Autore: Francesco Facchini

  • Prendere l’audio da mixer o da radiomicrofono: ecco come si fa

    Prendere l’audio da mixer o da radiomicrofono: ecco come si fa

    Prendere l’audio da un mixer con lo smartphone: non è un’impresa.

    Dico spesso nei miei corsi: il 90% di un buon video è l’audio. In questo blog hai, molto probabilmente, visto riferimenti a microfoni per smartphone (come questo) o sentito parlare, in generale, di hardware per la registrazione dell’audio con il telefonino o il tablet. Il mondo del mobile journalism, però, non si limita a questo e regala anche la possibilità di prendere l’audio da un mixer o da un radio microfono normale. Se pensi che sia un’impresa ti sbagli, ma devi comunque stare attento a quello che fai. Ecco perché…

    Ti manca solo un oggetto.

    Già, non ti manca molto. Ti manca solo un oggetto per creare l’interazione giusta tra una fonte audio che esce con un cavo xrl e il tuo telefono che ha un jack 3,5 oppure, addirittura una lightning. L’oggetto che ti manca è un pre-amplificatore, che per prendere l’audio da un xrl è un apparecchio determinante. Il segnale che arriva da quei cavi, infatti, è amplificato e va ridirezionato verso la ricezione audio del device che usi.

    Il migliore su piazza è senza dubbio l’ultimo nato della IK Multimedia, sto parlando dell’ IRig Pre Hd, una device che regola molto fedelmente l’entrata dell’audio nel telefono e che dispone della phantom, del controllo del gain e di un sistema a led che cambia colore se va in distorsione. Per farti vedere i facilissimi passaggi di montaggio e farti capire la resa e la differenza del suono, davvero notevole, ho fatto una breve diretta ieri sulla fan page che puoi vedere qui sotto. I procedimenti ci sono tutti e la resa è ottimale e adeguatamente controllata (e controllabile).

    Un piccolo consiglio ulteriore.

    Per prendere l’audio da mixer è un’operazione che fai molto spesso se sei un giornalista che fa news e deve andare a una conferenza stampa. Ascolta uno stupido, come diceva mio padre: ti serve anche questo qui, un signor cavo molto lungo. Con questo sarà affrontabile il posizionamento in qualsiasi sala più vicino al tavolo della conferenza stampa rispetto agli altri colleghi, magari laterale o magari seduto in prima fila tenendo il telefono basso per non impallare i colleghi.

  • Switcher Studio una app che regala un mercato

    Switcher Studio una app che regala un mercato

    Switcher Studio: le mani sopra mi fanno pensare.

    Sono antipatico, non seguo costumi, abbatto i luoghi comuni, rompo indugi, diplomazie, modi, etichette, qualifiche. Non so se sono un giornalista, ma mi sento un giornalista. Sono un producer, uno che attraversa qualsiasi mezzo e comunica, racconta, parla, scrive, riprende. Guardo il mondo del giornalismo e mi metto a pensare spesso che sono fuori posto.

    Succede ogni volta che cambio (e in questo periodo basta guardarmi negli occhi per capire che cambio proprio velocemente), ma anche ogni volta che metto le mani su uno strumento nuovo o su una app nuova.  Con Switcher Studio è stato così: mi sono sentito fuori posto e ho cominciato a studiarla, a metterci le mani sopra e a pensare..

    Switcher Studio è solo un modo per essere diversi.

    Con questa applicazione puoi proporre diversi tipi di prodotti e andare a piazzarli sul mercato, ma soprattutto, con le occasioni che Swticher Studio regala, puoi essere diverso tu. Se sei un videomaker o un giornalista in senso classico, sederti dietro un iPad per governare due iPhone e riprendere un evento con un buon audio, è soltanto un modo diverso di produrre quello che hai sempre fatto e di farlo in diretta.

    Il resto deve essere un processo che ti fa cambiare abitudini, clienti, modi, marciapiedi, gruppi, ambienti in cui ti proponi come giornalista in maniera moderna. Già, perché forse il giornalista, quel giornalista che hai in testa, è una figura che non esiste più. Ora c’è il producer. Uno che fa video, sì, ma anche testi, foto o audio. Uno che governa o prova dirette live di Facebook, le titola, le graficizza, le rende professionali e, soprattutto, le vende. Ti fa schifo la prospettiva? A me no e visto che ci sono posso dirti che sto per far entrare le dirette Facebook formattate anche nel mio nuovo ufficio stampa di cui ho scritto qui.

