Categoria: Mobile Content Creation

  • Mobile content creation: a chi serve?

    Mobile content creation: a chi serve?

    Mi piace molto rispondere a questa domanda, quando mi viene posta.

    La mobile content creation è una cultura che può toccare, migliorare, cambiare molte professioni diverse e molte vite. E’ una cultura completa e coinvolgente che riguarda la produzione di contenuti di ogni genere, su base visuale e di carattere multimediale, con le device mobili. La mobile content creation è nata dal giornalismo e dalla sua volontà di cambiare il racconto della notizia utilizzando in modo evoluto l’hardware che abbiamo in tasca per telefonare. Ora, tuttavia, è diventata molto altro. E’ una disciplina completa che apre a possibilità senza limiti sotto il profilo operativo. Con il mobile puoi fare piccoli video, servizi da tg, interi format, programmi audio, scrittura digitale, documentari, film video immersivi.. Per questo motivo non c’è lavoro e non c’è professionalità che non possano essere toccate dalla mobile content creation e giovarsene.

    Esempi? Anche troppi.

    Traduco in modo semplice: saper fare video di qualità è una cosa che può essere importante per tutti. Un architetto può far vedere un suo nuovo progetto, un artigiano il suo ultimo manufatto, un’azienda il suo nuovo servizio, un professionista può dare consigli, un docente fare formazione, uno studente creare una ricerca, un parrucchiere il suo ultimo stiloso taglio. Vado avanti? Inutile: la mobile content creation potrebbe servire a tutti. E’ più importante spiegare perché.

    Il segreto di questo strumento.

    Lo smartphone è uno strumento che puoi usare o dal quale vieni usato. E’ questa la grande battaglia che fai con il coso che hai in tasca, il quale, peraltro, sta perdendo fascino. Lui usa te ogni volta che lo accendi. Tu usi lui ogni volta che produci un contenuto e lo pubblico. La mobile content creation è quello strumento che rende ogni contenuto che pubblichi utile e di qualità, nonché mezzo con il quale tu dirigi esattente cosa vuoi dire al mondo. Usando come lo usi ora, lo smartphone usa te. Usando la mobile content creation, tu usi lo smartphone. Che ne dici? Non è il caso di impararla? Se la risposta è sì, clicca qui.

    (Foto di copertina di fancycrave1 da Pixabay )

  • La mobile content creation nelle aziende

    La mobile content creation nelle aziende

    Mobile content creation, un modo per cambiare il futuro di un’impresa

    “Every company is a media company”: è questo uno dei mantra più importanti del brand journalism. Ormai, grazie alla disintermediazione offerta dalle piattaforme sociali, le quali permettono alle aziende di raggiungere il proprio bacino di clienti, ogni impresa che vuole stare in modo adeguato sul mercato deve produrre dei contenuti in autonomia. Per molti motivi, principalmente legati al racconto che una compagnia vuol fare di se per creare il giusto coinvolgimento con la propria community e mandare all’esterno messaggi perfettamente coerenti con la propria mission e vision. La mobile content creation può essere un ingrediente decisivo di questo tipo di progettualità.

    Aumenta il valore delle risorse interne

    Per usare la mobile content creation bisogna, innanzitutto, formare le risorse interne. Saper fare un video professionale con lo smartphone, per il vostro ufficio stampa o il vostro ufficio marketing, è un vantaggio competitivo che aumenta il valore e la produttività delle vostre risorse interne e la profondità della loro azione.

    Inserire nel programma di formazione anche questa materia, indubbiamente, creerà maggiore soddisfazione nelle risorse interne e maggior senso di appartenenza. Oltretutto la mobile content creation può coinvolgere tutti i dipendenti nel processo di produzione di un contenuto e anche questa può essere un’arma di valorizzazione e di costruzione di una squadra. Con un telefonino, infatti, ogni dipendente sarà in grado di registrarvi un contenuto e di partecipare a un risultato, sviluppando empatia e partecipazione nei confronti dell’ambiente.

    Parla ai clienti in un modo unico.

    La mobile content creation permette di fare contenuti video con un linguaggio diverso rispetto alla videografia normale. Chi produce video in mobile arriva più vicino alle storie, riprende in modo atipico i prodotti, gira immagini più informali, le quali portano il cliente potenziale più vicino al valore dell’azienda e delle sue creazioni. I protagonisti dell’azienda, poi, si faranno intervistare in un modo più veritiero, informale, meno finto. Insomma, l’azienda che usa la mobile content creation la può mettere a frutto creando un modo unico di parlare a chi la segue.

    La mobile content creation mette l’azienda nel tuo telefonino.

