Autore: Francesco Facchini

  • Podcast mobile: esperienza sul campo

    Podcast mobile: esperienza sul campo

    Non sono un fenomeno del podcast, sono solo uno che sta studiando.

    So, però, di essere qualcuno che ama moltissimo fare le cose che non si possono fare. Allora ho messo insieme le parole podcast e le parole mobile per cercare di capire se potevo creare qualcosa di nuovo. Volevo far uscire allo scoperto il linguaggio del suono che arriva dalla vita vera, rumori compresi. Non so se ci sto riuscendo, ma sono sicuro di essere sulla strada buona. Sulla strada di un’esperienza condivisa che diventi qualcosa di più di una voce che racconta una storia e di tanta ingegneria del suono fatta in un luogo artificiale.

    Podcast mobile: un pezzo di vita insieme

    Ho registrato la puntata numero 8 della stagione 2021 di Algoritmo Umano in totale mobilità. L’intervista è stata fatta a bordo campo, con uno smartphone in mano e un’interlocutrice straordinaria. Lei chiudeva in ufficio la sua giornata di lavoro, io ero a bordo campo, a guardare mio figlio che si allenava. Lei as Siracusa, io a Milano. Grazie a Santina Giannone ho raccontato una cosa importante e un libro importante: “Comunicare Human to Human”, di Dario Flaccovio. Se hai un’azienda o sei un comunicatore, dovresti leggerlo. C’è di più: abbiamo staccato un pezzo di vita insieme, rumori compresi, mettendolo nelle tue orecchie.

    Podcast mobile: come ho fatto

    Come ho registrato questo podcast mobile? Semplice: smartphone alla mano (un iPhone 12), durante l’intervista. iPad (un vecchio Pro) per produrre i blocchi e un Samson Xpd2 per registrare il pre sigla. Naturalmente mi è servito anche un adattatore USB-USB C. La mia fedele cuffia Sennheiser per sentire, la app Anchor per montare i pezzi e pubblicare. Il sito e i social per diffondere. Sempre in totale mobilità. Vedi tutto nella foto.

    Sono al parco, mentre scrivo. Ho il sole in faccia e vedo anche poco lo schermo. Poco lontano da me una famiglia fa un pic nic. Intanto tu ascolta. Se ti va. Io torno a casa.

  • Da Obama-Springsteen ad Algoritmo Umano: il podcast, un mondo

    Da Obama-Springsteen ad Algoritmo Umano: il podcast, un mondo

    Obama mi ha fatto emozionare.

    Ho un podcast da un anno e sono un esploratore del mondo del web, dei social, dello smartphone e della voce, dell’audio. Sono un vecchio giornalista radiofonico, sa sempre innamorato della parola detta. Oggi, quando ho visto comparire “Renegades: Born in the Usa”, podcast mandato on air dai signori Barack Obama e Bruce Springsteen, mi sono emozionato. Grazie Spotify. Ho sentito la storia entrare nelle orecchie e ho avuto la conferma che il podcast è un mondo. Un mondo dove voglio restare. Fino a quando esalerò l’ultimo respiro. Obama e il Boss mi hanno fatto emozionare perché hanno dato a tutti i nostri smartphone un prezioso documento con cui cullare le emozioni di essere vicini ai nostri eroi, di essere lì, con loro, a parlare di “Renegades”, di irregolari, di rinnegati.

    Obama e Springsteen: due voci e una profondità immensa

    Loro lo sono e forse lo sei anche tu, con quei percorsi imprecisi che fai nella tua vita di tutti giorni. Quell’equilibrio sopra la follia che rappresenta il tuo stare al mondo, al di là di tutto, al di là di tutti. Al di là del posto da dove vieni e del colore della pelle che hai. Sentilo e poi torna qui. Perché sono convinto che questa ora, anche se non capisci l’inglese, ti porterà via con la testa e con il cuore. Alla fine avrai ben capito che cosa è il podcast. Un mondo.

    La voce per esserci, la voce per gridare

    Obama e Springsteen parlano da vecchi amici, ricordano l’infanzia, i dolori, l’America dolorosa e profonda, la loro condizione di irregolari rispetto al pensare comune. Con pause e sorrisi, con ricordi e silenzi. Creando un momento magico grazie al podcast. Ecco che cos’è questo medium, un viaggio, un’esperienza vissuta, una voce per esserci, una voce per gridare. Mi sveglio presto per preparare il corso di venerdì su Algoritmo Umano (che puoi trovare qui) e sono sempre più convinto che questo mezzo, il podcast, sia il mezzo con il quale gli uomini del presente e del futuro potranno scambiare valore e stare vicini. Sentirsi vicini. Scrivo mentre sento la chitarra e la voce del Boss, graffiante e sporca come solo quelle vere sanno essere, pensando che quello che dirò venerdì non sarà un concentrato di tecnica. Tutt’altro.

