Categoria: Mobile Content Creation

  • Video con lo smartphone, perché è importante saperli fare

    Video con lo smartphone, perché è importante saperli fare

    Saper fare video con lo smartphone è determinante, ma ancora non è chiaro il perché. Il linguaggio dell’immagine in movimento è il principale mezzo di comunicazione della nostra epoca e devi tenerne conto, qualsiasi sia il tuo lavoro o il motivo per cui comunichi.

    I Key point di quello che leggerai

    1. Diffusione del video in Italia: Secondo recenti studi, quasi il 92% degli italiani guarda video ogni settimana, dimostrando l’importanza di imparare a creare contenuti video efficaci con lo smartphone.
    2. Impatto culturale dei video sui giovani: I giovani passano molto tempo a guardare video, rendendo essenziale lo sviluppo di abilità nella produzione di video su dispositivi mobili.
    3. Importanza del linguaggio visivo: È cruciale concentrarsi sul linguaggio visivo piuttosto che sulla tecnologia di automazione, per creare contenuti video personalizzati e impattanti.
    4. Applicazioni pratiche del video: La capacità di creare video è utile in vari ambiti, permettendo di comunicare efficacemente, promuovere lavori o fissare ricordi.

    Il dato che convince: il 91,5 per cento

    I dati italiani del report di We Are Social 2024, lo puoi trovare qui, dicono che il 91,5 per cento degli internauti nostrani ha visto almeno un video ogni settimana. Ecco perché è importante saper fare video e saperli utilizzare. Tutti guardano e mandano video in questo universo iper connesso. Non solo: tutti hanno modo di farli perché hanno tra le mani uno smartphone che, mediamente, ha un’ottima fotocamera-videocamera al suo interno.

    Una vita sullo schermo

    Un libro, vecchiotto e sempre valido, di Michael Rosemblum, il padre del mobile journalism americano, parlava di una statistica che cita un dato: quelli nati dopo il 1990 passano 50 anni della loro vita davanti a uno schermo. Un’enormità. A questo punto aggiungo: passano la vita a guardare immagini in movimento. Per emergere da questo mare di video serve una competenza: saper fare video con lo smartphone.

    Lo smartphone è la penna del ventunesimo secolo, mi ha detto Hosam El Nagar direttore di Thomson Foundation, in un video sul mio canale YouTube registrato qualche anno fa.

    L’intervista a El Nagar sul mio canale.

    Con questa penna scriviamo la nostra vita e il nostro lavoro. Questa penna, tuttavia, scrive immagini, non lettere. Per scrivere l’alfabeto delle immagini abbiamo bisogno di sapere la grammatica.

    Fare video con lo smartphone: le cose da sapere

    Per fare video con lo smartphone non centra la tecnica, centra il linguaggio. Per questo motivo ti do subito un allarme: nel tuo telefonino ci sono molte app che ti fanno fare video con lo smartphone in modo automatico. Ecco: evitale. Semplice il motivo: se creano un video al posto tuo, facendoti solo infilare qualche immagine in un modello, il video lo crea la app, non tu. Insomma, le app automatiche scrivono il video al posto tuo e omologano il tuo video a tanti altri video uguali. Vuoi essere uguale? O diverso?

    Per questo fare video con lo smartphone per te dev’essere un percorso. Impara la tecnica di base per filmare, la tecnica di base per montare… e poi prova. Filma ed edita con applicazioni che ti facciano tenere sempre in mano il comando di quello che stai facendo.

    Perché è importante per tutti fare video con lo smartphone

    Quante fai video, guardi video, mandi video? Tante. Allora pensa che il video può essere un linguaggio molto più immediato e potente degli altri. Posso farti un elenco per punti delle occasioni nelle quali ti può servire:

    • Comunicare con le persone
    • Sintetizzare un concetto, una ricerca, una relazione, una riunione
    • Creare contenuti per i social network
    • Spiegare a qualcuno come si fa una cosa
    • Mostrare un luogo e i suoi spazi
    • Promuovere il tuo lavoro
    • Creare un’interazione efficace con chi segue il tuo lavoro
    • Fissare nella memoria un ricordo utile alla tua vita e alla tua professione
    • Esprimere la tua creatività

    Sono tutti punti (e potrei continuare) che ti servono per il lavoro e per la vita. Eppure i video che fai restano lì a languire nel tuo smartphone spezzettati in mille frammenti di messaggi. E non diventano un messaggio compiuto e coerente.

