Categoria: Mobile Content Creation

  • La forza di una rete di smartphone

    La forza di una rete di smartphone

    Ci vuole un cambiamento di pensiero: da pubblico a rete.

    D’altronde il web è una rete, una rete di connessioni. Siamo tutti punti terminali di questa rete da decenni, ormai. Prima il nostro modo di essere si sviluppava solo tramite i personal computer. Ora la rete si sviluppa attraverso gli smartphone, ma ancora non abbiamo consapevolezza di questo cambiamento.

    Dai numeri freddi alla comunicazione calda

    Il mondo digitale è stato caratterizzato, finora, dalla dittatura dei numeri freddi. Le metriche con cui si è misurato il successo sono state quelle dei click, dei like, della massa del pubblico. La massa dell’umanità connessa alla rete è stata vivisezionata, profilata, massacrata da un fiume enorme di dati. Questi ultimi sono stati gli anni della dittatura dei numeri grandi e della massificazione del messaggio, qualunque fosse, attraverso la rete.

    Poi è arrivato il covid.

    Nel 2020 ci siamo accorti che, per continuare a stare in piedi, avevamo bisogno dello smartphone in un modo totalmente diverso rispetto al passato. Lo abbiamo usato molto meno come schermo attraverso il quale guardare le vite degli altri e molto di più come strumento per raccontare la nostra. Le reti di smartphone in giro per il mondo si sono svegliate come mai era successo nella storia. Vero, grazie al passaparola e alla diffusione di questo device erano già successe tante cose importanti per la storia: la primavera araba, i movimenti ecologisti come Fridays for Future, quelli sociali come Black Lives Matter.

    La nostra personale rivoluzione in rete

    In questi mesi anche tu ed io abbiamo fatto la nostra rivoluzione in rete proprio grande allo smartphone. Proprio basandomi su questo concetto di fondo ho scritto un libro: si chiama Smartphone Evolution. La rete degli smartphone che parte da te è un valore di cui devi tenere conto. Un valore che ha due aspetti molto importanti: quello delle connessioni personali e quello delle connessioni in rete.

    Le tue connessioni personali: valore umano

    Lo so che è difficile accettare, specialmente se hai la mia età, i nuovi ambiti digitali della nostra vita. In questi giorni sembrati essere sempre soli. Ti invito a pensare, invece, che hai in tasca tutto il tuo mondo. La rete di relazioni umane che hai costruito in tutto questo tempo è ancora lì. L’unica cosa che devi accettare è che va vissuta con un alfabeto diverso. Il valore umano e le emozioni che ti provoca questa nuova rete di relazioni sono ancora lì. Tutte meno una: quella della vicinanza fisica.

    La rete di connessioni personali: valore economico

    Ecco, adesso devi pensare a quella rete di smartphone che parte dalla tua tasca come a una potente fonte di valore economico. Le interazioni pubbliche che hai, se racconti sui social i tuoi progetti e il tuo lavoro, sono comunque conversazioni dirette, uno a uno, con chi ti sta cercando per avere le risposte alle sue domande. Le interazioni private professionali, invece, sono un reticolato che ti porta nei circuiti giusti per creare quelle relazioni che ti servono ad arrivare a un nuovo cliente, a un nuovo partner, a un nuovo progetto.

    Si tratta di una comunicazione “uno a uno”: ricordalo.

    Rispondi a tutti i messaggi e penso che ogni messaggio è importante. Questo blog lo vedono e lo leggono tra le 50 e le 100 persone al giorno. Possono essere pochi, possono essere tanti. Per me sono importanti. Per me tu sei importante: sei un punto finale della mia rete di relazioni che ho costruito tramite i miei due smartphone. Sono qui, quando vuoi facciamo due chiacchiere.

    Leggi anche:

    L’importanza della forza dei legami deboli

  • Smartphone 2021: il kit mobile (hardware)

    Smartphone 2021: il kit mobile (hardware)

    Smartphone 2021: un anno particolare. Ecco perché.