    Ormai molte delle automazioni aziendali vengono gestite dai telefonini, ma con la mobile content creation puoi gestire anche la comunicazione senza mai utilizzare un computer. Così come produci dal telefono, puoi anche pubblicare i contenuti dal telefono e, dallo stesso smartphone, monitorare i risultati e la penetrazione dei tuoi contenuti nell’agone mediatico. Non appena si ingenera una richiesta, un commento, un’interazione dal cliente, la tua risposta può essere pronta.

    L’arma mobile è molto potente e va appresa con pazienza o con passione. Non va sottovalutata. Dietro video professionali, anche fatti con gli smartphone, ci devono essere persone che conoscono questa cultura e le sue evoluzioni, le quali sono rapidissime. È per questo, infatti, che per far entrare la mobile content creation nell’azienda, ci vuole un professionista di questo campo. Che sappia produrre, se ti serve, formare e sovrintendente ai flussi di lavoro. È un progettista e un produttore, ricordalo. E usalo.

    Basta tremolii, basta contenuti pessimi.

    Basta, quindi, con video tremolanti o dirette social da incubo (a proposito, anche quello delle dirette è un campo che si affronta col mobile). Preparati ad avere, a fare, a produrre tu, a pubblicare, a creare un progetto editoriale che impatti sui clienti in un modo unico. Tra l’altro apprestati a essere stupito dal contenimento dei costi che la mobile content creation realizza. Sei pronto?

  • Mojofest Day 3: l’eredità di un grande evento

    Mojofest Day 3: l’eredità di un grande evento

    Ci ho messo un po’ a scrivere dell’ultimo giorno di Mojofest. Ora ti spiego perché.

    Il motivo è semplicissimo: Mojofest è morta l’8 giugno 2019 e l’annuncio del decesso è stato dato il 11 giugno 2019 con questo annuncio sul sito e sui social della manifestazione.

    Un momento piuttosto importante

    Non ti nego, quindi, che lasciare l’evento in mezzo a un discreto cumulo di emozioni e con una certa sofferenza, è stato molto faticoso. Ho anche fatto una chiacchierata molto emozionante con Glen Mulcahy della quale non scriverò una parola. Dirò solo una metafora. Glen mi è sembrato come un padre che ha insegnato a tutti a camminare, poi si è seduto e ha detto: “Ho visto e vissuto troppo (in tutti i sensi, nda). Ora andate, fate voi, cavatevela da soli. Andate, camminate…”. La mobile content creation è a un momento di svolta che bisogna saper interpretare molto bene, perché altrimenti si rischia la morte. Ecco cosa può succedere in termini molto pratici.

    Le premesse: la tecnica cambia velocemente.

    La tecnica sta arrivando a un punto in cui la produzione mondiale di creatività è tutta sul ponte di passaggio tra situazioni statiche e situazioni mobile. I media lo hanno capito, il cinema lo ha capito, le aziende lo hanno capito. La mobile content creation non fa più rima soltanto con lo smartphone per quanto riguarda la produzione dei contenuti o la fruizione. La mobile content creation fa rima con smartphone e con tutti gli hardware che, con lui, possono migliorare e potenziare il linguaggio del video in sincronia fisica, wifi o via bluetooth. Ho saputo che la testa edizione degli Spectacles sarà dirompente e darà il via al wearable journalism come non lo abbiamo mai visto o intrepretato finora. I droni migliorano, i gimbal sono diventati robot. Insomma tutto sta cambiando ed è anche in arrivo il 5G. In questo panorama la mobile content creation può avere solo un ruolo in crescita. Non lo dico io, lo dice Claude Lelouch che è uno un filo più intelligente di me, quando parla di una cultura che gli ha liberato la testa come mai prima d’ora. Poi c’è Adobe Rush che promette sfracelli, te lo dico.

    Scenario numero uno: tutto si frammenta.

    Da questo momento in poi potrebbero vincere gli interessi personali e potrebbe infrangersi contro le incongruenze di questo momento economico anche la stessa community dei mojoer, non solo l’evento. Tutti noi, me compreso, abbiamo i nostri affari i quali crescono con difficoltà. Potrebbe essere perfino comprensibile che prevalga l’interesse micro, invece dell’interesse macro. Dobbiamo essere consapevoli però che se nessuno penserà a far crescere seriamente una comunità di persone, sia nei propri contesti, sia a livello internazionale, consapevoli della cultura della mobile content creatrion, le resistenze al cambiamento vinceranno e anche la mojo community, dopo Mojofest, chiuderà i battenti. Senza un filo rosso che unisce tutti, ma con una serie di piccoli satelliti che girano attorno all’argomento, corriamo il pericolo di essere considerati come una strana ed evanescente avanguardia.