    Ecco fare video con lo smartphone potrà farti fare la pace con tutti quei video spezzettati nel tuo telefonino. E farti iniziare a raccontare il tuo lavoro e la tua vita in modo coerente e compiuto.

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    Il contenuto non è democratico

  • Il contenuto non è democratico

    Il contenuto non è democratico

    Se il contenuto è re (e lo ha già detto qualcuno), il re non è democratico.

    Sono in Friuli e fa un freddo cane. Son qui per affari di famiglia. Sono momenti nei quali penso a quello che devo fare, ma anche a quello che voglio scrivere. Mentre faccio commissioni o sposto scatoloni, mi iniziano a girare nella testa parole che si mettono a posto e danzano una danza sempre più regolare. Attorno a una cosa che ho saputo, attorno a una che ho visto o vissuto. Su una cosa che ho pensato. Si chiama produzione del contenuto. A me viene in modo istintivo e il mio piano di social e contenuti mensili finisce spesso a essere sbeffeggiato dalla mia realtà incipiente.

    Il contenuto chiede rispetto

    La riflessione che faccio oggi è una riflessione che parte da un’esperienza più volte vissuta. Io vivo di contenuto, vivo di parole e immagini, vivo di creatività “direzionata” se è vero che devo trasformare in contenuti i progetti, i pensieri e le parole dei miei clienti. Però per i contenuti ci vuole rispetto.

    Allora ho pensato a questo giro di parole attorno al contenuto. Il contenuto chiede rispetto perché il contenuto sei tu. Se produci i contenuti per raccontarti o raccontare i tuoi percorsi, quello che mostri al pubblico deve essere progettato in modo serio, deve dare valore agli altri, essere utile, di ispirazione o di riflessione, ma va preso per quello che è. Nessuno può permettersi di discuterne la forma, è pretestuoso attaccarsi a una virgola per discutere il senso di quello che dici, fai vedere o fai sentire.

    Ci possono stare i rilievi sulle imprecisioni, sui refusi, sugli errori strumentali. Non ci può stare la discussione sul senso che attacchi il contenuto per tirarlo giù. Se quello è il tuo quadro, chi lo osserva non può obiettare che hai messo le tue pennellate nel posto sbagliato. Può invece, dire, non mi piace. Può non essere d’accordo. Può recepire un messaggio diverso da quello che avevi intenzione di dare tu.

    Se il contenuto è per un tuo cliente

    Anche in questo caso, per il contenuto che crei tu e che deve interpretare i desiderata di una persona o un’azienda che te lo ha chiesto, il contenuto non si può prestare allo sbrandellamento dei non mi piace e dei “mai io me lo immaginavo…”.

    Il contenuto che crei per terzi, parte dai terzi. Se quello che ritorna tra le loro mani è divergente rispetto a ciò che pensavano non è tuo il fallo. E’ loro. Perché finita la parte di concetto per allestire un contenuto, beh, lì entri in campo tu. Tu con la tua poca o tanta cultura, tu col tuo vissuto, tu coi tuoi pensieri. Chi ti ha chiesto un contenuto si suppone (se non lo ha fatto, male) che abbia letto e visto prima i tuoi contenuti. E sia venuto da te perché te vuole.

    Allora deve fare a fidarsi. Sapere che il contenuto che produrrai è il meglio della tua creatività, ma che non può sedersi al volante della tua macchina creativa, perché lì ci sei e resti seduto tu. Può rilevare errori, imprecisioni, cose non convenienti al suo progetto, ma non può dire “non mi piace”. Il contenuto non è democratico perché il contenuto sei tu e quel tuo modo di trasformare il vissuto, l’ascolto, lo studio, l’osservazione, l’emozione, il sentimento, in contenuto è solo tuo.

  • Social audio grandi creatori di community

    Social audio grandi creatori di community

    I social audio sono strepitosi strumenti di creazione della comunità.

