Categoria: Intelligenza Artificiale

Il mondo dell’intelligenza artificiale visto con gli occhi di un giornalista, produttore di contenuti e formatore

  • Tecnologia: come si usa e perché

    Tecnologia: come si usa e perché

    La tecnologia che ci circonda è decisamente troppa.

    Con l’avvento dell’intelligenza artificiale, la tecnologia ha letteralmente invaso ogni aspetto della vita e del lavoro. O meglio: la differenza è che ora lo sappiamo, ce ne accorgiamo. Di conseguenza dobbiamo farci delle domande più complesse rispetto alle semplici operazioni che facevamo in passato. Fino a ieri era banale: schiaccio il tasto o non lo schiaccio?

    Oggi è un’altra cosa. La tecnologia non ci serve soltanto per compiere operazioni più rapidamente, ma è diventata così invasiva che ci cambia. Ci cambia come lavoratori e come persone.

    La malattia da cui guarire

    L’approccio alla tecnologia cui ci costringono le tech company è davvero malato. Il fine di chi fa tecnologia (hardware o software che sia) è renderti dipendente dallo strumento (e quindi dagli abbonamenti che paghi) e magnificarti le potenzialità “sostitutive” dello stesso. Oggi molti prodotti e molti applicativi ti vengono messi sotto il naso facendo leva sulla tua precisa ed efficiente sostituzione dell’esecuzione dell’operazione per la quale sono nati.

    L’intelligenza artificiale è così: risolve problemi complessi. Di conseguenza ti fa aspettare inerme davanti alla macchina per poi presentarti la soluzione e chiederti “che ne pensi?”. L’orientamento così aggressivo del mondo tecnologico è una malattia dalla quale dobbiamo guarire in fretta. Diciamo più in fretta rispetto a quanto abbiamo fatto con i social (18 anni) prima di capire che li potevamo usare per connetterci.

    La tecnologia buona

    C’è un modo molto facile per riconoscere se la tecnologia è buona per te. Un metodo che ha una base economica. La tecnologia non la puoi evitare, ma la puoi giudicare perché hai ancora la volontà per farlo. Il criterio è semplice. Se vuoi migliorare un passaggio, un modo, un processo, una maniera con la quale svolgi una cosa, c’è sempre un rimedio tecnologico. La tecnologia buona la riconosci facilmente, basta seguire questi punti:

    • Se ti sostituisce totalmente in un’operazione, lascia stare.
    • Se ti fa fare una cosa, aiutandoti nelle operazioni meccaniche, matematiche, statistiche, quantitative, in un modo più veloce rispetto a quanto facevi prima, dille di sì.
    • Se modifica anche parzialmente la veridicità delle informazioni e delle fonti dalle quali queste derivano, lascia stare.
    • Se oltre a velocizzare migliora i risultati, adottala tenendo sempre conto del rispetto e della trasparenza che devi a chi beneficerà del tuo lavoro.
    • Se vuoi usarla, dillo che lo stai facendo.
    • Se ti migliora nella gestione del tempo e dello spazio, adottala.
    • Se ti crea nuove abitudini per la tua salute, per la tua cura, per la tua vita di relazione e per le tue responsabilità, abbracciala.
    • Se cambia la sostanza di quello che vuoi comunicare, evitala come la peste.

    Insomma, se la tecnologia ti migliora (in qualsiasi cosa) dirle di no è sinceramente stupido. Se ti “aumenta” come persona o come lavoratore, è buona.

    Il vero problema da risolvere

    Io uso la tecnologia praticamente in ogni istante della mia giornata. Lei mi circonda e mi aiuta, coadiuva il mio lavoro in tutti gli ambiti. Organizzazione, programmazione, produzione, amministrazione, formazione, consulenza. Tutto. Il vero problema da risolvere, quando capisci il criterio con il quale devi usare la tecnologia, è un altro: ti libererà il tempo, diminuirà le ore in cui stai attaccato ai processi del tuo lavoro, snellirà le operazioni, le velocizzerà. E la domanda è: tu, del tempo che ti si libera, cosa farai?

