Autore: Francesco Facchini

  • Mobile Journalism: la parola chiave è il mindset

    Mobile Journalism: la parola chiave è il mindset

    Mobile Journalism: la chiave è il settaggio della mente.

    Per comprendere fino in fondo le potenzialità del mobile journalism c’è una parola chiave da mandare a memoria: si tratta del mindset. Abbiamo visto che le fasi della produzione di un contenuto mojo hanno regole precise e precise dinamiche. C’è un filo rosso che le accomuna tutte ed è il settaggio mentale nel quale il giornalista si deve mettere per avere il massimo da quello che fa. Quando si costruisce la borsa degli attrezzi hai visto che gli acquisti vanno mirati a seconda delle proprie esigenze. Quando sei sul campo, invece, ci sono precise tecniche per le inquadrature, precise indicazioni per il montaggio, precise direttive per lo storage e il delivery. Il linguaggio e la grammatica visiva sono diversi, così come sono diverse perfino le tecniche per trovare una storia, per tirar fuori dall’enorme flusso di notizie che ci massacra ogni giorno un diamante da vendere.

    Il pensiero laterale, sempre.

    Anche nei modi in cui si scovano le storie bisogna cambiare mindset. Osservare i lati del fiume di news è utile, così come lo è l’esercizio che ho fatto oggi pomeriggio andando a Tempo di Libri, la fiera dell’Editoria italiana in scena a Rho fino a domenica. In fiere ed eventi grandi come quelli la marea di storie laterali si trova negli stand più piccoli o nelle sale più sperdute, là dove è possibile fare gli incontri più interessanti che poi nascondono la possibilità di arrivare a immagini molto interessanti.  Investire su quegli eventi è sempre un’ottima idea per la quantità di spunti che questi possono dare in una volta sola. Si incontra, si chiede un appuntamento per fare un’intervista, raccontare la storia. Poi si scheda il contatto, ci si scrive un paio di note sulla possibile “sceneggiatura” da sviluppare e si va al successivo “incrocio”, alla successiva suggestione.

    La mente deve stare aperta.

    Il mojo deve rimanere attento e aperto e deve studiare, tutti i giorni. Le tecniche, l’hardware, i prodotti, le tendenze, la grammatica visuale. Tutto quello che attiene alla cultura mojo deve essere oggetto di una continua evoluzione, e di un’apertura mentale costante per vedere cosa sta succedendo attorno a te.

  • Mobile Journalism e self publishing: il matrimonio spiegato da Amazon

    Mobile Journalism e self publishing: il matrimonio spiegato da Amazon

    Self publishing, stumento da conoscere approfonditamente.

    Come avrai capito, bado molto alle problematiche economiche del lavoro da giornalista (specialmente freelance) e alle possibilità che il mobile journalism regala per migliorare il riconoscimento tra lo sforzo fatto e la paga ricevuta per farlo. A Perugia ho partecipato a un lungo panel sul self publishing e non potevo non approfittarne per aprire a questo argomento anche sul blog. Il ragionamento è semplice quanto importante: il mobiel journalist, quando produce, produce quattro tipi di file in uno (video, audio, testo e foto), ma ha anche necessità di dare valore a quanto raccoglie e magari non vende subito o a quanto rappresenta il suo archivio, magari in modi nuovi e forme nuove. Esistono strade primarie come la vendita di più contenuti che escono dalla stessa produzione e strade secondarie come il self publishing che è uno strumento da conoscere approfonditamente.

    Ragiona come un’azienda, perché lo sei.

    Questi ragionamenti, a mio avviso, valgono più di un tutotial di una app o dell’ultima prova delle lenti della Zeiss per iPhone (e comunque se ti serve una recensione sulle lenti Zeiss eccola qui). Sono legati al fatto che tu, caro mobile journalist, ti devi comportate come un’azienda, come una piccola compagnia di produzione nella quale, grazie alla tecnologia, unisci tutti i reparti in una persona sola. Se sei un’azienda devi pensare a massimizzare la redditività della tua produzione cercando ricavi in più modi possibili da una sola uscita, da un solo prodotto. Per dirla in modo banale, è un po’ un’economia modello Ikea, l’azienda svedese di mobili componibili che è partita dalla libreria Billy (nel tuo caso il tuo video) per costruire mobili buoni per arredare mezza casa (!). Per rendere più accessibile e più pratico il ragionamento ho sviluppato questo breve video.

