Autore: Francesco Facchini

  • Ithaca resta lontana, il viaggio continua

    Ithaca resta lontana, il viaggio continua

    Ithaca è un sogno…rimandato.

    Lo so da qualche giorno, ma te lo racconto solo oggi perché ho visto il sorriso dell’amico, collega e mentore professionale Anthony comparire sui suoi account con una bellissima notizia.

    Anthony è in viaggio verso una nuova esperienza professionale come professor e department chair a New House School of Communication di Syracuse University e io sono felicissimo per lui.

    Lo incontrerò presto, ma voglio esprimergli pubblicamente i miei complimenti per il nuovo percorso.

    Anzi mi rivolgo a te Anthony, direttamente: grazie perché il tuo lavoro è stato ed è così importante per me da aver inciso sul mio modo di essere giornalista e di pensare al giornalismo. Per me sei un punto di riferimento, un mentore. Per questo ogni tuo successo lo trovo meritato e giusto.

    Quando Anthony mi ha comunicato questa cosa me ne ha comunicata anche un’altra: il viaggio a Ithaca College si ferma prima di cominciare. Normale e giusto che sia così.

    Mi rivolgo ancora a Te Anthony: grazie per avermi dato questa possibilità anche solo di sognare questo viaggio e questo corso.

    La sfida è esaltante

    Ti confesso una cosa, la confesso a te che leggi. Ho avuto due pensieri quando l’ho saputo. Un po’ di dispiacere per un sogno toccato per un istante e poi diventato più lontano. Poi ho sorriso….

    Già perché il sogno è solo rimandato, i #socialaudio sono un universo da esplorare e avere più tempo per farlo mi esalta e mi regala una sfida.

    E a me le sfide piacciono da morire.

    #ilovemyjob

  • “Snapchat non è un social network”

    “Snapchat non è un social network”

    I social network sono strani mondi e Snapchat è indubbiamente uno dei più strani.

    Snapchat è un coso digitale che io non ho mai capito fino a qualche giorno fa. Per me era un social network. Anzi, dirò di più: per me era il social network dei ragazzini americani. Pensando a Snapchat mi fissavo sulla parte di messaging e di post dei vari Snap e non capivo: come mai un social network, che ti fa pure produrre dei contenuti, che ti fa mandare dei messaggi, fa sparire tutto in pochi secondi? Non comprendevo. Per anni ho lasciato stare. Mi sono detto, “mah, prima o poi muore”.

    Poi è arrivato Yusuf

    Ok, magari ti ho già parlato dell’amico Yusuf Omar, mobile videomaker impareggiabile e fondatore del progetto Hashtag Our Stories. Magari ti ho già stressato su quanto sia stato importante per me incontrarlo e lavorare con lui. A un certo punto, lui che è uno dei creatori di Snapchat fra i più famosi al mondo, mi ha detto una cosa piuttosto illuminante:

    “Snapchat non è un social network”

    OMG, Oh My God, ho pensato. Ma come… poi ha precisato un altro concetto.

    “Snapchat è una camera company”

    In quel momento, almeno su Snapchat, tutto è diventato più chiaro. Ho iniziato a capire come funziona quella app, ma soprattutto ho iniziato a comprendere perché funziona così. Ed è stata una scoperta davvero molto interessante.

    Come funziona Snapchat

    La app del fantasmino ha due aree. La prima è quella dell’interazione con gli altri, principalmente via chat o via snap. Parlo di quelle foto o contenuti che pubblichi sul tuo profilo (e da poco ce l’hai anche pubblico, il profilo). Tutto effimero, per quanto riguarda i messaggi. Spariscono dopo la lettura, come le parole di un discorso. Diverso è per i contenuti che posti, per gli Snap che ora sostano nelle tue mappe e sul tuo profilo come una geografia dei tuoi ricordi. Questa parte è una parte che fa assomigliare Snapchat a un qualsiasi altro social network, ma è quella sulla quale non punta.

    Perché “è una camera company”

    E’ una camera company perché è proprio il software di fotocamera a rappresentare qualcosa di unico che Snapchat ha e gli altri non hanno. Effetti, lenti, realtà aumentata, mix, titoli, grafica, musica, linea di montaggio, strumenti di miglioramento di tutte le caratteristiche del video o della foto che stai facendo. E poi… un grande tasto “Salva”. Quello più importante.

    Lo vedi il tasto Salva qui in basso verso sinistra??? (Snapchat)

    Quel tasto è il segreto di Snapchat che si rivela per quello che è. Nell’ambiente di creazione del contenuto puoi fare quello che vuoi. Hai veramente grandi potenzialità nell’ambito della produzione di video e foto verticali. Con gli Spectacles, poi, puoi creare video con splendide visuali orizzontali (e di tutti gli altri formati). Poi puoi salvare e pubblicare altrove. Snapchat è una camera company e una AR, Augmented Reality, company.

