Autore: Francesco Facchini

  • Vita da freelance: l’arte del rilancio

    Vita da freelance: l’arte del rilancio

    Un’estate strana. Alcune evoluzioni del percorso di questo 2023 mi hanno cambiato i giorni e le carte in tavola.

    Hai in mente quando tu progetti le cose, il lavoro, le prospettive, quando lavori sul calendario, riempi i giorni, sviluppi i progetti, i rapporti coi clienti… e poi un paio di eventi ti squadernano tutto? Ecco, mi è successa questa cosa: un classico della vita da freelance. Non ti nego che la cosa mi ha creato qualche giorno di sbandamento, ma in pochissimo tempo ho tirato fuori le unghie e… rilanciato.

    Gli imprevisti del mestiere

    Nei progetti professionali e in quelli personali, questa cosa può capitare. Non vivo da solo, non vivi da solo. Per questo semplice motivo tu puoi orchestrare delle cose, ma gli altri possono mettere in campo altre scelte e andare contro ai tuoi desideri, alle tue azioni, al tuo intento.

    In quel momento hai bisogno di resilienza, cioè di quella capacità di trasformare la difficoltà in opportunità. Credo di averne parlato l’anno scorso, leggi qui. Nel momento esatto in cui accade ciò che non ti attendevi, devi cercare di chiudere rapidamente l’angolo di visione delle tue cose. Se lo lasci ampio, ti prende lo sconforto. Se consideri la situazione nel suo insieme, hai la tentazione di guardare indietro, di pensare a tutto il tempo che hai impiegato a organizzare le cose in un certo modo e che non è andato a frutto perché è successo qualcosa. Qualcosa che non era previsto, un imprevisto. Attaccati ferocemente a questa parola per pensare che, se non era prevedibile, non hai responsabilità dirette sull’accaduto. E’ successo, basta: è un imprevisto del mestiere.

    Guarda davanti, ma non troppo

    Insomma, quando i tuoi piani vanno a carte 48, specialmente se fai vita da freelance, è il momento di stringere lo sguardo e concentrarsi su quello che hai davanti pensando alle opportunità che ti può dare. Ti spiego quello che ho fatto io: Mi si è aperta l’agenda. Sono giorni che è vuota. Ho inserito la creazione di un canale Youtube e lo studio di questo social che non avevo mai curato per bene (guarda qui e dimmi se ti piace). Ho inserito il nuoto bisettimanale tra le mie attività, ho terminato il lavoro di restyling del sito di Algoritmo Umano e l’ho rimesso in vita, mi sono dedicato alla creazione di nuovi progetti didattici da proporre a nuovi clienti, ho formattato nuovi servizi e fatto esperimenti sul campo del live streaming.

    Ho pensato a cose che avevo davanti, ho pensato al futuro, ho pensato a riempire il vuoto, ho pensato a rilanciare. Ho fatto passi piccoli e mi sono trovato davanti qualcosa di grande e grosso. Una ripartenza del mio lavoro in grande stile. Certo è tutto, ancora in fase embrionale, ma diavolo…

    Vita da freelance: agire stretto, pensare larghissimo

    L’arte del rilancio è questa: è una serie di azioni strette, atte ad approfittare delle possibilità che apre un imprevisto, per realizzare obiettivi medi e completare piccole sfide accessibili, per poi avere il modo di pensare in maniera molto ampia al fatto che questi nuovi traguardi (una cosa imparata, il sito rifatto, l’attività fisica rimessa in modo, la cura di cose piccole, ma importanti) possa aprirti di nuovo le opportunità che l’imprevisto aveva fatto sparire dalla tua scrivania.

    Nella vita da freelance questo accade, più spesso di quanto te lo aspetti. A te la possibilità di reagire. Ti ho raccontato quello che ho fatto io solo perché ti può servire e perché è ancora una volta questione di resilienza. La parola più bella del vocabolario.

  • Content creator: il mio prossimo mestiere

    Content creator: il mio prossimo mestiere

    Non sono un content creator, ma lo voglio diventare.

    Al limite questo lavoro ho cercato di farlo fare a qualcuno trasferendogli le conoscenze che ho sulla content creation con device mobili. Ho deciso di cambiare radicalmente: voglio diventare anche io un content creator. Di contenuti ne ho prodotti molti, per altri, ma i miei sono sempre stati confinati a tempi residuali delle mie giornate e sono stati pubblicati in modi e formati approssimativi. Insomma, io che ho insegnato come si fanno i contenuti sono sempre stato un “calzolaio con le scarpe rotte” per quanto riguarda i miei video, i miei podcast, i miei testi, le mie foto, i miei audio. Ecco, adesso basta.

