Categoria: Freelance

Essere freelance oggi. Interpretare il lavoro attraverso le possibilità che la tecnologia che ci circonda può offrire per sviluppare la libera professione.

  • 2023: dalla gestione del tempo alla qualità del tempo

    2023: dalla gestione del tempo alla qualità del tempo

    Guardo il 2023 e ancora non lo capisco.

    Sembra un anno irrequieto. Un anno che promette temporali e sole, in rapida successione. Il 2022 mi ha regalato una crescita potente. Il 2023 deve essere diverso. Deve rappresentare il tempo nel quale il mio lavoro e la mia vita passano dalla velocità alla qualità, dalla quantità al rendimento.

    2023, l’anno del ragionamento

    Ho iniziato le analisi di bilancio, la visione del fatturato e delle sue aree, la previsione del 2023 e quello che vedo è bello, ma non è bellissimo. Questi giorni sono i giorni più stanchi dell’anno perché sento il peso (come lo senti tu) della fatica fatta durante i 12 mesi e, guardando il futuro, non lo vedo ancora in modo chiaro. La produzione, la formazione, la consulenza, i contenuti, il coaching operativo per rilanciare carriere e progetti. Guardo i campi nei quali ho lavorato e vedo quelli che sono maturi e quelli che possono ancora crescere. Quelli che sono calati rispetto all’anno prima e quelli che sono aumentati, in quanto a fatturato.

    Ho spinto a più non posso perché volevo realizzare un dato di crescita che avevo in mente e ce l’ho fatta. Tuttavia ho pagato un prezzo notevole in termini di fatica, specialmente per causa di un paio di scelte di relazioni e collaborazioni completamente sbagliate. Sono state un peso enorme da sopportare. Di conseguenza ho iniziato a ragionare sul 2023 e ho visto che questo dovrà essere l’hanno in cui il ragionamento prevale. Su tutto.

    La tua scelta più importante

    Quando sei stato nella merda, come me, ti trascini sempre dietro una sottile inquietudine. Non riesci a essere padrone dei tuoi no. O meglio: cominci a esserlo, ma non del tutto. Se riesci, dopo la salita, a cominciare la discesa verso una condizione di serenità economica, tuttavia, devi fare la tua scelta più importante. Quale? Quella con la quale sostituisci i progetti che ti fanno guadagnare con quelli che ti fanno guadagnare stando bene. Ecco cosa farò nel 2023: sceglierò solo ed esclusivamente iniziative con clienti che mi fanno stare bene. Lo devo a me, lo devo al mio futuro.

    Anche tu dovresti. Ti assicuro che il trade-off tra maggiori guadagni e migliori guadagni vale sempre la pena.

    Il 2023 e il Metaverso

    Il 2023, per me sarà l’anno del Metaverso (con due o tre obiettivi). Voglio scoprire questo mondo e vedo, libro dopo libro, giorno dopo giorno, che non è facile. Non è facile per la confusione che regna e per la tensione che regna. Per ora sembra ancora un territorio nel quale tutti vogliono spacciare per Metaverso quello che Metaverso non è o speculare per tirarci fuori il maggior numero di milioni nel minor tempo possibile. Il Metaverso, però, è e resterà. Per cambiarci. Nel 2023, poi, voglio usarlo, questo Metaverso. Usarlo e trarne vantaggio per la mia professione. Capire come fare contenuti per questo ambiente e che competenze devo maturare. E maturarle. La terza cosa è che spero di guadagnare dal Metaverso. Ho idee precise sul come, ma qui non mi sbilancio. Fanno parte del mio progetto di evoluzione del business nel 2023, diciamo che, se mi permetti, non ti racconto proprio tutto. Leggi qui se vuoi sapere cosa sto facendo.

    Poi succederanno altre cose e mi auguro e ti auguro di essere pronto ad accoglierle. E a farle diventare belle, anche se belle non sembrano.

  • Da dove inizia il cambiamento?

    Da dove inizia il cambiamento?