    Scenario numero due: tutto cambia.

    L’eredità di Mojofest 2019, la quale è stata la migliore edizione di tutte per l’innovatività dei linguaggi, dei contenuti, degli scenari, è un’eredità che va conservata con molta attenzione e conservata in modo comunitario. Il gruppo Facebook dove i mojoer si scambiano informazioni su questa cultura deve diventare il centro di una nuova versione della mobile content creation e trasformarsi in un gruppo sull’innovazione nel mondo dei media, dei suoi linguaggi, dei suoi prodotti, dei suoi hardware, dei suoi software e, soprattutto, dei suoi modelli di business. Per questo motivo sono andato in giro tre giorni alla Mojofest ripetendo ossessivamente questa domanda.

    “How the hell do we make money out of this”

    Come diavolo ci facciamo i soldi

    Se vogliamo raccogliere davvero l’eredità di Mojofest dobbiamo creare un movimento che parli ed elabori in modo autentico modelli di business che possono creare profitto e ricchezza. Forse è questo il punto, ma va detta una cosa importante. Molto probabilmente uno dei motivi per cui si è interrotta la parabola di Mojofest è che non siamo riusciti a far prevalere la Teoria dei Giochi di John Nash rispetto ai nostri interessi individuali. Per questo motivo, invece di dire grazie a Glen Mulcahy per quello che ha fatto per noi, forse dovremmo dire, “scusa Glen per quello che non abbiamo saputo fare noi”. E prepararci a dare un nuovo futuro alla più grande community di media innovator del mondo.

  • Mojofest Day 1: il potere dello storytelling

    Mojofest Day 1: il potere dello storytelling

    La storia di For Sama

    La filmaker siriana Waad Al-Kateab ha realizzato un documentario impressionante che è stato il keynote di apertura di MojoFest il 6 giugno 2019. Un film choccante, sconvolgente, a tratti stomachevole, che ha regalato a tutti il grande messaggio che produrre in mojo e avere una mentalità mojo consegna a tutti una possibilità in più, quella di inventare uno stile nuovo, di fare entrare la vita, la morte, il sangue le urla, il pianto e la speranza dentro un video con l’impressione che sia vita. Così com’è.
    Questo neorealismo è dentro For Sama. Un film che tutti dovrebbero vedere per capire cos’è la guerra e cos’è il potentissimo linguaggio mojo. Niente a che vedere con smartphone o hardware. Tutto a che vedere con la vita.

    Il messaggio è chiaro: le storie non moriranno.

    Le storie non moriranno mai. Ne avremo sempre bisogno, siano esse della potenza di quella raccontata dalla giovane siriana, la quale ha documentato lo strazio di Aleppo sotto le bombe per scrivere una lettera di perdono alla figlia, Sama appunto, oppure siano della specie più semplice. Alla conferenza più importante del mondo in quanto a presente e futuro dei media, il grido è arrivato forte: cambiate gli strumenti, ma non abbiate paura, le storie resteranno un bisogno primario dell’uomo. Il primo giorno è andato via sulle ali di argomenti e provocazioni legate alla fotografia e alla creatività cinematografica che ormai ha visto ben 12 film realizzati con gli smartphone. Nel pomeriggio numerosi workshop hanno rivelato segreti e spigolature della smartphone photography. Nella mia giornata resta il filo conduttore dello storytelling che resta una certezza in un mondo che cambia. Ne ho parlato anche con il pluripremiato e talentuosissimo Mike Castellucci, fuoriclasse della narrativa video con lo smartphone. Anche da lui l’idea è arrivata chiara: se hai la storia ci puoi vivere, i soldi arrivano.

    Devi stare attento, però: i luoghi delle storie stanno cambiando e a questo ti devi adattare. Anche i linguaggi, anche la tecnica, anche la grammatica. Ti racconto un paio di piccoli particolari: oggi ho visto For Sama, soltanto il trailer. Ebbene, ho sentito ancora chi diceva che le immagini non erano di qualità. Cioè, questa riprendeva con un telefono in mezzo alle bombe e c’è anche chi si lamenta. Seconda cosa: guarda che il tuo lavoro può e deve essere diffuso, offerto, formattato, per chiunque abbia bisogno di una storia. Inventa prodotti, cambia schemi, cambia posti, proponiti per contenuti su social, sul web, su ogni mezzo. L’unico ostacolo è dentro la testa delle persone: combatti, cambiala, ammalia, convinci. Poi la storia buona che hai per le mani ti pagherà le bollette. Restare sui tuoi schemi ti farà solo morire più lentamente.

