Autore: Francesco Facchini

  • Diventare giornalista è questione di tecnologia

    Diventare giornalista è questione di tecnologia

    Questa cosa farà inorridire i colleghi, ma è vera: la professione del giornalista è una professione tecnica.

    Se vuoi diventare giornalista devi far pace con questo: è un lavoro che è permeato totalmente dalla tecnologia.Il mondo del giornalismo italiano brilla per arretratezza è scarsa competenza tecnica dell’universo dei media che viviamo. Nella gran parte, si tratta di un mondo di professionisti. Anche bravissimi, ci mancherebbe.

    Sono attaccati, tuttavia, a metodi vecchi e recalcitranti ad approcciare nuovi applicativi e strumenti per fare questa professione.Il giornalista in Italia oggi è ancora legato al messaggio. Questo può essere scritto, video, foto o audio. È anche legato ai criteri del giornalismo. Non si affrontano nemmeno due caratteristiche importantissime della professione oggi. L’importanza dei dati è una. L’altra è l’importanza della tecnologia e dei suoi strumenti. Perché?

    Il giornalista e i social

    Il giornalista e i social network: un rapporto perlomeno difficile. Eppure in tutto questo tempo, lo schema mentale con il quale il giornalista ha affrontato le piattaforme sociali è semplice. E alquanto stupido. Le piattaforme social sono un pericolo da evitare. La realtà, tuttavia, è un’altra: i social sono il modo con il quale le persone si informano. Ecco, le piattaforme di connessione sociale hanno tre caratteristiche. Sono strumenti tecnologici (software). Consegnano una marea di dati. Vengono fruiti dagli smartphone.

    Se si vuole diventare giornalista, l’ecosistema della professione è quello lì: software, dati, hardware. E quindi che cosa ci impedisce di pensare che la professione giornalistica sia tecnica? Niente.

    Diventare giornalista è questione di mediazione

    Non pretendo certo che la preparazione di un giornalista diventi soltanto tecnica. Non riguarda solo software, hardware, smartphone, intelligenza artificiale e strumenti di registrazione multimediali. Tuttavia, diventare giornalista resta una questione di mediazione sociale. Il problema è che la mediazione che devi saper proporre è legata ai dati. Questi dati ti vengono forniti dagli strumenti (web e app) che frequentiamo ogni giorno. Li usiamo per capire le notizie, le informazioni e creare i contenuti.

    Ti rivelo una tendenza: il lavoro dell’innovatore del giornalismo Francesco Marconi (di cui puoi leggere qui) si sta indirizzando verso la “previsione” delle notizie. Già, hai letto bene: l’intelligenza artificiale ci permetterà di prevedere una notizia prima che diventi tale. Come? Non con la magia nera… con i dati.

    Per questo sostengo questa idea: diventare giornalista è una sfida che fa rima con la tecnologia. La mia è una professione totalmente rivoluzionata dalla tecnologia. Resta una cosa: il fattore umano. Non c’è strumento artificiale che ti fa trasferire valore agli altri. Ci vuole l’umanità.

    Se vuoi approfondire il futuro del giornalismo ti confermo che il numero uno al mondo è lui: Francesco Marconi. Clicca qui per andare a curiosare nel suo sito internet.

  • Tecnologia: come si usa e perché

    Tecnologia: come si usa e perché

    La tecnologia che ci circonda è decisamente troppa.

    Con l’avvento dell’intelligenza artificiale, la tecnologia ha letteralmente invaso ogni aspetto della vita e del lavoro. O meglio: la differenza è che ora lo sappiamo, ce ne accorgiamo. Di conseguenza dobbiamo farci delle domande più complesse rispetto alle semplici operazioni che facevamo in passato. Fino a ieri era banale: schiaccio il tasto o non lo schiaccio?

    Oggi è un’altra cosa. La tecnologia non ci serve soltanto per compiere operazioni più rapidamente, ma è diventata così invasiva che ci cambia. Ci cambia come lavoratori e come persone.

    La malattia da cui guarire

    L’approccio alla tecnologia cui ci costringono le tech company è davvero malato. Il fine di chi fa tecnologia (hardware o software che sia) è renderti dipendente dallo strumento (e quindi dagli abbonamenti che paghi) e magnificarti le potenzialità “sostitutive” dello stesso. Oggi molti prodotti e molti applicativi ti vengono messi sotto il naso facendo leva sulla tua precisa ed efficiente sostituzione dell’esecuzione dell’operazione per la quale sono nati.