    Un’ulteriore strada è il Self Publishing.

    Quando vivi i tuoi giorni da mojo, spesso non ti accorgi che le giornate passano via con un tasso di redditività molto basso sui prodotti che fai. Di solito sei quasi costretto ad andare in un posto, fare un video, montare velocemente, mandare il pezzo e poi liberarti delle immagini inutili perché il tempo e la necessità di fare altro per cercare di “sfangarsela” fracassano tutto il resto. Tuttavia, se ci pensi bene, i tuoi argomenti, le tue linee di interesse, i servizi che ti vengono commissionati, le storie che segui, possono essere rivalorizzate anche a tempo lungo (sentito nel video qui sopra la storia degli imprenditori che mollano tutto e cambiano vita?).

    Per dare nuova linfa alla redditività dei tuoi prodotti, anzi, più esattamente, per migliorare l’efficienza della struttura di costi che già sostieni, la strada maestra è quella dell’archiviazione del tuo lavoro e della riproposizione in altri tipi di pubblicazioni di taglio lungo e diverso. A Perugia ho fermato Giulia Poli, Head of Kindle Content di Amazon per farmi spiegare tutti gli strumenti possibili che il gigante americano mette a disposizione per giornalisti che vogliano, con un delta di lavoro in più per l’allestimento del prodotto ebook, vedere pubblicate le loro storie di taglio lungo.

    Il mondo del self publishing è un mondo in fermento e molti sono gli strumenti messi a disposizione delle aziende. Quello di Amazon, per ora, ha il difetto di non prevedere contenuti multimediali, ma ha grandi potenzialità. Il sito di Kindle lo trovi qui. Mettiti al lavoro che sono molte le storie che hai nel cassetto e che aspettano di essere pubblicate.

  • Festival del Giornalismo di Perugia: impressioni di un mojo

    Festival del Giornalismo di Perugia: impressioni di un mojo

    Festival del Giornalismo di Perugia: a place to be.

    Sono tornato a Milano da poche ore e ho ancora negli occhi le impressioni forti che mi ha regalato il Festival Internazionale di Giornalismo a Perugia, edizione 2017. Per chi vuol fare innovazione in questa professione è una autentica “place to be”, un posto dove essere. Ogni anno, per vedere la professione che cambia e i confini del possibile, dei nuovi linguaggi, dei nuovi strumenti, che si allontanano un po’ e la terra da correre e da conoscere che diventa più larga, più lunga e più sconosciuta. Quindi da esplorare. Per la nostra professione, in Italia, va quindi considerato come un imprescindibile punto di riferimento per conoscere lo stato delle cose, ma soprattutto per inventarsi un futuro. La prima impressione, ma quasi il primo appello che faccio, è che il calendario ha offerto anche troppo lasciandomi l’impressione di avere assaggiato più cibi senza riuscire a mangiarne veramente uno.

    Quello che non ho apprezzato.

    Ho visto tanto mondo in poco tempo nelle aule e nei corridoi di questo bellissimo festival, di questa manifestazione di grande respiro. Ho visto anche tanti colleghi che si parlano addosso, tantissima autoreferenzialità, tanta supponenza. Mi sono molto divertito a passare fuori dalle sale dove avvenivano i panel e a sentire frasi come “O, ‘sto qua che parlava non mi ha detto niente che non sapessi”. Poi ho visto capi e capetti, colleghini e collegoni discettare del futuro della professione senza averne alba. Ho evitato di salutare tutti quelli che conoscevo, scientemente. Il motivo per cui ero lì non era quello di parlare con qualche capoccia di qualche giornale che conosco per sapere quanto male va il giornalismo. Il  motivo per cui ero lì era imparare.

    Ero lì per imparare.

