Autore: Francesco Facchini

  • Mobile Journalism: a Perugia tra mojo e Virtual Reality

    Mobile Journalism: a Perugia tra mojo e Virtual Reality

    Perugia, l’impressione di un assaggio

    Il mio primo giorno al Festival Internazionale di Giornalismo di Perugia (a proposito, la città è meravigliosa) è passato con il mirino puntato su tutto quanto poteva essere vicino al mobile journalism. Se sono venuto qui è per imparare, mi sono detto più volte, mentre camminavo su corso Vannucci. Beh, qualcosa ho portato a casa, per me e forse anche per te, anche se i panel di un’ora cui ho partecipato mi hanno lasciato l’impressione di un assaggio e non di veri e propri workshop dai quali poter attingere conoscenza.

    Due chiacchiere con Facebook

    Dopo l’arrivo in Umbria sono riuscito a infilarmi in un panel sul Visual Storytelling nei quali erano presenti Mark Wrenn, head of news partnership EMEA Facebook, assieme a Mark Frankel, social media editor della BBC. Wrenn ha parlato dell’introduzione di Advertising su Facebook che io avevo anticipato in questo articolo del mio blog che spero tu abbia voglia di rileggere. Il movimento che sta facendo Facebook sulla App Tv, infatti, rivoluzionerà il mercato della televisione per come lo conosciamo. Certo è un po’ dura, per chi fa il mojo poter beneficiare di questa possibilità perché le pagine che potranno avere il bottone di pubblicità, che comunque potrai utilizzare o meno a seconda delle tue esigenze,  dovranno avere sopra i 5 mila fan ed essere certificate. Un discorso elitario e difficile per chi fa il mojo, ma non devono tremare le vene dei polsi: con un buon lavoro di personal branding e la produzione di contenuti di qualità si può fare.

    Gingras, di Google News, parla di qualità (e la fa facile).

    Ho anche preso parte a un incontro-intervista con Richard Gingras, vice presidente di Google News, cercando di capire se poteva darci spunti sulla possibilità di fare revenue in modo migliore con le loro piattaforme. Gli ho fatto una domanda diretta in tal senso (ho fatto domande ovunque, altrimenti cosa ci sto a fare qui?) e ho ricevuto una risposta, che puoi vedere nel video, legata naturalmente alla qualità dei contenuti e al fatto che si possono iniziare esperienze di self publishing e di microbusiness con un certo successo. Basta saper fornire ai lettori contenuti qualitativi e, soprattutto, utili. Ragionamenti diplomatici e un po’ troppo facili da parte di Gingras visto che Google rappresenta si una piattaforma tecnologica, ma anche la vita (monopolistica), che tutti devono fare per arrivare al lettore. Ci vorrebbe più democrazia e meno business.

    Immersive Journalism, cosa nuova anche per Google.

    Sul workshop finale della mia giornata, sempre con Google News e il suo esponente italiano Elisabetta Tola, desidero prendermi un ulteriore tempo per approfondire. Io stesso non ho prodotto contenuti multimediali perché non volevo perdermi un frame di questo incontro e comprendere la ricerca che è stata fatta e che viene fatta sul giornalismo immersivo e sulle sue possibilità. Google offre strumenti interessanti, ma racconta anche di un tipo di giornalismo che ha bisogno di sperimentazione perché è nuovissimo e non facile da capire.

  • Un mojo al Festival Internazionale di Giornalismo di Perugia

    Un mojo al Festival Internazionale di Giornalismo di Perugia

    Italian Mojo a Perugia.

    Per la prima volta vado a dare un’occhiata al Festival Internazionale di Giornalismo a Perugia, con l’obiettivo di infilarmi in ogni sala dove si parli di mobile journalism o di argomenti attinenti. La kermesse umbra che racconta il meglio del giornalismo di oggi e di domani con l’occhio italiano è già iniziata con un programma fittissimo, che puoi trovare su questo sito.