    Dopo alcuni mesi ritorno a parlare di mobile content creation. Sulla piattaforma Algoritmo Umano ho preparato un corso avanzato per imparare a creare video di qualità professionale con il tuo smartphone e poco altro. Torno a parlare di creazione del contenuto perché lo smartphone del 2021 è diventato una macchina totale. Fra le potenzialità più importanti c’è la produzione di video che, con gli ultimi smartphone, ha raggiunto livello di eccellenza tale da pareggiare e, a volte superare, la qualità della videografia classica.

    Guardo dentro la mia borsa e scopro molte cose

    Preparandomi a questo corso, ho guardato dentro la mia borsa e ho visto la rivoluzione della mobile content creation di questi mesi. Smartphone, microfoni, supporti, camere, gimbal: è cambiato tutto. Ti racconto il kit con il quale eseguo le mie produzioni, dal lato dell’hardware. Si tratta solo della prima puntata, perché presto ti svelerò anche quello che c’è dentro il mio telefonino a livello di software.

    Smartphone 2021: ecco i miei telefoni

    Ho già parlato di come acquistare un telefono se produci contenuti. L’ articolo lo puoi trovare cliccando qui. I miei telefoni sono un iPhone 12 (normale) e un Note 10 della Samsung, per dare una guardata a quello che succede nel mondo Android. Li acquisto sempre usati perché attendo la stabilizzazione dei nuovi hardware con i sistemi operativi prima di procedere al cambiamento degli strumenti principali del mio lavoro. L’iPhone è anche il mio primo telefono 5G e ha una fotocamera in grado di riprendere in Dolby Vision, mentre il Note ha un processore potentissimo e una camera dalla velocità di fuoco portentosa.

    Supporti per lo smartphone del 2021

    Il primo supporto di base è il treppiede. In questo caso ho sempre il solito aggeggio, molto leggero (in alluminio) e da pochi soldi. La sfatta per abbrancare il telefonino al treppiede può essere di diversa natura, ma quella che uso principalmente non è una semplice staffa. Si tratta del Shoulderpod G2, una maniglia per reggere il telefono in modo davvero sicuro, dotata di molti attacchi per gli accessori e versatile per ogni uso. Con il miglioramento della stabilizzazione ottica degli smartphone trovo che fare le immagini a smartphone libero sia molto divertente, ma il G2 è l’handheld con la H maiuscola. Lenti? Continuo a non contemplarle nel mio uso professionale della mobile content creation. Naturalmente gli smartphone sono protetti da un guscio antiurto.

    Il Gimbal, finalmente amico.

    Sinceramente odio la Dji Global per quel suo modo di fare marketing che ti obbliga a piegarti a grandi difficoltà per avere i prodotti (e a grandi spese…). Tuttavia l’ultimo Gimbal che ha realizzato la casa cinese dei droni è quello che meglio ha risposto alle mie esigenze. Carrellate, piani sequenza, immagini in movimento, li svolgo volentieri con l’OM 4, di cui ho già parlato qui. Un esoscheletro per il telefono davvero resistente e performante, ottimo anche per avere una camera in movimento nelle dirette. Finalmente un gimbal amico.

    Microfoni per lo smartphone del 2021.

    Per realizzare le interviste, di solito, uso il microfono più stabile che è ancora il Samson Go Mic Mobile. Si tratta di un microfono Wi-Fi con trasmettitore gelato e lavallier e con ricevitore dotato di staffa che si può abbrancare al retro del telefono. Se voglio usare un clip bluetooth uso Instamic, realizzato dall’italiano Michele Baggio. Sempre nel mondo dei microfoni wi-fi, c’è il Memory Mic della Sennheiser, c’è il Mikme e sto valutando se acquistare il Sabinetek. Il mio mezzo fucile preferito è l’MV 88+ della Shure.

