Categoria: Formazione

Il mondo della formazione che propongo, naturalmente incentrata sulla mobile content creation.

  • Giornalismo e le bandierine sulla gobba del toro

    Giornalismo e le bandierine sulla gobba del toro

    Il Giornalismo ha bisogno di futuro e di nuove visioni.

    Ora posso dirti di aver dato il mio contributo al domani della mia professione, il giornalismo. Come? Ora te lo racconto. Da poche ore sono disponibili sulla piattaforma di formazione dei giornalisti italiani i due video corsi che mi ha chiesto di fare il Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti nel mese di marzo. Li ho definiti come due bandierine sulla gobba del toro, ma prima ti spiego di cosa si tratta e dove li puoi trovare, se sei un collega (o una collega) pubblicista o professionista.

    Giornalismo in mobilità e giornalismo auto-imprenditoriale

    Il presidente dell’Odg Carlo Bartoli (che ringrazio) e il Consiglio Nazionale mi hanno chiesto di creare dei videocorsi intitolati “Concetti e strumenti per una nuova professionalità del giornalista” e “Fondamenti e strumenti del giornalismo in mobilità. Insomma: mi hanno chiesto di parlare di modi, strumenti, modelli e percorsi della mia professione improntati al futuro. Il giornalismo in mobilità e l’auto-imprenditorialità sono due ambiti di un nuovo vestito del giornalista di oggi, un professionista che deve lavorare in un modo diverso, con strumenti diversi e con una mente diversa. I corsi li trovi qui sotto, se sei un collega o una collega:

    Le bandierine sulla gobba del toro

    Ehi, ti guardo negli occhi e te lo dico: io di solito qui non mi lamento, non mi incenso, non mi glorio, non mi dispero, ne mi esalto. Infatti, come vedi, ti ho dato delle informazioni utili su un progetto che ho completato e che, se sei del campo, può esserti utile. Tuttavia mi permetto di dirti come mi sento: mi sento come uno che ha piantato due bandierine sulla gobba del toro, in questo caso il giornalismo, il quale è un pachiderma cornuto e duro, recalcitrante al cambiamento come pochissime altre professioni. Già, sto parlando di quel mestiere che dovrebbe raccontare onestamente il mondo che cambia. E ora, specialmente in Italia, non lo sa.

    Ho piantato due banderillas sulla gobba del toro e ho concluso il mio viaggio, facendo sapere a 93 mila giornalisti che il cambiamento, nel giornalismo, è possibile. Insomma, il mio l’ho fatto. Ho fatto sanguinare il vecchio giornalismo conficcandogli nella schiena qualcosa di nuovo. Non so se riuscirò a fare altro, ma anche soltanto questo lo trovo un bel segnale. Una specie di capolavoro. Non so se riuscirò a fare altro perché ti lascio solo immaginare quali difficoltà, alcune schifose da sopportare, mi sono trovato davanti e ancora mi trovo ad affrontare. Già, perché chi cambia le cose fa spavento. E a me, te lo dico, sta bene e da un po’ di tempo so di non dovermi aspettare nulla.

    Grazie a chi mi ha permesso di disegnarlo questo capolavoro e a me che l’ho disegnato. Ora riparto e ho bisogno di un altro confine da raggiungere. La missione, col giornalismo, è completa. Ce ne vuole un’altra.

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  • Ithaca resta lontana, il viaggio continua

    Ithaca resta lontana, il viaggio continua

    Ithaca è un sogno…rimandato.

    Lo so da qualche giorno, ma te lo racconto solo oggi perché ho visto il sorriso dell’amico, collega e mentore professionale Anthony comparire sui suoi account con una bellissima notizia.

    Anthony è in viaggio verso una nuova esperienza professionale come professor e department chair a New House School of Communication di Syracuse University e io sono felicissimo per lui.

    Lo incontrerò presto, ma voglio esprimergli pubblicamente i miei complimenti per il nuovo percorso.

    Anzi mi rivolgo a te Anthony, direttamente: grazie perché il tuo lavoro è stato ed è così importante per me da aver inciso sul mio modo di essere giornalista e di pensare al giornalismo. Per me sei un punto di riferimento, un mentore. Per questo ogni tuo successo lo trovo meritato e giusto.

    Quando Anthony mi ha comunicato questa cosa me ne ha comunicata anche un’altra: il viaggio a Ithaca College si ferma prima di cominciare. Normale e giusto che sia così.

    Mi rivolgo ancora a Te Anthony: grazie per avermi dato questa possibilità anche solo di sognare questo viaggio e questo corso.

