Autore: Francesco Facchini

  • Piccolo manuale di resilienza digitale

    Piccolo manuale di resilienza digitale

    Ho messo alla prova la mia resilienza.

    Ho avuto e ho un serio problema di salute. No, non te ne parlo, ti dico solo che sono passati 14 giorni e sono già sulla via del recupero. Ho pensato molto a cosa potevo dirti di questa difficoltà che sto attraversando e ho concluso una cosa: posso raccontarti come ho messo alla prova la mia resilienza e di come questo possa esserti utile nel lavoro. Di questa capacità dell’uomo di trarre vantaggio immediato dalle difficoltà ho parlato qui, ma anche qui.

    Decidere subito

    Dopo il fatto imprevisto che mi ha portato questo problema ho dovuto prendere una decisione in pochi minuti. La messa in campo della resilienza comincia dal momento in cui prendi quella decisione. La domanda cui devi rispondere è questa: dopo questo fatto, da che parte vai? Che direzione prendi? Ok, accogli il fatto, guardando davanti a te e non dietro. Insomma, quello che è successo è successo, tu puoi incidere solo su quello che succederà. La decisione di pensare a quello che succederà devi prenderla subito. E poi fermarti.

    La resilienza è analisi

    Se il fatto te lo permette, devi analizzare l’accaduto per capire se c’è una tua responsabilità, poi mettere in fila le cose che devi fare per iniziare il percorso di ripristino della realtà che avevi. Non è una cosa facile, perché magari il fatto ti condiziona. Ho un rimedio: chi è dotato di resilienza in questi momenti spezza il problemone in tanti piccoli problemini. Risolvi il primo, poi il secondo, poi il terzo e via così. Non guardare la cosa nell’insieme, ma in pezzi piccoli. Conta le cose risolte, osserva i passi avanti.

    Elimina tutto quello che non è indispensabile

    La resilienza è anche l’arte di viaggiare leggeri. Se hai perso quota a causa di un fatto inaspettato, per ricominciare a volare devi buttare tutti i pesi non indispensabili. Stabilisci anche delle perdite sostenibili fra le cose che potrebbero essere importanti, ma sta attento a conservare tutto quello che ti sarà indispensabile per tornare alla quota di volo che avevi prima. Se il fatto accaduto ti fa perdere soldi, clienti, lavoro, non puoi farci molto. Imposta prima il tuo recupero, poi il tuo ritorno.

    La tecnologia aiuta

    Se le condizioni in cui ti trovi ti hanno fatto perdere determinate parti della tua operatività, ricordati che c’è sempre la tecnologia che può aiutarti. Il momento in cui subisce un inaspettato stop a causa di un fatto, è anche il momento in cui puoi imparare cose nuove e puoi imparare a fare il tuo lavoro in un modo nuovo. Costretto dalla necessità, infatti, devi saper elaborare dei workaround per ottenere gli stessi risultati e per fare le stesse cose che facevi prima, magari senza poter approfittare della tua condizione ottimale. Il fatto di essere obbligato, a causa della necessità, a trovare nuove soluzioni, ti cambierà per sempre. E’ lì che chi ha resilienza dà il meglio di sé.

    Chiedi aiuto, ma…

    Magari il fatto che ti è accaduto ti obbliga a chiedere aiuto. Non è assolutamente una cosa brutta. Fallo, è liberatorio e ti fa scoprire le persone importanti che ci sono attorno a te. Però ti do un avvertimento: cerca di fare da solo tutte le cose che riesci a fare da solo, anche soffrendo un po’. Saranno il tuo miglior allenamento per ritornare a le condizioni di partenza oppure per diventare migliore.

    Se saprai usare adeguatamente la resilienza dopo un fatto inaspettato, in qualunque campo della tua vita, che ti mette in difficoltà, scoprirai anche molte cose nuove su di te e sul tuo modo di affrontare i problemi. Ognuno di noi attraversa situazioni di questo tipo e deve avere la capacità di reagire contando su quello che può fare per ritornare al punto di partenza, alla quota di volo che aveva prima, oppure a una migliore, una nella quale il viaggio sarà ancora più bello di quanto era prima.