    Ho evitato come la peste, infatti, panel con i signori del giornalismo italiano e non ho partecipato a panel su argomenti conosciuti, grandi fatti, grandi eventi del nostro tempo. Mi sarebbe piaciuto partecipare a eventi del secondo genere, ma non l’ho fatto perché ho pensato che il Festival fosse un modo di imparare, una vetrina per imparare quello che non so o avere strumenti ulteriori per migliorare il mio futuro professionale e quello di chi segue la comunità italiana di mojoer che dirigo. Per questo ho scelto solo panel su argomenti che riguardano il domani e gli strumenti per rinnovarsi e ho fatto domande. Ovunque. Già, perché se non sei al IJF2017 per fare domande, mi dici per che motivo ci sei andato?

    Le major del web mettiamole in difficoltà.

    Un altro piccolo appunto. Nell’evento sono entrare Amazon, Google e Facebook, ma spero che l’evento stesso non si pieghi troppo alle logiche di questi grandi player del web e sappia metterli in difficoltà creando un confronto che migliori il mondo delle news in senso democratico e che cerchi di far emergere qualsiasi producer serio di notizie che meriti attenzione. Non solo quelli che pagano le inserzioni….

    Quello che ho apprezzato.

    Beh, i panel che ho messo nel programma e cui ho partecipato mi hanno regalato molte indicazioni operative, molte suggestioni, molti strumenti. Erano tutti sul futuro, sulle novità della produzione di contenuti, sugli strumenti professionali per vivere meglio la professione, per elevarla, per migliorarne la redditività economica. Ho amato molto le chiacchierare con i mojoer stranieri che ho incrociato, i quali mi hanno fatto vedere importanti ricerche e nuovi stimolanti orizzonti. Ho apprezzato molto anche la conoscenza fatta con i colleghi mojoer della nostra comunità che mi hanno regalato feedback sul lavoro che sto facendo. E’ stato bellissimo venire via senza salutare alcuna faccia conosciuta e portandone via molte mai viste prima.

  • Mobile Journalism: a Perugia tra mojo e Virtual Reality

    Mobile Journalism: a Perugia tra mojo e Virtual Reality

    Perugia, l’impressione di un assaggio

    Il mio primo giorno al Festival Internazionale di Giornalismo di Perugia (a proposito, la città è meravigliosa) è passato con il mirino puntato su tutto quanto poteva essere vicino al mobile journalism. Se sono venuto qui è per imparare, mi sono detto più volte, mentre camminavo su corso Vannucci. Beh, qualcosa ho portato a casa, per me e forse anche per te, anche se i panel di un’ora cui ho partecipato mi hanno lasciato l’impressione di un assaggio e non di veri e propri workshop dai quali poter attingere conoscenza.

    Due chiacchiere con Facebook

    Dopo l’arrivo in Umbria sono riuscito a infilarmi in un panel sul Visual Storytelling nei quali erano presenti Mark Wrenn, head of news partnership EMEA Facebook, assieme a Mark Frankel, social media editor della BBC. Wrenn ha parlato dell’introduzione di Advertising su Facebook che io avevo anticipato in questo articolo del mio blog che spero tu abbia voglia di rileggere. Il movimento che sta facendo Facebook sulla App Tv, infatti, rivoluzionerà il mercato della televisione per come lo conosciamo. Certo è un po’ dura, per chi fa il mojo poter beneficiare di questa possibilità perché le pagine che potranno avere il bottone di pubblicità, che comunque potrai utilizzare o meno a seconda delle tue esigenze,  dovranno avere sopra i 5 mila fan ed essere certificate. Un discorso elitario e difficile per chi fa il mojo, ma non devono tremare le vene dei polsi: con un buon lavoro di personal branding e la produzione di contenuti di qualità si può fare.

    Gingras, di Google News, parla di qualità (e la fa facile).

    Ho anche preso parte a un incontro-intervista con Richard Gingras, vice presidente di Google News, cercando di capire se poteva darci spunti sulla possibilità di fare revenue in modo migliore con le loro piattaforme. Gli ho fatto una domanda diretta in tal senso (ho fatto domande ovunque, altrimenti cosa ci sto a fare qui?) e ho ricevuto una risposta, che puoi vedere nel video, legata naturalmente alla qualità dei contenuti e al fatto che si possono iniziare esperienze di self publishing e di microbusiness con un certo successo. Basta saper fornire ai lettori contenuti qualitativi e, soprattutto, utili. Ragionamenti diplomatici e un po’ troppo facili da parte di Gingras visto che Google rappresenta si una piattaforma tecnologica, ma anche la vita (monopolistica), che tutti devono fare per arrivare al lettore. Ci vorrebbe più democrazia e meno business.