    Cambiamento, una parola che è parte di me.

    Sto cambiando anche ora. Iniziare un cambiamento è un’impresa e più si va avanti con gli anni, più l’impresa diventa complicata. Togliersi dalla zona di comfort per andare verso quella dell’’evoluzione personale è un’operazione che costa tantissima fatica. Se hai più o meno la mia età, te ne sarai reso conto in molte differenti situazioni, dalle più piccole alle più grandi.

    Conosco un modo

    Le esperienze personali e professionali di questi ultimi anni mi hanno regalato alcune indicazioni interessanti sulla chimica del cambiamento. Di solito, quando parto per un nuovo viaggio, faccio la valigia. La fai anche tu. Ho in mente una rotta e, se sono fortunato, anche una destinazione. La cosa più importante, in quel momento, è fare la conta delle cose che hai dentro. Energia, passione, lucidità, capacità di analisi, ascolto, forza. Io, per esempio, ho tutto, tranne la forza, perché ho vissuto un’estate intensa, ma stancante.

    Sapere che mi aspetta il cambiamento mi spaventa. Inutile negarlo. I dubbi di farcela, i dubbi di avere capito bene che è il momento esatto per evolvere. Gli imprevisti del percorso, la cattiveria degli altri: tutto questo pacchetto è da prendere e da accettare. Non solo. A questa serie di ostacoli c’è da opporre tutta quella teoria di qualità che hai e che ti permetteranno di arrivare a destinazione. Il modo che conosco per operare il cambiamento inizia da qui.

    Cambiamento e sottrazione

    Dopo la fase di analisi della situazione c’è quella di analisi dell’equipaggiamento per partire. Per andare nel posto dove voglio andare, ho bisogno di uno zaino leggero da portare con me. Molte volte un cambiamento di successo parte da una revisione dei pesi che hai addosso e dei costi che affronti.

    Quando cambi devi togliere, devi sottrarre.

    Lo sto facendo a piccole dosi. Ti faccio un esempio. Ho deciso di creare immagini con degli hardware più piccoli di un telefono e meno costosi. Ecco, fai tante piccole scelte di questo tipo. Giovati della tecnologia per alleggerire, rendi virtuale tutto quello che puoi rendere virtuale. Altro esempio: per le mie prossime collaborazioni potrebbe servirmi una macchina. Poi passo le ore sui car sharing o sulle macchine a noleggio e penso: no, non ne ho bisogno. Ho bisogno di sottrarre, non di aggiungere.

    C’è qualcosa da aggiungere

    Già, c’è un settore del tuo lavoro e della tua vita dove devi sempre aggiungere. E’ quello dello studio, della ricerca, della formazione. Per sapere cose ignote, per fare diversamente cose note. Lì carica: guarda, leggi, studia, ama, odia, disperati, rallegrati. Dacci dentro come se non ci fosse un domani.

    Tutto questo non è frutto della mia immaginazione, ma frutto del lavoro dei due creatori della ”Strategia dell’Oceano Blu, Chan e Mauborgne. Se vuoi leggerlo lo trovi qui. Il cambiamento per un interprete della libera professione come me è uguale a quello che può realizzare un’azienda. Secondo la teoria dell’Oceano Blu per creare un nuovo mercato, bisogna rivedere i costi e puntare a un’innovazione di valore. Esattamente quello che sto facendo io: togliere pesi e costi, alleggerire la valigia, puntare a un nuovo luogo della conoscenza e della professionalità dove sviluppare valore.

    Dove sto andando? Beh, questo ancora non lo dico. Lo dirò fra 6-8 mesi. Prima tolgo , tolgo, tolgo da una parte, poi aggiungo, aggiungo, aggiungo… dall’altra.

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    Piccolo manuale di resilienza digitale

  • Piccolo manuale di resilienza digitale

    Piccolo manuale di resilienza digitale

    Ho messo alla prova la mia resilienza.