    Lascia stare i social

    Ti faccio un ultimo, accorato appello.lascia stare i social network.in questo periodo il problema che ho avuto e che riguarda la mia salute avrebbe potuto essere, da parte mia, oggetto di tante pubblicazioni per attirarmi un po’ di benevolenza da parte di amici e conoscenti che mi osservano da lontano tramite le piattaforme di connessione sociale. Ho evitato categoricamente di mettere qualsiasi accenno, così come peraltro ho fatto qui lungo questa colonna di testo, che riguardasse la mia salute. In cambio ho riscoperto il valore dei contatti autentici e la possibilità di continuare senza discontinuità a raccontare quello che sono e quello che faccio…

    I social infatti sono spesso presi come vetrina della propria esistenza, ma devono diventare sempre di più la piattaforma con la quale ti racconti i racconti la tua progettualità. Il problema di salute, il brusco stop causato da altre difficoltà, l’imprevisto sul lavoro, la repentina deviazione dal tuo percorso non devono e non possono cambiare in senso di quello che sei stato, sei e sarai.

    Mostrare la tua difficoltà per attirare un pochino di considerazione in momenti difficili, è un segno di debolezza che non possiamo permetterci anche perché il percorso di una vita e di un lavoro tra il proprio in questi momenti il meglio per diventare nuovo e più forte.

    Pensaci e, se puoi, lascia fuori le difficoltà della tua vita dalle vetrine dei social network.

  • Sindacato giornalisti: ne abbiamo tutti bisogno

    Sindacato giornalisti: ne abbiamo tutti bisogno

    Nel giornalismo, italiano in particolare, stiamo vivendo un momento di crisi senza fine.

    E senza precedenti. Devo essere particolarmente fortunato. Già, perché proprio nello stesso periodo ho cercato di rimettermi in piedi dopo una pesante crisi professionale. Fino qui tutto bene, sembrerebbe. Se mi leggi, forse lo sai: sono uno che non si accontenta e che non ama le mezze misure. Per questo sono particolarmente apprezzato, oppure particolarmente odiato. Bene. Detto l’antefatto posso dirti che voglio di più. Mi hanno chiesto di impegnarmi per il cambiamento della mia professione. L’ho fatto, lo sto facendo e lo farò. Anche dentro il sindacato giornalisti.

    Servo il cambiamento

    Il sindacato giornalisti esiste. Te lo volevo dire, cara lettrice, caro lettore. Esiste ed è vivo. Si chiama FNSI, Federazione Nazionale della Stampa italiana. Ha una storia lunga. Di impegno, di cambiamento, di passione, di valori. Anche di passaggi a vuoto e di sbagli. Una storia che anche io conosco poco, ma voglio rimediare. Con l’impegno e lo sguardo di un pivello che si affaccia dentro un mondo sconosciuto. Anche se ho fatto la mia parte, anche se del sindacato giornalisti faccio parte. Anche se qualche volta non ne capisco più il senso.

    Mossa pericolosa, lo so. Tuttavia mossa che mi ha aperto le porte alla conoscenza e all’amicizia di persone, di colleghi, di valore enorme. In mezzo alla tempesta di questa crisi anche questa istituzione democratica appare, dal di fuori, devastata dai cambiamenti, dalla mancanza di denaro, dalla mancanza di cultura, di identità, di tempo. Ho amici nel sindacato strizzati da ritmi iniqui e intenti a cercare di salvare centinaia di colleghi dai licenziamenti e dalla falce di chi tratta giornali, siti, radio, tv, testate, come luoghi da devastare in nome del ragionamento meno costi, più ricavi. Senza pensare ad altro.

    Ho visto le facce stanche

    Io appartengo a una parte del sindacato che si chiama Nuova Informazione. Puoi trovare qui il loro sito. Finalmente, con grande fatica e tanta professionalità, lo hanno rinnovato.

    Il sindacato giornalisti è uno in Italia, ma ha molte correnti. Sembra un esempio di vetero-politica, ma io lo vedo così. E’ un insieme di persone che si battono per l’esistenza della nostra professione. Io appartengo a Nuova Informazione non perché ho qualche tessera, qualche convenienza, qualche utilità. Anzi, ho avuto più danni che benefici. E continuerò ad averne. Appartengo a loro perché sono brave persone, perché aiutano quando c’è bisogno, specialmente quando sei nella merda.

    Li ho incontrati sabato 25 giugno 2022 in una riunione all’auditorium di Radio Popolare a Milano. Avevano facce molto stanche, un classico di chi fa sindacato giornalisti. Sembravano anche sfiduciati, ma… ho visto molto altro. Molto. Ho visto lucidità, impegno, passione, competenza, visione, sacrificio, a volte duri scontri, ma alla fine anche chiarimenti.

