Quello dell’Intelligenza Artificiale è un argomento sulla bocca di molti in questo periodo di digitalizzazione forzata della comunicazione, del lavoro, delle carriere e delle aziende.
La capacità dei computer, dei processori e delle device mobili come lo smartphone di processare algoritmi che imparano in modo autonomo dalle azioni e dalle operazioni dell’uomo sta diventando sempre più impattante nella vita di tutti i giorni. Dobbiamo, tuttavia, capire bene qual è il rapporto tra noi, lo smartphone e la AI per poter sfruttare al meglio questa potenzialità dei nostri apparecchi mobili.
Quando fa tutto lo smartphone
Il tuo smartphone ti corregge le foto, anticipa i tuoi scatti, crea video da solo, riempie da solo i testi delle tue mail. Ti toglie, detta in parole povere, il controllo su operazioni anche importanti che incidono sulla qualità del tuo contenuto. Esistono negli store delle app schiere di software per telefonini che ricorrono all’Intelligenza Artificiale per sviluppare autonomamente creazioni. Questo succede in particolare nel mondo dell’editing video, universo nel quale si sprecano le app automatiche per creare contenuti brevi e adatti ai social. Un altro campo in cui l’Intelligenza artificiale è strautilizzata è quello del riconoscimento della voce, della sottotitolazione automatica e della traduzione simultanea. Dell’interazione fra il web e la voce ho già parlato in un altro articolo che puoi trovare qui.
Se non hai tempo, quindi, puoi affidarti all’Intelligenza Artificiale e allo smartphone, lasciando a loro il comando. Se desideri mantenere il controllo della creazione, invece, l’Intelligenza Artificiale sta iniziando a venire in aiuto in situazioni molto particolari.
Il caso Adobe Premiere Rush
Nel 2019 è uscita Adobe Premiere Rush, suite di montaggio multipiattaforma che è una sorella minore di Premiere e il tentativo di Adobe di portare tutto il suo know how sui telefonini. Dopo pochi mesi aveva presentato il suo autoreframe. Di cosa si tratta? Di un algoritmo, basato sull’Intelligenza Artificiale, che ricompone in verticale o in altri formati un video girato in 16:9, quindi in orizzontale. Nei giorni scorsi Adobe lo ha implementato nella sua versione beta della app la funzione e io ne ho testato il risultato. Eccolo qui sotto.
Il prodotto è incoraggiante, ma migliorabile. L’Intelligenza Artificiale, a mio avviso, risulta determinante nel modo più utile. Vale a dire che ti lascia fare il tuo contenuto e poi te lo adatta alle diverse opportunità di pubblicazione. Il padrone dei comandi, quindi, resti tu, ma lo smartphone fa per te una funzione che ti fa risparmiare un’enorme quantità di tempo (pensa a chi deve produrre contenuti per sito e social contemporaneamente) senza offendere quello che hai messo dentro il contenuto stesso.
Sono in viaggio per produrre dei video su una serie di imprese legate a un progetto di valorizzazione di un brand della grande distribuzione alimentare. Un patrimonio italiano di grande eccellenza, un tesoro che va raccontato. Per questo ora serve più che mai il mobile journalism come elemento di storytelling da incastonare nel progetto di immagine e comunicazione di qualsiasi realtà di impresa. Lo smartphone è uno strumento di produzione del contenuto di impareggiabile valore. Ecco perché
Lo smartphone è veloce.
I criteri del mobile journalism e le sue modalità produttive sono facili e veloci. Viene quasi da dire che un produttore di contenuti è davvero un megafono in tempo reale della storia, dei progetti e dei sogni di un’impresa. Lavorare con il mobile journalism dentro l’azienda è veloce, per la facilità di piazzare le attrezzature per interviste e immagini e per l’amichevolezza che il piccolo telefonino ispira in chi viene coinvolto nel racconto. Lo smartphone è rapido a piazzarsi e rapido a eseguire le immagini, rapido a gestire il montaggio, rapido a facilitare la pubblicazione.
Lo smartphone è piccolo.