    Il problema è sapere come usarli. Siccome mi sono un filo stancato di teorizzare l’uso di valore dei social audio ho deciso di mettermi a fare. Con il collega e amico Fabio Ranfi (clicca qui per sapere chi è) ho creato un club su Clubhouse che si chiama Fat Walkers Club e ha come obiettivo quello di aiutare i grassi sedentari come me (e forse come te, ma giudicalo tu) ad alzarsi dalla scrivania e cominciare a camminare. Abbiamo fatto solo la puntata zero e si è scatenata già una piccola comunità impallinata, desiderosa (lo dicono i messaggi che ho ricevuto dopo la puntata zero) di ricominciare a camminare presto.

    Usare il doppio luogo

    Quando smetteranno di usare i social audio come un posto dove si eruttano le solite stupidaggini, sarà un bel momento. Progettando col Fabio il club FWC, ho puntato tutta la costruzione del format sul doppio luogo. Vuoi sapere cosa intendo? Intendo una cosa semplice: il valore con i social audio si crea se sfrutti il luogo digitale rappresentato dalla stanza audio e, contemporaneamente, i luoghi dove sono gli ascoltatori, luoghi nei quali li inviti a fare qualcosa.

    I social audio sono un consesso sociale

    E quindi impongono degli obblighi. Quello del Fat Walkers Club è semplice: queste stanze ti obbligano a essere lì a camminare e, piano piano, ti inculcano una specie di obbligo sociale a tornare, a esserci anche la volta successiva.

    Gli elementi per la costruzione del format devono essere semplici e ripetibili. Gli speaker devono portare i presenti a partecipare attivamente alla stanza, devono ripetere loro quali sono gli elementi che costruiscono il modo di stare insieme dentro il luogo digitale, devono creare il ritmo, le interesse, le sorprese lungo il percorso. Nel tempo il format va coltivato e sperimentato. All’FWC, per esempio, voglio far partecipare dei personaggi, degli Algoritmi Umani, degli esperti, degli sportivi, degli specialisti della salute e della medicina. Naturalmente gli incontri e gli avvenimenti che vivremo dentro il club saranno coerenti con il progetto editoriale che ti sei proposto.

    Social audio: il Fat Walkers Club è pronto a tornare

    Questo club come è di ritorno il 2 maggio 2022 alle ore 8.40 con un tema classico: pagare l’abbonamento alla palestra è una cagata pazzesca. Ti aspetto a camminare e a pensare che il mondo del social audio è un mondo che ti offre delle grandi opportunità se fai leva sulle possibilità del mezzo per trasformarle in una “scusa” per far fare qualcosa alle persone che sono presenti nella stanza audio. E pensa che questa è solo una delle cose possibili. Il resto, se lo vuoi sentire, te lo racconterò nelle stanze del Fat Walkers Club. Buona camminata.

    Ti faccio risentire il debutto della stanza zero… e ti aspetto a camminare. Davvero.

  • Reel Instagram: ti spiego come usare lo smartphone

    Reel Instagram: ti spiego come usare lo smartphone

    Reel Instagram: un mondo da scoprire.

    Sono un vecchietto e con i video verticali ci ho sempre avuto poco a che fare. Il mio formato classico, quello cui sono abituato da sempre, è quello in orizzontale, per farti capire, quello della tv. Ok. Poi un giorno mi è capitato di incontrare un vero fuoriclasse dei video verticali, Yusuf Omar, un grande collega mobile journalist e fondatore del progetto Hashtag Our Stories che puoi trovare se clicchi qui. E tutto è cambiato. Sono giorni che sto sperimentando il mondo dei Reel Instagram con l’obiettivo di creare contenuti per darti qualche dritta su come usare lo smartphone e, in particolare, le sue camere, per fare immagini.

    Reel Instagram: un nuovo linguaggio.

    Dei Reel non avevo capito nulla. Non sapevo nulla. I giorni passati assieme al mio collega australiano mi hanno fatto entrare dentro un nuovo mondo e creare un nuovo linguaggio. Secco, veloce, immediato, verticale, ritmato: i Reel Instagram sono uno strumento di grande potenzialità. Lo sono per due motivi, uno straordinario e uno un po’ malefico. Prima di dirti cosa si tratta, però, ti faccio vedere il mio ultimo Reel con il linguaggio delle storie di Google che ho appena inserito nel mio blog.

    Instagram spinge i Reel come un matto

    Ti dicevo di due motivi per cui i Reel sono davvero fenomenali. Il primo è il pubblico: raggiungi un pubblico giovane e riesci a catturare senza dubbio la sua attenzione. Il motivo? Beh, sono brevi e chi guarda quei contenuti li guarda tutti.

