Autore: Francesco Facchini

  • Il grande problema: fare il tuo prezzo

    Il grande problema: fare il tuo prezzo

    Lo smartphone mi sta insegnando un’altra cosa. Mi sa che se continua così gli do un nome e gli parlo.

    Parto un pochino da lontano. Siamo in in epoca nella quale, con la scusa della tecnologia o della crisi, hanno devastato il lavoro e la sua consistenza. Voglio dire il suo lavoro. Ci hanno costretto tutti quanti a fracassare il valore degli studi che abbiamo fatto e dell’esperienza che abbiamo nel fare una foto sull’altare della precarizzazione.

    Ok mi sono adeguato. Sono un freelance, ma l’attacco al valore del mio lavoro lo subisco tutti i giorni. In un modo inesorabile e violento. Eppure da freelance dovrei essere pagato di più, perché sostengo io i costi del lavoro che non sostiene l’azienda per cui lavoro essendo passato sotto la categoria fornitori. Sono come quello che ti mette la macchina del caffè in ufficio.

    Lo smartphone è il tuo migliore amico

    Lo smartphone che hai tra le mani ha una potenza dì calcolo e dì registrazione ed elaborazione dati che non hai mai sfruttato. Proprio in questo campo, nella difficile battaglia dì ridare dignità al tuo lavoro, ti può aiutare in un modo sorprendente. Questo specialmente se il tuo lavoro non è materiale come quello dì un artigiano.

    Negli ultimi anni ho studiato una valanga dì software per telefonino che fotografano il tuo tempo e lo trasformano in soldi che spendi a costruire i tuoi prodotti e servizi. App come Focus To Do o Toggl Track, di cui ti ho parlato su questo blog, sono splendidi elaboratori dì dati, impareggiabili fotografi del tuo tempo.

    Con questi applicativi lo smartphone diventa il tuo migliore amico nel farti capire dove stai sprecando risorse. Se guardi con attenzione le fotografie del tempo, ti accorgerai subito dove stai sbagliando. Di conseguenza comincerai a pensare che i prezzi con cui ti fai pagare sono sbagliati.

    Lo smartphone mette le briglie al tuo talento

    Così ti sarà più facile pensare che quel prezzo x non andava bene se ci hai messo troppe ore per consegnare il tuo lavoro al capo o al cliente. Così vedrai l’efficienza del tuo tempo diventare più alta. Così sarai obbligato a dire no a quel lavoro sottocosto. Il miglioramento della tua condizione lavorativa non parte dai tuoi si, ma dai tuoi no.

    Parte dal mettere le briglie ai talenti che hai nel tuo lavoro, continua con il valorizzarli con il giusto prezzo e le giuste rinunce (ai progetti o agli impieghi anti-economici) e finisce con il rialzare la testa sapendo che il tuo talento è stato diretto, con l’assistenza di uno smartphone, al miglior risultato economico possibile.

  • Ordine dei Giornalisti: pensieri di un candidato

    Ordine dei Giornalisti: pensieri di un candidato

    Si avvicinano le elezioni dell’Ordine dei Giornalisti.

    Sono giorni che ci lavoro tirando via fette alle mie notti di un settembre complicato e di un ottobre che quando guardo l’agenda perdo quel che mi resta dei capelli. Eppure ci sto dando dentro e sto curando la comunicazione digitale un po’ per tutti i componenti della squadra di cui faccio parte per le imminenti elezioni dell’Ordine dei Giornalisti. Si chiama Rinnoviamo l’Ordine e se clicchi qui trovi il suo blog.

    Adesso, però, mi sa che ti parlo di me. E di quello che sta dietro questa esperienza. Se vuoi sapere i punti sui quali mi impegnerò (ammesso che tu sia un giornalista e che ti interessi), eccoti servito. Però ho voglia di parlarti di altro in questo luogo un po’ più personale. Ho voglia di raccontarti i pensieri che mi passano per la testa in queste ore in cui il mal di schiena mi massacra da quante ore sto seduto per lavorare.

    L’ho fatto per me. Si, ma sai perché?