    Ho avuto e ho un serio problema di salute. No, non te ne parlo, ti dico solo che sono passati 14 giorni e sono già sulla via del recupero. Ho pensato molto a cosa potevo dirti di questa difficoltà che sto attraversando e ho concluso una cosa: posso raccontarti come ho messo alla prova la mia resilienza e di come questo possa esserti utile nel lavoro. Di questa capacità dell’uomo di trarre vantaggio immediato dalle difficoltà ho parlato qui, ma anche qui.

    Decidere subito

    Dopo il fatto imprevisto che mi ha portato questo problema ho dovuto prendere una decisione in pochi minuti. La messa in campo della resilienza comincia dal momento in cui prendi quella decisione. La domanda cui devi rispondere è questa: dopo questo fatto, da che parte vai? Che direzione prendi? Ok, accogli il fatto, guardando davanti a te e non dietro. Insomma, quello che è successo è successo, tu puoi incidere solo su quello che succederà. La decisione di pensare a quello che succederà devi prenderla subito. E poi fermarti.

    La resilienza è analisi

    Se il fatto te lo permette, devi analizzare l’accaduto per capire se c’è una tua responsabilità, poi mettere in fila le cose che devi fare per iniziare il percorso di ripristino della realtà che avevi. Non è una cosa facile, perché magari il fatto ti condiziona. Ho un rimedio: chi è dotato di resilienza in questi momenti spezza il problemone in tanti piccoli problemini. Risolvi il primo, poi il secondo, poi il terzo e via così. Non guardare la cosa nell’insieme, ma in pezzi piccoli. Conta le cose risolte, osserva i passi avanti.

    Elimina tutto quello che non è indispensabile

    La resilienza è anche l’arte di viaggiare leggeri. Se hai perso quota a causa di un fatto inaspettato, per ricominciare a volare devi buttare tutti i pesi non indispensabili. Stabilisci anche delle perdite sostenibili fra le cose che potrebbero essere importanti, ma sta attento a conservare tutto quello che ti sarà indispensabile per tornare alla quota di volo che avevi prima. Se il fatto accaduto ti fa perdere soldi, clienti, lavoro, non puoi farci molto. Imposta prima il tuo recupero, poi il tuo ritorno.

    La tecnologia aiuta

    Se le condizioni in cui ti trovi ti hanno fatto perdere determinate parti della tua operatività, ricordati che c’è sempre la tecnologia che può aiutarti. Il momento in cui subisce un inaspettato stop a causa di un fatto, è anche il momento in cui puoi imparare cose nuove e puoi imparare a fare il tuo lavoro in un modo nuovo. Costretto dalla necessità, infatti, devi saper elaborare dei workaround per ottenere gli stessi risultati e per fare le stesse cose che facevi prima, magari senza poter approfittare della tua condizione ottimale. Il fatto di essere obbligato, a causa della necessità, a trovare nuove soluzioni, ti cambierà per sempre. E’ lì che chi ha resilienza dà il meglio di sé.

    Chiedi aiuto, ma…

    Magari il fatto che ti è accaduto ti obbliga a chiedere aiuto. Non è assolutamente una cosa brutta. Fallo, è liberatorio e ti fa scoprire le persone importanti che ci sono attorno a te. Però ti do un avvertimento: cerca di fare da solo tutte le cose che riesci a fare da solo, anche soffrendo un po’. Saranno il tuo miglior allenamento per ritornare a le condizioni di partenza oppure per diventare migliore.

    Se saprai usare adeguatamente la resilienza dopo un fatto inaspettato, in qualunque campo della tua vita, che ti mette in difficoltà, scoprirai anche molte cose nuove su di te e sul tuo modo di affrontare i problemi. Ognuno di noi attraversa situazioni di questo tipo e deve avere la capacità di reagire contando su quello che può fare per ritornare al punto di partenza, alla quota di volo che aveva prima, oppure a una migliore, una nella quale il viaggio sarà ancora più bello di quanto era prima.