    Il mio programma, quindi, è selezionato, nelle giornate in cui potrò essere presente (da venerdì pomeriggio a domenica primo pomeriggio), verso quegli eventi che regalano prospettive innovative per la professione, soprattutto per quanto riguarda nuovi linguaggi, nuovi modi di proporsi e nuove qualità che devono cominciare a diventare bagaglio dei giornalisti di domani, soprattutto dei giornalisti “mobile”. Ecco quello che ho deciso di seguire.

    Il programma di venerdì 7 aprile.

    Best practice for reporters using live video #ijf17 —> Hotel Brufani, sala Priori, Perugia, ore 14.

    Quali sono le buone pratiche per reporter sul campo che usano i video live? Quali aspetti dovrebbero considerare i news outlet nel gestire i video live? In questo workshop, imparerete le buone pratiche etiche per essere reporter dal vivo. Qual è il vostro pensiero riguardo le questioni legate alla privacy, il consenso e i permessi? Come vi relazionate con gli abusi nei vostri thread di commenti? I facilitatori discuteranno inoltre di come si stanno sviluppando le politiche di redazione riguardanti l’utilizzo nella loro offerta dei video live di testimoni oculari, fornendo consigli pratici basati su esempi recenti. Organizzato in collaborazione con First Draft News.

    Spero di potercela fare, ma non ne sono sicuro, visto il fatto che viaggerò dalla mattina proveniente da Milano, grazie alla straordinaria collaborazione del collega e amico Fabio Benati.

    Visual storytelling on Facebook  #ijf17—> Hotel Brufani, sala Raffaello, Perugia, ore 15.

    Fino a poco tempo fa, trasmettere in diretta significava utilizzare satelliti o dotarsi di grossi automezzi. Oggi, i giornalisti trasmettono regolarmente in tempo reale per discutere le notizie col proprio pubblico. È passato poco più di un anno dalla creazione di Facebook Live e le redazioni di tutto il mondo lo utilizzano per permettere alle persone di partecipare direttamente allo storytelling.

    Intanto, la crescita dei video a 360°, utilizzati anche durante le trasmissioni live, ha offerto una dimensione supplementare al giornalismo, proponendo nuove sfide. Nick Wrenn, responsabile News Partnership di Facebook nell’area Europa, Medio Oriente e Africa, condividerà alcune best practice e casi studio per l’utilizzo di Facebook video, Live e 360 nella tua redazione. Il workshop includerà una sessione di domande e risposte con Mark Frankel, responsabile Social Media di BBC News, tra i pionieri di Facebook Live e 360 video. Organizzato e sponsorizzato da Facebook.

    Role of digital companies in evolution of news publishing. With Richard Gingras #ijf17 —> Sala dei Notari, Perugia, ore 16.30.

    Richard Gingras, vice presidente News Google, sarà affiancato da Davide Casati del Corriere della Sera in una conversazione sul ruolo delle aziende digitali nel processo evolutivo della pubblicazione delle news. Responsabile dei prodotti News e Social, Gingras illustrerà la Digital News Initiative di Google, lo stato dell’arte del progetto open-source AMP (Accelerated Mobile Pages) e le tendenze del settore, inclusi gli sforzi compiuti da Google per far emergere e mettere in luce, nelle News and Search, il contenuto verificato grazie al fact-checking.

    Immersive journalism: YouTube and VR/360 #ijf17 —> Sala delle Colonne, Palazzo Graziani, Perugia, ore 18.

    Apertura di un canale YouTube, personalizzazione, fidelizzazione dei propri utenti, creazione e organizzazione dei contenuti. Uso degli strumenti di editing direttamente su YouTube, creazione e utilizzo dei sottotitoli in diverse lingue, condivisione dei contenuti creati e pubblicati. Gestione dello streaming YouTube per intervistare, costruire eventi online, fare dirette durante un evento. Uso di diversi strumenti per la creazione e gestione di immagini e video a 360 gradi. Sperimentazione sul canale YouTube360. Uso dei cardboard e visualizzazione di VR/360 su mobile. Esempi e casi studio di progetti giornalistici incentrati sulla VR/360. Organizzato e sponsorizzato da Google.

    Il programma di sabato 8 aprile

    If journalism unites with self-publishing: the long life of news #ijf17—> Sala delle Colonne, Palazzo Graziani, Perugia, ore 11.