    Te lo spiego. Vorrei davvero che lo sapessi se sei un collega che vuole andarmi a votare. L’ho fatto perché io questo cazzo di lavoro lo adoro ancora adesso, anche se versa in una crisi di sistema, di soldi, di identità e di valori senza precedenti. L’Ordine, sinceramente, lo odio. Dall’Ordine ho ricevuto solo pedaggi, false promesse e un mare di demagogia. Quando nel 2016 ho subito una pesante crisi professionale e personale, l’Ordine era l’ultima cosa che mi veniva in mente nelle mie giornate. Poi ho vissuto la più straordinaria delle stagioni del cambiamento e sono diventato esattamente quello che un giornalista dovrebbe essere oggi, magari anche domani. Un viaggio difficilissimo, ma bellissimo. Oggi sono un giornalista molto felice di esserlo. E la mia crescita è stata lenta e costante.

    Ora ti spiego perché ho detto sì all’eleggibilità al Consiglio Regionale dell’Ordine dei Giornalisti. Per un motivo personale. Già 5 anni fa ho scelto di cambiare molto perché non volevo far vedere a mio figlio la faccia di un papà infelice, intento a fare un lavoro frustrante. Mi sono allontanato da quel mondo che frequenti, se fai il giornalista, tutti i giorni. Ho lasciato indietro tutto. Candidarmi per cercare di cambiare le cose è l’ultima cosa che farò nel mondo del giornalismo. Per potermi guardare allo specchio e dire: “Ok, ho fatto tutto”. Anche se non sarò riuscito a cambiare una virgola di questo mondo morente.

    L’ho fatto per te. Sì, ma sai perché?

    L’ho fatto anche per te. Sì, anche per te. Perché sono il cambiamento che la professione giornalistica dovrebbe intraprendere. E voglio metterlo sul tavolo per vedere se la mia esperienza può far cambiare le cose per tutti. Lo faccio solo perché sono un fan della Teoria dei Giochi di John Nash (Hai visto “A Beautiful mind”?). Se questa professione si riprende, io ci guadagno. E tu anche. So che fatica si fa a inseguire i soldi. So che fatica si fa a collaborare coi giornali, so che fatica si fa a essere imprenditori di se stessi. Ho penato, contato i centesimi, mandato pec per recuperare crediti, ho battuto il marciapiede.

    Sono un Forrest Gump che corre dritto verso il futuro del giornalismo. E fa, fa, fa, sperimenta, prova, sbaglia, si incasina, casca, si rialza, riparte. L’ho fatto per te perché io sono te. Allora leggi qui come si fa a votare e datti una mossa perché Forrest Fac vuole correre fino alla stanza dei bottoni e dire due cose. “Giornalista è chi Giornalista fa” e “Ragazzi, il futuro è da quella parte”.

    Ti aspetto.

  • Workflow, tempo, smartphone: la chiave del cambiamento

    Workflow, tempo, smartphone: la chiave del cambiamento

    Workflow è un inglesismo che adoro. Davvero tanto.

    Più in generale adoro la parola flusso. Per me è un vero mantra. Ne interpreto la filosofia in un modo talmente appassionato che, talvolta, mi capita di non capire perché sto prendendo una certa decisione e di veder arrivare le giuste connessioni e le giuste motivazioni dopo che l’ho presa.

    Anche nel mio lavoro mi capita di vivere le giornate secondo un flusso. Programmo le attività creo le liste sul mio smartphone, programmo il tempo che voglio dedicare al singolo impegno e poi mi immetto nel flusso. Faccio una certa fatica ad andare con ordine di priorità, ma al termine dei giorni arrivo sempre consapevole di aver fatto quello che serviva fare in quelle ore. Se non per il lavoro, se non per i clienti, certamente per me. Certo, poi ci sono le scadenze che arrivano e che ti costringono a incanalare la forza del tuo lavoro verso un certo risultato da raggiungere in un certo tempo, ma questo non toglie che interi settori dei tuoi giorni abbiano la possibilità di vederti avanzare seguendo il flusso.

    Per esempio in questo momento non dovrei scrivere questo articolo, ma dovrei fare marketing sui social su una cosa che riguarda Algoritmo Umano. Però sono partito da queste righe perché mi servono per mettere in fila molti ragionamenti che farò quando devo fare la cosa più importante, quella che dovrei fare al posto dell’azione che sto facendo ora.

    Il flusso di lavoro parte dal tuo smartphone

    Nelle righe di Smartphone Evolution l’ho ribadito spesso: lo smartphone è il punto di equilibrio di un cambiamento e del rilancio del nostro lavoro. Sì, anche del tuo. L’hardware che hai registra, elabora dati, fotografa il tuo tempo. Si tratta dell’assistente che può potenziarti e che ti fa vedere con lucidità il tuo percorso temporale per fare in modo che sia poi tu a imboccare una strada, a cambiarla, a decidere una direzione piuttosto che un’altra. Il mio flusso di lavoro parte ogni mattina dallo smartphone e termina ogni sera sullo smartphone.