    Immersive Journalism, cosa nuova anche per Google.

    Sul workshop finale della mia giornata, sempre con Google News e il suo esponente italiano Elisabetta Tola, desidero prendermi un ulteriore tempo per approfondire. Io stesso non ho prodotto contenuti multimediali perché non volevo perdermi un frame di questo incontro e comprendere la ricerca che è stata fatta e che viene fatta sul giornalismo immersivo e sulle sue possibilità. Google offre strumenti interessanti, ma racconta anche di un tipo di giornalismo che ha bisogno di sperimentazione perché è nuovissimo e non facile da capire.

  • Un mojo al Festival Internazionale di Giornalismo di Perugia

    Un mojo al Festival Internazionale di Giornalismo di Perugia

    Italian Mojo a Perugia.

    Per la prima volta vado a dare un’occhiata al Festival Internazionale di Giornalismo a Perugia, con l’obiettivo di infilarmi in ogni sala dove si parli di mobile journalism o di argomenti attinenti. La kermesse umbra che racconta il meglio del giornalismo di oggi e di domani con l’occhio italiano è già iniziata con un programma fittissimo, che puoi trovare su questo sito.

    Il mio programma, quindi, è selezionato, nelle giornate in cui potrò essere presente (da venerdì pomeriggio a domenica primo pomeriggio), verso quegli eventi che regalano prospettive innovative per la professione, soprattutto per quanto riguarda nuovi linguaggi, nuovi modi di proporsi e nuove qualità che devono cominciare a diventare bagaglio dei giornalisti di domani, soprattutto dei giornalisti “mobile”. Ecco quello che ho deciso di seguire.

    Il programma di venerdì 7 aprile.

    Best practice for reporters using live video #ijf17 —> Hotel Brufani, sala Priori, Perugia, ore 14.

    Quali sono le buone pratiche per reporter sul campo che usano i video live? Quali aspetti dovrebbero considerare i news outlet nel gestire i video live? In questo workshop, imparerete le buone pratiche etiche per essere reporter dal vivo. Qual è il vostro pensiero riguardo le questioni legate alla privacy, il consenso e i permessi? Come vi relazionate con gli abusi nei vostri thread di commenti? I facilitatori discuteranno inoltre di come si stanno sviluppando le politiche di redazione riguardanti l’utilizzo nella loro offerta dei video live di testimoni oculari, fornendo consigli pratici basati su esempi recenti. Organizzato in collaborazione con First Draft News.

    Spero di potercela fare, ma non ne sono sicuro, visto il fatto che viaggerò dalla mattina proveniente da Milano, grazie alla straordinaria collaborazione del collega e amico Fabio Benati.

    Visual storytelling on Facebook  #ijf17—> Hotel Brufani, sala Raffaello, Perugia, ore 15.

    Fino a poco tempo fa, trasmettere in diretta significava utilizzare satelliti o dotarsi di grossi automezzi. Oggi, i giornalisti trasmettono regolarmente in tempo reale per discutere le notizie col proprio pubblico. È passato poco più di un anno dalla creazione di Facebook Live e le redazioni di tutto il mondo lo utilizzano per permettere alle persone di partecipare direttamente allo storytelling.

    Intanto, la crescita dei video a 360°, utilizzati anche durante le trasmissioni live, ha offerto una dimensione supplementare al giornalismo, proponendo nuove sfide. Nick Wrenn, responsabile News Partnership di Facebook nell’area Europa, Medio Oriente e Africa, condividerà alcune best practice e casi studio per l’utilizzo di Facebook video, Live e 360 nella tua redazione. Il workshop includerà una sessione di domande e risposte con Mark Frankel, responsabile Social Media di BBC News, tra i pionieri di Facebook Live e 360 video. Organizzato e sponsorizzato da Facebook.

    Role of digital companies in evolution of news publishing. With Richard Gingras #ijf17 —> Sala dei Notari, Perugia, ore 16.30.