    La relazione tra l’audio e lo smartphone è sostanzialmente migliorata e presenza molte soluzioni, sia a filo, sia wireless. Nella mia borsa, per esempio, resiste ancora lo stabilissimo iRig Mic HD2 della Ik Multimedia, azienda di Modena. Ormai esiste anche un comparto di mixer da utilizzare con i device mobili i quali fanno, diciamo, digerire il suono ad alte frequenze, sopra i 96 khz, anche ai nostri strumenti. Di questi parlerò quando affronterò l’argomento del kit per mobile podcasting che sto ancora studiando.

    Il suono dello smartphone 2021

    Nel mio zaino ci sono anche le Ambeo Smart Headset. Di cosa si tratta? Si tratta di un paio di cuffie, della Sennheiser, che hanno, all’esterno dei padiglioni auricolari, due microfoni che catturano l’audio a 360 gradi. Ottime per carpire l’audio spaziale e simboliche di un mondo che non ha grande successo, ma potrebbe rappresentare una nuova opportunità per dare profondità al racconto visuale che fai con la mobile content creation.

    Una sparizione rumorosa

    Nel kit per lo smartphone 2021 non c’è più una cosa che sembrava aprire un mondo: la telecamera a 360°. Ecco un paio di motivi di questa sparizione. Non essendo ancora alla portata di tutti la possibilità di vedere questi video correttamente (ci vogliono i visori oculari i quali hanno ancora un costo elevato), la videografia immersiva non ha fatto successo. Oltretutto le piattaforme sociali hanno vietato, con un cambiamento di codici, la trasmissione a 360° di video in diretta. Una sparizione rumorosa dall’orizzonte delle prospettive di produzione dei contenuti per la mobile content creation.

    Le camere d’appoggio

    Per cambiare punti di vista uso principalmente due camere. La Dji Osmo Pocket 2, di cui ho parlato qui, ma anche la Insta GO. La prima delle due copre tutte le realizzazioni di immagini di copertura. Il motivo? Semplice. Le sue dimensioni e la consistenza della sua stabilizzazione la rendono un aggeggio perfetto per evitare qualsiasi movimento indesiderato delle immagini. Quando le fai con la Pocket, sembra sempre che il tuo smartphone sia appoggiato a un treppiede. La Insta Go, invece, è un hardware piccolissimo e dal peso ridottissimo. Queste due qualità rendono la insta un accessorio importante per lo smartphone 2021. Con quella, infatti, fai immagini dai punti di vista completamente inusuali e inaspettati.

    Queste camere hanno la caratteristica di essere “plug and play”. Vale a dire si attaccano fisicamente allo smartphone per trasferire i dati.

    Il drone per lo smartphone 2021

    In attesa di prendere il patentino e di acquistare un drone professionale, ho nella mia borsa un Tello della Dji. Mi serve solo per dei piani sequenza che abbiano punti di vista particolari. Un capannone di un’azienda presto dall’alto, un fly away (inquadratura che si allontana dal protagonista della storia facendone vedere il contesto). In questo ambito devo studiare ancora molto e percorrere molta strada, ma intanto mi alleno con l’unico drone giocattolo che fa immagini di sufficiente qualità.

    C’è anche il computer, già.

    Lo avevo annunciato in questo articolo che il computer sarebbe stato aggiunto al kit mobile. Il motivo è dato dal fatto che il mio nuovo MacBook Air, ha il processore M1 che ha la capacità di leggere le app che girano sul mio iPhone e sul mio iPad (a proposito, io l’editing lo faccio con il mio tablet). Ho provato proprio in questi giorni l’ebbrezza di trasferire progetti e idee che nascono dal mio telefonino al mio Mac per continuarle in piena configurazione mobile. Dirimente, in questo senso, la potenza della batteria del Mac che funziona senza caricarlo per 2 giorni di lavoro interi.

  • Microfono per smartphone: alcuni consigli utili

    Microfono per smartphone: alcuni consigli utili

    Il microfono per smartphone: questa è una delle keyword che viene più utilizzata per arrivare sul mio sito.