  • Business con le dirette social: il caso Van Achter

    Business con le dirette social: il caso Van Achter

    Dirette social: ecco come si rivoluziona una carriera.

    Le dirette via social network sono un argomento che sta attirando molto la mia attenzione in questo periodo. Sono uno strumento da proporre sul mercato se lo osservo dalla parte tua e mia, cioé quella dei produttori di contenuti freelance, ma anche una grande opportunità per aziende, professionisti, istituzioni ed enti che vogliano cogliere al volo le potenzialità di un mezzo che ancora non è stato compreso.

    Nella mia attività di divulgatore, di solito, alterno spiegazioni a incontri. Questa volta è proprio il momento di un contenuto del secondo tipo per regalarti un caso di un giornalista, produttore, “mediacker” come si definisce lui, il quale ha squadernato completamente lo spartito della sua carriera reinventandosi producer e formatore nel campo delle dirette via social e del giornalismo imprenditoriale.

    Il fenomenale live guy

    Ho conosciuto Damien Van Achter, questo il suo nome, durante la giornata de La Video Mobile 2019 a Parigi lo scorso febbraio. Dopo una carriera in diversi tipi di media, Damien ha deciso di diventare imprenditore di se stesso, di insegnare agli altri come si fa e di farlo mettendo i format in diretta al centro della sua produzione. Sul suo canale Youtube puoi vedere molte sue riflessioni e operazioni sull’argomento, ma la cosa più stupefacente è la sua capacità di invertire i punti di vista del suo linguaggio di produzione delle dirette via social. Quella che vedi qui sotto è un discreto esempio. A La Video Mobile si è “autoripreso” l’intervento in cui spiegava il suo progetto all live per clienti e media.

    Il professore matto.

    Damien Van Achter è professore “invitato” di giornalismo imprenditoriale a IHECS (Bruxelles), EFJ (Parigi), all’ISIC di Rabat in Marocco e alla CFJM in Svizzera. Abbiamo fatto due chiacchiere e mi ha spiegato bene la sua impostazione. Ha due caratteristiche che ti invito a seguire. Ha impostato (tanto da diventare insegnante della cosa) il suo giornalismo in modo imprenditoriale e ha formattato in modo particolare i suoi live. Per andare dai suoi clienti ha perfino creato un’automobile “da live” mettendo internet e alcune camere nella sua vettura. Ha girato le strade del vino d’Alsazia invitato a raccontare le storie dei produttori in diretta (con aumento del 7% del fatturato da un anno all’altro), ha creato formati e usato strumenti atipici per cambiare le situazioni nelle quali realizzava le sue produzioni. E’ un professore matto che insegna ai giornalisti come fare gli imprenditori e ai producer di contenuti come spezzare i linguaggi con cui fare i live.


    La nostra chiacchierata. I sottotitoli sono quelli in francese fatti in automatico da Youtube per cercare di capirci qualcosa in più. Non sono fedelissimi, me ne scuso.

  • Adobe Premiere Rush su Android cambia la storia dei media

    Adobe Premiere Rush su Android cambia la storia dei media

    Ieri è stato un giorno storico per la mobile content creation, per merito di Adobe Premiere Rush

    Dal 21 maggio 2019, infatti, è possibile scaricare Adobe Premiere Rush per Android e avere a disposizione quella app di editing di cui ti avevo parlato in questo pezzo qui ma anche in questo pezzo qui, pure per i telefoni del Robottino (per ora il numero delle device abilitate è abbastanza limitato). Questa scadenza, questa data, cambia le cose della mobile content creation in tutti i sensi perché ieri ha visto la luce la prima piattaforma creativa che può farti montare un contenuto video con qualsiasi aggeggio mobile tu abbia. Sto parlando, infatti, di un software che ha una versione per mac, una per pc, una per iPad, una per iPhone e una, da ieri, per telefoni Android.

    Il segreto è nella nuvola

    Adobe è entrata in campo, per quanto riguarda il montaggio video da smartphone e tablet, con tutta la potenza del suo concetto che riguarda la nuvola e ha approntato una app che è una base potentissima su cui si svilupperà il lavoro dei prossimi periodi. Oggi l’ho provata creando il video che vedi qui sotto (con qualche imprecisione) in due versioni diverse e con due device diversi dalle 16.10 alle 16.49. L’ambiente di lavoro sugli smartphone (io ho lavorato su un iPhone 7plus e su un Note 8) è famigliare e facile da comprendere, intuitivo e veloce. Può essere vissuto in verticale e porta alla lavorazione di video immediati e veloci, ritmati e adatti ai social. Insomma Rush fa creare in velocità e fa scatenare la creatività per la sua facilità d’uso. Ho impostato facilmente in Android il lavoro in 26:9 con qualche copertura “basic” e due sottopancia. Poi ho provato il grande segreto di Adobe Premiere Rush.