    Nella prima parte del panel, scrittori e giornalisti come Claire Prentice (The Washington Post e The Guardian) e Stephan Talty (New York Times Magazine, GQ, Playboy, the Irish Times) analizzeranno gli strumenti innovativi messi a disposizione della stampa insieme a Giulia Poli, Head of Kindle Content Amazon Italy. Nella seconda parte, a partire dalle 12.00, Beniamino Pagliaro, giornalista de La Stampa, introdurrà il tema della trasformazione digitale, commentandolo con gli studenti vincitori della Scholarship e con Giovanni Grezzi di AFP. Organizzato e sponsorizzato da Amazon.

    The rise of live journalism #ijf17—> Sala delle Colonne, Palazzo Graziani, Perugia, ore 14

    Le organizzazioni di giornalismo hanno svolto molti esperimenti volti a rafforzare l’impegno, la competenza e i profitti, organizzando dibattiti, aprendo luoghi di interesse culturale, gestendo caffetterie e sponsorizzando hackathon. C’è un numero in aumento di persone che sperimentano il live journalism in vari contesti – storytelling nei teatri, passeggiate collettive fotografiche, interviste pubbliche o factcheckathon in tempo reale, per esempio. È un esperimento molto diffuso negli Stati Uniti che sta prendendo piede anche in altri luoghi. Media alternativi e indipendenti hanno sperimentato il live journalism in modi incredibilmente creativi per eventi come, ad esempio, le Olimpiadi. Che cosa potrebbero offrire al giornalismo eventi di questo tipo? Questo panel mette insieme esperimenti di live journalism e imprese operanti in Danimarca, Francia e Paesi Bassi, per condividere nuove lezioni e suggerimenti su giornalismo, fiducia e engagement.

    360° videos and VR: immersive journalism is here to stay? #ijf17—> Sala del Dottorato, Perugia, ore 15.15.

    Da qualche anno realtà virtuale, realtà aumentata e video a 360° rappresentano una delle frontiere di sperimentazione per il giornalismo. Il 2016 è stato l’anno nel quale molti editori e redazioni nel mondo hanno deciso di investire risorse in progetti di narrazione visuale immersiva. Piattaforme come youtube e soprattutto Facebook consentono di raggiungere una audience globale, la tecnologia per la produzione e la fruizione di questi contenuti si sta diffondendo a costi sempre più competitivi: i tempi sono maturi per capire se oltre al cosiddetto “effetto wow” c’è un futuro giornalistico ed editoriale. Ne parlano alcuni esperti già da tempo impegnati a sperimentare e studiare questi formati.

    Engagement strategies for Facebook #ijf17—> Hotel Brufani, Sala Raffaello, ore 17.

    Con quale frequenza si dovrebbe pubblicare su Facebook? Quali strumenti possono essere utlizzati per la gestione quotidiana di una pagina? In questo workshop, risponderemo a queste e ad altre domande, offrendo una visione generale per crescere in maniera adeguata e coinvolgere il pubblico su Facebook. Ci concentreremo su best practice, nuovi strumenti di pubblicazione come Rights Manager, Branded Content, e Crossposted video, suggerendo consigli pratici e spunti per gestire al meglio la tua pagina, creare il contatto con il pubblico, e confezionare contenuti accattivanti. Il workshop sarà condotto da Francesca Sacasa, Manager Partner Services di Facebook nell’area Europa, Medio Oriente e Africa.

    Il programma di domenica 9 aprile

    Scoop #ijf17—>Hotel Brufani, Sala Raffaello, Perugia, ore 10.

    Talvolta la narrativa è un mezzo necessario per condurre il pubblico nella complessità del presente, cercando con lo sguardo prospettive sganciate dall’agenda mediatica. È il caso di Scoop (Feltrinelli, 2017), l’ultimo romanzo di Enrico Franceschini, corrispondente da Londra de La Repubblica. Attraverso il personaggio di Andrea Muratori, cronista alle prime armi catapultato per errore nel Centro America, in mezzo a una guerra civile, Franceschini ci porta al cuore di un mestiere, l’inviato di guerra, e di come lo scontro con la realtà metta alla dura prova sogni, aspettative e ideali.