    Semplice il motivo. In passato ho raccontato più volte di quali siano e come vadano scelti gli strumenti più adatti per acquisire l’audio con uno smartphone. Insomma: ho parlato più volte del giusto microfono per smartphone. Come qui o qui. Le possibilità su questo argomento stanno cambiando (e di molto): ormai ci sono microfoni wired e wireless (con e senza filo) che hanno qualità professionali. Senza se e senza ma.

    Piccoli e grandi problemi

    Nei prossimi giorni metterò online dei pezzi sul kit con il quale lavoro, sia riguardanti il giusto microfono per smartphone, sia i supporti e gli strumenti collaterali al mio iPhone 12. Alcune cose te le voglio dire subito, per risolvere piccoli grandi problemi di rapporto tra microfono e smartphone:

    1. Quando hai bisogno di un risultato assicurato, affidati ai microfoni con il filo. Se il tuo telefono ha ancora il jack, il jack deve essere TRRS. Deve avere, infatti, 4 poli che possano gestire entrata e uscita dell’audio.
    2. Se hai un iPhone assicurati che nella confezione del microfono ci sia il cavo micro USB-Lightning.
    3. Fa attenzione ai microfoni Bluetooth, specialmente se vuoi andare in diretta. Le app live, infatti, hanno rivisto i protocolli di questa connessione e lo stesso hanno fatto i produttori di telefonini. Per questo sono pochissimi i microfoni Bluetooth a darti l’opportunità di andare in diretta perché supportano il cosiddetto BLE (nome del protocollo Bluetooth di base accettato dalle app).

    Il 2021, l’anno della voce

    Il 2021 è l’anno della voce. Lo dice Clubhouse, lo dicono i podcast. Lo dice il trend dell’industria che sta lavorando su questo nuovo asset con cui comanderemo il web e vivremo la nostra vita virtuale in modo ancora più vero, intenso e finalmente sincronico. Per questo motivo avere il microfono per smartphone più adatto potrebbe essere molto importante. Potrebbe essere come avere la macchina giusta. Un modo per lasciare la corretta impronta vocale nel mondo virtuale che frequenti.

    Allora bisogna farsi un’idea precisa. Ti posso dare, in questo senso, un appuntamento per parlarne in modo approfondito. Parleremo anche del giusto microfono per lo smartphone al prossimo corso di podcasting mobile di Algoritmo Umano. Un corso che sarà tenuto da me e dal collega Fabio Ranfi. Clicca qui per iscriverti. Ci vediamo lì e ti spiego tutto. “Come fare un podcast con lo smartphone” sarà anche un modo per imparare come fare audio con lo smartphone e, di conseguenza, come usare al meglio un microfono per smartphone.

  • Podcast mobile: un altro mondo da esplorare

    Podcast mobile: un altro mondo da esplorare

    Podcast mobile: come cambiare il senso delle cose

    Sono alle prime esplorazioni del mondo del podcasting mobile, ma devo dire che o già percepito il senso di un mondo nuovo che mi si para davanti. Quello dei podcast è un fenomeno in netta ascesa, dentro l’universo del mercato dei prodotti editoriali. Stanno investendo nella voce i grandi giornali, i grandi gruppi dello streaming musicale, le grandi aziende. Unire questa tipologia di contenuti alla filosofia mobile potrebbe trasformare il senso di ogni incontro, di ogni registrazione, di ogni progetto editoriale audio.

    Il kit per il podcasting mobile: che leggerezza

    Per fare un podcast mobile cambia la strumentazione. La mia è quella che vedi nella foto.

    L’attrezzatura per podcasting mobile su cui sto lavorando

    Il mio iPhone 12, il mio iPad pro, uno splendido mixer Zoom P4 (grazie a Mogar Music per avermelo mandato in uso), un radio microfono Samson e il gioco è fatto. Anzi no, c’è di più. Già, c’è la splendida applicazione gratuita di montaggio e diffusione dei podcast Anchor che rappresenta l’interfaccia ideale per costruire gli episodi con disarmante facilità.