    Scopri una app? Pensa se è un prodotto.

    Mii preme sottolineare una cosa: il live è un prodotto, ma i prodotti sono potenzialmente infiniti. Lo dico perché possono essere l’incrocio tra la tua professionalità, le app e gli strumenti nuovi che hai e l’esigenza del cliente. Per cominciare a venderli basta fare due cose: la prima è smettere di essere come sei stato. E’ stato bello, ma quel mondo che hai in testa è morto. La seconda è che a ogni app che scopri, puoi scoprire anche un prodotto. Pensaci.

  • Il furto della privacy? Lo permettiamo ogni giorno dal telefono

    Il furto della privacy? Lo permettiamo ogni giorno dal telefono

    Furto della privacy e dei dati: glielo permettiamo noi.

    Ti sembra una cosa strana? Guarda, ti consiglio di darti una letta a questo pezzo, una guardata al video e di prendere tutto il tempo necessario per approfondire la cosa. Nel frattempo ti do una mano grazie a un incontro che ho fatto qualche giorno fa a un convegno di un’azienda. L’argomento era il nuovo regolamento GDPR che riadeguerà in seno alle aziende la gestione dei dati della privacy e di tutto quanto gli ruota attorno. A un certo punto ha preso parola un avvocato di Vignola, Rossella Masetti, il cui sito è questo,  e ha parlato di dati personali e di privacy  come del più importante e rilevante, anche economicamente, bene immateriale della nostra epoca.

    Ho subito pensato a quanto ci fottono della nostra vita.

    Mentre la sentivo parlare pensavo al mio telefonino e alla pazzesca pervasivita del collezionamento dei dati personali che fa ogni luridissima app, perpetrandoci, col nostro ignaro consenso, il furto della privacy con cadenza giornaliera. Sono subito volato a presentarmi e l’ho fermata per farla parlare di questo e della sua ricaduta sulla nostra vita e sui nostri figli.  Già, perché se sei un genitore digitale deiv essere ben conscio di questo: ti fottono la vita (e quella di tuo figlio che gli interessa molto di più) con il tuo consenso. O, perlomeno, con il tuo silenzio. Ecco la choccante verità dell’avvocato Masetti.

    Adesso, però, non chiudiamoci in casa col telefonino spento.

    Non serve (tanto saresti tracciabile anche lì). Devi piuttosto fare attenzione a quello che stai facendo e a quello che farai quando scarichi una app. Siccome, tuttavia, il furto della privacy è praticamente inevitabile, ti rimando al link del pezzo che avevo scritto qualche tempo fa sul bike sharing a rilascio libero. Il pensiero era questo: se queste app ti perpetrano il furto della privacy senza manco chiederti il consenso e ci fanno i miliardi, perché non possiamo condividere il risultato economico? Perché, detta da poveretto, non mi cacci la lira per questo furto legalizzato della privacy? D’altronde l’avvocato Masetti sostiene, con grande senso, che i dati personali sono il bene immateriale più prezioso che hai. Vuoi cederlo? Almeno vendilo. E bene.

  • Il montaggio lineare: linguaggio di vita e di mojo

    Il montaggio lineare: linguaggio di vita e di mojo

    [fusion_builder_container hundred_percent=”no” equal_height_columns=”no” menu_anchor=”” hide_on_mobile=”small-visibility,medium-visibility,large-visibility” class=”” id=”” background_color=”” background_image=”” background_position=”center center” background_repeat=”no-repeat” fade=”no” background_parallax=”none” parallax_speed=”0.3″ video_mp4=”” video_webm=”” video_ogv=”” video_url=”” video_aspect_ratio=”16:9″ video_loop=”yes” video_mute=”yes” overlay_color=”” video_preview_image=”” border_size=”” border_color=”” border_style=”solid” padding_top=”” padding_bottom=”” padding_left=”” padding_right=””][fusion_builder_row][fusion_builder_column type=”1_1″ layout=”1_1″ background_position=”left top” background_color=”” border_size=”” border_color=”” border_style=”solid” border_position=”all” spacing=”yes” background_image=”” background_repeat=”no-repeat” padding_top=”” padding_right=”” padding_bottom=”” padding_left=”” margin_top=”0px” margin_bottom=”0px” class=”” id=”” animation_type=”” animation_speed=”0.3″ animation_direction=”left” hide_on_mobile=”small-visibility,medium-visibility,large-visibility” center_content=”no” last=”no” min_height=”” hover_type=”none” link=””][fusion_text]

    Montaggio Lineare, questo sconosciuto.