    Il lavoro nelle aziende è cambiato e ho la netta sensazione che non si tenga in sufficiente conto quello che può essere sviluppato attraverso gli smartphone. Nel mio lavoro di consulente sto vedendo con chiarezza che i telefonini sono punti di contatto, apparecchi di produzione del contenuto in cocreazione, strumenti di conoscenza, formazione, informazione. Possono essere gli apparecchi con i quali si uniforma la cultura di un’azienda oltre alle operazioni con le quali si crea il valore di un prodotto o di un servizio. Insomma, con la crescita delle opportunità tecnologiche collegate allo smartphone, sembra proprio che questi personal device possano essere macchine che producono valore aziendale tanto quanto le catene di montaggio.

    Serve progettazione di workflow mobile

    Gli smartphone possono creare valore aggiungendo qualcosa ai prodotti o ai servizi di un’azienda, ma anche togliendo qualcosa ai costi dell’azienda. La progettazione di flussi di lavoro con apparecchi mobili può aprire un ventaglio di possibilità, ma va gestita. Gli smartphone possono aiutare la virtualizzazione dei passaggi operativi o rappresentare elementi terminali di un nuovo servizio o prodotto. Per questo, assieme all information technology ci vuole un progettista di operazioni in mobilità. Uno che possa trasformare le azioni virtuali in creazioni di valore reale. La tecnologia mobile, il flusso di lavoro, il tempo: tre elementi su cui si potrebbero sviluppare grandi cambiamenti di un’azienda.

  • Formazione, Aziende e giornalisti: c’è un capitale da non sprecare

    Formazione, Aziende e giornalisti: c’è un capitale da non sprecare

    Formazione, informazione, flussi di lavoro, conoscenze. Per le aziende sono parole importanti.

    Occupandomi stabilmente di formazione, in ambito accademico, istituzionale e aziendale, mi sono reso conto in questi mesi che le aziende hanno degli importantissimi asset immateriali da non sprecare, legati proprio a queste parole. Gestire le informazioni dell’azienda, ma anche il flusso di contributi di formazione, il miglioramento dei processi di lavoro e dello scambio di conoscenze, è una delle sfide che dovranno raccogliere gli imprenditori in questa epoca nella quale il luogo e il tempo di lavoro si stanno smaterializzando.

    Tra uffici digitali e uffici fisici, si perde moltissimo.

    Così come l’immagine e il percorso digitale di un’azienda vengono in gran parte snobbati in questo periodo di ripresa (“Bisogna produrre e fatturare!”), vengono presi mediamente sottogamba anche i processi di scambio e valorizzazione di informazioni, formazioni, conoscenze e contenuti di qualsiasi azienda.

    Nelle piccole perché non c’è tempo di curarli, non ci sono soldi, non c’è abbastanza attenzione. Nelle grandi aziende perché i processi di lavoro spesso non sono snelliti, ma complicati dalla tecnologia e dalla burocrazia. In questo modo, nel passaggio del sapere di ogni tipo tra gli uffici digitali e gli uffici fisici di qualsiasi organizzazione aziendale, si perde molto.

    Le conoscenze non vengono formattate, scritte, fatte vedere, mostrate consegnate in un modo armonico e accessibile a tutti. La conseguenza è che non viene curato abbastanza il processo di apprendimento delle conoscenze da parte delle risorse di un’impresa e, di conseguenza, non vi è una trasformazione in valore del know-how che si apprende.

    Ci vuole progettazione, ma ci vogliono anche i giornalisti

    Sto passando questi giorni a studiare, per offrire una formazione migliore su Algoritmo Umano e in ogni collaborazione dedicata a questo settore. Naturalmente per la formazione, l’informazione, i flussi di comunicazione e conoscenza ci vogliono gli specialisti della progettazione didattica.

    La cosa interessante, però, è che in questo mondo del lavoro e delle aziende sempre più liquido, ci vogliono anche i creatori del contenuto che possa soddisfare al meglio le esigenze di chiarezza, univocità del messaggio, completezza, competenza ed armonia con i valori aziendali. Per questo continuo a pensare e continuo a lavorare perché ci sia sempre più bisogno di giornalisti per creare questi contenuti di formazione, informazione, conoscenza e cultura aziendale. Contenuti che, con la digitalizzazione del lavoro, stanno diventando sempre più importanti. Sono un capitale da non sprecare.