    Un cambiamento di prospettiva

    Se c’è una cosa importante che Yusuf mi ha insegnato dicendomi questa casetta su Snapchat non è quello che mi ha detto su questa app. E’ quello che mi ha detto su tutti i social. Ogni applicazione di connessione sociale va esaminata per quello che veramente ti può dare. I social network, principalmente, non ti danno una cosa (o perlomeno te la nascondono il più possibile). Vuoi sapere cosa? Ti nascondono la possibilità di uscire dalla piattaforma, quasi te la vietano, perché il loro obiettivo è farti restare dentro il flusso per spararti la più performante, invasiva e stronza pubblicità possibile.

    Snapchat non è così. Snapchat ti offre contenuti, ti fa produrre contenuti, ti fa creare connessioni, ma soprattutto ti offre una fotocamera incredibile con la quale puoi creare, salvare e far uscire creazioni dalla piattaforma. Liberamente. Per farne l’uso che vuoi tu. Snapchat non è un social network, è un grande strumento di produzione del contenuto.

  • Reel Instagram: ti spiego come usare lo smartphone

    Reel Instagram: ti spiego come usare lo smartphone

    Reel Instagram: un mondo da scoprire.

    Sono un vecchietto e con i video verticali ci ho sempre avuto poco a che fare. Il mio formato classico, quello cui sono abituato da sempre, è quello in orizzontale, per farti capire, quello della tv. Ok. Poi un giorno mi è capitato di incontrare un vero fuoriclasse dei video verticali, Yusuf Omar, un grande collega mobile journalist e fondatore del progetto Hashtag Our Stories che puoi trovare se clicchi qui. E tutto è cambiato. Sono giorni che sto sperimentando il mondo dei Reel Instagram con l’obiettivo di creare contenuti per darti qualche dritta su come usare lo smartphone e, in particolare, le sue camere, per fare immagini.

    Reel Instagram: un nuovo linguaggio.

    Dei Reel non avevo capito nulla. Non sapevo nulla. I giorni passati assieme al mio collega australiano mi hanno fatto entrare dentro un nuovo mondo e creare un nuovo linguaggio. Secco, veloce, immediato, verticale, ritmato: i Reel Instagram sono uno strumento di grande potenzialità. Lo sono per due motivi, uno straordinario e uno un po’ malefico. Prima di dirti cosa si tratta, però, ti faccio vedere il mio ultimo Reel con il linguaggio delle storie di Google che ho appena inserito nel mio blog.

    Instagram spinge i Reel come un matto

    Ti dicevo di due motivi per cui i Reel sono davvero fenomenali. Il primo è il pubblico: raggiungi un pubblico giovane e riesci a catturare senza dubbio la sua attenzione. Il motivo? Beh, sono brevi e chi guarda quei contenuti li guarda tutti.

    Il secondo motivo è molto meno nobile. Instragram sta spingendo i suoi Reel come un pazzo. Non riesco a immaginarmi, infatti, un motivo serio per cui un pirla come me faccia migliaia di visualizzazioni ai primi Reel Instagram, se non una volontà precisa del social medium di spingere sull’uso di quel tipo di contenuto. Perché? Facile, per fregare utenti a Tiktok. Dai.

    Reel: ti spiego cosa faccio

    Mi è venuta un’idea e te la giro. Se ti va, da ora in poi e per qualche settimana, ci saranno dei Reel sul mio account che ti raccontano come utilizzare bene le varie camere dello smartphone e come fare video a smartphone libero. Insomma, ho rubato l’arte di Yusuf Omar e ho deciso di metterla subito in piazza.

    Se vuoi vedere i miei Reel e seguirmi su quel social medium, magari per chiacchierare insieme su come utilizzare questo linguaggio, mi trovi qui sotto.

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    Come riempire un silenzio sui social

  • Social media: come riempire un silenzio

    Social media: come riempire un silenzio

    Social media e formazione: ecco cosa significa per me

    Sto tenendo dei corsi sulla produzione del contenuto sui social media e sul social media marketing preso dalla parte del contenuto. Un’esperienza nella quale ricevo senza dubbi molto più di quel che do e che mi mette costantemente in discussione. Già, perché io sono un produttore di contenuti e dal contenuto parti per ragionare su come le persone, i professionisti, le aziende, le istituzioni possono ottenere valore. Ecco cosa significano per me i social media ed ecco come imposto la mia formazione.