    Parti prima tu

    Ho imparato molto, ho portato la mia esperienza. Ho pensato che il sindacato giornalisti deve cambiare e che io posso aiutarlo a cambiare. Ho pensato che la parola sindacato deve scrollarsi di dosso quell’idea di lotta del passato per darsi una nuova collocazione. Se sei una collega, un collega, starai pensando: “Il sindacato non serve a un cazzo”. Per molti di noi i fatti dicono questo. Se il sindacato trovasse una nuova posizione, nuovi linguaggi, nuovi modi di essere utile, forse qualche cosa succederebbe. Per farlo cambiare, mi sono detto, devi partire prima tu. Già, mi rivolgo a me, ma anche a te.

    Sindacato giornalisti: chiarirsi le idee

    Non faccio promesse. Sono molto impegnato con lo sviluppo di Algoritmo Umano. L’obiettivo, tuttavia, è quello di imparare e di chiarire nella mia testa (e nella tua) qual è il ruolo del sindacato giornalisti e quale dev’essere il suo ruolo domani. Non voglio addentrarmi nelle curve di quello che è stato, voglio sapere quello che è il sindacato giornalisti e quello che sarà. Il giornalista è una figura professionale dotata di tecnica e di creatività che interpreta il suo ruolo nel mondo dei media e della comunicazione, per qualsiasi committente e su qualsiasi piattaforma, con i principi della professione richiamati dalle leggi costitutive e dall’etica. Per questo deve avere una nuova definizione. Per questo deve avere un nuovo sindacato al suo fianco che ne segua l’evoluzione e si batta affinché questa sia poi codificata in leggi, regolamenti e contratti.

    Sindacato giornalisti: un nuovo scenario

    Il giornalismo ha bisogno di un nuovo sindacato e il sindacato giornalisti ha bisogno di capire dove deve stare e come deve agire. Mi va di impegnarmi per questo cercando di riaprire le porte di questo luogo chiuso, appesantito, fiaccato dalla crisi e dalle battaglie. Ci provo e ti tengo aggiornato. Ti va?

    Ti rivelo un ultima cosa: abbiamo tanto bisogno di sindacato giornalisti e il perché me lo ha detto la ricerca della keyword che ho usato per questo pezzo. “Sindacato giornalisti” è stata cercata, in Italia, 70 volte nell’ultimo mese. Pochissimo. Ecco, questo è il senso del problema che abbiamo. Ormai, noi giornalisti, il sindacato non lo cerchiamo più. A questo punto invito il sindacato a cercare un dialogo coi colleghi.

  • Lavoro: le grandi cose non le fai da solo

    Lavoro: le grandi cose non le fai da solo

    Riflessioni dopo un corso di formazione.

    L’Ordine dei giornalisti della Toscana mi dà una grande opportunità. Di cosa si tratta? Da alcuni mesi, forse poco più di un anno, faccio corsi di formazione online per giornalisti sotto l’egida di questo ordine regionale. E’ un’esperienza pazzesca. Li faccio di sabato mattina e ho la grande opportunità di trovarmi davanti un mosaico di 50-60 persone (ogni volta) che arrivano da tutta Italia. Generalmente attraverso la penisola dal Trentino alla Sicilia. Questo contatto con i colleghi che condividono il mio stesso mondo del lavoro è un grande regalo. Vedo energia, qualità voglia, desiderio di riscatto, di una categoria come quella dei giornalisti che è stata travolta dai cambiamenti e stritolata dalle problematiche piuttosto importanti delle nostre democrazie. Ok, non voglio volar alto. Resto a questo bellissimo mosaico di colleghi che mi trovo davanti.

    Un’insolita richiesta

    Alla fine dell’ultimo corso che ho fatto, sabato 18 giugno 2022, mi sono sentito ricapitare un’insolita richiesta pubblica. “Teniamoci in contatto, creiamo qualcosa insieme, cerchiamo di fare sistema”. Ecco, nel lavoro di oggi, per evolvere e fare grandi cose, devi stare insieme ad altri, devi fare sistema.

    Io ho subito risposto: “Ci sto”. Ho messo a disposizione il mio gruppo di Whatsapp con link a invito di cui ho parlato sulla mia piattaforma di lavoro, Algoritmo Umano, qui. Il link di invito dei gruppi di Whatsapp è uno strumento nuovo che nemmeno io capisco bene. Tuttavia lo voglio sperimentare proprio per dare consistenza a questa insolita richiesta di fare sistema insieme. Aiutandosi, condividendo informazioni, documenti, libri, spunti, sguardi sul presente e visioni del futuro.