    Content creator con la pancia a 50 anni

    Voglio fare il content creator anche col corpaccione, la facciona, i denti brutti e i pochi capelli in testa. Già, perché penso che alla mia età non si debba essere belli, se si compare in video, ma bravi. Iniziare questo percorso a oltre 50 anni è un’operazione sfidante, ma questa sfida, sinceramente, mi piace moltissimo. Il motivo che c’è dietro è chiaro: ho accumulato talmente tanta conoscenza che penso sia arrivato il momento di farla diventare fruttuosa anche per me, non solo per gli altri.

    I primi format

    I miei primi format, i miei primi video su Youtube sono iniziati, ma prima voglio raccontarti, per punti, quali sono i miei obiettivi:

    • Voglio produrre in proprio molti dei corsi che ho erogato. Ho tanto materiale e desidero sfruttarne le potenzialità di business.
    • Desidero finalmente creare una comunità attorno a questi argomenti.
    • Desidero verificare le potenzialità di tutte le piattaforme digitali che permettono la proposta al pubblico di prodotti editoriali.
    • Il mio obiettivo dei prossimi anni, più che diventare un content creator, è diventare editore di me stesso. Voglio vedere se ci riesco e come ci riesco in termini economici.

    Tutte cose che non ho mai fatto

    Creare una comunità, sviluppare una strategia digitale e social, diventare content creator sono tutte cose che ho studiato per anni e di cui conosco ogni virgola, ma che non ho mai messo in campo per me. Tutte queste cose sono una sfida che voglio affrontare in modo definitivo per creare una base economica che supporti il mio lavoro e la mia crescita professionale. I mondi che riguardano i media e la comunicazione stanno cambiando velocemente e l’idea di mettermi a spiegare in modo semplice le cose che succedono mi affascina molto. Anche l’idea di diventare un producer mi sconfinfera parecchio. Sul mondo della mia cultura (il mobile), sul mio strumento (lo smartphone), sull’intelligenza artificiale, sul metaverso, sui contenuti, sulle app, sugli hardware utili al lavoro e ai progetti, sull’evoluzione di questi mondi c’è molto da dire.

    Un content creator che non c’è

    Devo fare molte cose prima di considerarmi un content creator appena decente. Devo crearmi uno stile, devo pensare alla grafica, creare una sigla, sviluppare dei formati, pensare a progetti editoriali, a calendari editoriali, a un piano social consistente, organizzato e costante. Però mi sembra di aver individuato che, nel panorama di chi parla di tecnologia, di media, di contenuti, di hardware e software mobile, di applicativi che ci aiutano a stare meglio, non c’è quel content creator che voglio diventare.

    Di cosa ti parlo? Ti parlo di quel tipo di divulgatore che spiega facilmente il senso e l’uso che si può fare della tecnologia per migliorare lavoro, vita e progetti. Vorrei che questa nuova sfida si inserisse in quell’arte di seminare di cui ti ho parlato qualche giorno fa in questo articolo. Certo, ci vorrà tempo prima che io diventi bravo come Casey Neistat, il mio Youtuber preferito. Clicca qui se vuoi vedere di che fenomeno si tratta.

    Un percorso sotto gli occhi di tutti

    Ok, dette le premesse e chiariti gli obiettivi, posso anche dirti che questa strada da content creator la intraprenderò in modo molto trasparente. Non voglio celare alcunché e non voglio farmi prendere dalla sindrome del perfettino. Pubblicherò molto, naturalmente lavorando sulla qualità del contenuto. Senza nascondere imprecisioni o cambiamenti, evoluzioni e precisazioni. Di stile, di immagini, di linguaggio.

    Non voglio che i miei contenuti video ti sembrino finti e costruiti. Voglio che ti appaiano veri, magari anche un po’ grezzi, ma veri. Devono uscire dai miei giorni, avere le mie parole, la mia faccia, il mio modo di raccontarti le cose. Devono dirti cose utili a rischio di dirti cose banali, ma devono anche raccontarti il vero senso di tutta questa tecnologia che ci circonda e che può davvero cambiarci la vita in meglio… ma anche in peggio.