    Se vuoi scrivermelo nei commenti, sarò felice di leggerti e di risponderti.

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    Il marketing dell’intelligenza artificiale.

  • Smartphone e IA: è l’anno del.. AIphone

    Smartphone e IA: è l’anno del.. AIphone

    L’IA sta per entrare dentro lo smartphone.

    Dico fisicamente. Già, proprio fisicamente. Finora il dialogo tra lo smartphone e gli applicativi di IA è stato questione di software, collegato al terminale tramite dei web server.

    Quindi gli algoritmi che eseguivano le operazioni richieste alla IA dai nostri input, si sono sempre trovati su potenti server molto lontani dal nostro terminale, le cui risposte venivano sparate nei nostri telefonini nel giro di qualche secondo (o al massimo qualche minuto, per le operazioni più complesse).

    In questo 2024 la situazione cambierà. Vuoi sapere in che modo?

    Fra i circuiti di un telefonino

    La prima a fare l’annuncio è stata Google, quando ha fatto conoscere al mondo Gemini.

    Il video di Google che mostra le potenzialità della IA multimodale chiamata Gemini.

    L’intelligenza artificiale multimodale di Google è stata rilasciata con un aggiornamento del sistema operativo dello smartphone Pixel Pro e ora può lavorare anche offline. Cosa significa? Semplice: può fare alcune operazioni, con il suo Large Language Model e la sua capacità di ricevere input da microfono e da camera, anche senza collegarsi al web. Può far lavorare l’algoritmo direttamente nello smartphone, usando il suo processore e la sua potenza di calcolo.

    Quello che può fare, per ora, è limitato: può farti il sommario di una tua nota vocale, può suggerirti le risposte ai messaggi che ti arrivano usando la GBoard, la tastiera di Google. Può anche pulire le foto, cancellare l’effetto “mosso” di un soggetto fotografato in movimento, cancellare macchie dalle fotografie e cos’ via.

    Smartphone e Open AI

    Le testate internazionali di tecnologia stanno riferendo da un po’ che Sam Altman, CEO di Open AI, sta parlando di uno smartphone potenziato dall’intelligenza artificiale creato dalla sua azienda, mamma di Chat GPT. Per molto tempo il prode Sam aveva negato la cosa (“Non voglio andare contro l’iPhone, fa cose meravigliose” ha ripetuto per un po’ a chi gli chiedeva info), ma da qualche tempo ha iniziato a intrattenere conversazioni con Jony Ive, ex guru del design in Apple, ora boss di Love Form, per impostare un AIphone, diciamo uno smartphone con gli algoritmi di Chat GPT già in locale, dentro l’hardware, capaci di funzionare anche senza la connessione internet.

    Secondo The Information, in questo progetto dell’AIphone, dai chiamiamolo così, ci sarebbe anche Masayoshi Son, amministratore delegato di SoftBank, il quale avrebbe messo sul tavolo già un miliardo di euro. I tre, quindi, fanno sul serio, ma non è dato sapere cosa succederà a breve. Si sa, invece, quale sarà il concetto più importante dal quale si partirà per disegnare questo hardware: l’estrema naturalezza di uso.

    Lo smartphone sta sparendo?

    Forse… ma non subito. Il primo segnale che lo smartphone stia sparendo lo ha dato Humane. Non conosci Ai pin? Eccolo qui

    Il video di presentazione di Ai pin. Dal canale YouTube di Humane

    La tecnologia di questo dispositivo permette di interagire con lo stesso senza doverlo praticamente toccare. Con i comandi vocali, Ai pin, diventa un assistente di intelligenza artificiale totale, adatto a farti compiere moltissime operazioni fra quelle di cui hai bisogno.

    Si tratta di un’esperienza d’uso nella quale la parte del tocco fisico va praticamente a zero così come si azzera la necessità di uno schermo. Certo, si tratta di un dispositivo che non fa impazzire l’industria del contenuto, visto che non ha uno schermo in grado, per esempio, di farti vedere un film o una serie su Netflix.