    Lavoro tra il male (poco) e il bene (tanto)

    Se sei pronto a fare sistema per migliorare nella vita e nel lavoro, ti devi preparare al male. C’è chi succhierà questa tua caratteristica senza dare niente. Ho imparato a convivere con la cosa perché il tempo, poi, pareggia i conti. I free rider (quelli che non pagano il biglietto) prima o poi si perdono. Quelli che non sono giver prima di taker, prima o poi, si autoeliminano. Nel lavoro, però, lo dice Adam Grant nel suo magnifico “Più dai, più hai“, chi contribuisce al miglioramento del contesto del lavoro che vive è quello che poi raccoglie i risultati migliori, conservando attorno a se l’armonia dell’ambiente.

    Nel condividere sul lavoro, tuttavia, c’è molto… bene da guadagnare. Volendo essere pragmatici è una grande forma di marketing. La migliore. Poi si genera facilmente la catena della gratitudine che ci fa diventare un riferimento per colleghi, conoscenti, amici e legami deboli come quelli che guadagnano sui social network. Oltretutto proprio i social stanno diventando i posti in cui si cercano finalmente connessioni di valore e non numeri. Te lo spiego con un video.

    I social, mezzo per fare sistema

    Il lavoro, dunque, può tornare a essere un campo dove troviamo espressione piena, proprio grazie agli strumenti digitali che abbiamo a disposizione. Basta smettere di preoccuparsi dell’apparire per ritornare a essere. Basta capire che se vuoi fare grandi cose, non le puoi fare da solo.

  • Social network: cambia il modo di usarli

    Social network: cambia il modo di usarli

    I social network ci stanno stufando.

    Lo si capisce in modo abbastanza netto da piccole o grandi cose. Per esempio lo si capisce dagli utenti di Facebook che calano o dai bilanci delle social tech company che non guadagnano come prima. Un segno di recessione. Abbastanza brusco. Da qualche giorno sto ragionando su questo segno meno davanti ai numeri della crescita di qualche social, segno negativo che compare praticamente per la prima volta dalla loro nascita.

    I social network ci hanno fregato

    Già, ci hanno fregato. Per anni, infatti, ci hanno fatto capire che bisognava usare queste piattaforme in un certo modo. Tuttavia, il modo che ci hanno infilato in testa è quello che serve ai padroni del vapore per farci stare lì. Ci hanno voluti, per anni, dentro questi ambienti virtuali senza possibilità di scampo se non per due cose: guardare gli altri (e la pubblicità) o produrre contenuti per apparire (affinché gli altri ci guardino e guardino la pubblicità).

    I social network ci hanno trattato come polli d’allevamento, come anatre da ingrassare per farci il foie gras. Eppure hanno un senso e un’importanza profonda nella nostra vita anche per altri motivi e per altre interessanti funzioni alle quali pensiamo poco. Senti, ti dico una cosa: fino qui hai letto, ora ascolta. Ascolta come si possono usare diversamente i social.

    Se li usi bene, sono importantissimi

    I social network, se li usi bene, sono importantissimi.

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  • Giornalismo e le bandierine sulla gobba del toro

    Giornalismo e le bandierine sulla gobba del toro

    Il Giornalismo ha bisogno di futuro e di nuove visioni.

    Ora posso dirti di aver dato il mio contributo al domani della mia professione, il giornalismo. Come? Ora te lo racconto. Da poche ore sono disponibili sulla piattaforma di formazione dei giornalisti italiani i due video corsi che mi ha chiesto di fare il Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti nel mese di marzo. Li ho definiti come due bandierine sulla gobba del toro, ma prima ti spiego di cosa si tratta e dove li puoi trovare, se sei un collega (o una collega) pubblicista o professionista.

    Giornalismo in mobilità e giornalismo auto-imprenditoriale

    Il presidente dell’Odg Carlo Bartoli (che ringrazio) e il Consiglio Nazionale mi hanno chiesto di creare dei videocorsi intitolati “Concetti e strumenti per una nuova professionalità del giornalista” e “Fondamenti e strumenti del giornalismo in mobilità. Insomma: mi hanno chiesto di parlare di modi, strumenti, modelli e percorsi della mia professione improntati al futuro. Il giornalismo in mobilità e l’auto-imprenditorialità sono due ambiti di un nuovo vestito del giornalista di oggi, un professionista che deve lavorare in un modo diverso, con strumenti diversi e con una mente diversa. I corsi li trovi qui sotto, se sei un collega o una collega:

    Le bandierine sulla gobba del toro

    Ehi, ti guardo negli occhi e te lo dico: io di solito qui non mi lamento, non mi incenso, non mi glorio, non mi dispero, ne mi esalto. Infatti, come vedi, ti ho dato delle informazioni utili su un progetto che ho completato e che, se sei del campo, può esserti utile. Tuttavia mi permetto di dirti come mi sento: mi sento come uno che ha piantato due bandierine sulla gobba del toro, in questo caso il giornalismo, il quale è un pachiderma cornuto e duro, recalcitrante al cambiamento come pochissime altre professioni. Già, sto parlando di quel mestiere che dovrebbe raccontare onestamente il mondo che cambia. E ora, specialmente in Italia, non lo sa.