    Social media journalism and DCM #ijf17—> Hotel Brufani, sala Perugino, Perugia, ore 11

    Social media journalism e DCM, dal giornalismo al digital content management. Due nuovi manuali per giornalisti e comunicatori ma anche un doppio workshop con i loro autori per scoprire come lavorare in un contesto dove l’informazione è fluida, multiforme e scorre velocemente. Organizzato in collaborazione con ONA Italia.

    Running a newspaper or being a journalist: the importance of a business plan #ijf17 —> Hotel Brufani, sala Perugino, Perugia, ore 14

    Con la crisi dei media tradizionali e del loro modello di sviluppo si rafforza l’invito a “mettersi in proprio”, sia come freelance sia come imprenditori di se stessi. Già, ma ai giornalisti nessuno insegna che per farlo la cosa più importante è sapere fare un business plan. Ecco, parliamone.

    Alcune precisazioni e la copertura.

    Le parti che vedi scritte in corsivo sono le sinossi degli eventi tratte dal sito ufficiale dell’International Journalism Festival. Non ho cambiato le parole, perché intendevo darti la spiegazione più fedele possibile del tipo di evento che ho scelto. La copertura avrà una base live da parte mia sui social, vale a dire sul mio canale Twitter personale, sulla pagina Facebook delle attività professionali e su Periscope. Tutti i contenuti prodotti, arricchiti da appunti e impressioni, verranno poi inseriti, con calma, in una serie di pezzi di taglio #mojo su questo blog. Con calma e analisi.

    Ultima nota: il gruppo Italian Mojo di Facebook, nuova comunità di mobile journalist italiani, avrà alcuni membri presenti al Festival, se ti iscrivi al gruppo e vuoi conoscerci, ci vediamo da quelle parti.

  • Mobile Journalism: veloce per le breaking news, lento per le storie

    Mobile Journalism: veloce per le breaking news, lento per le storie

    Col mojo sei velocissimo sulle breaking news (e lento quando vuoi).

    Da qualche settimana stiamo parlando di immagini, di campo, di comportamenti da tenere mentre si sviluppano le storie, mentre si produce contenuti  “mojo”. Chi si avvicina al mobile journalism, avendo una base di linguaggio giornalistico video, trova un mondo che può essere velocissimo (o lentissimo) a seconda delle esigenze. Se si sta sul bollente territorio delle breaking news, con le telefonate del capo che ogni mezzo minuto chiama per rompere i cosidetti e chiedere se “hai mandato”, ci sono precise tecniche conservative che fanno produrre efficientemente, risparmiare tempo e inquadrature, per finire al volo. Di solito la differenza di tempistica è di questo genere: tu mandi il pezzo quando la troupe classica riprende la macchina per tornare in redazione e il videogiornalista è a metà montaggio. Un astronauta. Però, quando puoi, il mojo ti dà la possibilità di essere lentissimo e di lavorare le storie come un artigiano.

    Immagini necessarie, coperture essenziali: la regola del cinque

    Se sei sulle news, molto spesso ti capita di fare interviste coperte o piccoli pezzi speakeati con insert di voci. Si tratta di timeline semplici, con un po’ di quello che gli americani chiamano b-roll a spiegare per immagini ciò che la voce dice, assieme a pochi altri aggiustamenti audio e video (qualche transizione?). Il dato di fatto è avere la voce del giorno e poterla condire con piani fermi e regolari sul posto dove il tal soggetto ha fatto la dichiarazione, alcune immagini sull’evento che ha visto protagonista l’intervistato e poco altro.