    Mi viene un po’ da ridere perché mi trovo brutto e vecchio, ma ho tante cose da dirti. Che fai vieni con me? Da grande farò il content creator: comincio da qui.

    La prima puntata di AI Essentials, la mia prima “prova” da content creator.
  • L’arte di seminare

    L’arte di seminare

    Seminare non è un lavoro che fanno soltanto gli agricoltori. Lo fai anche tu.

    In questi giorni sto riallineando il mio lavoro a nuovi obiettivi, cambiando la mia immagine digitale e social e modificando il racconto del mio percorso. È un momento bellissimo e anche un po’ pauroso perché quando cominci a fare queste operazioni di riallineamento dell’asse puoi anche scoprire cose molto brutte su di te.

    La fotografia

    In momenti come questo io faccio la fotografia di quello che sono come professionista e del lavoro che sto facendo. Cerco anche di guardarmi da fuori e di capire se la percezione che si ha di me è quella che io voglio che sia. Spesso scopro errori, spesso scopro che io stesso non ho immagine personale e digitale allineate. Spesso capisco che non si capisce dai miei social e dal mio sito chi veramente sono e cosa veramente faccio. E questa fotografia mi mette a nudo, mi fa incazzare con me stesso e mi fa iniziare un nuovo cambiamento. Il progetto professionale che sto sviluppando in questi anni mi ha regalato delle soddisfazioni enormi e ha inciso (in positivo) sulla vita di tante persone e sulla mia. La fotografia che ho fatto, però, mi ha presentato un ritratto digitale di me ancora sfocato. E non va bene.

    Le scarpe rotte

    Sono un calzolaio con le scarpe rotte e, a questo punto del progetto, non può andare bene che sia così. Guadagnandomi da vivere con i contenuti che faccio per altri mi è capitato di trascurare i miei. E non deve più succedere. Così mi sono messo di buzzo buono a iniziare una nuova semina. Già, perché si tratta di semina. Ogni traccia che lasci di te, online o offline che sia, deve rispondere sempre in modo adeguato al progetto che hai e alla percezione che vuoi dare di te. I contenuti creati da me in questi anni sono sempre stati confinati a momenti rubati del mio tempo, ai sacrifici della domenica mattina o della sera tardi. E’ stato un indubitabile e naturale errore per uno che è sempre vissuto con i contenuti creati affinché altri ne godessero i risultati.

    Fai attenzione a gettare semi

    Il percorso, quindi, cambia. Cambia perché i miei contenuti per te e per la comunità di persone che seguono il mio lavoro verranno posizionati più in alto nella tabella delle priorità giornaliere. Cambia perché seminerò diversamente le percezioni della mia immagine e del mio lavoro. Si modifica perché seminerò anche nel mondo digitale con la stessa cura con la quale gestisco rapporti, relazioni e scambi di valore nel mondo reale. Quando incontro le persone getto dei semi usando le parole e i gesti con cura. Scambio con profondità informazioni, sensazioni, stati d’animo e sentimenti. Senza lesinare le forze. Dev’essere così dal primo articolo di questo sito all’ultimo dei miei post social. Con l’idea che quando getto semi la cura che ci metto migliorerà il raccolto. Fallo anche tu. Fai attenzione a gettare semi, parole, contenuti. Ovunque. Ti posso dire già ora che il raccolto sarà migliore.

  • Corsi online: ho ribaltato la logica

    Corsi online: ho ribaltato la logica

    Faccio corsi online da molto tempo ed è una magnifica avventura.

    Li faccio per aziende, per enti e istituzioni che mi chiedono di affrontare le materie di mia competenza con l’obiettivo di fornire strumenti, informazioni, conoscenze immediatamente operative a chi stia nelle mie aule virtuali. Come al solito, quando scrivo qui, parto da un episodio personale per estrarre indicazioni che possono essere utili anche a te che leggi. Non mi interessa molto mostrare quello che sono o che faccio. Mi interessa arrivare a farti giovare di quello che capisco dalla mia esperienza perché tu possa… rigiocarti la cosa, se ti serve.

    I corsi online li faccio sempre tirando la tecnologia che ho davanti, forzando le piattaforme, invertendo i flussi. Non passo mai un corso intero a sdottorare le materie facendo stare i miei studenti (piccole telecamere dentro il mio zoom) ad ascoltare in passivo silenzio.