    Dai, te lo confesso, di montaggio lineare ne so poco. Però ci sto mettendo mano e mi rendo conto che è un metodo che produce un linguaggio visuale, produce dei video, che sono come lo sguardo che i nostri occhi danno alla vita reale. Per questo motivo è molto mojo ed è molto importante avere padronanza di tutti i fondamentali del montaggio lineare e dei punti di vista che questo costringe a coltivare. Il montaggio lineare è la realtà raccontata con la stessa successione cronologica e non può sfuggire da questo senso di marcia temporale e dall’uso dei tagli e dell’audio direttamente conseguente a chiudere lo sviluppo nello spazio e nel tempo di un’azione.

    E’ il più importante linguaggio di editing per il mobile journalism.

    Certo, non è il linguaggio visuale che abbiamo imparato a conoscere nelle redazioni o in tv dove l’accompagnamento con le coperture di voci a supporto della storia ha fatto allontanare i video dal logico susseguirsi di fatti e di eventi. In questo senso si vede ben poco nei siti di informazione italiani o nelle tv che non sia NON lineare. Anzi, il montaggio lineare viene considerato come qualcosa di inferiore rispetto al montaggio asincrono, quasi di basico. Eh, c’è un problemino, però: il montaggio lineare è il montaggio con il quale ci scorre davanti la vita. Quindi?

    Roba da totalmojo.

    E’ con il montaggio lineare che crei storie che abbiano un ritmo parallelo alla vita che ci piomba nello smartphone. I video così sono i pezzi del nostro racconto, delle notizie, del nostro modo di essere storyteller che, poi, devono essere piazzati sul mercato. Il montaggio lineare e quel vedere e vivere anche la fase di produzione delle immagini come un flusso, magari alternato tra campi stretti e larghi, nel quale io, per raccontare una storia devo solo seguirla e fare due cose. Sapere quando schiacciare “Rec”, sapere quando schiacciare “Stop”. Il montaggio lineare, di conseguenza è l’apriscatole per aprire il vaso di pandora del proprio stile di montaggio. Se non ti confronti con quello non sei ancora dentro il mondo del mobile journalism fino al collo.

    Il montaggio lineare ti regala due possibilità.

    Il montaggio lineare ti regala sue possibilità. La prima è quella di prepararti e, come ho già scritto in questo post qui, la cosa è molto importante se sei un mojoer. La facilità della traccia, specialmente se a sviluppo cronologico, ti permette di sapere bene, quando sei sul campol, cosa devi riprendere e come. La seconda è che il montaggio lineare ti dona la possibilità di inciampare….

    Già sto parlando proprio di quello: imbattersi, scontrarti. Solo se stai seguendo un montaggio lineare e sei su una strada di Bristol, in Inghilterra, nella quale stai raccontando la storia di un quartiere che chiude una vita per far giocare i bambini una volta alla settimana, puoi accorgerti con facilità di questo, di quello di cui si è accorto il genio del mobile journalist Dougal Shaw. Preciso che lui non ha fatto un montaggio lineare, ma nel servizio precedente a quello che vedi, che ha provocato questo, la linearità della sua storia ha fatto in modo che potesse prendersi anche il tempo per ascoltare, col cuore e con le immagini, quest’altra.

    Sono praticamente certo (e mi baso su una trentina d’anni di lavoro scarsi) che un montaggio non lineare avrebbe tenuto occupata la testa di Dousgal in modo sufficiente a fargli ciccare questa storia. O forse avrebbe, di fatto complicato la sua possibilità.

    Lineare come la vita, impreciso come i nostri giorni.

    Ho cominciato (dovresti farlo anche tu) a pensare che il montaggio classico imparato e anche insegnato ai mojoer in questo primo anno vada completamente ripensato. Io devo ricominciare da zero a pensare al montaggio. Il nostro linguaggio video è quello del film, ma quello che vediamo non è un film, è la realtà. Quindi ragazzo, te lo dico: mi sono sbagliato…

    Nel cinema degli anni ’50 si faceva così.