    Cinque inquadrature per l’evento bastano a meno che non sia diviso in più azioni, allora adotti la regola del “5 quadri ogni evento”. Se l’evento è una star della cucina che parla ai ragazzi di una scuola, poi risponde alle domande, poi si mette a cucinare davanti a tutti, beh, le inquadrature sono 15.  Cinque inquadrature per il luogo vanno bene. Riservati due tre inquadrature per l’uscita di scena del protagonista. E poi? E poi basta. Fine. Stop. Ti fermi. Certo, se poi sorprendi la star dei fornelli addormentata mentre parla la Preside ti concedo un altro shoot…

    Il mare infinito, però, sono le storie…

    Non giriamoci tanto intorno: per me e per te l’epoca degli scoop è finita da un pezzo. Può arrivartene tra le mani uno ogni sei mesi se sei fortunato (la bravura, ormai, non c’azzecca più col mondo delle news). Hai, tuttavia, un mare infinito dove andare a pesca tutti i giorni, con un bacino potenzialmente enorme di prodotti vendibili. E’ il bacino delle storie straordinarie di gente comune, dei racconti unici che stanno di casa alla porta accanto alla tua. Quello è un mercato da cui puoi cercare di cavar fuori un onorario decente per arrivare a fine mese, trovando il campo di specializzazione nel quale poter essere un punto di riferimento.

    Il vento per le vele è il mojo.

    In quel mare la navigazione alla scoperta delle storie può andare lenta, può andare a vela. Nei consigli per andare sul campo dati qualche giorno fa, fornivo alcune indicazioni su come sfruttare il proprio tempo per essere efficienti anche oltre la semplice produzione di immagini. Ora ti invito a pensare che la versatilità dello smartphone dona molte possibilità in più per poter raccontare una storia rispetto alla normale telecamera. I posti dove può essere messo, le angolazioni, la vicinanza con l’azione, la caduta della barriera che crea una camera tra intervistato e intervistatore: questi sono alcuni degli elementi che soffiano sulla barca del racconto di una storia, anche minima, un vento nuovo.

    Sarà facile capire dove stare

    Il tipo di racconto è più intimo, più particolare, reso meno artificiale dal mezzo di ripresa. Chi, invece, è incaricato di raccontare la vicenda o la storia, grazie a una strumentazione meno pesante, a comandi più intuitivi e a maggiore facilità di spostamento per trovare l’inquadratura giusta, avrà più sicurezza nel dirigere il racconto per immagini e nel prevedere lo sviluppo della storia e quindi il punto esatto dove andare a fare l’inquadratura. Anche prima dell’uscita per le riprese ci sarà più tempo per preorganizzare la produzione con delle tecniche precise (e sia nell’organizzazione, sia nella ripresa, le tecniche mojo sono molte).

    Un urlo nell’orecchio….

    Un urlo nell’orecchio te lo faccio, anche se fa sorridere il fatto che la limitatezza dell’hardware ti obbligherà a rispettare questa regola (pena danni incalcolabili :-)). NON MUOVERE LA CAMERA. Niente carrellate, niente zoomate, niente piani sequenza. Consumati il cervello per giorni, mesi, anni a trovare le inquadrature giuste, ferme, con le linee a posto. E fai solo quelle. E falle quando sei sicuro che quelle inquadrature, sono le inquadrature che volevi.

  • I dubbi su Kinemaster, il razzo di Facebook

    I dubbi su Kinemaster, il razzo di Facebook

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    Kinemaster: bella, ma quanti problemi.

    Ecco alcune mojo news che possono interessarti, a partire da alcune precisazioni su Kinemaster dopo la chiacchierata live via Facebook che abbiamo fatto sull’argomento nel gruppo Italian Mojo (a proposito, vuoi iscriverti?).

    L’applicazione di Nexstreaming, l’ho riferito in questo articolo, è sicuramente la più evoluta fra quelle che fanno fare montaggio video nel mondo Android. Non mancano, tuttavia, le problematiche che impongono attenzione nell’uso della app per chi fa il mobile journalist nel mondo del robottino. La creatura coreana, infatti, non garantisce piena usabilità per qualsiasi smartphone del mondo Android.

    In questo articolo, infatti, potete vedere quali sono le device compatibili con la app, specialmente per quanto riguarda i processori montati. Se non avete uno di questi processori nel cuore del vostro telefono potete scordarvi una cosa determinante nello sviluppo di pezzi, specialmente giornalistici. Sto parlando della possibilità di gestire più layer (uno per la timeline, uno per le coperture: a esempio). Una disdetta tremenda. Un consiglio veloce: mi raccomando, prima dell’acquisto di un telefono, verifica il processore se intendi far correre Kinemaster.