    Un corso per giornalisti strano assai

    Sabato 22 aprile 2023 mi è successa una cosa strana: a un corso per giornalisti sul live streaming sono riuscito… a fare live streaming mentre iniziavo il corso di live streaming dentro zoom. Scusa il bisticcio di parole, ma poter iniziare uno dei miei corsi online mostrando di fatto l’esecuzione della materia grazie a un paio di banali accorgimenti tecnici è una cosa che non mi era mai riuscita in un modo così profondo durante un corso virtuale.

    Il doppio canale dei corsi online

    Nei miei corsi si vedono le mie slide, ma anche video, schermi dei miei device e altro. Si sentono audio, si ricevono ospiti e sorprese, insomma, si riesce a interagire. Succede perché io utilizzo il doppio canale che ti offre la piattaforma di connessione che usi per creare le aule virtuali. Insomma, in senso classico l’informazione video che tu allestisci mentre eroghi il corso va da te agli altri che, fermi, guardano. La condivisione dello schermo a più partecipanti, durante la riunione, ti fa tuttavia invertire il flusso delle informazioni. In quel caso uno schermo di un discente comincia a diventare contenuto della lezione per tutti. Il flusso, in quel caso, va da uno dei tuoi astanti a te. Si inverte.

    Oltretutto, in questa logica ribaltata, c’è anche una terza modalità. La prima è che tu eroghi l’insegnamento, la seconda è che tu chiami all’azione uno studente che condivide lo schermo per far vedere quello che sta facendo, la terza è che tu riesca a mostrare quello che devi spiegare… in azione. Ed è quello che mi è successo il 22 aprile 2023.

    Corsi online, imparo più di quanto insegno

    Quando preparo uno dei miei corsi online, oltretutto, mi metto alla prova. Le mie idee escono danzando dalla mia testa balzana e vengono messe in una sinossi per fare una proposta a qualche cliente o partner. Da lì poi parte l’esplorazione, temeraria, per sapere se i miei pensieri e i miei percorsi hanno senso (ehm, finora lo hanno sempre avuto). Nel momento in cui trovo il senso comincio a studiare le parti che non conosco e a scrivere sulle slide quelle che conosco. Il risultato è che, di solito, imparo più di quanto insegno. Nel momento in cui faccio questo percorso sono pieno di paure di andare a sbattere contro un muro di un progetto educativo senza senso. Non mi è mai successo perché sono un giornalista e so mettere insieme informazioni, fonti e spiegazioni.

    Il live streaming, materia che sto studiando in questo periodo, è stato una scoperta. E’ stato un momento di rottura nel mio lavoro perché ha aperto nuove prospettive nei confronti del mio lavoro. Per questo, da ora in poi, metterò in atto un riallineamento del mio business, dei prodotti, dei servizi e della mia immagine digitale. Un percorso che mi impiegherà da qui al 2024 e che riposizionerà completamente il mio lavoro. Pensa, tutto nato da un momento in cui ho approfondito una materia che conoscevo e che pratico da anni e ho trovato un modo, durante la preparazione di uno dei miei corsi online, di invertire la logica, di testare soluzioni nuove e di verificare che queste cose potevano diventare un mercato. Che ne dici? Ci provi anche tu?

    Se vuoi ci proviamo insieme al prossimo evento di Algoritmo Umano sul live streaming. Clicca qui per saperne di più

  • Giornalisti: il cambiamento vola, a noi pilotarlo

    Giornalisti: il cambiamento vola, a noi pilotarlo

    La professione del giornalista sta cambiando in modo violentissimo e decisivo.

    E io non voglio stare a guardare, ma mettermi al volante di questa rivoluzione.

    La trasformazione del mondo del giornalismo e i nuovi strumenti a disposizione della categoria: saranno i temi dell’incontro organizzato a Livorno, in occasione dei 60 anni di Odg Toscana, cui sono stato invitato per un intervento sul futuro di questo mestiere e sulle armi per interpretarlo a dovere e con piena espressione e soddisfazione. Anche in tempi rivoluzionari come quelli che stiamo attraversando con l’arrivo nel nostro lavoro e nelle nostre vite dell’intelligenza artificiale.