    Il mobile podcast, il suono della vita vera

    Parafrasando Woodie Guthrie dico “dove poggio il mio smartphone, quella è la mia casa”. Ecco che cos’è il mobile podcast: è la possibilità di portare lo smartphone ovunque e di sentire e far sentire il suono della vita vera. E catturarlo. E farlo arrivare lontano. Basta un telefonino e un microfono per catturare l’esistenza irregolare e imprecisa che stiamo vivendo. Facendola poi arrivare lontano con poche app e pochi strumenti che ti danno la possibilità di rendere il tuo racconto ricco ed emozionante. Allora vediamoci venerdì, perché il mobile podcast è un mondo che devi conoscere anche tu. Per raccontare la tua storia con l’emozione che merita. Con il sottile sogno, secco e ruvido, di mandare la voce che hai lontano. Per trovare, sicuramente, un’anima come la tua che fa un pezzo di strada con te. In un altro posto, in un altro angolo del mondo.

    Il podcast è valore vero

    Non sono Obama, ma anche io so portare in giro l’emozione di una voce. Ti regalo quella di Giovanni Vannini. Con questo scrittore ho discettato dell’uomo che entra nell’era digitale. Ecco cosa ne è uscito. Non sono Obama e lui non è il Boss, ma una mezz’ora di pensiero e riflessione è uscita. Secca, vera, utile, profonda. Buon ascolto, anche questo podcast è valore vero.

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    Microfono per smartphone: alcuni consigli utili

  • Microfono per smartphone: alcuni consigli utili

    Microfono per smartphone: alcuni consigli utili

    Il microfono per smartphone: questa è una delle keyword che viene più utilizzata per arrivare sul mio sito.

    Semplice il motivo. In passato ho raccontato più volte di quali siano e come vadano scelti gli strumenti più adatti per acquisire l’audio con uno smartphone. Insomma: ho parlato più volte del giusto microfono per smartphone. Come qui o qui. Le possibilità su questo argomento stanno cambiando (e di molto): ormai ci sono microfoni wired e wireless (con e senza filo) che hanno qualità professionali. Senza se e senza ma.

    Piccoli e grandi problemi

    Nei prossimi giorni metterò online dei pezzi sul kit con il quale lavoro, sia riguardanti il giusto microfono per smartphone, sia i supporti e gli strumenti collaterali al mio iPhone 12. Alcune cose te le voglio dire subito, per risolvere piccoli grandi problemi di rapporto tra microfono e smartphone:

    1. Quando hai bisogno di un risultato assicurato, affidati ai microfoni con il filo. Se il tuo telefono ha ancora il jack, il jack deve essere TRRS. Deve avere, infatti, 4 poli che possano gestire entrata e uscita dell’audio.
    2. Se hai un iPhone assicurati che nella confezione del microfono ci sia il cavo micro USB-Lightning.
    3. Fa attenzione ai microfoni Bluetooth, specialmente se vuoi andare in diretta. Le app live, infatti, hanno rivisto i protocolli di questa connessione e lo stesso hanno fatto i produttori di telefonini. Per questo sono pochissimi i microfoni Bluetooth a darti l’opportunità di andare in diretta perché supportano il cosiddetto BLE (nome del protocollo Bluetooth di base accettato dalle app).

    Il 2021, l’anno della voce

    Il 2021 è l’anno della voce. Lo dice Clubhouse, lo dicono i podcast. Lo dice il trend dell’industria che sta lavorando su questo nuovo asset con cui comanderemo il web e vivremo la nostra vita virtuale in modo ancora più vero, intenso e finalmente sincronico. Per questo motivo avere il microfono per smartphone più adatto potrebbe essere molto importante. Potrebbe essere come avere la macchina giusta. Un modo per lasciare la corretta impronta vocale nel mondo virtuale che frequenti.

    Allora bisogna farsi un’idea precisa. Ti posso dare, in questo senso, un appuntamento per parlarne in modo approfondito. Parleremo anche del giusto microfono per lo smartphone al prossimo corso di podcasting mobile di Algoritmo Umano. Un corso che sarà tenuto da me e dal collega Fabio Ranfi. Clicca qui per iscriverti. Ci vediamo lì e ti spiego tutto. “Come fare un podcast con lo smartphone” sarà anche un modo per imparare come fare audio con lo smartphone e, di conseguenza, come usare al meglio un microfono per smartphone.

