: ti chiedo un favore

    Abbiamo bisogno tutti di buoni contenuti. Se ti va, segnalami gli account social che pensi valga la pena visitare. Fallo qui sotto nei commenti o sotto i post sui miei social che parlano di questo. Scambiarsi un po’ di bei posti dove si trovano cose belle e utili da leggere, da vedere o da sentire potrebbe essere una bella cosa. Non credi?