Qui nelle Langhe ho visitato piccole aziende creatrici di straordinari prodotti alimentari basati su prodotti della terra eccellenti. Queste aziende sono a conduzione famigliare, hanno ambienti stretti e devono rispettare disposizioni sanitarie ancora più rigide. Questo complica per operazioni per un giornalista o un produttore di contenuti che si introduca nella realtà che deve raccontare. Ecco, la cosa si annulla con il mobile journalism. Smartphone alla mano si può entrare nel cuore delle storie e delle aziende. Con la facilità, poi, che lo smarpthone regala anche nella gestione dei siti, tutto diventa più fluido e meno invasivo nei confronti delle persone che stanno lavorando. Lo smartphone è piccolo e non si vede, non invade il campo.
Lo smartphone scioglie le parole
Lo smartphone e le tecniche del mobile journalism, per aziende e brand, aiutano il produttore dei contenuti a scogliere le parole di chi racconta. Mi sono trovato davanti imprenditori dediti al loro lavoro e poco adusi alle telecamere. Ebbene si sono sciolti tutti davanti al piccolo aggeggio, facendomi entrare nei segreti nella loro storia. Parole sciolte, parole in libertà che, con il combinato disposto delle immagini vicine di cui è cassa e lo smartphone, hanno dato un risultato smarcato, grezzo, vero. Il mobile journalism è, detto molto sinceramente e con franchezza, è un facilitatore dell’interazione tra il produttore e il protagonista delle storie.
Lo smartphone, insomma, è uno strumento di racconto e di interazione tra l’azienda e il pubblico, il mobile journalism è la cultura da usare per valorizzare il risultato e produrre contenuti di brand che siano la spina dorsale di un innovativo progetto di immagine e racconto di un’impresa. Anche della tua.
Questo articolo è stato scritto con l’iPad presso la paradisiaca Agricola Brandini nelle Langhe. Info su www.agricolabrandini.it.
Lo smartphone cambia i percorsi delle parole: una di quelle cambiate è virtuale.
La nostra esistenza online è diventata più importante e decisiva durante questo scorcio della nostra esistenza. A causa della pandemia abbiamo iniziato a dare maggiore consistenza alle interazioni virtuali, per necessità o per amore. Al centro del nostro agire lo smartphone e quella sua capacità di essere ponte di relazioni proprio nel mondo connesso. La nostra realtà virtuale si è incastrata sempre di più nella nostra realtà fisica. Ha volte, certi passaggi fatti in virtuale con lo smartphone, sono diventati proprio degli acceleratori dei passaggi fisici. Allora mi viene spontaneo andare a indagare il significato della parola. Immergendosi nelle parole, molto spesso, si scoprono… errori.
Quello che recita il dizionario
Il Treccani parla chiaro: “In filosofia sinonimo di potenziale, cioè esistente in potenza e non in atto”. E poi: “In fisica, in matematica e nella tecnica, in contrapp. a reale, effettivo, si dice di enti o grandezze che, pur non corrispondendo a oggetti o quantità reali, possono essere introdotti o considerati per determinati scopi di calcolo, di rappresentazione o di deduzione logica”. La parola virtuale, quindi, ha un concetto di potenza e non di atto e il suo contrario è reale. Ecco, come se il virtuale non fosse reale. Il concetto di realtà virtuale, quindi, sembra una cosa senza senso, una contrapposizione tra esistente e non esistente. Mi sembra un grave errore, vista la realtà virtuale che, grazie ai nostri smartphone, stiamo realmente vivendo.
Aggiustare il tiro
Forse, per capire meglio l’ambito virtuale della nostra vita e le azioni che facciamo con lo smartphone, sarebbe il caso di cominciare a cambiare il senso del suo esatto contrario. Pensare che il virtuale sia qualcosa di non esistente e contrapposto alla realtà è un errore che non dovrebbe essere commesso. Dobbiamo smettere di considerare il digitale, vale a dire la parte della nostra vita che viviamo con lo smartphone, come una bolla contrapponibile alla realtà. Il virtuale è reale, i suoi effetti sono reali, i comportamenti che teniamo nei rapporti e nelle interazioni virtuali sono reali. Di conseguenza il contrario di virtuale non è reale, ma fisico.