  • Social network e il momento del valore

    Social network e il momento del valore

    Sui social network, in questo periodo, stanno succedendo molte cose.

    La mutazione di questi strumenti di connessione tra le persone, i social network, appare evidente. Si è manifestata tra risvolti politici, problemi di mercato, attacco delle istituzioni che non ne accettano più la pervasività e modificazione dell’esperienza (come succede su Clubhouse che a mio avviso non è un social network). Se ne sono accorti in molti, ma non si è ancora riflettuto abbastanza su come cambiarne l’interpretazione. Abbiamo bisogno di un nuovo modo di stare sui social network. Un modo che abbia valore. Toccabile.

    I social sono parte della tua catena del valore

    Sui social si è capito che cominciano a contare meno i numeri. Stanno scomparendo i like, si stanno modificando le notifiche, stanno cambiando i rapporti con i fan. In più modi le varie Facebook e compagnia stanno valutando evoluzioni che cambino, lentamente e inesorabilmente, il loro business. Ne parla anche Repubblica qui. Proprio in questo momento, quindi, serve un nuovo modo per interpretarli, per renderli utili a quello che stai facendo. Questi strumenti non sono più mezzi pubblicitari, possono essere leve per aumentare il tuo valore o per creare format di prodotti e servizi immateriali che creino ulteriore ricchezza per te. Come? Beh, con l’esperienza, con il contenuto, con la condivisione della conoscenza verso il tuo pubblico. Perfino con la conversazione con il tuo cliente per sapere come sta e cosa desidera davvero da te: ecco come le reti sociali possono essere parte della tua catena del valore.

    Adesso ti conviene lavorarci

    I social cominciano a essere una piattaforma su cui lavorare. A questo proposito sto pensando, assieme ad alcuni colleghi, di creare un team di professionisti che aiuti non solo la presenza online e onsocial dei clienti, ma anche la creazione di valore grazie a questi strumenti. Come Smartphone Evolution crea consapevolezza nell’uso dello smartphone, così i miei prossimi studi e progetti dovranno creare capacità nel cliente di sfruttare i social network per creare nuove opportunità di arricchire (realmente) il suo percorso digitale.

  • Marketing e smartphone: c’è un ponte da attraversare

    Marketing e smartphone: c’è un ponte da attraversare

    Marketing, marketing, marketing: hai vinto tu.

    Non sono un esperto di marketing, ma un esperto di progettazione, consulenza e produzione di contenuti con device mobili. Se vuoi sapere cosa faccio esattamente, per chi lo faccio e come lo faccio vai qui. In questi giorni sto scoprendo molte cose nuove e mi sto arrendendo allo studio del marketing, per potenziare al massimo le possibilità di incontro tra la mia professionalità e il pubblico (piccolo o grande) che ne ha bisogno. Ecco alcune indicazioni utili per coniugare la parola marketing con la parola smartphone.

    Marketing e creazione di relazioni via telefonino

    Di marketing so poco, ma sto studiando i giganti. Come Seth Godin. Quello che mi arriva dai libri riguarda dei concetti che fanno ben poca rima con numeri, quantità, massa. La strada per interpretarlo al meglio è capirsi, capire a chi stai parlando, creare relazioni basate sul contenuto, sul valore, sulla condivisione, sulla fiducia. Il tutto per prepararsi a essere la risposta alle domande che le persone ti fanno. Il marketing di questi mesi è in netto cambiamento e si sta spogliando dei suoi meccanismi di distrazione di massa. Lo smartphone è lo strumento con cui si tesse la relazione. Una specie di ponte da attraversare per interagire proficuamente con chi ti sta cercando, con chi ha bisogno della tua unicità.

    La forza dei legami deboli

    Qualche giorno fa ho scritto un pezzo su questo nuovo social network (che tutti chiamano social, ma social non è) chiamato Clubhouse. Se vuoi leggerlo lo trovi qui. Grazie a questo nuovo ambiente virtuale ho ritrovato un concetto di cui avevo già parlato un paio di anni fa: la forza dei legami deboli. Clubhouse li porta al massimo livello, li fa diventare arte dell’incontro e della relazione virtuosa. Il primo legame debole, ma professionalmente virtuoso, per me, è arrivato a poche ore dall’entrata su Clubhouse. L’ho raccontato qui:

    Si tratta di Marina Corrente, aka Momò Social Media Marketing, una splendida professionista del social media marketing (di contenuto) con la quale svilupperò un nuovo format di consulenza. Questo è un esempio di quel ponte da attraversare che lo smartphone crea e che bisogna assecondare. Si tratta della già citata forza dei legami deboli teorizzata da Mark Granovetter, fondatore della sociologia economica.

