La professione del giornalista sta cambiando in modo violentissimo e decisivo.
E io non voglio stare a guardare, ma mettermi al volante di questa rivoluzione.
La trasformazione del mondo del giornalismo e i nuovi strumenti a disposizione della categoria: saranno i temi dell’incontro organizzato a Livorno, in occasione dei 60 anni di Odg Toscana, cui sono stato invitato per un intervento sul futuro di questo mestiere e sulle armi per interpretarlo a dovere e con piena espressione e soddisfazione. Anche in tempi rivoluzionari come quelli che stiamo attraversando con l’arrivo nel nostro lavoro e nelle nostre vite dell’intelligenza artificiale.
Un convegno interessante
“60 anni dell’Ordine dei giornalisti. L’evoluzione del giornalismo e i nuovi strumenti della professione” questo il titolo dell’appuntamento, valido per la formazione professionale, che si terrà il 20 aprile 2023 nella Sala Consiliare C. Ciampi della Provincia di Livorno, in Piazza del Municipio 4, a Livorno, a partire dalle ore 10.00. Un modo. per me per guardare in faccia tanti colleghi giornalisti, per capire come si sentono, come stanno e da che parte guardano per trovare il loro futuro.
Ti trascrivo in questo articolo gli appunti, il canovaccio, il percorso del mio intervento, confidando che possa aprire a te e a tanti altri giornalisti scenari di un domani sostenibile e praticabile.
Il mio speech
Partirò da questi presupposti.
Sono stufo della narrativa sul giornalismo italiano e sui giornalisti italiani. Sono arcistufo di sentire un racconto di questa professione che è imperniato, immerso, permeato, incastrato nella parola crisi. Crisi del settore, crisi dei giornali crisi della professione, crisi dei media, crisi dei lettori, crisi degli spettatori, crisi degli ascoltatori. Sono stufo di vedere questa profonda mancanza di percezione del futuro che annebbia talmente tanto le menti di tutti i protagonisti del nostro mondo lavorativo. Sono stufo perché è vero che la crisi esiste, ma è stata moltiplicata nei suoi devastanti effetti dal totale disarmo con il quale la nostra categoria ha vissuto la rivoluzione tecnologica in atto negli ultimi anni. Ci siamo fatti travolgere da ogni sorta di social media coso si presentasse sull’uscio della porta di qualsiasi editore e ci siamo fatti… sostituire.
Basta.
Dico basta perché non c’è mai stata un’epoca così sfidante, complicata e affascinante per fare i giornalisti e non ci sono mai state tante possibilità di fare questo mestiere alla grande, con piena espressione e con soddisfazione economica.
Basta problemi, ecco le sfide
Il problema (che poi non è un problema perché è un affascinante sfida) è che noi giornalisti ci siamo suicidati reagendo al cambiamento necessario della nostra professione con terrore e paura, in modo difensivo, conservativo, disperato e disperante. Abbiamo fatto catenaccio cercando di restare seduti su quel seggiolino da corridoio, quell’apparenza di professione, che ci ha lasciato il treno in corsa dei cambiamenti tecnologici.
Il problema è che anche quella malferma sedia si sta sradicando dalla parete e la mano che la sradica si chiama Intelligenza Artificiale, altro argomento che mi fa letteralmente uscire dai gangheri per come viene trattato e usato nel nostro mondo lavorativo.
Il problema è che veniamo da una crisi di senso e di identità che ha completamente devastato percezione, accesso, vita, sviluppo e persino pensioni dei giornalisti. Una crisi tale da non farci più vedere le opportunità che abbiamo.
Perché fare il giornalista oggi è difficilissimo e bellissimo. E’ più difficile e più bello rispetto a qualsiasi epoca del passato
Viviamo in un’epoca in cui la tecnologia ha complicato il mestiere, ma anche in un’epoca nella quale la tecnologia può anche permetterci di fare qualsiasi cosa. Possiamo interpretare la nostra professione in una varietà di modi completamente innovativa e creare nuovi modelli, nuove produzioni, nuove committenze, nuovi mercati con la potenzialità enorme di riuscire a disintermediare il ruolo dell’editore e di raggiiungere (potenzialmente) un pubblico sterminato. Possiamo creare una tv senza avere una telecamera, una radio senza avere un ripetitore, possiamo vendere un prodotto editoriale giornalistico senza dover avere un medium che lo compri. Possiamo, ma il problema è un altro: vogliamo?