    La sfida è esaltante

    Ti confesso una cosa, la confesso a te che leggi. Ho avuto due pensieri quando l’ho saputo. Un po’ di dispiacere per un sogno toccato per un istante e poi diventato più lontano. Poi ho sorriso….

    Già perché il sogno è solo rimandato, i #socialaudio sono un universo da esplorare e avere più tempo per farlo mi esalta e mi regala una sfida.

    E a me le sfide piacciono da morire.

    #ilovemyjob

  • Social media: come riempire un silenzio

    Social media: come riempire un silenzio

    Social media e formazione: ecco cosa significa per me

    Sto tenendo dei corsi sulla produzione del contenuto sui social media e sul social media marketing preso dalla parte del contenuto. Un’esperienza nella quale ricevo senza dubbi molto più di quel che do e che mi mette costantemente in discussione. Già, perché io sono un produttore di contenuti e dal contenuto parti per ragionare su come le persone, i professionisti, le aziende, le istituzioni possono ottenere valore. Ecco cosa significano per me i social media ed ecco come imposto la mia formazione.

    Imparo ogni giorno

    La bellezza di questo percorso è che imparo ogni giorno. Oggi, per esempio, mi sono portato a casa un ragionamento che ti metto su queste colonne perché penso che possa esserti utile. Sai che il mio lavoro è, principalmente, sulla piattaforma di Algoritmo Umano. E forse sai anche che qui ti riservo delle considerazioni più personali su quello che faccio, magari tralasciando gli aspetti auto-referenziali e cercando di girarti cose che ti siano utili. Le cose che imparo.

    Mentre le dico le apprendo

    Il lavoro che faccio sui social media è ancora troppo istintivo e oggi mi è capitato di parlarne. Mi è capitato di parlare dei momenti in cui ti ritrovi a dover pensare a come riempire un silenzio, a come riannodare un filo che, magari, a causa di vicende tue hai interrotto nella pubblicazione sui social media.

    Avevo davanti una splendida classe di corsisti, uomini e donne dotati di esperienza e professionalità da vendere. Un gruppo fantastico come spesso mi è capitato di incontrare nella mia collaborazione con Afolmet. Ebbene, abbiamo parlato di come riempire un silenzio sui social e mi sono ritrovato a rifare e precisare un ragionamento che avevo già fatto. Il fatto di farlo assieme ai miei corsisti mi ha aiutato a rimandare a memoria i passaggi e ad apprenderlo meglio.

    L’ho rifatto mio.

    Sono fatto male

    Già, son fatto male, perché nel mondo dei social media penso che conti il valore e che non contino i numeri. Penso anche che i social media siano luoghi dove vivi tanto quanto un ufficio, un’aula, una casa, una strada, un bar, un ristorante. Penso che la nostra vita digitale sia la nostra vita reale e che i social siano un mezzo di relazione, più che di vendita.

    Ogni nostro account social è un pezzo della nostra vita e la nostra vita è un costante cambiamento.

    E allora perché i social devono sempre essere precisi e impeccabili e sottostare a un perfetto codice di apparenza?

    Di conseguenza ci sono anche i momenti in cui ti allontani, in cui stai in silenzio, in cui non ci riesci. Per questo motivo arrivano i silenzi, arrivano i vuoti negli account. In questo mese io li ho avuti. Me ne sono dispiaciuto fino a quando, oggi, ho spiegato come si spiega un silenzio sui social.

    Il silenzio si spiega riempiendolo, anche sui social media e sul web. Si spiega raccontandolo, si spiegano gli impegni, si raccontano i giorni. Si riempie di contenuto e non ci si deve vergognare di farlo. Anche nella vita fisica ci sono giorni nei quali non stiamo bene, siamo stanchi, preoccupati, affranti, disperati. Giorni in cui stiamo in silenzio. Perché nella nostra realtà digitale, ormai parte integrante della nostra vita, dovrebbe essere diverso?

  • Formazione: sono diventato un sarto

    Formazione: sono diventato un sarto

    La formazione è uno dei campi in cui ho lavorato di più nel 2021.

    La formazione è un territorio che io esploro tutti i giorni presto, la mattina. Studio, osservo, testo, verifico, guardo il mondo che mi circonda e assumo costantemente delle competenze. Poi prendo il tutto e vado su Algoritmo Umano a metterlo in pratica. Oppure sui miei social.

    La formazione è, ormai, una necessità costante perché le scuole in cui cerchiamo di diventare un determinato tipo di lavoratore o professionista, sono troppo lente per stare al passo con i cambiamenti della società. Nell’ultimo anno e mezzo, con la pandemia, l’abbiamo vissuta prima come un’opportunità poi come una costrizione.