    Un convegno interessante

    60 anni dell’Ordine dei giornalisti. L’evoluzione del giornalismo e i nuovi strumenti della professione” questo il titolo dell’appuntamento, valido per la formazione professionale, che si terrà il 20 aprile 2023  nella Sala Consiliare C. Ciampi della Provincia di Livorno, in Piazza del Municipio 4, a Livorno, a partire dalle ore 10.00. Un modo. per me per guardare in faccia tanti colleghi giornalisti, per capire come si sentono, come stanno e da che parte guardano per trovare il loro futuro.

    Ti trascrivo in questo articolo gli appunti, il canovaccio, il percorso del mio intervento, confidando che possa aprire a te e a tanti altri giornalisti scenari di un domani sostenibile e praticabile.

    Il mio speech

    Partirò da questi presupposti. 

    Sono stufo della narrativa sul giornalismo italiano e sui giornalisti italiani. Sono arcistufo di sentire un racconto di questa professione che è imperniato, immerso, permeato, incastrato nella parola crisi. Crisi del settore, crisi dei giornali crisi della professione, crisi dei media, crisi dei lettori, crisi degli spettatori, crisi degli ascoltatori. Sono stufo di vedere questa profonda mancanza di percezione del futuro che annebbia talmente tanto le menti di tutti i protagonisti del nostro mondo lavorativo. Sono stufo perché è vero che la crisi esiste, ma è stata moltiplicata nei suoi devastanti effetti dal totale disarmo con il quale la nostra categoria ha vissuto la rivoluzione tecnologica in atto negli ultimi anni. Ci siamo fatti travolgere da ogni sorta di social media coso si presentasse sull’uscio della porta di qualsiasi editore e ci siamo fatti… sostituire.

    Basta.

    Dico basta perché non c’è mai stata un’epoca così sfidante, complicata e affascinante per fare i giornalisti e non ci sono mai state tante possibilità di fare questo mestiere alla grande, con piena espressione e con soddisfazione economica. 

    Basta problemi, ecco le sfide

    Il problema (che poi non è un problema perché è un affascinante sfida) è che noi giornalisti ci siamo suicidati reagendo al cambiamento necessario della nostra professione con terrore e paura, in modo difensivo, conservativo, disperato e disperante. Abbiamo fatto catenaccio cercando di restare seduti su quel seggiolino da corridoio, quell’apparenza di professione, che ci ha lasciato il treno in corsa dei cambiamenti tecnologici. 

    Il problema è che anche quella malferma sedia si sta sradicando dalla parete e la mano che la sradica si chiama Intelligenza Artificiale, altro argomento che mi fa letteralmente uscire dai gangheri per come viene trattato e usato nel nostro mondo lavorativo.

    Il problema è che veniamo da una crisi di senso e di identità che ha completamente devastato percezione, accesso, vita, sviluppo e persino pensioni dei giornalisti. Una crisi tale da non farci più vedere le opportunità che abbiamo. 

    Perché fare il giornalista oggi è difficilissimo e bellissimo. E’ più difficile e più bello rispetto a qualsiasi epoca del passato 

    Viviamo in un’epoca in cui la tecnologia ha complicato il mestiere, ma anche in un’epoca nella quale la tecnologia può anche permetterci di fare qualsiasi cosa. Possiamo interpretare la nostra professione in una varietà di modi completamente innovativa e creare nuovi modelli, nuove produzioni, nuove committenze, nuovi mercati con la potenzialità enorme di riuscire a disintermediare il ruolo dell’editore e di raggiiungere (potenzialmente) un pubblico sterminato. Possiamo creare una tv senza avere una telecamera, una radio senza avere un ripetitore, possiamo vendere un prodotto editoriale giornalistico senza dover avere un medium che lo compri. Possiamo, ma il problema è un altro: vogliamo? 

    Cambiare la prospettiva dei giornalisti

    Si, vogliamo. Adesso la smetto con il linguaggio al negativo e comincio a dire: sì, vogliamo. Vogliamo abbracciare il cambiamento e giocare in contropiede dopo aver fatto catenaccio per anni. Dobbiamo cambiare prospettiva…

    e sapere che…

    Della nostra legge professionale resta ben poco. E’ da riscrivere in modo completo, totale definitivo, strutturale, ma… 

    Il valore di un solo articolo può reggere il futuro

    Resta immutato il valore di un articolo, il numero 2. Con tutto quello che comporta. Leggiamolo, fa sempre molto bene: 