    Imparo ogni giorno

    La bellezza di questo percorso è che imparo ogni giorno. Oggi, per esempio, mi sono portato a casa un ragionamento che ti metto su queste colonne perché penso che possa esserti utile. Sai che il mio lavoro è, principalmente, sulla piattaforma di Algoritmo Umano. E forse sai anche che qui ti riservo delle considerazioni più personali su quello che faccio, magari tralasciando gli aspetti auto-referenziali e cercando di girarti cose che ti siano utili. Le cose che imparo.

    Mentre le dico le apprendo

    Il lavoro che faccio sui social media è ancora troppo istintivo e oggi mi è capitato di parlarne. Mi è capitato di parlare dei momenti in cui ti ritrovi a dover pensare a come riempire un silenzio, a come riannodare un filo che, magari, a causa di vicende tue hai interrotto nella pubblicazione sui social media.

    Avevo davanti una splendida classe di corsisti, uomini e donne dotati di esperienza e professionalità da vendere. Un gruppo fantastico come spesso mi è capitato di incontrare nella mia collaborazione con Afolmet. Ebbene, abbiamo parlato di come riempire un silenzio sui social e mi sono ritrovato a rifare e precisare un ragionamento che avevo già fatto. Il fatto di farlo assieme ai miei corsisti mi ha aiutato a rimandare a memoria i passaggi e ad apprenderlo meglio.

    L’ho rifatto mio.

    Sono fatto male

    Già, son fatto male, perché nel mondo dei social media penso che conti il valore e che non contino i numeri. Penso anche che i social media siano luoghi dove vivi tanto quanto un ufficio, un’aula, una casa, una strada, un bar, un ristorante. Penso che la nostra vita digitale sia la nostra vita reale e che i social siano un mezzo di relazione, più che di vendita.

    Ogni nostro account social è un pezzo della nostra vita e la nostra vita è un costante cambiamento.

    E allora perché i social devono sempre essere precisi e impeccabili e sottostare a un perfetto codice di apparenza?

    Di conseguenza ci sono anche i momenti in cui ti allontani, in cui stai in silenzio, in cui non ci riesci. Per questo motivo arrivano i silenzi, arrivano i vuoti negli account. In questo mese io li ho avuti. Me ne sono dispiaciuto fino a quando, oggi, ho spiegato come si spiega un silenzio sui social.

    Il silenzio si spiega riempiendolo, anche sui social media e sul web. Si spiega raccontandolo, si spiegano gli impegni, si raccontano i giorni. Si riempie di contenuto e non ci si deve vergognare di farlo. Anche nella vita fisica ci sono giorni nei quali non stiamo bene, siamo stanchi, preoccupati, affranti, disperati. Giorni in cui stiamo in silenzio. Perché nella nostra realtà digitale, ormai parte integrante della nostra vita, dovrebbe essere diverso?

  • Il Metaverso e i lavori nel 2030

    Il Metaverso e i lavori nel 2030

    Sono tempi difficili, ma pensare al futuro è l’unica cosa che dà sollievo.

    Almeno così accade a me: Finché respiro, finché respiri, c’è un futuro da giocare. Sono tempi nei quali la guerra che stiamo vivendo in Ucraina (già, perché è anche mia e tua), toglie la voglia di comunicare. Lo sconforto mi sta rendendo zitto. Faccio più fatica del solito a tornare sui miei siti, ma stamani mi sono sforzato di pensare a qualcosa di bello. Se penso a qualcosa di bello penso al futuro: a chi potremo essere in futuro, a cosa faremo, a dove saremo, a come saremo.

    Cambiare il verso e cambiare il metaverso

    Non voglio aggiungermi alla schiera di pensatori e analisti che, in questi giorni, ci racconta le mille verità di quello che sta succedendo. Preferisco limitarmi a dire che io e te, per cambiare il verso della storia, dovremmo solo pensare a costruire la pace attorno a noi. Anche con il telefonino in mano: essendo pace, ascoltando, lavorando per bene, rispondendo ai messaggi con garbo, testimoniando. Se vogliamo cambiare il metaverso della storia, invece, dovremmo conoscerlo. Dovresti conoscerlo.

    Il lavoro nel metaverso

    In questa settimana, per me, ricomincia il bellissimo lavoro di docenza di mobile content creation per Afolmet e per due gruppi (addirittura) di professionisti e lavoratori in cerca di un nuovo futuro. Un lavoro bellissimo.