    L’intelligenza artificiale è così: risolve problemi complessi. Di conseguenza ti fa aspettare inerme davanti alla macchina per poi presentarti la soluzione e chiederti “che ne pensi?”. L’orientamento così aggressivo del mondo tecnologico è una malattia dalla quale dobbiamo guarire in fretta. Diciamo più in fretta rispetto a quanto abbiamo fatto con i social (18 anni) prima di capire che li potevamo usare per connetterci.

    La tecnologia buona

    C’è un modo molto facile per riconoscere se la tecnologia è buona per te. Un metodo che ha una base economica. La tecnologia non la puoi evitare, ma la puoi giudicare perché hai ancora la volontà per farlo. Il criterio è semplice. Se vuoi migliorare un passaggio, un modo, un processo, una maniera con la quale svolgi una cosa, c’è sempre un rimedio tecnologico. La tecnologia buona la riconosci facilmente, basta seguire questi punti:

    • Se ti sostituisce totalmente in un’operazione, lascia stare.
    • Se ti fa fare una cosa, aiutandoti nelle operazioni meccaniche, matematiche, statistiche, quantitative, in un modo più veloce rispetto a quanto facevi prima, dille di sì.
    • Se modifica anche parzialmente la veridicità delle informazioni e delle fonti dalle quali queste derivano, lascia stare.
    • Se oltre a velocizzare migliora i risultati, adottala tenendo sempre conto del rispetto e della trasparenza che devi a chi beneficerà del tuo lavoro.
    • Se vuoi usarla, dillo che lo stai facendo.
    • Se ti migliora nella gestione del tempo e dello spazio, adottala.
    • Se ti crea nuove abitudini per la tua salute, per la tua cura, per la tua vita di relazione e per le tue responsabilità, abbracciala.
    • Se cambia la sostanza di quello che vuoi comunicare, evitala come la peste.

    Insomma, se la tecnologia ti migliora (in qualsiasi cosa) dirle di no è sinceramente stupido. Se ti “aumenta” come persona o come lavoratore, è buona.

    Il vero problema da risolvere

    Io uso la tecnologia praticamente in ogni istante della mia giornata. Lei mi circonda e mi aiuta, coadiuva il mio lavoro in tutti gli ambiti. Organizzazione, programmazione, produzione, amministrazione, formazione, consulenza. Tutto. Il vero problema da risolvere, quando capisci il criterio con il quale devi usare la tecnologia, è un altro: ti libererà il tempo, diminuirà le ore in cui stai attaccato ai processi del tuo lavoro, snellirà le operazioni, le velocizzerà. E la domanda è: tu, del tempo che ti si libera, cosa farai?

    Se vuoi scrivermelo nei commenti, sarò felice di leggerti e di risponderti.

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    Il marketing dell’intelligenza artificiale.

  • Corsi di formazione: il mio futuro è ibrido… e sociale

    Corsi di formazione: il mio futuro è ibrido… e sociale

    I corsi di formazione sono una buona parte del lavoro di questo laboratorio.

    Sono anni che tengo corsi di formazione per committenti diversi e per fruitori diversi. In presenza, online… oppure in presenza e online. Mobile journalism, mobile podcasting, creazione di contenuti per i social, auto imprenditorialità, video editing, uso dell’intelligenza artificiale nella produzione del contenuto: questo è il mondo che divulgo.

    Insomma: si tratta di tutte le materie che fanno rima con la produzione di contenuti con device mobili, l’uso professionale dello smartphone, l’uso professionale dell’intelligenza artificiale e il business auto imprenditoriale.

    La fine della corsa dei… corsi di formazione

    In questi ultimi mesi i corsi di formazione che ho fatto mi hanno mandato un segnale molto chiaro: è il momento di cambiare. Di conseguenza ho tirato su il piede dall’acceleratore e ho iniziato una fase di studio. Anzi meglio: ho iniziato una fase di cambiamento della mia offerta formativa e del mio modo di essere docente grazie a un partner che mi aiuta e mi protegge in questo momento di sviluppo. Per ora non ti dico di più, ma è certo che la fine della corsa dei corsi è già diventata un nuovo inizio. Se, intanto, vuoi sapere quali sono i principi di base con cui faccio formazione, puoi leggerli qui.