    Una nuova user experience

    Il problema di questa rivoluzione ruoterà tutto attorno all’esperienza di uso dello smartphone “comandato” dall’Ai. La direzione indicata da Humane è quella giusta: pochi gesti facili e i comandi praticamente tutti a voce. Chissà cosa si inventeranno i ragazzi di Altman e Ive, i quali, almeno stando ai rumor americani, pare stiano facendo incetta di talenti del campo smartphone design e hardware per costruire la squadra che ci stupirà regalandoci il primo smartphone in “salsa IA”.

    Ti dico subito che non sarà facile.

    Dovrà farci fare un salto deciso in avanti rispetto al modo con cui usiamo il telefono oggi. Come quando passammo dalla tastiera allo schermo touch. Lì cambiammo per sempre il modo di interagire con le macchine. Probabilmente questo salto qui sarà ancora più difficile e stimolante. Con i primi smartphone “IA potenziati” smetteremo di toccare i nostri device per iniziare (dopo l’allenamento fatto con gli assistenti come Alexa) a parlare con loro. Da quel momento non si tornerà più indietro.

    Il marketing cercherà di fregarci

    Un avvertimento te lo do, però, prima di lasciarti. Il marketing dell’Intelligenza artificiale cercherà di fregarci tutti quanti creando il bisogno di questi nuovi smart device (facciamo che non lo chiameremo più smartphone?) anche se i primi esempi di questo nuovo modo di pensare lo smartphone faranno quattro cosette in croce.

    Voglio dire che prima di essere un investimento e di smettere di essere un gadget passerà del tempo. Ci vorranno molti mesi prima che gli smartphone in salsa IA siano davvero utili nella nostra vita quotidiana e nel nostro lavoro. Per questo ti do i miei due centesimi: osserva ammirato l’evoluzione di questa tecnologia. Presto gli smartphone spariranno per lasciare il posto a una tecnologia in grado di avvolgerci senza farci vedere. Guarda questo Ted di Imran Chaudhri, fondatore di Humane, se non mi credi

    La tecnologia di Ai pin ha già fatto il giro del mondo con questo affascinante Ted del founder di Humane. Canale YouTube Ted.

    Osserva ammirato, quindi, ma prima di comprare aspetta. Aspetta che quello che ti viene proposto sia davvero un device che migliora in modo sostanziale chi sei e cosa fai. Altrimenti saran solo soldi buttati.

  • Il marketing dell’intelligenza artificiale

    Il marketing dell’intelligenza artificiale

    Il marketing come lo intende Seth Godin mi piace assai.

    Il termometro della IA usata in questo articolo.

    Il guru di questa materia parla, nella sua definizione, di marketing utile ad “aiutare a risolvere un problema” del cliente e di “opportunità di servire”. Mi pace molto. Tuttavia c’è un campo nel quale questo concetto viene completamente stravolto: quello dell’intelligenza artificiale.

    Le aziende che stanno sviluppando questa tecnologia da anni e che, da poco più di 12 mesi, l’hanno fatta conoscere al grande pubblico, stanno proponendo le loro soluzioni tecnologiche in un modo assolutamente disumano. E questo non va per niente bene.

    L’uomo preso per stupido

    Qualche tempo fa ho parlato del marketing dell’intelligenza artificiale in un video che ti faccio vedere qui. Guardalo fino alla fine per comprendere il concetto di cui ti voglio parlare.

    Dal mio canale Youtube

    Insomma il modo con cui le aziende di intelligenza artificiale propongono i loro algoritmi è improntato alla sostituzione dell’uomo nell’esecuzione di ogni operazione. Qualsiasi cosa che puoi fare tu, ora, nella narrativa di marketing delle varie Google, Open AI, Microsoft, Adobe e compagnia, la può fare una macchina. Al posto tuo. Non c’è alcun messaggio che faccia rima con la scelta, la possibilità, la volontà o meno di poter usare questi applicativi. L’uomo viene trattato da stupido.