    Lo smartphone è il mio ponte verso l’esterno

    Quello che mi ha stupito, nella mia prima vera registrazione di un podcast con attrezzatura completamente mobile, è duplice. La prima sorpresa l’ho ricevuta dalla versatilità d’uso e dalla capacità di dialogo con i vari strumenti del mixer P4. Un hardware grande come una mano, in grado di rapportarsi in modo praticamente perfetto con lo smartphone quale terminale di suono (si può ospitare una telefonata da fuori in un baleno) e con l’iPad nella gestione del montaggio. La seconda sorpresa l’ho avuta dallo smartphone che ha gestito con velocità l’ingresso di alcune testimonianze esterne arrivate via Whatsapp e girate al cloud di Anchor in due colpi di dita. Lo smartphone, quindi, può essere un ponte verso l’esterno sia per le telefonate che per la gestione di file audio provenienti da qualsiasi altra app che gestisca questa tipologia di file.

    Podcast: un’opportunità per le aziende

    Sperimpenterò sul campo questa nuova modalità di fare podcasting in mobilità. La sperimenterò e la insegnerò subito al mio prossimo cliente. Si tratta della Fondazione Edulife che con il suo 311 Verona mi ha chiesto di fare un corso laboratorio sul podcast mobile per un gruppo di giovani con il fine di presentare un vero podcast a un vero cliente. Il mese prossimo, anzi, nei mesi prossimi ho una nuova missione: scardinare anche il mondo del podcasting facendolo… muovere. Un’opportunità che spero le aziende vogliano cogliere.

  • Osmo Pocket 2: dallo smartphone al cinema

    Osmo Pocket 2: dallo smartphone al cinema

    Ho provato la Osmo Pocket 2, nuova versione della microcamera stabilizzata di Dji.

    Il micro strumento della famosa marca cinese specializzata in droni non mi aveva convinto nella sua prima versione. Con la numero due è cambiato tutto… o quasi. La Osmo Pocket 2, infatti, è uno strumento indispensabile per portare ancora più in alto la qualità delle immagini che produci con lo smartphone.

    Osmo Pocket, i problemi della prima versione

    Alcune cose della prima release della Osmo Pocket non mi convincevano. Sembrava un giocattolo poco professionale, almeno visto con gli occhi di chi produce un contenuto. Ottima per la stabilizzazione, pessima, per esempio, per l’audio. Non si capiva bene se questa camera fosse una semplice sport-cam, come la Go Pro, per intenderci, o volesse essere qualcosa di più. Come sai non parlo di tecnica, ma di utilizzo dell’aggeggio: ebbene, la Osmo Pocket, col tempo, mi ha contraddetto sul campo. La seconda versione ha fatto ancora di più.

    Le prime esperienze con la due

    Filmati in 4k a 60 fps, fotocamera da 64 mega, stabilizzazione a tre assi, active track (ti segue se ti muovi davanti a lei, per intenderci). La nuova creatura di Dji ha delle caratteristiche che la rendono molto potente sotto il profilo tecnico, ma è notevolmente migliorata anche nella sua esperienza di uso. Ecco le prime foto e i primi video stabilizzati che ho realizzato passeggiando per Milano il 16 gennaio 2021.

    Perché comprare la Osmo Pocket 2

    La microcamera ha sconfitto completamente i problemi dell’audio, equipaggiandosi di quattro microfoni che creano l’audio direzionale il quale si modula a seconda dei tuoi spostamenti davanti a lei. Oltretutto è stata dotata di una basetta e di un microfono wifi che può permettere di creare splendidi “piece to camera” anche in pieno movimento e da lontano. Insomma, con i suoi accessori, può essere uno strumento con il quale lavori in modo autonomo, usando lo smartphone solo per scaricare i pezzi e montarli. La Osmo Pocket 2, però, è necessaria quando fai le immagini di copertura che, con la sua spettacolare stabilizzazione, portano i tuoi video a una qualità cinematografica.