  • WordPress, lo zen e creare senza codici

    WordPress, lo zen e creare senza codici

    WordPress: non avrei mai creduto che la lingua più importante del mio futuro sarebbe stata proprio quella con cui si fanno i siti.

    Eppure è così. WordPress è uno strumento, una cultura, un modo di creare delle cose che sta diventando sempre più decisivo nello sviluppo dei progetti che realizzo o seguo. In WordPress sto creando la nuova piattaforma di Algoritmo Umano, con WordPress ho disegnato cose belle sul web. Sempre con questo modo di creare luoghi digitali, ho modificato il mio lavoro per sempre e costruito un vero ufficio virtuale nel quale, se vuoi i miei servigi, posso riceverti, capirti, progettare le soluzioni che ti servono e realizzarle insieme a te.

    Anche senza incontrarti fisicamente, anche senza disturbarti troppo.

    Come sempre, su questo blog, ti racconto quello che sta dietro il mio lavoro e la mia vita professionale. In questi giorni mi sono immerso dentro WordPress per imparare, a forza di prove, a fare pagine statiche e creazioni grafiche con questa filosofia operativa. Ho scoperto cose meravigliose, ho avuto problemi inaspettati, ho capito che posso realizzare progetti ancora più grandi per i clienti e per me. Ho anche provato la frustrazione che provoca incontrare un problema, vedere che una parte del lavoro che hai realizzato si distrugge e partire per la ricerca di una nuova soluzione.

    Uno strumento necessario

    Lo dico subito. Non sono un professionista della creazione di siti internet e di piattaforme digitali. E non voglio esserlo. I professionisti sono altri e sono importanti. Sono uno che, in questo anno, ha solo voluto arricchire il suo bagaglio culturale cercando il linguaggio per crearsi la sua casa digitale da solo, provando a impararlo e poi a utilizzarlo.

    Per costruire.

    Certamente il risultato che si vedrà nei prossimi giorni su Algoritmo Umano o i cambiamenti che hai visto qui sono perfettibili. Per me questi siti sono un continuo laboratorio di test, ma quello che è certo è che ho capito che WordPress è uno strumento necessario, un linguaggio da conoscere assolutamente se fai il giornalista, il comunicatore, il creativo, il marketer. Dico di più: WordPress è un mondo che dovrebbero conoscere tutti coloro che hanno professioni con una cote pubblica, così come dovrebbero apprendere la Mobile content creation.

    Ci pensi cosa potrebbe voler dire per il tuo lavoro, qualunque esso sia, che sai creare un tuo sito e, con lo smartphone, sai riempirlo di contenuti bellissimi? Prova a pensarci…

    WordPress e lo zen

    Cosa centrano Worpress e lo zen? Ti spiego. In queste ore ho incontrato un problema con una parte del sito di AU che mi aveva permesso di realizzare una cosa. Si tratta di un plugin che non va più e che mi ha perfino fatto sparire contenuti. Non ti dico lo scoraggiamento (e i porchi e le parolacce che ho tirato). Poi mi sono fermato, mi sono allontanato e ho cominciato a pensare. Già, perché per ogni problema c’è una soluzione, almeno dentro WordPress.

    Il pensiero è diventato divertimento, il divertimento progettazione, la progettazione test. Per la cosa che voglio fare non ho ancora trovato una soluzione che mi faccia ritornare a fare quello che desidero fare nelle pagine di Algoritmo Umano, ma sono certo che la troverò. Intanto ho trovato l’esperienza, la temperanza, la pazienza e la ricerca. Momenti che, di solito, vengono poco prima della sorpresa e della soluzione. Un’esperienza che dovresti provare, una specie di videogioco multisensoriale che ti tiene acceso, sveglio e proiettato verso il futuro. Ecco che cos’è creare senza codici: una splendida avventura.

    WordPress e un giornalista

    Alla fine perché è importante conoscere WordPress se sei un comunicatore? Perché il web è il luogo dove si fa informazione e perché i contenuti innovativi per l’informazione vengono costruiti proprio con il linguaggio digitale di WordPress (in massima parte). Se devi realizzare un contenuto multimediale, quindi, devi anche essere in grado di sapere, dal punto di vista grafico, come questo contenuto si trasformerà in una o più pagine web e quale sarà l’esperienza dell’utilizzatore.