    Dai, no, scherzi a parte, il montaggio asincrono e gli strumenti per farlo in mobile che ho insegnato in questo anno passato sono gli strumenti principali con cui lavorano i colleghi giornalisti e con cui rispondono alle esigenze dei loro clienti. Mi sono, però messo in discussione quando ho visto come sta cambiando il nostro modo di fruire certi contenuti, anche di base.

    Li vediamo dal cellulare e non abbiamo bisogno di essere presi per il culo da una replica in piccolo del linguaggio video da tg. Abbiamo bisogno di verità. Abbiamo bisogno di quella linearità che vediamo con gli occhi tutti i giorni e quella imprecisione che nei nostri giorni è la normalità. Con l’overload di comunicazione che riceviamo, infatti, la vita di sottopone a continui riadattamenti e a modificazioni dei programmi. Inciampi, imprevisti e sorprese che solo la cronologicità del racconto video con montaggio lineare può regalare. D’altronde, se ci pensi, anche con il cinema era così, quando si lavorava in pellicola. Monta così. d’ora in poi: lineare e impreciso. Nei prossimi post ti dirò qualcosa anche sugli strumenti.

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  • Il lato B del mobile journalism: la solitudine

    Il lato B del mobile journalism: la solitudine

    Lato B: questa volta ne parlo male…

    Sai, mi sono accorto stamani che non parlo mai male del mobile journalism e della mobile content creation. Ecco, lo faccio ora, dopo che sono andato da un cliente rimediando una sontuosa figura di merda e non per colpa mia. Per fortuna il cliente è una persona a me amica e la cosa è passata via senza danni. Tuttavia proprio in questo periodo, che ricominciano le attività di Italianmojo, che il movimento cresce, che l’attenzione sulla community italiana sta per accendersi anche dall’estero, ho deciso di parlar male del mio amato mojo.

    Il grosso dilemma si chiama…

    Ci ho pensato e ho pensato all’effetto boomerang sulla materia che il mio pezzetto che stai leggendo può avere. Poi ho anche pensato ai mojo enthusiasts che ho conosciuto, alla passione dei miei corsisti, dei miei studenti, delle istituzioni e degli ambienti che sono venuti a contatto con la mobile content creation e ho pensato che una bella sproloquiata in negativo sulla mobile content creation andava fatta. Anche perché è una materia così bella, nuova, chiara e semplice che se non avesse un lato negativo, un lato b, sarebbe finta. Vuoi sapere qual è quel suo maledetto lato negativo? E’ la solitudine. Già, la solitudine maledetta del mojoer.

    Non mi riferisco alla solitudine mentre lavori, ma a ben altro.

    Quando parlo di solitudine del mobile journalist non mi riferisco alla solitudine del lavoro. D’altronde il mio mobile è talmente semplice e basico che quando sono in produzione mi sento davvero nel mood di chi crea, senza badare a tecnicismi o alla “pesantezza” operativa delle macchine. Pensa che l’ultimo lavoro l’ho fatto con due cellulari contemporaneamente per campo e controcampo…

    Mi riferisco a situazioni come la figura di merda che ho appena vissuto. Vado a trovare il cliente, un importante studio di commercialista di Milano, per la realizzazione di alcuni video. Mi preparo, monto, faccio brigo, disfo e il risultato è una serie di video con una valanga di problemi di frequenze, di muto, di salti. Ecco, quello è il punto: la solitudine del mobile journalist inizia lì.

    Ti salva soltanto una cosa che io non ho: la logica.

    In quelle situazioni non sai che fare e non puoi nemmeno dare una giustificazione sensata, se non con dovizia di particolari, al cliente. Ti salva soltanto la capacità di risalire indietro nel tempo e ripensare che cosa è successo. Vuoi sapere cosa è successo? La mia app di filming aveva perso, chissà come mai, tutti i settaggi corretti. Non contenta, faceva fatica a riconoscere (cosa che riesce sempre molto bene) il microfono digitale.

    Risultato: un disastro. Niente di perso se non qualche ora di lavoro, ma non ti dico le prove, le mail, le chiacchierate con i colleghi di ogni parte del mondo. Motivo? A quanto si è capito il motivo è stato l’ultimo aggiornamento di iOS 11, quello anti Spectre, per intenderci.