    Il secondo motivo è molto meno nobile. Instragram sta spingendo i suoi Reel come un pazzo. Non riesco a immaginarmi, infatti, un motivo serio per cui un pirla come me faccia migliaia di visualizzazioni ai primi Reel Instagram, se non una volontà precisa del social medium di spingere sull’uso di quel tipo di contenuto. Perché? Facile, per fregare utenti a Tiktok. Dai.

    Reel: ti spiego cosa faccio

    Mi è venuta un’idea e te la giro. Se ti va, da ora in poi e per qualche settimana, ci saranno dei Reel sul mio account che ti raccontano come utilizzare bene le varie camere dello smartphone e come fare video a smartphone libero. Insomma, ho rubato l’arte di Yusuf Omar e ho deciso di metterla subito in piazza.

    Se vuoi vedere i miei Reel e seguirmi su quel social medium, magari per chiacchierare insieme su come utilizzare questo linguaggio, mi trovi qui sotto.

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    Come riempire un silenzio sui social

  • Cocreazione con lo smartphone per umani e imprese

    Cocreazione con lo smartphone per umani e imprese

    Sto cercando di mettere a fuoco il concetto di cocreazione.

    Ecco cosa ho scoperto. Prima, però, ti faccio una premessa. Ho studiato per anni lo smartphone, il mobile journalism, la Mobile content creation e le app e per molto tempo sono arrivato vicino a questo concetto senza capirlo. Eppure molte volte me ne hanno parlato creatori di app e di strumenti per lavorare con il telefonino. In questi giorni, per un progetto di mobile brand journalism con l’associazione ASCAI (guarda qui di cosa si tratta) ho, per la prima volta capito esattamente che valore può avere la cocreazione.

    Cosa si intende per cocreazione

    Wikipedia ne parla in questo modo e si riferisce in modo specifico al mondo degli affari: “Nel mondo del business, per cocreazione si intende quel processo di design di nuovi prodotti e servizi per il quale gli input dei clienti gioca un ruolo centrale“. Nel mondo della mobile content creation la cosa si esplicita in modo abbastanza netto e poi ti spiego come. Sempre Wikipedia riferisce che il termine inglese co-creation è stato coniato nel 1979 e, in vari paper, indica il fatto che il concetto è stato sviluppato sempre nel senso dello sviluppo di innovazioni di valore nel campo economico dei prodotti e dei servizi. La filosofia che c’è dietro è quella del pensare che dietro la partecipazione attiva dei consumatori a quello che un’azienda deve creare, c’è una maggiore “customer satisfaction”. Oltretutto viene più volte evidenziato come la cocreazione sia uno dei modi più efficaci per creare valore economico.

    Nel mondo della Mobile content creation la cocreazione è…

    Per anni ho sentito sviluppatori di app di molti paesi ispirarsi a questo valore. In due modi. Il primo modo è quello di cui parla Wikipedia. Già, perché è capitato anche a me personalmente di essere ispiratore di cambiamenti e novità su espressa richiesta di chi crea software e hardware per smartphone. Poi ho anche visto i risultati. La comunità mobile, quindi, basa molto del suo lavoro di sviluppo sulla condivisione di sogni e obiettivi con gli innovatori e quelli che in inglese si definiscono early adopters, primi utilizzatori.

    Il secondo modo è ancora più bello: la cocreazione è anche un principio sul quale gli sviluppatori di app costruiscono il software. Mi spiego meglio. In modo sempre più importante le app di creazione del contenuto sono diventate piattaforme di lavoro in collaborazione per la loro capacità di godere dei servizi di cloud, di far comunicare i device, di esportare e condividere progetti di contenuti creativi.

    Non solo creazione

    Slack, Trello, Asana, Simplemind, Toggl, Focus to-do, Miro, Zoom, Teams. Questi sono solo alcuni dei nomi delle piattaforme di collaborazione nel lavoro e nella realizzazione di progetti che ho incontrato sulla mia strada. Lo smartphone, quindi, non è solo un oggetto con il quale si può sviluppare la creatività, ma anche la progettazione condivisa. La mia collaborazione con Ascai, oltretutto, mi ha fatto davvero pensare con grande intensità che si possano anche creare flussi importantissimi di comunicazione partecipata. Sia interna, sia esterna.