    Perché non comprare la Osmo Pocket 2

    Grandi motivi non ce ne sono, ma è davvero respingente la maniera di affrontare i clienti della Dji. La base, infatti, costa 359 euro, ma è completamente sfornita di accessori che sono determinanti per l’uso completo di questa microcamera, la quale non è una semplice sport-cam, ma uno strumento che vale le più costose camere cinematografiche, almeno in movimento. Per questo sei comunque obbligato ad acquistare gli accessori se vuoi, per esempio, usarla come seconda camera wifi controllata da un secondo telefonino (altra cosa che faccio spesso nelle interviste). Anche il microfono dedicato è a parte. Ecco, piccolo problema, se vuoi acquistare gli accessori a parte non si trovano…

    Il motivo? Semplice. Vogliono farti acquistare la versione combo, con tutti gli accessori compresi. Lì il prezzo sale a 519 euro. Non va bene, ci vorrebbe più chiarezza. Comunque se vuoi portare al livello più alto possibile le tue immagini, lei è la risposta.

    Leggi anche – Nel 2021 il mobile journalism diventerà grande

  • Vita a 5G: la partenza è… surreale

    Vita a 5G: la partenza è… surreale

    Da qualche giorno ho la connessione 5G nel mio nuovo iPhone 12.

    Ho cambiato la mia tecnologia cellulare per fare un salto in avanti dentro quell’eldorado che aziende e commentatori dipingono come un nuovo futuro che cambierà tutto. Come divulgatore della mobile content creation e dell’uso consapevole dello smartphone credo di fare un buon servizio se mi addentro nei nuovi modi di vivere il rapporto con la tecnologia mobile all’interno dei giorni normali di vita. Ebbene, la partenza è stata surreale, una specie di presa di coscienza, con tanto di prove, che il tanto decantato 5G non esiste. Lo avevo già scritto su Algoritmo Umano, ma ora ho le prove per poterlo dire.

    Il primo aggancio al 5g

    Ecco i miei primi test di connessione sulla linea di Tim

    Ricorderò per un po’ la data del 14 novembre 2020 come una data importante. Ho comprato un iPhone 12, il primo iPhone 5G, il quale mi ha dato fin dal primo aggancio alla rete un segnale di quinta generazione. Elettrizzato, ho subito tentato uno speed test, ricevendone un’indicazione imbarazzante, ma commettendo anche un errore. L’errore è che l’ho fatto dentro casa mia. Dovevo ricordarmi che il 5G viene rallentato di molto dal cemento. Quando sono uscito di casa la cosa è leggermente cambiata. Preciso che il test di cui parlo è quello in fondo e i successivi sono a salire. Il secondo è un test del Wi-Fi si casa mia e quello successivo è un altro test in casa. Facciamo così diciamo che non valgono date le condizioni in cui ho svolto le prime prove di questa connessione. Poi, però, sono uscito.

    La passeggiata lunare

    Durante una camminata il giorno successivo mi sono fermato a fare altri test dopo un primo approccio decente al 5G avuto il 14 novembre alle 20.37. Domenica 15 novembre 2020 ho testato la connessione fermandomi in un punto in cui avevo 5 tacche e 5G segnato sul telefono e ho scoperto solo dopo che era un 4G. Lo si vede dai test delle 12.05 e delle 12.06. Questo è successo perché l’iPhone è settato su “5G Auto” e non su ”5G on”. Cosa vuol dire? Semplice: vuol dire che ha una funzione che dà al telefono las possibilità di usare il 5G solo quando questo non consuma troppo la batteria (la Auto, appunto). Ok, va bene. Quindi il 5G c’è, ma la tua batteria viene ciucciata al volo, tanto che la Apple ferma la cosa dandoti una funzione “usala pure, ma con cura”. L’operatore telefonico in questione, poi, maschera il segnale 4G mettendoti il simbolino 5G, anche quando non c’è.