    Il motivo per cui ti dico questo è legato al fatto che ho già iniziato a lavorare su nuovi modelli di apprendimento che facciano rima con un concetto a me caro: quello del luogo digitale, quello di una pagina web dove ci si possa incontrare per scambiare conoscenza e per interagire.

    Il luogo digitale

    La formazione che sto pensando, quindi, fa rima con un luogo del web come la pagina che stai leggendo. Un luogo che ti faccia fare un percorso che ti serva a fissare i concetti di una materia, ma anche a verificare immediatamente che tu stia apprendendo questi concetti in modo efficace. Le pagine che sto progettando hanno vari oggetti che si susseguono l’uno dopo l’altro e che ti possono dare la certezza, se usati in modo appropriato, che sei sul percorso giusto e che puoi verificarlo praticamente in tempo reale.

    I corsi di formazione che ho in mente sono percorsi. Divisi in moduli, con contributi multimediali e uno slide set di approfondimento per ogni video, questi nuovi corsi in via di progettazione avranno servizi aggiuntivi come la chat diretta per verificare dubbi e fare domande, le sessioni live “one to one”, i test di valutazione intermedia e finale.

    Tutto si baserà sullo scheletro dei moduli video di apprendimento, i quali si presenteranno sulla pagina del corso nella stessa maniera di quello che vedi qui sotto. Il visore è quello della piattaforma Switcher Studio.

    All’interno di ogni video acquistato, ci saranno le slide di approfondimento di quel modulo e, subito sotto, i test di autovalutazione. A disposizione avrai anche la Premium chat che potrà metterti in contatto con me in modo diretto, per farmi domande e chiarirti dei dubbi. Alla fine potrai prenotare, tramite un altro elemento, una sessione di approfondimento in diretta.

    Gli elementi di interazione diretta

    Nei corsi di formazione che sto progettando vedrai una forte spinta nei confronti dell’interazione diretta. Per farmi domande veloci via testo, per esempio, potrai utilizzare questo widget.

    Nella pagina posizionerò anche il widget della mia pagina agenda con la possibilità di fissare ore di formazione o consulenza ulteriore “one to one”. Una come quella che vedi qui sotto…

    Se riterrò di aggiungere altri documenti di approfondimento nella pagina, avranno questo stile, perché protetti quali contenuti ad alto valore e quindi da ritenersi a pagamento.

    Questo è un documento aggiuntivo

    Paghi un piccolo contributo in entrata e hai documenti ulteriori sulla materia del corso o in generale della formazione

    Il mio sito è il mio laboratorio

    Arrivo alla conclusione. Il mio sito, per il mio lavoro, è sperimentazione continua. Questa pagina, per esempio è una pagina nella quale ti ho raccontato alcune delle cose che sta facendo il laboratorio. Ho anche fatto sperimentazione soprattutto mettendo online tutti gli strumenti che vedi per provarne poi l’usabilità.

    Sto andando nella direzione che ho tracciato io stesso quando ho messo giù quella che è la definizione di un giornalista moderno. Cioè: uno che progetta e produce il contenuto per l’informazione… o per la formazione. Insomma, ti ho spiegato quello che sto combinando per un futuro in cui i miei corsi siano ibridi e social. Se ritorni a trovarmi qui, troverai presto anche delle altre novità.

  • Video con lo smartphone, perché è importante saperli fare

    Video con lo smartphone, perché è importante saperli fare

    Saper fare video con lo smartphone è determinante, ma ancora non è chiaro il perché. Il linguaggio dell’immagine in movimento è il principale mezzo di comunicazione della nostra epoca e devi tenerne conto, qualsiasi sia il tuo lavoro o il motivo per cui comunichi.