    Un ponte che non è molto trafficato

    Il marketing, nel suo complesso, non ha ancora attraversato questo ponte di comunicazione e di interazione rappresentato dallo smartphone. Osservo con attenzione molti guru (veri o presunti) di questa disciplina e li trovo spesso a smazzare contenuti che sono “one fits for all”, uno buono per tutti. Concetto da ribaltare… completamente. Il marketing via smartphone deve lasciare a terra numeri, quantità, verità precotte e modelli buoni per tutto. Lo smartphone è un ponte di comunicazione che sviluppa relazioni “uno a uno” o “uno a pochi”, almeno nella sua nuova versione. Lì, caro lettore, cliente, professionista, comunicatore, marketer, c’è la chimica del cambiamento. E ci sono i risultati che aspetti. Non nella quantità, non nella massa…

    Marketing: forse sta succedendo qualcosa di speciale

    Clubhouse e tante altre app simili, nate per l’interazione virtuale e di valore, stanno spingendo un movimento di liberazione degli internauti. Quale? Quello che ci sta per liberare, per sempre, dai like, dai fan, dai follower, dai numeri. Il ponte non è stato attraversato, ma stiamo incominciando a farlo e questa è una ottima notizia.

  • Clubhouse: il bello di un social che non è un social

    Clubhouse: il bello di un social che non è un social

    Clubhouse: il mondo dei social è stato squassato da una nuova entrata

    Gli smartphone di tutto il mondo sono attraversati da una scarica elettrica: si chiama Clubhouse. È uno strumento social, una app che funziona solo per invito e ha un elemento caratterizzante: la voce. La struttura è di un’innovatività disarmante e riporta al centro l’interazione diretta e sincrona. È basato su stanze di conversazione che possono essere private o pubbliche, come veri e propri eventi online o come interazioni dirette. Molto interessanti anche le cose che non ci sono, ma ora andiamo con ordine.

    In Clubhouse non ci sono timeline

    Clubhouse ci libera dalla prevasività delle timeline. Se vuoi seguire quello che succede devi entrare nelle varie “room” e ascoltare, oppure iniziare una conversazione, sia essa tematica o generalista. Le stanze riproducono un ambiente virtuale nel quale un moderatore elegge a speaker determinate persone che possono essere funzionali al tema di cui si sta parlando.

    Non restare fuori a guardare dal buco della serratura, ma doverci mettere la voce è spiazzante, ma toglie il sentimento di emulazione e di clonazione cui invita un social network normale. Entri, ascolti, alzi la mano, attendi, partecipi (se ti fanno partecipare). Lì devi essere te stesso. Non ti puoi limitare a guardare, non puoi fare il leone da tastiera, non puoi sparare cavolate.

    In Clubhouse c’è la virtualizzazione dell’incontro

    Solleva vedere che Clubhouse non è schiavo dei numeri, non è figlio della quantità e dei follower. Si tratta di un luogo dove interagire, allacciare contatti, conoscere e togliere passaggi al palcoscenico dei media. Sto scrivendo questo pezzetto e da un’ora sono nella stanza di @insopportabile a sentire una bella chiacchierata su come i politici potrebbero usare questo medium.

    Beh, dovrebbero fare attenzione. Tanta, perché qui si rischia l’uno contro tutti se quello che dici non ha valore. Sono dentro la stanza è assieme a me ci sono Francesco Di Gesù (in arte Frankie Hi-nrg MC) e Saturnino Celani, due clamorosi artisti. Essere a chiacchierare con loro e sentire la loro voce, strumento con il quale entreremo nella nuova era di Internet, come ho già scritto, è emozionante. Una vera virtualizzazione dell’incontro che viene vissuta lì per lì e che dai server di Clubhouse non viene registrata (forse…). Per cui è il “qui e adesso” che conta. C’è anche la disintermediazione, i gradi di separazione tra me e le persone famose sono meno di sei…

    Dobbiamo imparare dai pischelli

    Clubhouse è anche il luogo della democratizzazione dell’interazione virtuale. Posso arrivare a un mio mito, se voglio. Con le dinamiche giuste. Già, perché è solo su invito e chi è invitato reca sul suo profilo il nome di chi lo ha invitato. Per sempre. Un garante. Una scusa per comportarsi bene, se no sputtani anche chi ti ha fatto entrare. Dobbiamo imparare dai ragazzini (nel senso dei giovani 16-25) che, nel 2020 caratterizzato dalla pandemia, hanno iniziato a vivere autentiche amicizie virtuali grazie a questi non-luoghi come Houseparty. Stiamo entrando in una mutazione dei social sostanziosa e sostanziale e Clubhouse, il quale ci ha tolto lo scroll, i fan, i like, i follower e le paranoie annesse, è il primo social della nuova generazione. Un social che non è un social per come abbiamo imparato a conoscerlo.