    Il razzo di Facebook.

    Da qualche ora, in fondo alla vostra schermata dell’applicazione Facebook se siete iOS o vicino alle notizie se siete Android, è comparso tra le feature un razzetto che porta direttamente a un flusso di post consigliati fra le cose che non segui abitualmente, ma selezionato da un algoritmo secondo le tue preferenze. Si tratta di un test che la compagnia di Menlo Park sta effettuando per portare ai post consigliati, un nuovo feed di notizie che serve, quindi, a far “allargare” gli orizzonti di osservazione dell’utente.

    Vista alla mojo la cosa sembra diversa. E’ pensabile, infatti, che questo primo newsfeed quasi tutto orientato sui video sia il primo passo verso la App TV annunciata e sia anche un modo per veicolare “sponsored post”. Un giochino utile a Zuck per fare incassi e utile ai mojo per pensare che la via video intrapresa da Facebook possa presto portare a revenue sharing, a pagamenti per i contenuti che si metteranno sulla piattaforma di “Faccialibro”.

    Italian Mojo a Perugia.

    Ti annuncio che quella in arrivo è la settimana dell’International Journalism Festival di Perugia. Se vuoi vedere il programma puoi andare qui. Io sarò in Umbria da venerdì 7 fino a domenica 9 e posso fare da “uomo all’Avana”. Se vuoi contattarmi per invitarmi a seguire un appuntamento o suggerirmi un evento vicino agli argomenti mojo da prediligere, sono a tua disposizione. Nel gruppo di Italian Mojo si vedranno informazioni dettagliate e contenuti particolari. Se non ti disturba, quindi, ti rinnovo l’invito: iscriviti alla nuova community italiana dei mobile journalist, potremo far crescere insieme il movimento mojo nel nostro paese.

     

     

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  • On field: sette consigli mojo utili (più uno)

    On field: sette consigli mojo utili (più uno)

    1. Mobile Journalism: stare on field è una goduria.

    Ti ho parlato di immagini, ti ho parlato di kit, adesso andiamo sul campo. Che ne dici? Con la strumentazione adatta e una applicazione per la produzione di immagini che rivoluziona qualsiasi telefono (Filmic Pro, come raccontato qui), si può partire senza problemi per la prima fase del lavoro mojo: il filming on field. Sono tanti i campi su cui ti può capitare di andare, molti i posti (grandi o piccoli) nei quali puoi anche essere catapultato, anche in pochi minuti, da una telefonata del tuo capo in redazione.

    Visto che ti prepari in un quarto del tempo rispetto a chiunque e che ti muovi più leggero rispetto a chiunque, sono molte le cose che puoi fare in più rispetto a tanti altri colleghi video giornalisti classici quando sei sul posto. Ecco qualche dritta utile per rendere ancora più efficiente il tuo tempo di permanenza sul luogo dove nasce, si sviluppa, cresce una notizia o una storia. Stare sul campo così è una goduria.

    2. Quando arrivi sul posto, prenditi tempo per guardare.

    Arrivato sul luogo della notizia, dato che non devi poi metter giù chissà quale strumentazione per essere operativo, avrai più tempo per guardare. Metti la tua attrezzatura in un angolo sicuro e gira per il locale, per la stanza, per la piazza, per il posto in cui sei. A cosa serve? A trovare l’inquadratura di partenza per un’intervista? A scovare tre particolari curiosi? A capire qual è il flusso delle persone? A trovare tre close up di particolari per le coperture? Questi sono solo alcuni dei perché possibili, ma ce n’è molti altri.

    3. Audio buono e audio ambiente.

    Se sei a un evento programmato guarda subito dov’è la sorgente audio e attaccati. Se, tuttavia, la tua è una storia, durante il tuo giretto iniziale, oltre ad annotarti le inquadrature, ascolta l’audio ambiente.  Alcuni di quei suoni possono servirti per il pezzo. Oppure potresti decidere che tutto il pezzo, magari in un luogo movimentato e ad alta tensione, può essere registrato in audio ambiente. Certamente se devi fare una storia su un pronto soccorso, le interviste tipo National Geografic rendono molto male la vita che si vive in quel posto.