    I Key point di quello che leggerai

    1. Diffusione del video in Italia: Secondo recenti studi, quasi il 92% degli italiani guarda video ogni settimana, dimostrando l’importanza di imparare a creare contenuti video efficaci con lo smartphone.
    2. Impatto culturale dei video sui giovani: I giovani passano molto tempo a guardare video, rendendo essenziale lo sviluppo di abilità nella produzione di video su dispositivi mobili.
    3. Importanza del linguaggio visivo: È cruciale concentrarsi sul linguaggio visivo piuttosto che sulla tecnologia di automazione, per creare contenuti video personalizzati e impattanti.
    4. Applicazioni pratiche del video: La capacità di creare video è utile in vari ambiti, permettendo di comunicare efficacemente, promuovere lavori o fissare ricordi.

    Il dato che convince: il 91,5 per cento

    I dati italiani del report di We Are Social 2024, lo puoi trovare qui, dicono che il 91,5 per cento degli internauti nostrani ha visto almeno un video ogni settimana. Ecco perché è importante saper fare video e saperli utilizzare. Tutti guardano e mandano video in questo universo iper connesso. Non solo: tutti hanno modo di farli perché hanno tra le mani uno smartphone che, mediamente, ha un’ottima fotocamera-videocamera al suo interno.

    Una vita sullo schermo

    Un libro, vecchiotto e sempre valido, di Michael Rosemblum, il padre del mobile journalism americano, parlava di una statistica che cita un dato: quelli nati dopo il 1990 passano 50 anni della loro vita davanti a uno schermo. Un’enormità. A questo punto aggiungo: passano la vita a guardare immagini in movimento. Per emergere da questo mare di video serve una competenza: saper fare video con lo smartphone.

    Lo smartphone è la penna del ventunesimo secolo, mi ha detto Hosam El Nagar direttore di Thomson Foundation, in un video sul mio canale YouTube registrato qualche anno fa.

    L’intervista a El Nagar sul mio canale.

    Con questa penna scriviamo la nostra vita e il nostro lavoro. Questa penna, tuttavia, scrive immagini, non lettere. Per scrivere l’alfabeto delle immagini abbiamo bisogno di sapere la grammatica.

    Fare video con lo smartphone: le cose da sapere

    Per fare video con lo smartphone non centra la tecnica, centra il linguaggio. Per questo motivo ti do subito un allarme: nel tuo telefonino ci sono molte app che ti fanno fare video con lo smartphone in modo automatico. Ecco: evitale. Semplice il motivo: se creano un video al posto tuo, facendoti solo infilare qualche immagine in un modello, il video lo crea la app, non tu. Insomma, le app automatiche scrivono il video al posto tuo e omologano il tuo video a tanti altri video uguali. Vuoi essere uguale? O diverso?

    Per questo fare video con lo smartphone per te dev’essere un percorso. Impara la tecnica di base per filmare, la tecnica di base per montare… e poi prova. Filma ed edita con applicazioni che ti facciano tenere sempre in mano il comando di quello che stai facendo.

    Perché è importante per tutti fare video con lo smartphone

    Quante fai video, guardi video, mandi video? Tante. Allora pensa che il video può essere un linguaggio molto più immediato e potente degli altri. Posso farti un elenco per punti delle occasioni nelle quali ti può servire:

    • Comunicare con le persone
    • Sintetizzare un concetto, una ricerca, una relazione, una riunione
    • Creare contenuti per i social network
    • Spiegare a qualcuno come si fa una cosa
    • Mostrare un luogo e i suoi spazi
    • Promuovere il tuo lavoro
    • Creare un’interazione efficace con chi segue il tuo lavoro
    • Fissare nella memoria un ricordo utile alla tua vita e alla tua professione
    • Esprimere la tua creatività

    Sono tutti punti (e potrei continuare) che ti servono per il lavoro e per la vita. Eppure i video che fai restano lì a languire nel tuo smartphone spezzettati in mille frammenti di messaggi. E non diventano un messaggio compiuto e coerente.

    Ecco fare video con lo smartphone potrà farti fare la pace con tutti quei video spezzettati nel tuo telefonino. E farti iniziare a raccontare il tuo lavoro e la tua vita in modo coerente e compiuto.

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    Il contenuto non è democratico

  • Giornalista: ora sei una media company

    Giornalista: ora sei una media company

    Il lavoro del giornalista sta cambiando.