    E’ diritto insopprimibile dei giornalisti la libertà d’informazione e di critica, limitata dall’osservanza delle norme di legge dettate a tutela della personalità altrui ed è loro obbligo inderogabile il rispetto della verità sostanziale dei fatti / osservati sempre i doveri imposti dalla lealtà e dalla buona fede. Devono essere rettificate le notizie che risultino inesatte, e riparati gli eventuali errori. Giornalisti e editori sono tenuti a rispettare il segreto professionale sulla fonte delle notizie, quando ciò sia richiesto dal carattere fiduciario di esse, e a promuovere lo spirito di collaborazione tra colleghi, la cooperazione fra giornalisti e editori, e la fiducia tra la stampa e i lettori

    Nel 2022 il Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti mi ha chiesto di creare due corsi. Uno di questi era sulla nuova professionalità del giornalista. Ho chiesto ai responsabili se potevo partire da una nuova definizione di giornalista e loro mi hanno dato assenso. Ecco quello che ho scritto: 

    In un ecosistema dei media in costante cambiamento

    “Il giornalista oggi è un produttore di contenuti multimediali per l’informazione o per la formazione. Esercita il suo ruolo con la professionalità specifica della costruzione del contenuto, ma anche con le sue competenze di mediazione sociale, sorrette dai valori e dai principi richiamati dall’articolo 2 della Legge sull’Ordinamento della professione giornalistica (l.1963/69). Gestisce attraverso questi valori la costante conversazione che il sistema dei media e della comunicazione impongono grazie alla compresenza di molti canali digitali di interazione con il pubblico. Interpreta la sua professione per qualunque cliente richieda la sua professionalità con l’obbligo intrinseco di creare un un patto di trasparenza e fiducia nei confronti del pubblico verso il quale il committente vuole dirigere i contenuti creati dal professionista del giornalismo”

    L’articolo due c’azzecca ancora, avrebbe detto l’Antonio Di Pietro dei tempi di Mani Pulite. 

    Il resto di questa legge, tuttavia, è travolto dal tempo. Dobbiamo saperlo, come dobbiamo sapere che il futuro del giornalista si gioca nella distanza tra l’uomo e l’intelligenza artificiale.ù

    I giornalisti e l’intelligenza artificiale

    L’intelligenza artificiale è una rivoluzione degna di quella di Gutenberg, ma va capita. Il garante bene ha fatto a bloccarla (anche se si può raggiungere facilmente dal mio telefonino) per mettere tutti in guardia sugli aspetti controversi di gestione dei dati personali da parte di questi nuovi algoritmi generativi.  

    Tuttavia il nostro lavoro sarà anzi, viene già in questo momento rivoluzionato dall’AI. L’intelligenza artificiale entra nel mio percorso professionale ogni giorno. Ogni giorno, tanto per dirne una. L’intelligenza artificiale travolgerà definitivamente modelli, flussi di lavoro, cambiera i media, cambierà il pubblico. Cambierà i giornalisti, ma a patto che noi si riesca a rimanere questa volta al centro della rivoluzione tecnologics

    Il giornalista arretrerà molto presto rispetto alle fasi produttive di un contenuto, si allontanerà dalla tastiera e da quella macchina da righe o video a cottimo che sono i media di oggi. Molte cose saranno eseguite dagli algoritmi generativi di cui oggi stiamo vedendo i bagliori e stiamo capendo i problemi. 

    Questo non vuol dire un giornalista che sarà meno giornalista. Già, perché diventerà meno produttore del contenuto e più progettista del contenuto. Dovrà sapere quando usare o non usare l’intelligenza artificiale. 

    E quando l’AI sarà al lavoro per suo conto lui potrà fare molte cose che da tempo non fa più: verificare le fonti dell’AI stessa, incrociare i dati, leggere i dati, mettere insieme i benedetti puntini, progettare il contenuto in tutte le sue parti e nel suo sviluppo. 

    Pensare all’esperienza di uso che passando da un testo a un video, da un audio a una foto dovrà fare il lettore. Insomma, l’AI se capita guidata governata può farci tornare al centro del nostro lavoro che è proprio quello dell’articolo 2 della legge professionale. 