    Il marketing come fine dell’umanità

    Così facendo queste aziende dimostrano chiaramente di adottare un concetto quasi fascista del rapporto con i loro clienti. “Fatti da parte” sembrano dire, “fai fare alla macchina”. Non c’è alcun tipo di ragionamento etico e di educazione all’intelligenza artificiale. Guarda una cosetta. Ho chiesto all’Intelligenza Artificiale di Jetpack, presente qui nel mio CMS di WordPress, “come si usa l’intelligenza artificiale?”. Ecco cosa risponde:

    L’utilizzo dell’intelligenza artificiale può variare a seconda del contesto e dell’obiettivo specifico. Tuttavia, in generale, l’intelligenza artificiale viene utilizzata per automatizzare processi, analizzare grandi quantità di dati, riconoscere pattern e prendere decisioni intelligenti. Alcuni esempi comuni di utilizzo dell’intelligenza artificiale includono:

    1. Assistenza virtuale: gli assistenti virtuali come Siri, Alexa o Google Assistant utilizzano l’intelligenza artificiale per rispondere alle domande degli utenti e svolgere compiti come la gestione della calendario, l’invio di messaggi o la riproduzione di musica.
    2. Raccomandazioni personalizzate: molte piattaforme online utilizzano l’intelligenza artificiale per analizzare i dati degli utenti e offrire raccomandazioni personalizzate. Ad esempio, Amazon utilizza algoritmi di machine learning per suggerire prodotti basati sugli acquisti precedenti.
    3. Trattamento medico: l’intelligenza artificiale viene utilizzata nel campo della medicina per aiutare nella diagnosi e nel trattamento di malattie. Ad esempio, gli algoritmi di machine learning possono analizzare immagini mediche per rilevare segni di cancro o altre patologie.
    4. Automazione industriale: nell’ambito manifatturiero, l’intelligenza artificiale viene utilizzata per automatizzare i processi produttivi. Robot e sistemi di intelligenza artificiale possono svolgere operazioni ripetitive o pericolose in modo più efficiente ed affidabile.
    5. Veicoli autonomi: l’intelligenza artificiale è alla base dei veicoli autonomi. Grazie a sensori e algoritmi sofisticati, i veicoli autonomi possono percepire l’ambiente circostante e prendere decisioni di guida in tempo reale.

    Anche da questo semplice esercizio si capisce che il pensiero rispetto all’uso dell’intelligenza artificiale è basato sulla sostituzione dell’uomo e non sul potenziamento delle sue facoltà. Come fossimo animali senza volontà.

    Il marketing dei prompt è ancora peggio.

    Qualche mese fa ho realizzato anche un video sul canale YouTube sui prompt, vale a dire le informazioni che diamo ai software di IA per generare il contenuto che ci serve o darci le risposte di cui abbiamo bisogno. Anche qui, un disastro: il web è popolato di aziende, creator e divulgatori che ti danno prompt già fatti promettendoti, con un marketing ossessivo, che l’IA creerà delle cose magnifiche permettendoti di stare a guardare in ciabatte e costume da una spiaggia dei Caraibi.

    Coe cos’è un prompt?

    Ci fosse uno che dice, creando del vero inbound marketing, che un prompt è una cosa che devi saper creare tu per non annullare totalmente la tua presenza nei confronti dell’esecuzione di un’operazione. Se utilizzi dei prompt creati e formattati da altri per fare un testo, per esempio, è come se tu lo scrivessi con il cervello di qualcun altro.

    Hai voglia di consegnare tutto quello che sai fare a una macchina? Beh, io no.

    Uno short de L’Economist

    In questa intervista a “The Economist”, lo scrittore israeliano Yuval Noah Harari lo dice chiaramente: l’era dell’uomo al centro sta finendo, presto passeremo il potere alle macchine. Io, però, spero ancora che non sia così. Spero che il marketing distruttivo della volontà umana con il quale viene proposta l’ondata di applicativi IA si fermi e cominci a dialogare con il cliente e con l’utente per spiegargli come diventare migliore grazie all’IA.