    Ho piantato due banderillas sulla gobba del toro e ho concluso il mio viaggio, facendo sapere a 93 mila giornalisti che il cambiamento, nel giornalismo, è possibile. Insomma, il mio l’ho fatto. Ho fatto sanguinare il vecchio giornalismo conficcandogli nella schiena qualcosa di nuovo. Non so se riuscirò a fare altro, ma anche soltanto questo lo trovo un bel segnale. Una specie di capolavoro. Non so se riuscirò a fare altro perché ti lascio solo immaginare quali difficoltà, alcune schifose da sopportare, mi sono trovato davanti e ancora mi trovo ad affrontare. Già, perché chi cambia le cose fa spavento. E a me, te lo dico, sta bene e da un po’ di tempo so di non dovermi aspettare nulla.

    Grazie a chi mi ha permesso di disegnarlo questo capolavoro e a me che l’ho disegnato. Ora riparto e ho bisogno di un altro confine da raggiungere. La missione, col giornalismo, è completa. Ce ne vuole un’altra.

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  • Social audio grandi creatori di community

    Social audio grandi creatori di community

    I social audio sono strepitosi strumenti di creazione della comunità.

    Il problema è sapere come usarli. Siccome mi sono un filo stancato di teorizzare l’uso di valore dei social audio ho deciso di mettermi a fare. Con il collega e amico Fabio Ranfi (clicca qui per sapere chi è) ho creato un club su Clubhouse che si chiama Fat Walkers Club e ha come obiettivo quello di aiutare i grassi sedentari come me (e forse come te, ma giudicalo tu) ad alzarsi dalla scrivania e cominciare a camminare. Abbiamo fatto solo la puntata zero e si è scatenata già una piccola comunità impallinata, desiderosa (lo dicono i messaggi che ho ricevuto dopo la puntata zero) di ricominciare a camminare presto.

    Usare il doppio luogo

    Quando smetteranno di usare i social audio come un posto dove si eruttano le solite stupidaggini, sarà un bel momento. Progettando col Fabio il club FWC, ho puntato tutta la costruzione del format sul doppio luogo. Vuoi sapere cosa intendo? Intendo una cosa semplice: il valore con i social audio si crea se sfrutti il luogo digitale rappresentato dalla stanza audio e, contemporaneamente, i luoghi dove sono gli ascoltatori, luoghi nei quali li inviti a fare qualcosa.

    I social audio sono un consesso sociale

    E quindi impongono degli obblighi. Quello del Fat Walkers Club è semplice: queste stanze ti obbligano a essere lì a camminare e, piano piano, ti inculcano una specie di obbligo sociale a tornare, a esserci anche la volta successiva.

    Gli elementi per la costruzione del format devono essere semplici e ripetibili. Gli speaker devono portare i presenti a partecipare attivamente alla stanza, devono ripetere loro quali sono gli elementi che costruiscono il modo di stare insieme dentro il luogo digitale, devono creare il ritmo, le interesse, le sorprese lungo il percorso. Nel tempo il format va coltivato e sperimentato. All’FWC, per esempio, voglio far partecipare dei personaggi, degli Algoritmi Umani, degli esperti, degli sportivi, degli specialisti della salute e della medicina. Naturalmente gli incontri e gli avvenimenti che vivremo dentro il club saranno coerenti con il progetto editoriale che ti sei proposto.

    Social audio: il Fat Walkers Club è pronto a tornare

    Questo club come è di ritorno il 2 maggio 2022 alle ore 8.40 con un tema classico: pagare l’abbonamento alla palestra è una cagata pazzesca. Ti aspetto a camminare e a pensare che il mondo del social audio è un mondo che ti offre delle grandi opportunità se fai leva sulle possibilità del mezzo per trasformarle in una “scusa” per far fare qualcosa alle persone che sono presenti nella stanza audio. E pensa che questa è solo una delle cose possibili. Il resto, se lo vuoi sentire, te lo racconterò nelle stanze del Fat Walkers Club. Buona camminata.

    Ti faccio risentire il debutto della stanza zero… e ti aspetto a camminare. Davvero.