Toccare o non toccare
Insomma, nel mondo digitale, grazie alla trasformazione in calcoli delle mie azioni fisiche, non posso avere a disposizione una realtà fisica, non posso toccare materialmente il risultato delle mie operazioni. Nel mondo reale, sì, lo posso fare. Toccare o non toccare una cosa, un’azione, un oggetto, un servizio. Certo non si può trasformare in digitale tutto quello che è reale, almeno non per ora, ma dobbiamo imparare a considerare il virtuale come una parte integrante della nostra realtà percepita. Diciamo che la nostra fisicità non potrà mai essere totalmente sostituita dal mondo digitale (almeno spero), ma contrapporre il virtuale al reale è un errore che non possiamo più permetterci di fare.
Il nostro smartphone può essere uno strumento capace di liberare la nostra creatività.
Impegnati come siamo a cercare di andare avanti in questo periodo così difficile, molto spesso non ci accorgiamo che il telefonino ci fornisce strumenti e anche modi per liberare la fantasia in diversi processi creativi. Si, sto parlando di quelli che riguardano il lavoro, ma sto parlando anche di quelli che riguardano la fotografia, il disegno, la scrittura e un sacco di altre manifestazioni artistiche. Tuttavia allo smartphone fa di più: ci dà la possibilità di creare anche contenuti digitali (perfino quelli di un sito) senza dover ricorrere ad hardware statico e senza dover rinunciare a una delle nostre facoltà migliori: il movimento.
Creare qualcosa con lo Smartphone e WordPress
Premetto che non sono un webmaster perché non ne ho nella preparazione né le competenze, soprattutto tecniche. Tuttavia questo periodo mi è servito per fare un corso di wordpress e per pensare al rinnovamento completo di questo sito e anche di un altro progetto, con l’obiettivo di progettare ogni contenuto in modo che potesse essere totalmente costruito tramite il telefonino.
Ormai il sistema di amministrazione dei contenuti di wordpress ha raggiunto una maturità tale da essere completamente governato anche da un browser dei nostri telefonini (io per questo articolo, almeno nel suo corpo centrale, ho usato Chrome). I contenuti possono essere redatti, infatti, ma anche completati con tutti gli elementi multimediali necessari ad aumentare il tempo di permanenza sulle pagine, dai nostri simpatici compagni di giornata. Creare con WordPress e farlo con il telefonino è una delle cose che mi danno più libertà in questo periodo.
Tanto per fare un esempio mi è capitato di scrivere questo articolo passeggiando nei dintorni di casa mia, nella splendida Bovisa a Milano. Ho aggiunto particolari di questa narrazione con il mio Samsung s10 plus facendomi aiutare dalla dettatura vocale. Ormai la potenza di calcolo dei telefonini ha proprio liberato delle opportunità che non sono soltanto legate all’uso delle app, ma anche al rapporto tra le device e il web tramite i browser. Ecco certamente i telefonini non sono adatti a cambiare un intero tema del sito che state costruendo, ma lo sono per tutte le altre funzioni di costruzione degli articoli che quel sito ospita.
La tua redazione nel telefono
Potresti scrivere un articolo, di carattere giornalistico o creativo, un post di viaggio o qualsiasi altro contenuto multimediale possa essere utile alla tua immagine e al tuo progetto editoriale. Sorprendente: è davvero un’operazione che può cambiare i contenuti e la modalità produttiva del vostro intero modo di comunicare all’esterno. È chiaro che la cosa nasconde delle insidie e anche delle imprecisioni (alcuni errori di digitazione), ma la libertà regalata dal fatto di poter scrivere pensieri e notizie passeggiando tranquillamente sul marciapiede e ritornando verso casa dopo aver fatto due passi è davvero un’occasione da cogliere. Un’ occasione per essere più vicini ai fatti che succedono nella vostra carriera e nella vostra attività, un’occasione per poter costruire un racconto di voi che sia davvero vicinissimo alla realtà. Impressionante pensare che hai una redazione nel telefono.
Dentro il racconto con smartphone e WordPress
Sono di ritorno verso casa, dopo la visita dal tabaccaio, e sto vedendo con quale facilità nel content management system di wordpress integri parole ed elementi multimediali nel racconto.