    Non come diventare inutile.

    La scuola deve fare qualcosa

    Ormai da tempo le università combattono contro le testi fatte scrivere all’IA, i ragazzini sanno già cos’è Chat GPT, chi lavora la usa tutti i giorni (anche senza accorgersene). La penetrazione della intelligenza artificiale nella nostra vita professionale e personale è profondissima. Se non vogliamo perdere la volotnà dobbiamo fare qualcosa. Altrimenti i cervelli nostri e dei nostri figli si impoveriranno in modo definitivo. E’ urgente, ricordatelo.

  • L’Intelligenza Artificiale… ed io

    L’Intelligenza Artificiale… ed io

    Il mondo dell’intelligenza artificiale è entrato ormai da mesi nel mio flusso di lavoro. In modo definitivo.

    In questa prima metà di settembre del 2023 mi sono accorto che ci sono ben pochi giorni in cui mi capiti di non usarla questa benedetta intelligenza artificiale. Per i contenuti, per l’organizzazione, per la scrittura, per la gestione del business, per la cura, per la casa, anche semplicemente per digitare un messaggio. Ho avuto un piccolo godimento quando, nel mio ultimo aggiornamento del sistema operativo degli smartphone, ho visto la tastiera diventare una tastiera AI powered con suggerimento automatico delle parole e correzione automatica. La usiamo da anni, ma solo in questo periodo la percepisco come presente perché sono consapevole dei suoi usi, dei suoi concetti, dei suoi fondamentali, dei suoi schemi, dei suoi utilizzi, dei tool nei quali si esprime.

    Lo studio è durissimo, ma…

    L’Intelligenza Artificiale l’hanno saputa definire chiaramente in pochi. Allora, col mio laboratorio Algoritmo Umano, ho cercato conforto in Piero Poccianti, ex presidente di Associazione Italiana per l’Intelligenza Artificiale, il quale ha staccato la seguente definizione:

    @frafacchini L’ #intelligenzaartificiale ♬ suono originale – Francesco Facchini

    Una volta che hai visto questo video penso che molte cose si mettano al loro posto nell’approccio che ognuno di noi deve nei confronti della intelligenza artificiale. In questi giorni, in questi mesi, anche ora che mi trovo a scrivere al Caffé Tommaseo a Trieste, rifugio del grande Umberto Saba, sto percependo sempre di più la magia della AI e il senso del mio rapporto con l’Intelligenza Artificiale.

    L’Intelligenza Artificiale e l’uso che ne fai

    Gli strumenti che utilizzo sono tanti, in tanti diversi tipi di operazioni. Il modo in cui li utilizzo, questi strumenti, mi sta diventando sempre più chiaro. In qualsiasi azione mi capiti di utilizzare l’intelligenza artificiale la spinta che mi fa usare gli strumenti di AI è sempre coadiuvante e mai “sostituente”. Mi spiego: non direi mai a un tool di AI scrivi una mail a questo o quest’altro, su questo o quest’altro. Direi a un tool di AI di generarmi parti di quel testo che servono a me per comporre il risultato della mail che ho in mente di scrivere alla persona “x” con il messaggio “y” che è il risultato di molti pezzi testuali, fra i quali ci sono mattoni costruiti con l’AI.

    Insomma: non vorrei mai farmi sostituire dall’AI, ma farmi aiutare si. In ogni passaggio, per ogni fase del lavoro, in ogni processo di produzione dei miei contenuti, piuttosto che dei miei risultati, l’Intelligenza Artificiale mi serve a precisare, velocizzare, rifinire, completare, rivedere, controllare, moltiplicare.

    Non mi serve a sostituire.

