Categoria: Giornalismo

Studio da anni il mobile journalism e sono uno dei punti di riferimento della materia in ambito italiano e internazionale. In questa categoria del mio sito ci sono raccolti tutti gli spunti arrivati dalle mie esperienze, dai miei studi e dalla trasformazione della mia figura professionale. Ormai il mobile journalism è il giornalismo di oggi.

  • Video con lo smartphone: è solo questo il mobile videomaking?

    Video con lo smartphone: è solo questo il mobile videomaking?

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    Fare video con lo smartphone: una necessità impellente.

    L’altro giorno sono stato a fare una gita in Svizzera e, a un certo punto, mi è caduta la marmitta della macchina sulla strada. Un gran baccano, un clangore pazzesco, la macchina che rallenta in un punto un po’ problematico e io che guardo nello specchietto retrovisore e… sorrido. Perché? Oddio, prima di sorridere ho pensato anche una cosa un po’ volgare (una cosa tipo “Cazzo filmi”), poi ho sorriso. Il motivo? Dietro di me, una ragazza, dentro una macchina, riprendeva la scena della mia macchina con la marmitta a terra che faceva scintille. Riprendeva la scena con il telefono e in verticale.

    Insomma, il gesto di riprendere un fatto che ci accade davanti è diventato un comportamento ancestrale, quasi un riflesso. Il gesto di riprenderlo in verticale, beh, anche quello è, diciamo un riflesso condizionato dall’uso che facciamo del telefono. Ti tiro una riga: fare video con lo smartphone è un nostro linguaggio comune ed è un modo di comunicare in rapida crescita in tutti i campi. Per questo va allenato, se non altro per mettere il cellulare in orizzontale quando si riprende (anche perché non credo che metterai la tv o il pc in verticale per guardarli.

    Il video (e l’audio) stanno mandando in pensione la tastiera.

    Se non te ne sei già accorto (forse si, se leggi queste righe), te lo sottolineo io: il video e l’audio (ma ci metto dentro pure la foto) sono i due (tre) tipi di comunicazione più importanti di questo nosto periodo. Non scriviamo più, nemmeno sulla tastiera. Tendiamo, comunque, a riprendere immagini in movimento appena possiamo (come quando ci casca una marmitta nella macchina davanti) o a mandare foto per un saluto o audio se il concetto che dovremmo scrivere supera le 20-30 parole.

    Le giovani generazioni, poi, hanno smesso di digitare, tra faccine del cavolo e abbreviazioni, anche una singola lettera. Meglio un video, meglio uno snap, meglio un audio, meglio una gif. Insomma, il video e l’audio stanno mandando in pensione la tastiera. Il linguaggio video, poi, ci viene in soccorso quando dobbiamo sapere una cosa, imparare una cosa, vedere una cosa. Non ti convince il ragionamento? Ti metto qui un link del WSJ che ti farà cambiare idea: il paludato giornale di NY ha già messo giù, con dovizia di dati, un report sul fatto che il prossimo miliardo di utilizzatori di internet non digiterà più una lettera e comunicherà solo con audio e video.

    Ecco: guarderai per decenni, ma se fossi tu a produrre?

    Starai per decenni davanti a uno schermo a guardare dei video, ma pensa a come potrebbe cambiare la tua vita e il tuo lavoro se potessi diventare tu produttore. Si, sto parlando del fatto che potresti diventare serenamente un videomaker e aiutare il tuo capo, migliorare la tua azienda, presentare un tuo nuovo prodotto, raccontare un’ingiustizia subita o semplicemente per mandare gli auguri di buon compleanno a mamma. Lo strumento per farlo? Il tuo smartphone. La disciplina da imparare per farlo? Il mobile videomaking, appunto. Cos’è? E’ il mobile journalism, disciplina e cultura di cui parlo da mesi su queste colonne, aperta a tutti.

    D’altronde viviamo nell’epoca in cui tutti possono essere giornalisti, grazie alle piattaforme sociali e alla possibilità potenziale di arrivare a miliardi di persone. Perché, quindi, non approfittarne per metterlo nel motore di qualsiasi azione? Ecco il motivo per cui, nel progetto di Italianmojo, abbiamo deciso di iniziare i nostri progetti di corsi creando una versione di base del mobile journalism che potesse rappresentare uno strumento utile e immediatamente utilizzabile per qualsiasi professionalità e qualsiasi necessità.

    Ma che diavolo è, quindi, questo movi?

    Il mobile videomaking, quindi, è quella disciplina che fa apprendere modi, tecniche, operazioni e informazioni necessarie  a creare video con lo smartphone per i più svariati usi. Cosa c’è al centro? Un concetto molto semplice: siamo tutti storyteller, siamo tutti uomini con una storia da raccontare. Se si apprendono correttamente le basi del racconto per immagini, gli strumenti necessari, le operazioni di base per l’editing, beh, si diventa immediatamente operativi per la creazione di un contenuto multimediale video (ma anche audio) di qualità professionale.