    Lascia stare i social

    Ti faccio un ultimo, accorato appello.lascia stare i social network.in questo periodo il problema che ho avuto e che riguarda la mia salute avrebbe potuto essere, da parte mia, oggetto di tante pubblicazioni per attirarmi un po’ di benevolenza da parte di amici e conoscenti che mi osservano da lontano tramite le piattaforme di connessione sociale. Ho evitato categoricamente di mettere qualsiasi accenno, così come peraltro ho fatto qui lungo questa colonna di testo, che riguardasse la mia salute. In cambio ho riscoperto il valore dei contatti autentici e la possibilità di continuare senza discontinuità a raccontare quello che sono e quello che faccio…

    I social infatti sono spesso presi come vetrina della propria esistenza, ma devono diventare sempre di più la piattaforma con la quale ti racconti i racconti la tua progettualità. Il problema di salute, il brusco stop causato da altre difficoltà, l’imprevisto sul lavoro, la repentina deviazione dal tuo percorso non devono e non possono cambiare in senso di quello che sei stato, sei e sarai.

    Mostrare la tua difficoltà per attirare un pochino di considerazione in momenti difficili, è un segno di debolezza che non possiamo permetterci anche perché il percorso di una vita e di un lavoro tra il proprio in questi momenti il meglio per diventare nuovo e più forte.

    Pensaci e, se puoi, lascia fuori le difficoltà della tua vita dalle vetrine dei social network.

  • Il proverbio dell’Elefante

    Il proverbio dell’Elefante

    C’è un proverbio che mi sorregge in periodi come questo.

    Un proverbiò africano, almeno stando a quello che so. Fa può o meno così: “Come si mangia un elefante? Si mangia un pezzetto alla volta“. Si tratta di un aforisma cui mi attacco molto spesso, specialmente in periodi come questo. Mi riferisco a periodi in cui alle necessità e alle problematiche della vita di tutti i giorni, si sommano quelle del lavoro e delle iniziative che porti avanti.

    Spacchettare un problema

    Ci sono tanti, troppi tavoli sui quali dobbiamo giocare quello che siamo e quello che vogliamo ottenere. Posso riassumerli così: il primo è quello della comprensione della realtà, il secondo quello della sua interpretazione, il terzo quello dell’azione. Spesso si alternano sulla tua strada momenti in cui questi piani arrivano a toccarti tutti insieme con momenti in cui tutto sembra lontano e il tuo passo rallenta.

    Quando tutto sembra arrivare allo stesso momento inizia la confusione. Allora diventa prioritario spacchettare i problemi, dividerli in pezzi, in passaggi, in step. Chiamali come vuoi tu. Insomma, se devi mangiare un elefante, fallo a pezzi.

    Ritrovare la calma

    Se i problemi non vengono guardati nell’insieme, ma sezionati, probabilmente ti accorgerai che diminuisce l’ansia rispetto alla loro risoluzione. Un artificio difficile da realizzare, ma dagli effetti benefici incontrovertibili. Insomma, pensa a un viaggio. Spero quando prepari un viaggio i timori prima della partenza ci sono. Poi inizia la strada e hai due metodi: o guardi alla destinazione, o guardi al viaggio. Se ti godi il secondo, di solito, provi piacere a ogni fermata del treno, a ogni ristoro in autogrill, a ogni fermata. I

    Il proverbio africano che ti ho girato ha lo stesso senso. Pensare a qualche tonnellata di elefante davanti a te, da mangiare, è un pensiero inquietante. La prima cosa che pensi è che non ce la farai. Se ti incastri a pensare alla destinazione, non ti godrai il viaggio. Se i tuoi problemi, invece, vengono divisi per passi, non ti mancherà l’idea che l’affanno diminuisce e la concentrazione aumenta.

    Un ultimo piccolo suggerimento

    Mi resta da darti un ultimo suggerimento. Quando adotti il proverbio africano dell’elefante non ti dimenticare di porre l’attenzione sui passi avanti che fai, dimenticandoti praticamente di quello che hai davanti. Insomma, pezzetto dopo pezzetto, ricordati di pensare sempre quanto del problema-elefante sei riuscito a mangiare. Non quanto ti resta da mangiare.