    Prima, però, ti spiego. è una frase divenuta famosa in un altro ambito e con un altro soggetto. La frase è questa: every company is a media company. E’ una delle frasi che fondano una disciplina della mia formazione, il giornalismo d’impresa. Ho cambiato il protagonista di questa frase mettendo la parola giornalista perché è un’epoca decisiva per la mia professione: un’epoca che stravolgerà per sempre il mio lavoro. Allora bisogna avere il coraggio di parlarne.

    Il senso di una frase

    Prima ti spiego la frase (pensata mentre ero in moto). Il giornalista oggi è in grado, grazie all’intelligenza artificiale, di produrre i risultati del suo lavoro con la qualità, la complessità, la performance che, fino a poco tempo fa, appartenevano a un’intera azienda editoriale. Può creare e aggiornare un sito da solo, può creare un video senza muoversi da casa, può produrre un podcast, può tenere aggiornate più piattaforme social.

    Ha, insomma, potenzialità enormemente più grandi di prima.

    L’altra caratteristica di questa frase è questa: ora un singolo giornalista può essere capace, ora come ora, di proporsi al mercato come un vero editore… di se stesso. C’è un collega che rappresenta molto bene questo aspetto: si chiama Fabrizio Romano. E’ il giornalista più influente al mondo sui social ed è una vera e propria media company. Parla di calciomercato ed è una fonte internazionale quasi primaria. Spero (per lui) e credo che il suo fatturato sia da piccola azienda. E’ bravo, se lo merita.

    Il suo post dopo aver preso il premio Best Journalist 2023 ai Global Soccer Awards a Dubai

    Il giornalista ritorna al centro

    Questa opportunità apre scenari inaspettati soprattutto per la libera professione, anche grazie alla possibilità di mettersi sul mercato, direttamente, dei prodotti editoriali, grazie alle piattaforme di pagamento cui si può facilmente accedere. Il giornalista, quindi, ha la possibilità di mettersi al centro dell’industria dei media diventando una “one man” media company.

    Il cambiamento, l’evoluzione di questa situazione, corre velocissima e la mia categoria di lavoratori fatica a stare al passo con questo stravolgimento. Io vedo chiaramente questa cosa e la riconosco in molti passaggi: l’organizzazione della produzione, la progettazione del contenuto, la produzione delle immagini, la post produzione, la pubblicazione. Tutto questo, però, crea grossi problemi per il futuro di questo lavoro.

    La situazione nasconde problemi

    Il giornalista, quindi, diventa editore in via definitiva. Può pensare alla sua carriera senza dipendere da qualcuno e proiettandosi avanti. Il giudice del suo lavoro può essere il mercato.

    Tuttavia la cosa ha risvolti inquietanti.

    Il giornalista editore non ha, in questo momento, procedure chiare per dichiarare i suoi guadagni derivanti dalla produzione diretta dei suoi contenuti e sulla proposizione degli stessi al mercato attraverso le piattaforme web. E’ un problema, va risolto. C’è di peggio, c’è di… molto peggio.

    Il giornalista libero professionista inserito nelle redazioni viene coinvolto, durante la produzione, nell’uso di applicativi con IA che sono utilizzati nel processo realizzativo del contenuto e sottopongono il lavoratore a un considerevole aumento dell’apporto professionale conferito. Senza che questo venga pagato. L’editore fa passare nelle procedure normali di creazione dell’articolo o del video il passaggio (per controllo o per verifica, per creazione o per modifica) del contenuto del giornalista nei software con IA.

    Non esiste.

    Lo sputtanamento del valore del lavoro va contrastato

    Dopo tutto il depauperamento di valore del lavoro del giornalista non può diventare normale fregare altre ore a tutti i lavoratori perché un articolo deve passare dentro un applicativo per sapere se è aggiornato, se è corretto, se è SEO oriented. Ne ho già parlato con i colleghi nella Commissione Lavoro Autonomo nazionale della FNSI, il sindacato dei giornalisti. Metteremo il problema sul tavolo: non può passare in cavalleria. Il giornalista deve poter diventare potente come una media company, ma deve anche smettere di essere trattato come uno schiavo.

  • Community e social network: ora funzionano!

    Community e social network: ora funzionano!

    Community, streaming, social network: a cosa ti servono?

    Ti racconto una cosa che ti può essere utile. Riguarda questi giorni di lavoro del 2024. Sto progettando e realizzando il rilancio di un canale YouTube da migliaia di iscritti e sto seguendo i miei progetti di consulenza, produzione podcast e produzione video.