    5G e il valore aggiunto che non c’è

    Alla fine è arrivato, in via Imbriani a Milano, il primo assaggio di 5G. Ultimo test per 200 mega e spiccioli in download, 30 in upload. Se compari, dalla foto, il primo test della lista, quello di cui parlo, con quello precedente (quindi il secondo della lista), capirai che il valore aggiunto non c’è. Il 5G massimo che ho trovato si è rivelato uguale al 4G che già pago al mio operatore. Dico subito che la mia vita a 5G è appena iniziata e che per mesi ne parlerò in articoli, video e pezzi sul sito. Farò anche altri test in altri posti della città.

    Tuttavia va chiarito subito che c’è una specie di tradimento nei confronti dei clienti che viene perpetrato dai telefonici e dai produttori di smartphone. Come ho spiegato nell’articolo di Algoritmo Umano in Italia non ci sono antenne stand alone (cioè basate solo sulla tecnologia 5G), ma solo antenne miste tra 4G e 5G. In Italia i telefonini che ci sono non hanno modem interni 5G, ma misti. Il tradimento di cui parlo, quindi, è legato al fatto che il simbolino 5G che compare nasconde una linea 4G nella gran parte delle volte. Questo i consumatori dovrebbero saperlo.

    Ci vorrebbe più chiarezza

    Il centro del problema è questo: la chiarezza. La rete di connessione a 5G è una promessa non mantenuta e questo si dovrebbe sapere. La verità è che le telefoniche stanno costruendo la rete con spese enormi in tutto il mondo. Per questo cercano di vendere il servizio accelerando le reti 4G, ma senza dirlo apertamente. Hanno bisogno di soldi per continuare a far crescere la copertura prima che questa raggiunga i livelli da 1 giga in download che sono i livelli reclamizzati (ma non garantiti dai contratti telefonici). Quei soldi glieli dai tu se ti attacchi al 5G adesso.

    Il download è utile ai ricchi, l’upload ai poveri

    C’è un altro punto. Il download è utile ai grandi gruppi tecnologici, ai giganti dello streaming, alle mega aziende dei social e dell’intrattenimento. L’upload, invece sarebbe utile a noi poveretti. Perchè? Esempio pratico. Con il download veloce e stabile posso al massimo guardare un video in 4k o ricevere un contenuto. Si tratta della missione di chi ci dà cose da guardare tutto il giorno…

    Con l’upload, invece, potrei mandare i miei video al mio cliente in tempo reale. Potrei mandare il documento importante al mio collega, mandare la foto importante alla mamma di mio figlio. Potrei giovarmi io della velocità della rete per trasferire contenuti e file alle persone in relazione con me. Ecco: perché è così lento? Perché, anche cercando sul web non si trovano dati certi sul l’upload a 5G?

    Un altro modo per farci restare passivi

    Il 5G, quindi, si presenta, almeno per ora, come un altro modo per restare passivi. Già, perché quello che promette (e per ora non mantiene) è legato alla possibilità di fruire contenuti come ricevitori, non a trasmettere contenuti come produttori. Per questo motivo è comparso oggi un articolo su “La Repubblica” che dice che, secondo uno studio, le aziende italiane snobbano il 5G. Semplice, perché non possono usarlo a loro vantaggio. Per convincerti guarda la foto dei miei test sotto la voce “Upload”. Sono nettamente inferiori a quelli della fibra ottica. Per questo non sono utili. La mia vita a 5G è appena cominciata e per ora è surreale: una promessa non mantenuta e un plus inutile. Col tempo ti racconterò i cambiamenti, ma se hai esperienze e vuoi dirmi la tua, ne sarei felice. Basta un commento qui sotto.

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    Image by ADMC from Pixabay

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