    Già, ai primi corsi che abbiamo scelto per riempire il vuoto dei lockdown o della lontananza dall’ufficio eravamo felici. Negli ultimi mesi non vediamo l’ora di fare a meno di qualsiasi genere di incontro virtuale, formativo o operativo, che l’azienda, scuola, accademia o istituzione di cui facciamo parte ci propone.

    L’errore di chi fa formazione

    Chi crea la formazione e chi la fa, commette un errore. Anche nell’ambito virtuale la formazione è figlia del modo di insegnare agli altri che abbiamo vissuto, da studenti o professori, a scuola. Per questo è lenta, frontale, poco multimediale, poco interattiva. In questi mesi mi sono spaccato la schiena stando seduto alla scrivania per tentare di cambiare la mia formazione secondo alcune direttive. Vuoi sapere quali?

    Ho dato al mio insegnamento alcune direttive.

    Primo: ascolti chi ti sta di fronte e capisci quello di cui ha bisogno.

    Secondo: ho cambiato strumento didattico e ho scelto Genially. Veloce, interattivo, multimediale, profondo, simpatico, pieno di trucchi. Quando faccio un learning object mi sembra di essere un sarto.

    Terzo: ho mostrato sempre di più lo schermo dei miei device ai miei studenti e ho chiesto a chi mi stava di fronte di mostrarmi il loro.

    Quarto: Ho usato il sito di Algoritmo Umano come un luogo digitale dove creare laboratori dal vivo.

    Quinto: Ho tenuto lo smartphone al centro come strumento di connessione con tutti coloro che interagivano con me. Per dare un consiglio, una piccola consulenza, un piccolo ripasso.

    Cosa devo migliorare

    Nella mia formazione vorrei che si facesse largo sempre di più il concetto dell’esperienza virtuale. Ma c’è di più: devo migliorare il confronto con te per sapere in modo ancora più profondo quello che ti serve veramente. Possiamo stabilire questo dialogo? Per me sarebbe molto importante e ti spiego perché. La mia attività di formatore e la mia professionalità di giornalista si fondono nel momento in cui faccio ricerca di fonti e documenti per venire da te a darti la formazione migliore possibile tagliata sulle tue esigenze.

    Per questo motivo, più tu mi racconti quello che ti serve, più io rispondo meglio alle tue esigenze di formazione. Sono un sarto che cerca di conoscerti, capisce quello che pensi, poi va a cercare la stoffa giusta e ti fa il vestito su misura.

    Se ti va testiamo la cosa al mio prossimo corso che trovi qui sotto. A proposito, se ti iscrivi alla mia newsletter troverai degli sconti pazzeschi. Anche la newsletter la trovi qui sotto… a presto.

    https://www.algoritmoumano.it/event/laboratorio-brand-journalism-con-lo-smartphone/
    Clicca qui per sapere il contenuto del corso di mobile brand journalism.

    Ed ecco la mia newsletter. La trovi su Twitter… il social network che ho eletto a centro della mia vita digitale.

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    Formazione, il web è una strada a due sensi

  • Formazione, Aziende e giornalisti: c’è un capitale da non sprecare

    Formazione, Aziende e giornalisti: c’è un capitale da non sprecare

    Formazione, informazione, flussi di lavoro, conoscenze. Per le aziende sono parole importanti.

    Occupandomi stabilmente di formazione, in ambito accademico, istituzionale e aziendale, mi sono reso conto in questi mesi che le aziende hanno degli importantissimi asset immateriali da non sprecare, legati proprio a queste parole. Gestire le informazioni dell’azienda, ma anche il flusso di contributi di formazione, il miglioramento dei processi di lavoro e dello scambio di conoscenze, è una delle sfide che dovranno raccogliere gli imprenditori in questa epoca nella quale il luogo e il tempo di lavoro si stanno smaterializzando.

    Tra uffici digitali e uffici fisici, si perde moltissimo.

    Così come l’immagine e il percorso digitale di un’azienda vengono in gran parte snobbati in questo periodo di ripresa (“Bisogna produrre e fatturare!”), vengono presi mediamente sottogamba anche i processi di scambio e valorizzazione di informazioni, formazioni, conoscenze e contenuti di qualsiasi azienda.

    Nelle piccole perché non c’è tempo di curarli, non ci sono soldi, non c’è abbastanza attenzione. Nelle grandi aziende perché i processi di lavoro spesso non sono snelliti, ma complicati dalla tecnologia e dalla burocrazia. In questo modo, nel passaggio del sapere di ogni tipo tra gli uffici digitali e gli uffici fisici di qualsiasi organizzazione aziendale, si perde molto.