    Richard Gingras, vice presidente News Google, sarà affiancato da Davide Casati del Corriere della Sera in una conversazione sul ruolo delle aziende digitali nel processo evolutivo della pubblicazione delle news. Responsabile dei prodotti News e Social, Gingras illustrerà la Digital News Initiative di Google, lo stato dell’arte del progetto open-source AMP (Accelerated Mobile Pages) e le tendenze del settore, inclusi gli sforzi compiuti da Google per far emergere e mettere in luce, nelle News and Search, il contenuto verificato grazie al fact-checking.

    Immersive journalism: YouTube and VR/360 #ijf17 —> Sala delle Colonne, Palazzo Graziani, Perugia, ore 18.

    Apertura di un canale YouTube, personalizzazione, fidelizzazione dei propri utenti, creazione e organizzazione dei contenuti. Uso degli strumenti di editing direttamente su YouTube, creazione e utilizzo dei sottotitoli in diverse lingue, condivisione dei contenuti creati e pubblicati. Gestione dello streaming YouTube per intervistare, costruire eventi online, fare dirette durante un evento. Uso di diversi strumenti per la creazione e gestione di immagini e video a 360 gradi. Sperimentazione sul canale YouTube360. Uso dei cardboard e visualizzazione di VR/360 su mobile. Esempi e casi studio di progetti giornalistici incentrati sulla VR/360. Organizzato e sponsorizzato da Google.

    Il programma di sabato 8 aprile

    If journalism unites with self-publishing: the long life of news #ijf17—> Sala delle Colonne, Palazzo Graziani, Perugia, ore 11.

    Nella prima parte del panel, scrittori e giornalisti come Claire Prentice (The Washington Post e The Guardian) e Stephan Talty (New York Times Magazine, GQ, Playboy, the Irish Times) analizzeranno gli strumenti innovativi messi a disposizione della stampa insieme a Giulia Poli, Head of Kindle Content Amazon Italy. Nella seconda parte, a partire dalle 12.00, Beniamino Pagliaro, giornalista de La Stampa, introdurrà il tema della trasformazione digitale, commentandolo con gli studenti vincitori della Scholarship e con Giovanni Grezzi di AFP. Organizzato e sponsorizzato da Amazon.

    The rise of live journalism #ijf17—> Sala delle Colonne, Palazzo Graziani, Perugia, ore 14

    Le organizzazioni di giornalismo hanno svolto molti esperimenti volti a rafforzare l’impegno, la competenza e i profitti, organizzando dibattiti, aprendo luoghi di interesse culturale, gestendo caffetterie e sponsorizzando hackathon. C’è un numero in aumento di persone che sperimentano il live journalism in vari contesti – storytelling nei teatri, passeggiate collettive fotografiche, interviste pubbliche o factcheckathon in tempo reale, per esempio. È un esperimento molto diffuso negli Stati Uniti che sta prendendo piede anche in altri luoghi. Media alternativi e indipendenti hanno sperimentato il live journalism in modi incredibilmente creativi per eventi come, ad esempio, le Olimpiadi. Che cosa potrebbero offrire al giornalismo eventi di questo tipo? Questo panel mette insieme esperimenti di live journalism e imprese operanti in Danimarca, Francia e Paesi Bassi, per condividere nuove lezioni e suggerimenti su giornalismo, fiducia e engagement.

    360° videos and VR: immersive journalism is here to stay? #ijf17—> Sala del Dottorato, Perugia, ore 15.15.

    Da qualche anno realtà virtuale, realtà aumentata e video a 360° rappresentano una delle frontiere di sperimentazione per il giornalismo. Il 2016 è stato l’anno nel quale molti editori e redazioni nel mondo hanno deciso di investire risorse in progetti di narrazione visuale immersiva. Piattaforme come youtube e soprattutto Facebook consentono di raggiungere una audience globale, la tecnologia per la produzione e la fruizione di questi contenuti si sta diffondendo a costi sempre più competitivi: i tempi sono maturi per capire se oltre al cosiddetto “effetto wow” c’è un futuro giornalistico ed editoriale. Ne parlano alcuni esperti già da tempo impegnati a sperimentare e studiare questi formati.

    Engagement strategies for Facebook #ijf17—> Hotel Brufani, Sala Raffaello, ore 17.