    Il grosso grasso problemone mojo

    In sintesi, qual è il problema? E’ questo: questa cultura sta beneficiando del genio di grandi sviluppatori di software e di hardware che stanno rivoluzionando mercato e modi di fare content creation. Questi sviluppatori, tuttavia, vanno sempre un pochino oltre il limite delle macchine, ma soprattutto si scontrano con i limiti dei sistemi operativi del mondo di cui fanno parte. A ogni rilascio di sistema nuovo, quindi, le applicazioni che girano sul tuo telefono devono essere adeguate, riprogettate, upgradate (che parola di merda…). Ecco il grosso grasso problemone mojo: quando finisci nel contrasto tra l’ultimo aggiornamento del tuo OS e la tua app magari non ancora messa alla pari, succedono i disastri. E ti senti solo.

    Se sei italiano la solitudine è doppia.

    Ti senti solo soprattutto se sei italiano e stai lottando per la crescita di una nuova cultura del lavoro giornalistico. Già, perché la community ancora riceve molto e poca interfaccia regala, quando c’è da discutere un problema.

    Per fortuna i colleghi stranieri, gli amici delle App, i colleghi delle aziende, non sono italiani e condividono. Specialmente quando qualcuno è nei guai: lo sa bene il mio amico Bill Booz di Somerset in Pennsylvania con cui h chiacchierato perché aveva anche lui problemi similari.

    Oh, ti basta come lato b? Ecco, mi sono sforzato di parlarne male (infatti anche in occasioni come queste mi diverto come un pazzo per trovare rimedi): adesso basta.

     

  • La sfida : un press office in “total mojo” per C1V Edizioni

    La sfida : un press office in “total mojo” per C1V Edizioni

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    Press office mojo: cambia il linguaggio dell’ufficio stampa.

    Da poche ore ho raggiunto un accordo di collaborazione che mi permetterà di partecipare a una grande sfida. Di cosa sto parlando? Da poche ore sono diventato il capo delle relazioni esterne multimediali (il capo del press office, quindi) della casa editrice romana C1V Edizioni, fenomeno interessante nel panorama editoriale italiano.

    Qual è la sfida? Quella che mi ha dato l’editore Cinzia Tocci firmando il contratto domenica scorsa, vale a dire quella di cambiare totalmente il linguaggio dell’ufficio stampa e di farlo con delle tecniche #totalmojo. Fino al 15 di aprile, quindi, sarò il punto di riferimento di questa azienda editoriale che si trasforma, nel nome delle ultime tendenze, in una piccola media company che produrrà contenuti visuali per creare interesse e ingaggio con i propri lettori e i propri clienti.

    L’obiettivo? Creare valore e promuovere un grande evento.

    Questo accordo è finalizzato alla cura del press office della casa editrice, ma soprattutto del suo evento più importante. Di cosa si tratta? Del secondo Congresso Nazionale di Medicina e Pseudoscienza che avrà luogo a Roma, dal 6 all’8 aprile 2018.  Il tema dell’alimentazione sarà il centro di un progetto editoriale che svilupperemo e che dovrà portare all’attenzione dei media l’evento e i suoi messaggi, ma anche i protagonisti stessi della manifestazione che intreccerà diversi tipi di comunicazione scientifica accomunati dall’obiettivo del combattere la Pseudoscienza.

    “Dal piano presentatomi – mi ha raccontato l’editore Cinzia Tocci – ho subito compreso l’innovatività delle tecniche e del modus operandi, ma anche la peculiarità del linguaggio. Non è difficile pensare, infatti, che la nostra azienda, con questa possibilità di produrre contenuti con smartphone e tablet, arriverà più vicina alle storie, ai valori, alle persone. In una sola frase, arriverà più vicina ai nostri lettori e a coloro che seguono i nostri eventi. Per comunicare, senza finzioni, la nostra divulgazione scientifica”.

    Per seguire l’evento e la casa editrice ti puoi rivolgere, oltre ai già citati siti, anche alla pagina Facebook della C1V Edizioni e al canale Twitter. Naturalmente questo rappresenta anche un importante caso di studio per questa nuova filosofia di lavoro, perfettamente adattabile al mondo delle aziende, della mobile content creation. Seguimi e ne scoprirai delle belle.

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