    KEY POINT

    1. Revisione dell’impatto dei social media: L’articolo inizia esaminando il cambiamento dell’utilizzo dei social media da parte dell’autore.
    2. Riorientamento verso una comunità impegnata: Viene evidenziato un trend nelle piattaforme social verso la costruzione di comunità.
    3. Dinamiche di una nicchia specifica: L’autore sottolinea come il focus su una nicchia ristretta abbia portato a un coinvolgimento di qualità. Sebbene la crescita del seguito sia graduale, si registra un dialogo continuo e sostanziale con i follower.
    4. Strategie per il futuro dei social: Il pezzo si conclude proiettando le strategie future dell’autore, puntando a capitalizzare l’attività della comunità. Si prevede l’introduzione di dirette YouTube per stimolare ulteriormente il coinvolgimento degli utenti e incrementare le opportunità.

    In questo periodo è cambiato in modo sostanziale il mio uso delle piattaforme social e questo cambiamento lo debbo alle operazioni fatte per precisare il mio brand e nell’esperienza professionale che sto facendo sul canale YouTube del mio committente, l’ex campione del mondo di calcio Fulvio Collovati.

    I social network sono cambiati

    Te lo premetto, questo è quello che succede a me. Magari a te ancora non sta capitando. Lavoro da un po’ cercando di creare community attorno al mio lavoro, ma il processo è stato lungo. Già un po’ di tempo fa, tuttavia, avevo annusato l’aria raccontandola in questo video del mio canale YouTube.

    Se vuoi stare sui social il momento è ora (dal mio canale YouTube)

    Insomma, le piattaforme sociali stanno cambiando e ci stanno lasciando una sola cosa: la possibilità di connetterci. Hanno servizi nuovi, sono diventati a pagamento, la pubblicità non funziona più, stanno rivoluzionando tutto, ma resta la possibilità di mandarsi un messaggio, di cercare un collegamento, di incontrarsi, di conoscersi.

    La mia community ora mi parla, sempre…

    Non avevo mai provato questa sensazione, ma ora si. Non pretendevo arrivasse presto, perché i miei numeri sono di una nicchia poco popolata. Ora, tuttavia, vedo che le persone che mi seguono sui social hanno iniziato a parlarmi: tutti i giorni. Sarà perché ho precisato gli strumenti digitali e social, sarà perché ora si capisce meglio, dai miei account, cosa faccio…

    Fatto sta che ora mi parlano in tanti. Fanno domande, chiedono un contatto, mi propongono progetti. La nicchia è rimasta quella, i numeri salgono lenti, ma la conversazione è diventata fitta. Secondo te, perché? Io un’idea me la sono fatta e te la spiego volentieri. I social network sono talmente evoluti che hanno perso la loro prima faccia, quella che ti faceva intrattenere e, nel frattempo, ti rubava dati e ti instupidiva con la pubblicità profilata.

    I social network adesso valgono davvero

    Valgono perché ora la community che hai attorno e che ti guarda attraverso i social è molto più matura e molto più in grado di smascherare il bluff. Già, in passato rimanevamo inebetiti per minuti e minuti, prima di usare queste app per leggere o vedere cose buone o per interagire. Ora che l’intrattenimento forzato sta venendo meno, facciamo due cose:

    • Andiamo sui social e cerchiamo subito in modo attivo quello che veramente ci interessa.
    • Usiamo i social per connetterci davvero. Un messaggio, un commento, un’interazione vera. Finalmente lo facciamo.

    Ora sento la community addosso

    Se i social mi parlano, vuol dire che cambiano i miei giorni. Io ascolto, guardo, rispondo sempre e trovo idee, spunti, collaborazioni, progetti, clienti… soldi. Ecco, adesso il senso c’è e io lo vedo. Sono successe solo due cose: i social hanno smesso di distrarmi e io ho precisato il mio brand personale. Ecco quello che mi sta capitando, ecco quello che dovrebbe capitare a te.

    Ps. Da stasera, sul canale YouTube, posso fare dirette verticali che finiscono fra gli shorts, i video brevi. Ne farò a valanga. Voglio parlarti. Ti aspetto lì.