    4. Fai l’aggressivo (senza se e senza ma)

    Quando sei sul campo a fare una storia, ricordati di essere aggressivo (in guanto di velluto). Fai in modo che i protagonisti intervistati seguano le tue indicazioni soprattutto quando imposti un’inquadratura. Più molli il colpo, peggio verrà l’inquadratura e, di conseguenza, l’intervista. Se le frasi dell’intervistato scivolano via, interrompi. Fai economia di parole nella domanda, come chi risponde deve farlo nella risposta.

    Se sei nelle news e finisci in mezzo a una tonnara, ricordati che hai un apparecchio piccolissimo da gestire e, quindi, esita per pochi secondi quando l’intervistato esce allo scoperto. Quando la massa di telecamere si acquieta, puoi inserire il braccio con il cellulare in un anfratto impossibile a qualsiasi handy e tirar fuori il primo piano giusto.

    5. Calmati e filma soltanto se è perfetto.

    Miseriaccia la fretta. Certo quando sei sulle news c’è poco da fare i filosofi e magari ti fa male il costato per qualche gomito di troppo preso tentando di farsi largo e di recuperare un posto per prendere la maledetta voce, magari attesa per ore (qualche volta vanamente). La fretta di filmare, però, fa rima con la più che possibile distruzione del lavoro. Quindi sulle news lavora in economia (prendi la voce, cinque coperture del luogo e scappa), ma sulla storia cerca di respirare a fondo e prendere quella inquadratura. Si, sto parlando di quella che ti serve, non un frame di più, ma neanche uno in meno.

    6. Check in e check out

    Quando arrivi fai il check di quello che ti sei portato e quando vai via fai il check di quello che ti riporti a casa. Lavori più velocemente degli altri perché, probabilmente, sei arrivato prima sul posto e vai via prima dal posto, ma proprio per questo la possibilità di perderti dei pezzi (che sono tutti mediamente piccoli) è molto alta. Sembra una cazzata, ma alla fine fan centinaia di euro annui di cose lasciate in giro.

    7. Two is megl che uan

    Due è meglio di uno. Era una reclame di un gelato di tanto tempo fa, ma il concetto è interessante. Se sei sul campo a filmare una storia che non puoi sbagliare e che non puoi andare a riprendere un’altra volta, un consiglio saggio è portarti dietro anche il cellulare personale, quello che usi per chiamare mamma, per fare in modo di avere una macchina di backup.

    7+1. Fai personal branding: sempre!

    Se sei un mojo on field devi lavorare anche per te, proprio nel medesimo tempo in cui lavori per il committente oppure nel tempo in cui produci una storia che può interessare quel committente. Come fai? La paurona, grossa, specialmente in Italia, paese per antonomasia di “fregatori” di idee, è scoprirsi troppo, rivelare troppo della notizia che si sta seguendo, in modo da ingolosire testate o colleghi concorrenti.

    Su questo sono obbligato a fare una parentesi e a dire che nell’epoca in cui viviamo è, a mio personale avviso, assurdo pensare di vivere questa ansia individualista. Ormai sono ben pochi i margini per fare uno scoop ed è chiaro che se ti trovi proprio in quella situazione è il caso che tu stia in modalità “silenziosa”. Le storie, tuttavia, sono infinite e se tu twitti qualcosa su una tua storia mentre la stai facendo è perché la preda l’hai già azzannata. Oltretutto la tua capacità di rendere quella storia resta unica quindi altri non la faranno come la fai tu.

    E’ molto più importante, tuttavia, che tu crei comunità attorno a te e che tu lo faccia anche con del materiale trasferito dal campo ai tuoi follower, in modo che sappiano su quale ottima storia stai lavorando. Le testate, poi, sono come le persone: ce ne sono di corrette e di scorrette. Quindi chi è corretto ti chiamerà per chiederti della storia, chi è scorretto, in ogni caso, cercherà di derubarti. ma tu avrai sempre una traccia e una data per screditare chi ti ruba il materiale.