    Ecco, il lavoro. Si tratta di un mondo che continua a cambiare a una velocità folle. Un mondo nel quale, presto, molto presto, entrerà la connessione tridimensionale e quindi il metaverso. Questo pezzetto qui della rivista Social Media Today è interessante per capire che cos’è il metaverso. Un mondo parallelo generato dal computer.

    Scrivanie vicinissime, colleghi lontanissimi

    Per anni ho ripetuto, a chi mi chiedeva del futuro dei nostri figli, che dovevamo stare attenti perché avrebbero vissuto una vita di lavoro indossando dei visori oculari e stanno a contatto di scrivania con colleghi lontanissimi fisicamente. Poi è arrivato il metaverso, facendo diventare realtà le mie parole.

    Cosa vuol dire questo per il futuro del lavoro?

    Vuol dire che cambierà la vita del lavoratore, il suo luogo, il suo orario. Cambieranno i suoi risultati, i suoi dati, le sue performance. Il metaverso, per ora, è una specie di bluff che serve a Zuckerberg per sperare di non essere travolto dalla storia, ma presto diventerà toccabile da tutti e toccherà molti. Per ora è il mondo social che si rifà il trucco, ma domani mattina sarà una nuova economia.

    Metaverso e i lavori nel 2030

    Di conseguenza bisognerà costruirlo bene questo metaverso. Magari cominciando dai suoi abitanti e dai loro dati. Ecco come ne parla the next web. Poi pensando alle nuove tipologie di lavoro che sorgeranno proprio grazie al metaverso. A questo proposito mi ha incuriosito un articolo che ti metto qui della rivista per sviluppatori .cult il quale parla di nuovi lavori che nasceranno entro il 2030.

    Naturalmente questa rivista parla di ruoli tecnici, ma c’è un punto, al numero sei, che mi ha letteralmente entusiasmato: il Metaverse Storyteller. Lo trovo fantastico, perché è la conferma che l’uomo potrà costruire mille mondi paralleli, ma avrà sempre bisogno di storie. E di persone capaci di raccontarle e professionalmente preparate per questo. Come i giornalisti…

    Il consiglio che ti dò è quello di studiare. Studiare come il tuo lavoro, qualunque sia, potrà adattarsi a questo nuovo mondo. Per non essere impreparato, domani mattina, quando questo mondo arriverà.

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    Perché un giornalista è un consulente

  • Il senso dei social network nel 2022

    Il senso dei social network nel 2022

    Social network: che ne dobbiamo fare?

    I social network stanno cambiando. Con il mio Algoritmo Umano ci studio e ci lavoro tutti i giorni, ma è ancora molto fluida la situazione per poter capire veramente dove stanno andando e cosa dobbiamo farne noi. Ti racconto, però un piccolo episodio personale per farti capire cosa i social network rappresentano per me. Tutto è nato da un post dell’amico Matthew Feinberg, CEO di Alight Creative, società creatrice della bellissima app di editing e di grafica animata Aligth Motion.

    L’importanza di un contatto

    Ho visto dalla mia timeline di Facebook che si spostava dalla sua Seoul verso Milano. Ho subito pensato che fosse solo uno scalo per tornare nei suoi Stati Uniti o per andare altrove. Nonostante questo gli ho scritto un commento chiedendogli, se fosse rimasto in città, la possibilità di vedersi. Da quel contatto ho scoperto che veniva qui per restare. Ha affari proprio in città. Il senso dei social network per me si stava materializzando. L’importanza di un contatto ha rivelato subito il suo valore.

    Un incontro meraviglioso

    Attraverso i social network abbiamo iniziato a programmare un incontro. Parole affettuose sul piacere inaspettato di potersi vedere, due indicazioni e via, ci siamo visti. Io e Matt, due vite a 8 mila miglia di distanza, che si incrociano grazie a un social network.

    Due ore a parlare, a raccontarsi la vita e il lavoro. Due ore a guardarsi negli occhi, a ridere e a scherzare. Ore nelle quali ringraziavo l’esistenza dei social network senza i quali non avrei mai potuto conoscere uno dei più grandi mobile creator della terra.

    Una sensazione vera

    Ti dico il senso dei social network per me, un senso che si materializza nella forza dei legami deboli di Granovetter di cui ti ho parlato qui. I social sono uno strumento per coltivare relazioni di valore che iniziano virtualmente, ma si sostanziano fisicamente. Così come penso sia il web: un posto in cui stiamo in contatto e creiamo un contatto che inizia qui, ma finisce quasi sempre in un incontro fisico, in una collaborazione vera, in uno scambio di valore. Mi ha colpito davvero provare sensazioni vere per una persona che è nella mia vita virtuale da anni, ma è stata nella mia vita reale per un numero di giorni che si contano sulle dita di una mano.