    Essere un giornalista oggi presuppone una caratteristica in più rispetto al passato. Non devi solo saper produrre il contenuto, devi anche saper concepire l’esperienza che chi lo fruisce passerà per dare a questa la giusta intensità a seconda dei momenti di quello che stai scrivendo, realizzando, facendo vedere o sentire. Per questo il tuo strumento è WordPress e il fatto che tu non lo conosca è un problema.

  • La lunga vita: io rappresento tutti

    La lunga vita: io rappresento tutti

    Finalmente. E’ più di un anno che aspetto “La lunga vita” e l’attesa sta per finire.

    Forse sono passati tre anni dal giorno in cui l’organizzazione del progetto “La lunga vita” di Fondazione Farmafactoring mi ha chiamato. “Vorremmo farle un ritratto fotografico nell’ambito di un progetto che racconta le fasi della vita”. Ricordo il mio stupore. “Volete proprio me?”. “Sì, abbiamo visto il suo bel lavoro di divulgazione e di cultura che sta facendo con Sharingdaddy e ci serviva un papà single. Lei, per noi, è il Papà single con la p maiuscola”.

    Un po’ di tempo dopo sono venuti a trovarmi con il fotografo Costantino Ruspoli. Ricordo tutto di quello scatto: Ricordo la serenità, la calma, mio figlio che diceva “scegliamo questo scatto, perché qui almeno sorride un po’“. Infine la meraviglia (con il Covid in mezzo).

    La mostra “La Lunga Vita: viaggiatori a metà strada. Equilibrio Instabile” doveva andare in scena nel marzo del 2020, ma la pandemia ha spazzato via tutto. In questi mesi ho atteso l’uscita di questo evento, ma è successo molto di più.

    Essere una copertina

    Già, perché nel frattempo mi hanno comunicato che la mia foto andava in copertina del libro fotografico che è stato creato per questo progetto e per la sua fase di mezzo. “La lunga vita”, infatti, è una mostra fotografica, ma è anche una ricerca approfondita della Fondazione Farmafactoring che indaga sulle fasi dell’esistenza della popolazione italiana in questa epoca così liquida e complicata.

    Sono, quindi, il manifesto dell’età di mezzo. Sinceramente non me lo aspettavo e non penso di avere criteri per essere un uomo copertina di questo bellissimo progetto. Quando me lo hanno detto sono rimasto davvero sconcertato. Poi ho visto la foto… e ho capito.

    Faccio una riflessione. Io sono tutti, ho le ferite di molti, ho passato le difficoltà di tanti, ho le rughe profonde di un’età di mezzo vissuta senza alcuna certezza. Io sono te, ho un percorso simile, ho sogni essenziali, sono provato, stanco, ma anche consapevole e speranzoso. Credo che quella foto sia stata scelta come immagine di copertina non perché rappresenta me, ma perché rappresenta te. Anzi noi. Tutti quelli della mia generazione: con una famiglia infranta, un lavoro stravolto dai cambiamenti, un fisico segnato da due crisi economiche epocali e dalle tragedie che si sono portate appresso.

    La mostra va in scena: ecco la Lunga vita

    L’onore che mi è stato fatto chiedendomi la disponibilità di rappresentare un’età dell’uomo, l’età di mezzo, è un onore per il quale non ho molti titoli. Anzi ne ho uno solo: sono stato in grado di affrontare tutto e di conservare un sorriso abbozzato sul volto, anche grazie alla mano di un bambino che mi sorregge. Quando ho visto quella foto ho pianto molto, perché dentro ci sono io e la mia capacità di dare un’immagine vera di me nel mio percorso digitale. Per questo sono stato trovato, per questo sono diventato un simbolo. Perché io sono te, sono noi, sono l’età di mezzo della lunga vita.

    La mostra fotografica va in scena dal primo al 13 ottobre 2021 a Palazzo Morando a Milano. L’ingresso è libero e la mostra è aperta dal martedì alla domenica. Ti consiglio di andarci, per vedere come è sofferto, bello, particolare, quello che abbiamo vissuto e quello che stiamo vivendo. Io sarò da quelle parti più di una volta, perché voglio capire quanti si riconosceranno in me.

    Io sono uno strumento

    Alla fine questa vicenda mi fa capire una cosa. Il mio lavoro è essere strumento. Imparo cose e le insegno agli altri, vivo cambiamenti e li descrivo, interpreto ruoli a beneficio di tutti, racconto storie e le diffondo. Sono un mezzo, uno strumento di pensiero, di riflessione, di azione e cambiamento. E tutto questo mi sembra bellissimo.