    La tua pubblicità è molto importante

    In ogni caso il campo è sempre un modo di attirare l’attenzione e di fare personal branding, cercando di raccontare quello che stai facendo con due obiettivi alternati. Il primo: alzare la curiosità senza svelare. Esempio: intervisti un calciatore che ti rivela pratiche di doping? Certamente non twitti “Pincoballo bomber si dopava!”, ma “Intervista a Pincopallo, dichiarazioni choc. #staytuned”.

    Il secondo è quello di raccontare come stai facendo il tuo lavoro. Inquadrature, nuovi modi, creatività, anche soltanto un racconto di quello che fai, sono un ottimo manifesto di quello che sei. Sono la tua pubblicità a costo zero (o meglio al solo costo del tuo lavoro di progettazione coerente del tuo modo di raccontarti e della produzione dei content che userai per farlo). Otterrai due obiettivi: una comunità comincerà a seguirti e chi vuole comprarti saprà bene con quale professionalità avrai fatto il tuo lavoro. E dovrà comprare anche quella. Altrimenti c’è sempre il suo vicino di url…

  • Mobile Journalism: tutti i segreti della borsa di un mojo (più uno)

    Mobile Journalism: tutti i segreti della borsa di un mojo (più uno)

    [fusion_builder_container hundred_percent=”no” equal_height_columns=”no” hide_on_mobile=”small-visibility,medium-visibility,large-visibility” background_position=”center center” background_repeat=”no-repeat” fade=”no” background_parallax=”none” parallax_speed=”0.3″ video_aspect_ratio=”16:9″ video_loop=”yes” video_mute=”yes” overlay_opacity=”0.5″ border_style=”solid”][fusion_builder_row][fusion_builder_column type=”1_1″ layout=”1_1″ background_position=”left top” background_color=”” border_size=”” border_color=”” border_style=”solid” border_position=”all” spacing=”yes” background_image=”” background_repeat=”no-repeat” padding=”” margin_top=”0px” margin_bottom=”0px” class=”” id=”” animation_type=”” animation_speed=”0.3″ animation_direction=”left” hide_on_mobile=”small-visibility,medium-visibility,large-visibility” center_content=”no” last=”no” min_height=”” hover_type=”none” link=””][fusion_text]

    Mobile journalism: a ognuno il suo kit.

    Fare il mobile journalism è poco una questione di kit e tanto una questione di testa. Per questo motivo penso che dare indicazioni sull’hardware da portarsi dietro quando si va a filmare sia importante, ma sia ancora più importante focalizzarsi su un paio di concetti che non hanno proprio a che fare con gli strumenti con cui si lavora, ma con il modo con il quale si lavora.

    Per questo la cosa più importante della borsa del mojo è che sia… leggera. Deve contenere il poco che basta a fare le immagini (perfette) che vi servono e a raccogliere un audio di qualità. Il resto è fuffa. Sembra quasi assurdo quello che ti sto scrivendo, perché il video giornalismo classico fa rima con una miriade di accessori che rendono pesante il proprio zaino. Però è così: meno porti, meglio fai il mojo.

    Perché magro è bello (l’altro segreto).

    Pur essendo un convinto assertore della buona tavola, come dimostrano spesso le tre cifre che compaiono ogni volta che salgo sulla bilancia, penso che la tua borsa debba mettersi a dieta. Il motivo lo capirai quando sarai sul campo e, con le tecniche di ripresa e di acquisizione immagini del mobile journalism, avrai effetti immediati e positivi sulla qualità di quello che riprendi e sul tempo nel quale riprendi. Libero da pesi e da timori di perdere i pezzi dell’attrezzatura, ti ritroverai ad avere margine operativo più importante, con la filosofia del mobile journalism, per raccontare liberamente, con inquadrature spiazzanti e linguaggio inedito, il soggetto che stai riprendendo, la storia che stai costruendo.

    The italian way.

    Abbiamo un gap di conoscenza terrificante, noi italiani, per quanto riguarda il mobile journalism. Abbiamo, tuttavia, anche un vantaggio schiacciante che potrebbe portarci alla pari con il resto del mondo in poco tempo in questi periodi di rivoluzione mojo. Quale? La creatività. Se vai in giro leggero, lo capirai. Viene da sola.

     

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