  • Learning by doing, imparare facendo

    Learning by doing, imparare facendo

    Learning by doing, un concetto interessante.

    Sono alcuni giorni che ci penso su e voglio parlartene. Quando lavoro e incontro clienti e studenti ricevo tutte le volte dei segnali chiari: non manca solo la cultura digitale della quale abbiamo bisogno come il pane, manca anche l’atteggiamento mentale. Il learning by doing è il segreto per cambiarlo.

    La risposta allo smarrimento: learning by doing

    Quante volte ti sei trovato davanti un app nuova o un software da imparare per svolgere quel progetto che ti ha dato il capo o il professore oppure per arrivare al risultato che ti sei prefisso? Probabilmente molte. In momenti come quello la tentazione è di cedere allo smarrimento perché non sai come fare o perché è troppo difficile farlo, almeno a prima vista. Magari hai anche una certa età e sei stufo di fare cose nuove. Lo capisco. Ecco la prima cosa che devi combattere è la resistenza al cambiamento, la seconda che devi… imparare a imparare facendo.

    Il grande “risponditore” di tutte le domande

    Si dice risponditore? Ho controllato su Google e ho trovato la risposta: si! Allora il primo elemento che hai per entrare nel mondo del learning by doing è che non sei solo e che hai a disposizione il grande risponditore di tutte le domande. Già, parlo proprio di Google o dei motori di ricerca cui puoi fare le domande che ti assillano o cui puoi chiedere come si fanno le cose che devi fare. Sì, anche come si usa una app che non sai usare.

    Io ho iniziato da lì. E ho iniziato dalla lettura. Di libri, articoli, post (di fonti autorevoli o esperti veri) che sapevano fare le cose che mi serviva saper fare. Poi ho scremato le opportunità. Mi spiego: quando hai davanti un applicativo di qualsiasi genere per fare una cosa (app o software che sia) ricordati di capire, anche segnando banalmente il numero di passaggi che ti fa fare per operare, se ti facilita o ti complica la vita. Se è la seconda butta via, subito. Non hai tempo da perdere.

    L’insegnamento del learning by doing

    L’insegnamento dell’ imparare facendo (scusa ‘sto gioco di parole) è formidabile. Ti insegna a cambiare idea. Lo fa quando, come ho detto prima, ti fa cambiare applicativo se quello che hai davanti non risponde alle tue esigenze. Lo fa anche quando, anche se usi una app da tempo con buoni risultati, coltivando la tua curiosità ne trovi una migliore.

    Il learning by doing è anche un allenamento per imparare a spacchettare i problemi. Uno dei miei proverbi preferiti è un aforisma che dice “Sai come si mangia un elefante? A pezzettini”. Ecco, quando devi imparare a fare qualcosa con una app nuova o con un software che non conosci, inizia a utilizzarlo partendo dalle prime operazioni semplici. Poi cerca di mettere un indice di complessità maggiore a ogni operazione che fai in più.

    Logica contro tecnologia

    Ecco, a me non piace usare Excel. Io con i numeri non ci ho mai pigliato. Il problema è che proprio Excel mi ha insegnato che non devi sapere di numeri per usarlo, ma capirne la logica. Insomma, il learning by doing ti fa comprendere molto bene che non devi sapere di tecnologia o di codici per imparare a fare qualcosa. Devi semplicemente imparare il modo in cui ti costringono a ragionare la macchina e il software che hai di fronte.

    Se una cosa non ti viene

    Se ti blocchi in mezzo a un’operazione ti consiglio subito una cosa, anzi due. Ti consiglio di mollare, alzarti dalla scrivania e andare a fare un giro. Torni dopo mezz’ora e di solito cominci perlomeno a capire cosa hai sbagliato e dove. La seconda cosa è un cambiamento delle variabili: Se un software fa fatica a girare o a farti fare le cose, sappi che ci sono tre variabili in campo. Sempre. Sto parlando del software stesso, dell’hardware e di te stesso. Per questo motivo se qualcosa si inceppa devi sempre pensare: sono stato io, è stato il software o è stato l’hardware?