    Cambiare linguaggi, guidare gli strumenti

    Cambieremo linguaggi perché saremo giornalisti scrivendo prompt non scrivendo frasi. Modificheremo i media perché ci avviamo ai media responsivi che riconosceranno ogni lettore e gli daranno le informazioni che gli servono. Cambieremo dimensione perché presto progetteremo e realizzeremo contenuti immersivi per il metaverso che è ancora li che aspetta che ci avviciniamo. Lavoreremo creando contenuti in un team che prevedrà anche tanti tecnici, ma non potrà fare a meno dei giornalisti. 

    Dobbiamo infine sapere Che il giornalista per essere libero deve saper rispettare i suoi valori, ma anche stare sul mercato. Essere capace di capire le evoluzioni della tecnologia e degli strumenti, gestirsi come un imprenditore (e magari anche un editore) di se stesso e cambiare modelli, produzioni, piattaforme e committenti (è una favola che abbiano bisogno di giornalisti solo i media, c’è un mondo là fuori da questa bolla che è ampiamente scoppiata)

    Che il giornalista deve saper dire di no, prima di dire di si. 

    Che il giornalista deve avere a che fare con il futuro dell’informazione e possederlo prima che arrivi.

    Una promessa e un abbraccio all’art.2

    Dobbiamo continuare a parlare di intelligenza artificiale e vi faccio una promessa. Il prossimo che usa l’intelligenza artificiale come minaccia e parla solo degli inquietanti lati negativi avrà il mirino delle mie parole puntato addosso. Il prossimo che trovo sulla mia strada intento a definire l’Intelligenza Artificiale come una trovata tecnologica in grdo di sostituire i giornalisti sarà mio nemico. Lo giuro. Ecco perché chi parla in un certo modo di AI mi fa uscire di senno: non è una falce per licenziare un altro po’ di giornalisti, è il nostro miglior alleato. Cerchiamo di ficcarcelo in testa e di conoscerlo, usarlo, gestirne l’entrata ragionevole e utile nella nostra realtà lavorativa, prima che qualcuno decida davvero di usarlo per eliminare definitivamente i giornalisti dalla faccia della terra.

    E’ un grande periodo di sfide, dobbiamo abbracciarle e vincere tenendoci stretto quel benedetto articolo due.

  • Guardare in faccia i giornalisti

    Guardare in faccia i giornalisti

    Giornalisti, vil razza dannata, verrebbe da dire.

    Sta iniziando un periodo interessante per me e te lo voglio raccontare. Ho in mente alcuni cambiamenti per la mia attività e per il mio laboratorio e, per realizzarli, ho bisogno di studio, preparazione, progettazione e… di un’altra cosa. Ho bisogno di guardare in faccia chi segue il mio lavoro, i miei partner, i miei clienti, la mia comunità.

    Non ti preoccupare, non mi sento chissà chi, ma ho un piccolo pubblico che ha fatto in modo che il mio lavoro avesse un senso, un perché. Ora che ho intenzione di far crescere Algoritmo Umano, il mio laboratorio di progettazione, produzione e formazione imperniato sulla mobile content creation, ho bisogno di capire come e per capirlo ho bisogno di fare delle domande al mio pubblico. Un pubblico rappresentato in buona parte da giornalisti.

    I giornalisti sono una vil razza dannata perché si stanno condannando da soli a non avere futuro. Voglio sapere perché e come posso evitare questa cosa. Per farlo ho bisogno di guardare in faccia i giornalisti, di guardarne in faccia molti. Ho bisogno di parlare con loro, di stare con loro.

    Un appuntamento interessante

    L’Ordine dei Giornalisti della Toscana mi ha fatto un regalo. Mi ha invitato a chiudere il convegno 60 anni dell’Ordine dei giornalisti. L’evoluzione del giornalismo e i nuovi strumenti della professione il 20 aprile 2023 a Livorno. Lo trovo un appuntamento interessante per i temi, per i relatori (tranne me) e per l’opportunità che mi darà. Sto parlando del fatto che potrò guardare in faccia i giornalisti, i colleghi e vedere come si sentono, cosa provano, come ragionano sul loro presente e sul loro futuro.

    Si tratta di un primo passo di una nuova stagione nella quale punto a consolidare quello che ho fatto per l’innovazione della professione giornalistica in questi anni. Voglio parlare con un sacco di colleghi, di quelli che ogni giorno combattono per esercitare degnamente questa professione. Spero che siano loro a indicarmi la strada per rinnovare il mio lavoro e Algoritmo Umano. Se sei a Livorno il 20 aprile vediamoci, ti devo parlare.