Cambiare la prospettiva dei giornalisti
Si, vogliamo. Adesso la smetto con il linguaggio al negativo e comincio a dire: sì, vogliamo. Vogliamo abbracciare il cambiamento e giocare in contropiede dopo aver fatto catenaccio per anni. Dobbiamo cambiare prospettiva…
e sapere che…
Della nostra legge professionale resta ben poco. E’ da riscrivere in modo completo, totale definitivo, strutturale, ma…
Il valore di un solo articolo può reggere il futuro
Resta immutato il valore di un articolo, il numero 2. Con tutto quello che comporta. Leggiamolo, fa sempre molto bene:
“E’ diritto insopprimibile dei giornalisti la libertà d’informazione e di critica, limitata dall’osservanza delle norme di legge dettate a tutela della personalità altrui ed è loro obbligo inderogabile il rispetto della verità sostanziale dei fatti / osservati sempre i doveri imposti dalla lealtà e dalla buona fede. Devono essere rettificate le notizie che risultino inesatte, e riparati gli eventuali errori. Giornalisti e editori sono tenuti a rispettare il segreto professionale sulla fonte delle notizie, quando ciò sia richiesto dal carattere fiduciario di esse, e a promuovere lo spirito di collaborazione tra colleghi, la cooperazione fra giornalisti e editori, e la fiducia tra la stampa e i lettori”
Nel 2022 il Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti mi ha chiesto di creare due corsi. Uno di questi era sulla nuova professionalità del giornalista. Ho chiesto ai responsabili se potevo partire da una nuova definizione di giornalista e loro mi hanno dato assenso. Ecco quello che ho scritto:
In un ecosistema dei media in costante cambiamento
“Il giornalista oggi è un produttore di contenuti multimediali per l’informazione o per la formazione. Esercita il suo ruolo con la professionalità specifica della costruzione del contenuto, ma anche con le sue competenze di mediazione sociale, sorrette dai valori e dai principi richiamati dall’articolo 2 della Legge sull’Ordinamento della professione giornalistica (l.1963/69). Gestisce attraverso questi valori la costante conversazione che il sistema dei media e della comunicazione impongono grazie alla compresenza di molti canali digitali di interazione con il pubblico. Interpreta la sua professione per qualunque cliente richieda la sua professionalità con l’obbligo intrinseco di creare un un patto di trasparenza e fiducia nei confronti del pubblico verso il quale il committente vuole dirigere i contenuti creati dal professionista del giornalismo”
L’articolo due c’azzecca ancora, avrebbe detto l’Antonio Di Pietro dei tempi di Mani Pulite.
Il resto di questa legge, tuttavia, è travolto dal tempo. Dobbiamo saperlo, come dobbiamo sapere che il futuro del giornalista si gioca nella distanza tra l’uomo e l’intelligenza artificiale.ù
I giornalisti e l’intelligenza artificiale
L’intelligenza artificiale è una rivoluzione degna di quella di Gutenberg, ma va capita. Il garante bene ha fatto a bloccarla (anche se si può raggiungere facilmente dal mio telefonino) per mettere tutti in guardia sugli aspetti controversi di gestione dei dati personali da parte di questi nuovi algoritmi generativi.
Tuttavia il nostro lavoro sarà anzi, viene già in questo momento rivoluzionato dall’AI. L’intelligenza artificiale entra nel mio percorso professionale ogni giorno. Ogni giorno, tanto per dirne una. L’intelligenza artificiale travolgerà definitivamente modelli, flussi di lavoro, cambiera i media, cambierà il pubblico. Cambierà i giornalisti, ma a patto che noi si riesca a rimanere questa volta al centro della rivoluzione tecnologics
Il giornalista arretrerà molto presto rispetto alle fasi produttive di un contenuto, si allontanerà dalla tastiera e da quella macchina da righe o video a cottimo che sono i media di oggi. Molte cose saranno eseguite dagli algoritmi generativi di cui oggi stiamo vedendo i bagliori e stiamo capendo i problemi.
Questo non vuol dire un giornalista che sarà meno giornalista. Già, perché diventerà meno produttore del contenuto e più progettista del contenuto. Dovrà sapere quando usare o non usare l’intelligenza artificiale.
E quando l’AI sarà al lavoro per suo conto lui potrà fare molte cose che da tempo non fa più: verificare le fonti dell’AI stessa, incrociare i dati, leggere i dati, mettere insieme i benedetti puntini, progettare il contenuto in tutte le sue parti e nel suo sviluppo.
Pensare all’esperienza di uso che passando da un testo a un video, da un audio a una foto dovrà fare il lettore. Insomma, l’AI se capita guidata governata può farci tornare al centro del nostro lavoro che è proprio quello dell’articolo 2 della legge professionale.
Cambiare linguaggi, guidare gli strumenti
Cambieremo linguaggi perché saremo giornalisti scrivendo prompt non scrivendo frasi. Modificheremo i media perché ci avviamo ai media responsivi che riconosceranno ogni lettore e gli daranno le informazioni che gli servono. Cambieremo dimensione perché presto progetteremo e realizzeremo contenuti immersivi per il metaverso che è ancora li che aspetta che ci avviciniamo. Lavoreremo creando contenuti in un team che prevedrà anche tanti tecnici, ma non potrà fare a meno dei giornalisti.
Dobbiamo infine sapere Che il giornalista per essere libero deve saper rispettare i suoi valori, ma anche stare sul mercato. Essere capace di capire le evoluzioni della tecnologia e degli strumenti, gestirsi come un imprenditore (e magari anche un editore) di se stesso e cambiare modelli, produzioni, piattaforme e committenti (è una favola che abbiano bisogno di giornalisti solo i media, c’è un mondo là fuori da questa bolla che è ampiamente scoppiata)
Che il giornalista deve saper dire di no, prima di dire di si.
Che il giornalista deve avere a che fare con il futuro dell’informazione e possederlo prima che arrivi.
Una promessa e un abbraccio all’art.2
Dobbiamo continuare a parlare di intelligenza artificiale e vi faccio una promessa. Il prossimo che usa l’intelligenza artificiale come minaccia e parla solo degli inquietanti lati negativi avrà il mirino delle mie parole puntato addosso. Il prossimo che trovo sulla mia strada intento a definire l’Intelligenza Artificiale come una trovata tecnologica in grdo di sostituire i giornalisti sarà mio nemico. Lo giuro. Ecco perché chi parla in un certo modo di AI mi fa uscire di senno: non è una falce per licenziare un altro po’ di giornalisti, è il nostro miglior alleato. Cerchiamo di ficcarcelo in testa e di conoscerlo, usarlo, gestirne l’entrata ragionevole e utile nella nostra realtà lavorativa, prima che qualcuno decida davvero di usarlo per eliminare definitivamente i giornalisti dalla faccia della terra.
E’ un grande periodo di sfide, dobbiamo abbracciarle e vincere tenendoci stretto quel benedetto articolo due.