    Il senso dell’AI ad Algoritmo Umano

    Ad Algoritmo Umano sto studiando con grande profondità strumenti di intelligenza artificiale per migliorare le mie creazioni, produzioni, i miei servizi. Sto studiando anche l’implementazione di processi e strumenti di AI per altre organizzazioni. Sto studiando perfino la materia e i suoi sviluppi. Non sto studiando la “sostituzione” della necessaria operatività umana in alcuna delle cose che faccio. Ti è chiaro?

    L’AI è mia amica e mi regalerà nuovo tempo, nuovo valore, nuova ricchezza. Tuttavia non è me. Ecco, l’AI ed io partiamo da qui. E tu che ne pensi?

    Leggi anche: il terrore dell’Intelligenza Artificiale

  • Il metaverso e l’isteria dei media

    Il metaverso e l’isteria dei media

    Il 2023 sarà il mio primo anno nel metaverso.

    Il primo anno nel quale questa parola entrerà nella mia vita per restarci. Metaverso. Ne parlano in tanti, lo conoscono in pochi. In questi primi giorni mi sto immaginando il 2023. Lo sto riempiendo, capendo, studiando. Lo sto osservando con l’aiuto dei numeri del 2022. Lo sto pensando come un anno in cui sarà difficile replicare il successo del 2022 (a proposito, rileggiti qui l’onore grande che ho vissuto), ma anche un anno nel quale non mancare nella cosa che so fare meglio, guardare al futuro.

    Il metaverso come strumento utile

    La parola di quest’anno sarà, per me, metaverso. Ti dico subito una cosa: voglio che sia utile. Voglio capire come esserci, viverlo, usarlo e come renderlo importante per fare cose nuove che mi portino soddisfazione, conoscenza, ricchezza. E magari portino le stesse cose ad altri.

    Per viverlo lo devo conoscere, per conoscerlo lo devo studiare. Lo faccio ogni mattina. Sto leggendo il libro di Lorenzo Montagna “Metaverso. Noi e il web 3.0“. In quelle righe scopro con precisione tutto quello che i media non riescono a farmi capire. Si tratta di un’opera imprescindibile per chi voglia sapere davvero che cosa ci aspetta. Per ora (non l’ho finito) è un capolavoro. Un libro giusto per chi vuole rendere utile uno strumento, un mondo così nuovo.

    L’isterico parlare

    Quello che non capisco, però, è proprio il comportamento del giornalismo italiano riguardo a questa e a tante altre parole del futuro. Vedo un’isteria che fa passare questi poveri scrivani dall’esaltazione alla distruzione in pochissimo tempo. Ascolto, sento e guardo questo squinternato chiacchiericcio figlio dei rumor che arrivano dall’America. Un giorno il metaverso è il nuovo mondo, il giorno dopo è un inutile e costoso gingillo di Zuck.

    Basta.

    Finitela.

    Il metaverso sarà, intanto. Quindi ti dico che ancora non è. Il metaverso è un approdo finale di un’escalation tecnologica che avrà tanti passi intermedi. Se ci si dedicasse a spiegare la strada che ci porta verso il metaverso e non a passare dall’esaltazione alla delusione in un amen, magari chi vuole scoprire il futuro sarebbe meno disorientato.

    Per ora, mi limito a un consiglio. Leggi il libro di Lorenzo e tutto diventerà un po’ più chiaro.

  • Che cosa diavolo è il metaverso?

    Che cosa diavolo è il metaverso?

    Facebook e metaverso: Zuckerberg ha dato il via alle grandi manovre.

    Il mese di luglio del 2021 sarà ricordato nella storia dei social network come il mese in cui si è iniziato a parlare del metaverso. Lo ha fatto Mark Zuckerberg, amministratore delegato di Facebook Inc., presentando i risultati economici del secondo quarto dell’anno per la sua azienda.

    Ecco il post di Facebook di Zuck che spiega i concetti espressi durante la riunione istituzionale:

    Non un web da guardare, un web da vivere

    Zuckerberg ha spiegato il concetto del metaverso, che forse hai iniziato a conoscere con il film Matrix. Di che si tratta? Di una connessione web e di un’interazione nel web che non ti limiti solo a guardare, ma dentro la quale puoi vivere. Insomma, con nuovi device e con un flusso di dati maggiore, potrai eseguire azioni che vanno oltre la semplice visione. Potrai toccare virtualmente, incontrare, ballare, creare.