    Le conoscenze non vengono formattate, scritte, fatte vedere, mostrate consegnate in un modo armonico e accessibile a tutti. La conseguenza è che non viene curato abbastanza il processo di apprendimento delle conoscenze da parte delle risorse di un’impresa e, di conseguenza, non vi è una trasformazione in valore del know-how che si apprende.

    Ci vuole progettazione, ma ci vogliono anche i giornalisti

    Sto passando questi giorni a studiare, per offrire una formazione migliore su Algoritmo Umano e in ogni collaborazione dedicata a questo settore. Naturalmente per la formazione, l’informazione, i flussi di comunicazione e conoscenza ci vogliono gli specialisti della progettazione didattica.

    La cosa interessante, però, è che in questo mondo del lavoro e delle aziende sempre più liquido, ci vogliono anche i creatori del contenuto che possa soddisfare al meglio le esigenze di chiarezza, univocità del messaggio, completezza, competenza ed armonia con i valori aziendali. Per questo continuo a pensare e continuo a lavorare perché ci sia sempre più bisogno di giornalisti per creare questi contenuti di formazione, informazione, conoscenza e cultura aziendale. Contenuti che, con la digitalizzazione del lavoro, stanno diventando sempre più importanti. Sono un capitale da non sprecare.

  • Formazione: il web è una strada a due sensi

    Formazione: il web è una strada a due sensi

    Faccio formazione: sinceramente ne sono stupito più di te. Non me l’aspettavo.

    D’altronde per un quarto di secolo ho fatto altro. Ho fatto il giornalista sportivo. Eppure adesso faccio formazione. Faccio formazione in azienda, con i singoli, per istituzioni come l’Ordine dei giornalisti della Toscana, per agenzie di lavoro e di riqualificazione professionale come Afolmet e Ig Samsic, per media company come Verona Network o in per fondazioni come Edulife di Verona.

    Il senso della formazione

    Non sono stato formato per fare formazione. Ho studiato Scienze Politiche (beh, forse gli esami di Psicologia mi aiutano), ma non ho fatto altro di specifico. Per questo motivo mi sono attaccato a un metodo. Vuoi sapere quale? Faccio formazione con il learning by doing. Tutto quello che insegno lo insegno perché l’ho studiato, imparato e testato sul campo. In questo modo viene più facile una delle due cose importanti della formazione o, perlomeno, delle cose in cui credo. Quale? Il trasferimento di conoscenza, un trasferimento utile, basato sull’esperienza. L’altro è l’elemento della preparazione. Strano, ma vero, ho imparato queste due cose, vale a dire a raccontare facilmente e a informarmi, proprio dalla mia professione giornalistica.

    Il verso della formazione

    L’altro cardine dei miei progetti di formazione è il verso. Parlo proprio del senso di marcia. Per me formare gli altri è soprattutto ascoltare e rispondere alle loro precise esigenze. Per questo motivo, in un verso io trasferisco conoscenze e competenze, nell’altro appoggio il mio lavoro sulle basi di un’interazione vera, solida. Cioè vedo arrivare dagli studenti il vissuto, la loro cultura, le loro competenze e le gestisco, trasformandole in una ricchezza per me e per gli altri che stanno ascoltando nell’aula virtuale.

    A proposito di aule virtuali

    Tutti non vedono l’ora che questa formazione a distanza finisca e si torni in aula. Sinceramente io non ne sento la mancanza. Il motivo è semplice: uso il web e la tecnologia mobile proprio per favorire i due sensi della formazione, proprio come si fa quando hai davanti il destinatario della formazione stessa. Faccio cantare i monitor, faccio condividere gli schermi anche agli studenti, li guardo mentre lavorano, li sento mentre stanno in silenzio e creano. Uso anche le piattaforme come Slack e Whatsapp per star loro vicino anche tra una lezione e l’altra.

    Doppio senso di circolazione

    Se sei un formatore, quindi, ricordati che il web è una strada a due sensi di circolazione. Un senso lo occupi tu, con il tuo trasferimento di competenze, un senso lo occupano i tuoi studenti con il senso della condivisione di informazioni. Usare le piattaforme per la formazione a distanza, in questo modo, diventerà altrettanto efficace rispetto al lavoro che puoi fare in presenza. Se hai bisogno di consigli contattami qui e ti fornirò tutta la conoscenza necessaria per far “cantare” i tuoi schermi. Grazie ai miei ultimi clienti Ig Samsic e Ascai ho sperimentato quello che ti ho appena scritto. Sono successe cose bellissime.