    Una clamorosa opportunità per comunicatori e aziende

    Clubhouse è un posto pazzesco per chi produce contenuti e per chi vuole cambiare finalmente il modo di raccontare un’azienda, un’attività, un progetto. È una stanza nella quale tutti possono entrare e sentire il valore di quello che stai dicendo, ma anche il rumore di quello che stai facendo. Con Clubhouse l’apertura per il ruolo di un comunicatore si alza di tono. Un giornalista può e deve diventare un progettista del prodotto editoriale a 360 gradi e arrivare fino al ruolo di coach dello speaker o del personaggio pubblico che ha intenzione di aprire un account e delle stanze di interazione con il pubblico. Ah… a proposito, qui non ci sono gli influencer e i loro diavolo di post sponsorizzati. Non ci sono filtri delle foto. Non ci sono foto, non ci sono scritti, non ci sono cose che restano.

    Clubhouse: posto di esperienze

    Clubhouse è un luogo dell’esperienza e della conoscenza condivisa, nel quale polarizzare la discussione diventerà estremamente difficile. Perché? Beh, per la selezione all’ingresso, per la natura sincrona dell’interazione (se vuoi parlare ci devi stare), per l’uso della voce, per il fatto che tutto avviene in quel momento e di quel momento non resta traccia. Per questo ritengo che sia un ottimo strumento per le aziende, per avere un filo diretto con il loro pubblico, per sentire parlare i loro clienti.

    Il ruolo del moderatore

    Sono le primissime ore per me su Clubhouse e, per adesso, ascolto molto e parlo poco. Sono stato invitato dal giornalista Rai, responsabile dell’area web, Diego Antonelli che ringrazio. Però già sto pensando ai contenuti e alle stanze che potrò aprire, naturalmente per Smartphone Evolution e per Algoritmo Umano. Stanze di vita e di incontro virtuale. Credo sia utile spiegare il ruolo del moderatore, per quello che ho capito. La persona che vuol creare una stanza, improvvisata o ricorrente, diventa il moderatore. Un ruolo centrale anche per il controllo di quello che può succedere. Può nominare speaker e togliere il microfono, far entrare (se è una room chiusa) e far uscire. Se il modello di business evolverà rapidamente, come credo, vedo una grande opportunità anche in questo compito, in questa nuova professione. Già, proprio quella del moderatore di luoghi virtuali.

    Quello che non va in Clubhouse

    Devo dirlo, sono stupito in positivo da Clubhouse, ma anche inquietato da alcune sue caratteristiche. Prima di tutto è a invito e questo crea divisioni nella sopcietà virtuale. No buono. Evolverà per forza. Poi, per ora, è solo per iPhone e quindi ce lo possono avere solo le persone che hanno un telefonino di quel tipo. Altra connotazione elitaria. Poi potrebbe aumentare le bubble room, quelle stanze virtuali che fanno rimbombare le proprie opinioni.

    Il pericolo dello stare tra simili

    Ci si incontra solo con gente simile, perché si entra nelle stanze che si interessano. Invece bisogna confrontarsi con il mondo, aprirsi al diverso. Poi c’è tutta la questione delle registrazioni di quello che succede: Clubhouse dice che non conserva il registrato, ma lo detiene soltanto poco tempo dopo la fine della stanza solo per eventuali segnalazioni del pubblico su qualcosa di negativo che sia accaduto nell’incontro. Sarà vero? Poco sotto, infatti, dice che conserva dati e metadati per un tempo indefinito. Ecco, bisognerà chiarire. Questo, però, è un momento di vera Smartphone Evolution. Anzi di Social Evolution.

    Ps. La foto è mia ed è la foto dell’iPhone aperto su Clubhouse e della sua posizione rispetto a quello che stavo facendo. Sentivo la chiacchierata e scrivevo. Ho cercato di intervenire, ma non sono stato abilitato a farlo. Ho sentito persone interessanti parlare, tenermi compagnia, mentre pigiavo sui tasti o bevevo il caffé. Una splendida sensazione di compagnia, di nuova relazione virtuale. Composta ed educata, mai urlata, la discussione mi ha rallegrato il sabato pomeriggio. Un buon inizio.

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