    Un web da vivere sul quale, dice Zuckerberg, stanno già lavorando 10 mila persone a Facebook. “Creazioni, avatar e oggetti digitali diventeranno gli strumenti attraverso i quali ci potremo esprimere sul web e nei social“: parole di Mark. “Questo è quello che ci aspetta nei mesi a venire – ha continuato Zuckerberg – e spero che la gente cominci a vederci non come una società di social network, ma come una società del metaverso”.

    Metaverso, Facebook lo punta da tempo

    Il metaverso è un obiettivo di Facebook da tempo. Ha comprato Oculus, la compagnia che produce i visori per la realtà aumentata, la quale sta vivendo un periodo difficile perché i suoi Quest 2 hanno provocato abrasioni agli utenti e sono stati richiamati. La strada per il metaverso, però, non si è interrotta. Lo conferma anche Facebook Spaces, un ambiente per interagire dentro Facebook che è stato provato per molti mesi e che sviluppa il concetto del metaverso come di un luogo virtuale nel quale le persone possono vivere sensazioni tridimensionali mentre stanno dentro questo ambiente.

    Tu e il metaverso

    Cosa vuol dire, cosa può significare il metaverso per te? Ti faccio alcuni esempi. Puoi lavorare su una macchina che si trova anche a chilometri di distanza da te, puoi cogliere le espressioni del viso del tuo capo mentre fate una call in tre dimensioni, puoi disegnare un progetto, puoi interagire con degli schermi, puoi guardare un film immerso nella scena.

    Insomma, io e te (e tanti altri) stiamo per entrare nel web. Nel senso, siamo per andare dentro il web.

    Questo provocherà un cambiamento sostanziale nella nostra natura e potrà avere effetti molto controversi. Si tratta, tuttavia, di un’innovazione tecnologica irreversibile che non potremo fermare. Un vero potenziamento del nostro esistere.

    Una tecnologia costosa, per ora…

    Zuckerberg parla di questo mondo del metaverso come di un mondo in grado di vincere le distanze di spazio. Cambierà la nostra vita per sempre. Forbes Italia ne parla qui. Certo l’idea di perdere ancora un po’ della nostra fisicità non mi diverte molto, ma indubbiamente ci sono molti lati positivi. E mi piace guardare quelli.

    Queste tecnologie sono ancora molto costose per la massa e hanno bisogno di potenti connessioni. Tuttavia sono già qui. Manca davvero poco al momento in cui tutti avremo i nostri visori per lavorare, i nostri cloud, i nostri avatar e, come dice Zuckerberg, andremo al lavoro senza spostarci.

    Questo screenshot è tratto da https://www.dday.it/redazione/19172/zuckerberg-stecca-sul-vr-la-sua-immagine-di-futuro-terrorizza-e-inquieta

    Il mondo che vedi qui rappresentato da una foto di qualche anno fa che ha fatto il giro del mondo è quello che ci aspetta. Questa foto scatenò enormi polemiche per la sua rappresentazione distocica di un solo uomo che può costringere un popolo intero alla realtà virtuale, restando lui a occhi aperti.

    Qui si aprirono discussioni aspre sull’argomento, discussioni che devono esserci. Creando il metaverso, un mondo di mezzo nel quale si farà fatica a distinguere la realtà dalla fantasia, si aprirà un’era digitale che va interpretata molto bene. Cominciando dal creare delle regole che non diano troppo potere ai padroni delle aziende tecnologiche. Certo sai, si tratta di cose che ne io ne te possiamo cambiare. Una cosa, però, la posso fare. Guardare dalla parte buona di queste tecnologie. Come faccio sempre. Dalla parte di quello che possono fare per migliorare l’uomo. Ci stai?

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