Il finale é per la correzione
Arrivando alla conclusione di questo articolo sulla creatività che si può avere e sulle cose che si possono scrivere usando lo smartphone e wordpress, dico qual è la fase finale e cosa è successo durante questo articolo. Questo articolo è stato scritto digitando la voce sulla tastiera di Google, sul browser Chrome, con il mio s10 plus della Samsung poi è stato terminato al mio iPad, una volta ritornato a casa dopo questa breve camminata.
Durante questa camminata Sono stati commessi dalla digitazione automatica vocale alcuni errori e nella progettazione dei blocchi il rapporto con Chrome e lo smartphone non è stato sempre lineare. Per esempio ho creato inavvertitamente un blocco immagine in più che, nella parte finale della redazione di questo articolo, dovrò cancellare. Per implementare l’audio qui sotto, ho dovuto registrare lo stesso audio da un’altra app e poi importarlo, perché l’importazione diretta non mi è stata permessa a causa di una non precisata “restrizione di sicurezza”
Ho completato le ultime fasi prima della pubblicazione sul mio iPad Pro riuscendo a svolgere meglio le operazioni più tecniche come la preparazione per la Seo e altre piccole cose, difficili da gestire dallo schermo piccolo. È stato emozionante, tuttavia, arrivare davanti all’iPad con un articolo pressoché realizzato. Le foto, il video e l’audio sono stati fatti dal mio Samsung, questo ultimo paragrafo è stato scritto con l’iPad. Nelle parti precedenti ho contato 19 errori di battitura usciti dalla digitazione vocale. Voce, smartphone e web: ecco quello che può creare di bello. A proposito: il 50% degli errori di battitura della digitazione vocale erano maiuscole non messe dopo il punto. Insomma, a essere severi, durante la redazione di questo articolo ho fatto il 10% di errori su tutto il testo. Non male, vero?
L’era dell’uso di internet attraverso la voce è cominciata.
Sono molti segnali che hanno parlato dell’arrivo della Voice First Era, ma l’ultimo difficile periodo vissuto dalla consesso mondiale a causa della pandemia di covid-19 ha accelerato moltissimi processi tecnologici e cambiamenti di rapporto tra l’uomo e il web. Tra questi cambiamenti c’è anche quello per il quale stiamo cominciando sempre di più a utilizzare la voce come strumento attraverso il quale diamo comandi ai nostri assistenti vocali, naturalmente collegati a Internet, ma anche alle nostre device mobili per entrare nel web e ottenere quello che stiamo cercando.
Twitter, l’ultimo di tanti segnali.
Il tweet che vedi qui sotto è l’ultimo dei segnali arrivati a chi osserva le cose del web e l’interazione fra gli uomini, le macchine e la rete.
Dal 17 giugno del 2020, quindi, Twitter ha introdotto per la prima volta gli audio clips, delle registrazioni vocali da 140 secondi luna che possono permettere di catturare un momento della propria giornata o un passaggio veloce su un fatto appena accaduto con la freschezza, l’intimità e l’empatia del linguaggio vocale.
D’altronde questo periodo è stato anche, per noi, il periodo nel quale ci siamo avvicinati molto di più ad altre due situazioni che coinvolgono la voce e il web. Mi riferisco degli assistenti vocali, ma anche della digitazione vocale attraverso il comando apposito delle tastiere virtuali dei nostri smartphone. L’accuratezza con la quale la voce viene trasformata in testo ha ormai raggiunto livelli vicini al 100% per moltissimi linguaggi, anche se la situazione di idiomi come l’inglese è certamente più facilitata rispetto a quella che hanno davanti i circa 80-90 milioni di uomini e donne che parlano la lingua di Dante.