    Con quale frequenza si dovrebbe pubblicare su Facebook? Quali strumenti possono essere utlizzati per la gestione quotidiana di una pagina? In questo workshop, risponderemo a queste e ad altre domande, offrendo una visione generale per crescere in maniera adeguata e coinvolgere il pubblico su Facebook. Ci concentreremo su best practice, nuovi strumenti di pubblicazione come Rights Manager, Branded Content, e Crossposted video, suggerendo consigli pratici e spunti per gestire al meglio la tua pagina, creare il contatto con il pubblico, e confezionare contenuti accattivanti. Il workshop sarà condotto da Francesca Sacasa, Manager Partner Services di Facebook nell’area Europa, Medio Oriente e Africa.

    Il programma di domenica 9 aprile

    Scoop #ijf17—>Hotel Brufani, Sala Raffaello, Perugia, ore 10.

    Talvolta la narrativa è un mezzo necessario per condurre il pubblico nella complessità del presente, cercando con lo sguardo prospettive sganciate dall’agenda mediatica. È il caso di Scoop (Feltrinelli, 2017), l’ultimo romanzo di Enrico Franceschini, corrispondente da Londra de La Repubblica. Attraverso il personaggio di Andrea Muratori, cronista alle prime armi catapultato per errore nel Centro America, in mezzo a una guerra civile, Franceschini ci porta al cuore di un mestiere, l’inviato di guerra, e di come lo scontro con la realtà metta alla dura prova sogni, aspettative e ideali.

    Social media journalism and DCM #ijf17—> Hotel Brufani, sala Perugino, Perugia, ore 11

    Social media journalism e DCM, dal giornalismo al digital content management. Due nuovi manuali per giornalisti e comunicatori ma anche un doppio workshop con i loro autori per scoprire come lavorare in un contesto dove l’informazione è fluida, multiforme e scorre velocemente. Organizzato in collaborazione con ONA Italia.

    Running a newspaper or being a journalist: the importance of a business plan #ijf17 —> Hotel Brufani, sala Perugino, Perugia, ore 14

    Con la crisi dei media tradizionali e del loro modello di sviluppo si rafforza l’invito a “mettersi in proprio”, sia come freelance sia come imprenditori di se stessi. Già, ma ai giornalisti nessuno insegna che per farlo la cosa più importante è sapere fare un business plan. Ecco, parliamone.

    Alcune precisazioni e la copertura.

    Le parti che vedi scritte in corsivo sono le sinossi degli eventi tratte dal sito ufficiale dell’International Journalism Festival. Non ho cambiato le parole, perché intendevo darti la spiegazione più fedele possibile del tipo di evento che ho scelto. La copertura avrà una base live da parte mia sui social, vale a dire sul mio canale Twitter personale, sulla pagina Facebook delle attività professionali e su Periscope. Tutti i contenuti prodotti, arricchiti da appunti e impressioni, verranno poi inseriti, con calma, in una serie di pezzi di taglio #mojo su questo blog. Con calma e analisi.

    Ultima nota: il gruppo Italian Mojo di Facebook, nuova comunità di mobile journalist italiani, avrà alcuni membri presenti al Festival, se ti iscrivi al gruppo e vuoi conoscerci, ci vediamo da quelle parti.

  • Mobile Journalism: veloce per le breaking news, lento per le storie

    Mobile Journalism: veloce per le breaking news, lento per le storie

    Col mojo sei velocissimo sulle breaking news (e lento quando vuoi).

    Da qualche settimana stiamo parlando di immagini, di campo, di comportamenti da tenere mentre si sviluppano le storie, mentre si produce contenuti  “mojo”. Chi si avvicina al mobile journalism, avendo una base di linguaggio giornalistico video, trova un mondo che può essere velocissimo (o lentissimo) a seconda delle esigenze. Se si sta sul bollente territorio delle breaking news, con le telefonate del capo che ogni mezzo minuto chiama per rompere i cosidetti e chiedere se “hai mandato”, ci sono precise tecniche conservative che fanno produrre efficientemente, risparmiare tempo e inquadrature, per finire al volo. Di solito la differenza di tempistica è di questo genere: tu mandi il pezzo quando la troupe classica riprende la macchina per tornare in redazione e il videogiornalista è a metà montaggio. Un astronauta. Però, quando puoi, il mojo ti dà la possibilità di essere lentissimo e di lavorare le storie come un artigiano.