    Lo smartphone come rete di relazione

    Pensaci un attimo, con un esempio stupido. Pensa a un comunicatore che debba inventarsi un messaggio di auguri di Natale dell’azienda. Spesso non se ne rende conto, ma ha nelle reti di relazioni con gli smartphone di tutti i dipendenti una potente rete di relazione. Se tutti i dipendenti (o un gruppo di essi) contribuisse con 5 secondi di video preceduti da una breve formazione per fare inquadrature decenti, il comunicatore si troverebbe tra le mani un contenuto cocreato di notevole valore. Molti gli effetti: metterebbe i volti dell’azienda in primo piano, li coinvolgerebbe in un esercizio che sviluppa senso di appartenenza nei confronti dell’impresa, creerebbe fiducia nel cliente, moneta importantissima oggi.

    Spero di averti portato fino a qui creando, pezzo dopo pezzo, un ragionamento, un’immagine davanti ai tuoi occhi. Smetti di vedere negli smartphone un oggetto tecnologico che distrae e crea omologazione. Trovaci la risorsa per comunicare con gli umani e cocreare con loro valore. Scoprirai un mondo nuovo.

  • Membership, media e smartphone: ecco il futuro

    Membership, media e smartphone: ecco il futuro

    Creare membership, parlare attraverso lo smartphone: ecco il futuro dei media.

    Studiando la Mobile content creation, in questi anni, ho studiato anche l’evoluzione dei media. Le parole strategiche per creare informazione di successo, nel 2021, restano due, almeno a mio modo di vedere: membership e smartphone. Lo dicono gli esempi di successo, lo dice l’evoluzione del telefonino per il quale il presente e il futuro è quello di una macchina totale. Specifico meglio: lo smartphone è passato da finestra dalla quale guardare il mondo a chiave per aprire le porte del mondo.

    La membership e il concetto di valore della conversazione

    L’ho già detto tempo fa, quando ho pubblicato su questo blog un’intervista a Kathie Vanneck-Smith, co-fondatrice di Tortoise. uno dei medium di maggiore successo di questi ultimi tre anni. Se i media vogliono creare valore economico, devono pensare alla conversazione con i loro lettori. Devono trasformarli in membri fondatori di una comunità attorno a dei valori e a dei temi. Ecco il concetto di membership per i media.

    Il lettore deve pensare di essere importante, di valere e di essere sentito, ascoltato, capito. La membership dei media, quindi, si deve basare sui valori condivisi che si sviluppano con contenuti utili, importanti e impattanti per chi li legge. L’epoca dei media di massa è finita da un pezzo, bisogna solo rendersene conto.

    C’è solo un modo per essere importanti per i lettori: dialogare con loro. Il mezzo e il posto migliore per fare questa conversazione è lo smartphone. Ecco perché la seconda parola importante per creare media di successo è smartphone.

    La mia membership, il mio smartphone

    Sono abbonato a due soli media: il già citato Tortoise e theSkimm. Hanno alcune caratteristiche comuni. Eccole:

    • Hanno siti semplici con pochi contenuti di qualità
    • Hanno una app di qualità eccezionale basata sull’interazione con il lettore
    • Creano eventi di valore (incontri, corsi, webinar)
    • Contengono contenuti multimediali (audio, video, testi, foto)
    • Interagiscono con i telefoni dei lettori (perfino con i loro calendari personali)

    Con queste caratteristiche ti sarà facile pensare al motivo per cui ho acquistato la membership volentieri. Semplice: questi media sono importanti per me perché mi fanno sapere e capire cose che gli altri media non mi fanno sapere e capire. Secondo: questi media mi parlano e io parlo a loro. Per questo sono importanti.

    I vecchi media e gli smartphone media

    Il mondo dei media tradizionali deve staccarsi dai suoi modelli, ma per molti sarà impossibile. L’innovatore del mondo dei media Francesco Marconi sta tracciando da tempo la via e bisogna seguirlo. L’epoca del prodotto giornalistico “one fits for all” (uno va bene per tutti) è terminata. Dai media devono uscire prodotti giornalistici che vadano bene per una comunità (combattendone eventuali bias cognitivi) o addirittura media responsivi alle diverse esigenze di ogni lettore. A base di Intelligenza artificiale.

    Vuoi approfondire il discorso? Clicca qui.

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    La forza di una rete di smartphone

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