Il social vocale
Grazie all’amico Enrico Chiari ho anche scoperto l’esistenza di Hear Me Out, un social caratterizzato da brevi messaggi vocali di 42″ di durata. Provalo, regala una maggiore empatia con ogni post, offre la possibilità di arrivare più lontano unita all’immediatezza del messaggio vocale. D’altronde anche tutte le app social come Whatsapp o Messenger vengono utilizzate sempre più frequentemente con la voce e sempre meno con il testo. Il tutto in un ecosistema del web che vedrà sparire molto rapidamente la digitazione fisica per farci entrare in un mondo di post vocali e di video. Il social Hear Me Out è la creatura di una tech company australiana ed è attivo dal 2016. Il sito aziendale fa capire anche che l’azienda è quotata alla borsa australiana di Sydney. Gode di molto interesse e di quotazioni in rialzo, segno evidente che in questo settore dei social c’è molto da fare. A proposito: se scarichi l’app dagli store di Google o Apple, mi trovi… siamo in pochi a parlare italiano.
Il caso Houndify
Nel 2018 sono andato a Galway per Mojofest, l’evento di riferimento per la cultura della mobile content creation e del mobile journalism. Tra i panel ho assistito a un speech del general manager di Soundhound, azienda che lavora nel campo della voce e dell’intelligenza artificiale. Kathie Mc Mahon mostrò agli astanti Houndify, una vera killer application della voce. Il progetto Houndify è basato sull’evoluzione dell’intelligenza artificiale vocale in multiple situazioni, in differenti modi. La voce, lo si evince anche dal sito, è trattata come un elemento unico e caratterizzante un brand, la sua evoluzione e il mondo circostante. Nel 2018 pensavo, in modo poco lungimirante, a come sarebbe stato il mobile journalism a comando vocale. Houndify, invece, porta tutti nell’era della voce per ogni tipo di hardware e per tutte le macchine che ci circondano collegate a internet (IOT). Interessanti due concetti del progetto: il brand può avere la sua voce di riferimento. L’Intelligenza Artificiale fa il resto e apprende dagli eventi e dalle interazioni con gli utenti, imparando a rispondere a domande sempre più qualitative e complicate. Certo, nelle nostre case abbiamo Alexa e Ok Google, ma Houndify è oltre. Risponde a domande multiple, qualitative. Raggiunge quasi l’intelligenza emotiva. La sua Intelligenza Artificiale? Eccola: è la Collaborative AI.
Il futuro delle aziende
Le aziende avranno presto una voce, la loro voce. Probabilmente l’interazione vocale con i clienti passerà anche dai nostri smartphone e dai nostri tablet. Voice First Era vuol dire questo. D’ora in poi potrai parlare con i tuoi clienti e i tuoi clienti potranno risponderti. Con la voce, virtualmente. Le tue macchine avranno voce, così come ce l’hanno i tuoi assistenti vocali e il tuo smartphone. Non mi dire che non hai mai parlato con Siri… Pensare a sviluppare anche il tuo piccolo piano di comunicazione con smartphone, tablet e voce ora è un passaggio realizzabile.
Fra un po’ diventerà obbligatorio per non essere esclusi da un mondo nel quale, per connetterci, dovremo solo parlare. Tutto partirà dalle nostre device mobili e alle stesse arriverà. Senza dubbio. La voce della tua azienda, con dei tweet vocali, con un podcast, con una diretta audio via Periscope o Facebook, deve farsi sentire. Fra un po’ avrai anche la tua voce aziendale, quella creata soltanto per te, quella che darà il benvenuto a ogni cliente che entra nel tuo mondo dalle porte virtuali delle tue piattaforme di pubblicazione o da quelle reali del tuo negozio e della tua sede. Vuoi farti trovare impreparato?
Un mondo di assistenti vocali
Siri, Alexa, Ok Google, Robin, Hound (queste ultime due applicazioni non sono attive in Italia): questi sono solo alcuni degli assistenti vocali che si possono tranquillamente trovare nei nostri smartphone. Si è scatenato un mondo di voci attorno a noi. Gli aspetti controversi del fenomeno ci sono, ma è un movimento inarrestabile. Sarà meglio conoscerlo. Al più presto.
Ho creato, con il mio smartphone, molti contenuti per le imprese private, ma in questi ultimi tempi ho capito che sta succedendo qualcosa di importante nel mondo delle aziende, nel mondo dei brand. Un cambiamento che fa diventare ancora più importante il contenuto di informazione e l’ingresso nell’ecosistema dei media per qualsiasi attività. Ecco a cosa mi riferisco.