    Immagini necessarie, coperture essenziali: la regola del cinque

    Se sei sulle news, molto spesso ti capita di fare interviste coperte o piccoli pezzi speakeati con insert di voci. Si tratta di timeline semplici, con un po’ di quello che gli americani chiamano b-roll a spiegare per immagini ciò che la voce dice, assieme a pochi altri aggiustamenti audio e video (qualche transizione?). Il dato di fatto è avere la voce del giorno e poterla condire con piani fermi e regolari sul posto dove il tal soggetto ha fatto la dichiarazione, alcune immagini sull’evento che ha visto protagonista l’intervistato e poco altro.

    Cinque inquadrature per l’evento bastano a meno che non sia diviso in più azioni, allora adotti la regola del “5 quadri ogni evento”. Se l’evento è una star della cucina che parla ai ragazzi di una scuola, poi risponde alle domande, poi si mette a cucinare davanti a tutti, beh, le inquadrature sono 15.  Cinque inquadrature per il luogo vanno bene. Riservati due tre inquadrature per l’uscita di scena del protagonista. E poi? E poi basta. Fine. Stop. Ti fermi. Certo, se poi sorprendi la star dei fornelli addormentata mentre parla la Preside ti concedo un altro shoot…

    Il mare infinito, però, sono le storie…

    Non giriamoci tanto intorno: per me e per te l’epoca degli scoop è finita da un pezzo. Può arrivartene tra le mani uno ogni sei mesi se sei fortunato (la bravura, ormai, non c’azzecca più col mondo delle news). Hai, tuttavia, un mare infinito dove andare a pesca tutti i giorni, con un bacino potenzialmente enorme di prodotti vendibili. E’ il bacino delle storie straordinarie di gente comune, dei racconti unici che stanno di casa alla porta accanto alla tua. Quello è un mercato da cui puoi cercare di cavar fuori un onorario decente per arrivare a fine mese, trovando il campo di specializzazione nel quale poter essere un punto di riferimento.

    Il vento per le vele è il mojo.

    In quel mare la navigazione alla scoperta delle storie può andare lenta, può andare a vela. Nei consigli per andare sul campo dati qualche giorno fa, fornivo alcune indicazioni su come sfruttare il proprio tempo per essere efficienti anche oltre la semplice produzione di immagini. Ora ti invito a pensare che la versatilità dello smartphone dona molte possibilità in più per poter raccontare una storia rispetto alla normale telecamera. I posti dove può essere messo, le angolazioni, la vicinanza con l’azione, la caduta della barriera che crea una camera tra intervistato e intervistatore: questi sono alcuni degli elementi che soffiano sulla barca del racconto di una storia, anche minima, un vento nuovo.

    Sarà facile capire dove stare

    Il tipo di racconto è più intimo, più particolare, reso meno artificiale dal mezzo di ripresa. Chi, invece, è incaricato di raccontare la vicenda o la storia, grazie a una strumentazione meno pesante, a comandi più intuitivi e a maggiore facilità di spostamento per trovare l’inquadratura giusta, avrà più sicurezza nel dirigere il racconto per immagini e nel prevedere lo sviluppo della storia e quindi il punto esatto dove andare a fare l’inquadratura. Anche prima dell’uscita per le riprese ci sarà più tempo per preorganizzare la produzione con delle tecniche precise (e sia nell’organizzazione, sia nella ripresa, le tecniche mojo sono molte).

    Un urlo nell’orecchio….

    Un urlo nell’orecchio te lo faccio, anche se fa sorridere il fatto che la limitatezza dell’hardware ti obbligherà a rispettare questa regola (pena danni incalcolabili :-)). NON MUOVERE LA CAMERA. Niente carrellate, niente zoomate, niente piani sequenza. Consumati il cervello per giorni, mesi, anni a trovare le inquadrature giuste, ferme, con le linee a posto. E fai solo quelle. E falle quando sei sicuro che quelle inquadrature, sono le inquadrature che volevi.