    Due formati fatti in contemporanea.

    Così, mentre caricavo il video in 16:9 per la mia diretta multicast, ho continuato sull’iPhone a produrre il formato verticale e ho visto una grande cosa. Il riallineamento dei formati da orizzontale a verticale è sorprendente e nasconde quello che mi ha spiegato in una telefonata Fred Rolland. Di chi sto parlando? Sto parlando dello Strategic Manager di Creative Cloud per imprese e Video, EMEA di Adobe, di stanza a Parigi. Verticalizzare il lavoro che ho fatto è stato facile in un modo disarmante e ho visto con i miei occhi le grafiche ritararsi seguendo il cambiamento dell’immagine.

    E’ nato Adobe Sensei… un maestro AI

    Senti cosa dice Rolland: “Rush per noi è la base per uno sviluppo futuro che avrà dei confini sorprendenti – mi ha raccontato al telefono – e che regalerà ai creatori di video una piattaforma mai vista prima, uno strumento che li farà lavorare in totale libertà. E volete sapere grazie a cosa? Grazie a Adobe Sensei. Si tratta di tutta quella parte di programmazione che sta dietro a Rush e che rappresenta la base tecnologica di intelligenza artificiale con la quale abbiamo già rivoluzionato alcuni passaggi, come il cambiamento di formato e l’armonizzazione della voce con la musica. Però sappiate che ci apprestiamo a fare di più, molto di più. Gli speech to text e la sottotitolazione automatica possono essere due scenari futuri che Rush implementerà con l’aiuto della AI, una AI che è già presente nella nostra struttura base e che sarà l’ingrediente con il quale rilanceremo la creatività video nel mondo”. Il tutto grazie al nuovo Sensei di Adobe che, questo lo penso io, avrà anche il merito di riuscire a far parlare Rush con tutta la suite di Creative Cloud.

    Le prime impressioni.

    Adobe Premiere Rush ha una filosofia diversa rispetto alle altre suite. Spinge sull’immediatezza e sul montaggio lineare se è vero che, per esempio, per mettere della B-Roll sulla seconda timeline l’operazione deve’essere fatta in due passaggi perché il video aggiuntivo casca prima sulla timeline di base e poi può essere lavorato. Mi voglio, tuttavia, prendere del tempo, più di un mese, diciamo, per ragionare su come Rush ti invita a lavorare e assecondarla. Titoli, musica, transizioni: tutto è immediato, tutto lavorabile in secondi. “L’idea è che Rush sia una suite che fa lavorare in flusso e regala una grande libertà. La libertà di produrre ovunque e di vivere quello che si sta raccontando con le immagini con serenità, perché trasformarlo in un racconto visuale è facile, ma dal risultato qualitativo”.

    I perché di una rivoluzione

    Perché Adobe Premiere Rush cambia il mondo dei media? Semplice, perché é una suite che non ha barriere e ha tutto quello che le serve dentro il suo cuore, quella nuvola grazie alla quale io oggi sono passato dal Note 8 all’iPhone nel giro di pochi secondi. Provate a portare questa benedetta possibilità dentro i flussi di lavoro delle redazioni e scoprirete un mondo con infinite possibilità, visto che gli aggiornamenti su tutte le device che lavorano su uno stesso video sono automatici e possono instaurare un flusso di lavoro che regala un’interazione perfetta tra risorse che sono sui luoghi degli eventi e delle notizie e risorse che nella newsroom integrano il lavoro e ne curano poi l’emissione.

    Accetto la sfida, Rush.

    Se invece porti il ragionamento ai freelance l’arma di poter lavorare da fisso e da mobile e far vedere (sperando che non tocchi eh…) il lavoro al cliente in tempo reale, penso che liberi potenzialità enormi. Rush è ancora all’inizio e già costa 12 euro. Qualcuno polemizza, ma il cloud, la licenza per tutti i device e le sinergie che fa sviluppare a mio avviso valgono la pena. A patto che Rush ci regali dei miglioramenti che favoriscano il montaggio non lineare (per accontentare noi vecchi bacucchi che montiamo ancora pensando alla tv). Però accetto la sfida e rilancio. Se Rush mi fa cambiare modo di scrivere i video io ci sto e spacco tutto. Vediamo cosa succede.