    Stai sempre sul preoccupato…

    Il motore del learning by doing è la preoccupazione. No, dai sto scherzando. Il motore dell’ imparare facendo è assolutamente la curiosità. Voglio dire che se sei arrivato alla fine dell’apprendimento di qualcosa di nuovo non devi fermarti un’altra volta. Devi pensare a un continuo movimento per cercare di capire se quella stessa cosa imparata con quella app può essere fatta meglio con altre app. Oppure se puoi fare ulteriori operazioni con nuovi applicativi.

    Ecco, sono arrivato alla fine del ragionamento. Spero ti sia stato utile. Con questo modo di fare ho ribaltato la mia vita e continuo a costruirla. Con la teoria del learning by doing che ha solide basi nella filosofia dell’americano John Dewey, ma anche di Kenneth Arrow che da Stanford, nel 1962, mandava al mondo una ricerca (la trovi qui) che provava l’importanza dell’apprendimento esperienziale in economia.

  • Il grande problema: fare il tuo prezzo

    Il grande problema: fare il tuo prezzo

    Lo smartphone mi sta insegnando un’altra cosa. Mi sa che se continua così gli do un nome e gli parlo.

    Parto un pochino da lontano. Siamo in in epoca nella quale, con la scusa della tecnologia o della crisi, hanno devastato il lavoro e la sua consistenza. Voglio dire il suo lavoro. Ci hanno costretto tutti quanti a fracassare il valore degli studi che abbiamo fatto e dell’esperienza che abbiamo nel fare una foto sull’altare della precarizzazione.

    Ok mi sono adeguato. Sono un freelance, ma l’attacco al valore del mio lavoro lo subisco tutti i giorni. In un modo inesorabile e violento. Eppure da freelance dovrei essere pagato di più, perché sostengo io i costi del lavoro che non sostiene l’azienda per cui lavoro essendo passato sotto la categoria fornitori. Sono come quello che ti mette la macchina del caffè in ufficio.

    Lo smartphone è il tuo migliore amico

    Lo smartphone che hai tra le mani ha una potenza dì calcolo e dì registrazione ed elaborazione dati che non hai mai sfruttato. Proprio in questo campo, nella difficile battaglia dì ridare dignità al tuo lavoro, ti può aiutare in un modo sorprendente. Questo specialmente se il tuo lavoro non è materiale come quello dì un artigiano.

    Negli ultimi anni ho studiato una valanga dì software per telefonino che fotografano il tuo tempo e lo trasformano in soldi che spendi a costruire i tuoi prodotti e servizi. App come Focus To Do o Toggl Track, di cui ti ho parlato su questo blog, sono splendidi elaboratori dì dati, impareggiabili fotografi del tuo tempo.

    Con questi applicativi lo smartphone diventa il tuo migliore amico nel farti capire dove stai sprecando risorse. Se guardi con attenzione le fotografie del tempo, ti accorgerai subito dove stai sbagliando. Di conseguenza comincerai a pensare che i prezzi con cui ti fai pagare sono sbagliati.

    Lo smartphone mette le briglie al tuo talento

    Così ti sarà più facile pensare che quel prezzo x non andava bene se ci hai messo troppe ore per consegnare il tuo lavoro al capo o al cliente. Così vedrai l’efficienza del tuo tempo diventare più alta. Così sarai obbligato a dire no a quel lavoro sottocosto. Il miglioramento della tua condizione lavorativa non parte dai tuoi si, ma dai tuoi no.

    Parte dal mettere le briglie ai talenti che hai nel tuo lavoro, continua con il valorizzarli con il giusto prezzo e le giuste rinunce (ai progetti o agli impieghi anti-economici) e finisce con il rialzare la testa sapendo che il tuo talento è stato diretto, con l’assistenza di uno smartphone, al miglior risultato economico possibile.

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