    Pensaci veramente, fermati un istante: potresti aiutare il tuo capo per la dichiarazione pubblica da mettere sul sito, potresti valorizzare i tuoi prodotti con un video, iniziare a fare un blog di ricette di torte, fare una dichiarazione d’amore al tuo moroso o morosa. Ti si aprirebbero le praterie di possibilità che un linguaggio video codificato e professionale possono dare. Ieri sera ho fatto sull’argomento un paio di riflessioni in diretta con i lettori della mia fanpage. Te le metto qui sotto, magari aiutano.

     

    Sei uno studente? Buttati.

    La presenza di un giovane studente al mio primo corso mi ha colpito molto. Ognuno ha il suo mobile videomaking, i motivi per cui lo vuole imparare, i suoi obiettivi. La cosa importante è questa: il movi si adatta a non viceversa. Per questo motivo, quando il giovane studente, alla mia domanda “Perché sei venuto?” mi ha risposto “Perché indipendentemente dai miei studi, questo linguaggio sarà determinante per il mio futuro”. Beh, applausi. Se sei studente, quindi, buttati senza se e senza ma.

    Nei prossimi giorni il team di Italianmojo e MilanoAllNews riprenderà i corsi. Il primo appuntamento è previsto a Udine ed è organizzato in collaborazione con lo spazio Mantica 26 della dottoressa Francesca Vittorio.  Per aprire un vero e proprio gruppo friulano su questa materia mi sono rivolto a Meet Up che puoi trovare qui, mentre per iscriversi al corso a Udine il prossimo 2 settembre la via è questa.

    Per quanto riguarda il gruppo di Milano, ricominceremo la nostra attività con un incontro il 15 settembre, mentre i primi corsi saranno il 17 settembre e il 30 settembre prossimi. Come si vede dal Meet Up, il quale ha superato i 50 membri, la comunità milanese dei mojo (o movi) è molto viva e già avanti nel suo processo di crescita. Quella udinese, invece, spero cresca con le prime iniziative.
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  • Selfie stick? No, iKlip Grip Pro: treppiede coi controfiocchi

    Selfie stick? No, iKlip Grip Pro: treppiede coi controfiocchi

    Quei momenti in cui vorresti un diavolo di selfie stick

    Forse a quell’Indro Montanelli, ritratto nella foto seduto fuori dalla porta del Palazzo a picchiettare sulla sua Lettera 22 non serviva un treppiede. A chi fa mobile journalism ne serve almeno uno (se non due) per essere operativi quando si è sul campo. Se poco c’è da dire sulla questione supporto per immagini ferme (ce ne sono di tutti i generi e di tutti i prezzi, ma io consiglio roba cinese da poco che non ti ammazzi se lo dimentichi in giro), un discorso di altro livello si deve fare per il treppiede da tavolo. Per un motivo semplicissimo: è un oggetto che sviluppa più funzioni necessarie nel momento in cui si “scopre” una storia e non si è adeguatamente attrezzati per realizzarla al volo, ma si deve.

    Spiego meglio: ci sono istanti, magici, nei quali, sbatti contro una storia e non sei adeguato a prenderla. Ti manca il microfono, magari le lenti, un handheld per le immagini di copertura, il treppiede per prendere un’intervista. Come fai per coglierla ugualmente? Uno solo il rimedio, devi girare sempre armato, ma di armi leggere… In quegli istanti (a me ne sono capitati due perfino a Casargo, paese sperduto dell’Alta Valsassina) pure un selfie stick si trasforma in una nave stellare multifunzione per far decollare la tua storia. Per quello bisogna averne uno, magari telescopico, ma molto più utile è un treppiede, anzi il treppiede coi controfiocchi…

    Ecco un vero “coltellino svizzero”.

    Alcuni fra i mojoer più importanti del mondo dicono che il telefonino è lo “Swiss army knife” dei giornalisti, ma a mio avviso lo è anche il mitico iKlip Grip Pro, prodotto dell’italianissima iK Multimedia (davvero geniale questa company modenese). Si tratta di un prodotto che associa la funzione del treppiede, a quella dell’Handheld, a quella del treppiede telescopico e del selfie stick. Insomma cerchi un selfie stick e trovi uno di quei tesori che trasforma il tuo nomento di smarrimento (oddio la storia mi sfugge) in un momento in cui sguaini la spada e la fai. Ecco le varie funzioni in una galleria foto.

    Non credo serva spiegare cose ulteriori, anche se due chiacchiere sul mitico aggeggio, diventato per me un oggetto indispensabile, le ho fatte sulla mia fanpage nella diretta che puoi ritrovare a questo link. Credo, invece, che sia il caso di mettere definitivamente questo aggeggio nei must have della borsa del mojoer, con una grande controindicazione che rivolgo, come appello, alla iK Multimedia.

    Il grosso lato negativo: il materiale.

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    Comprendo che l’iKlip Grip Pro sia un oggetto fatto per chi cerca un selfie stick e si ritrova tra le mani un coltellino svizzero multifunzione, ma se all’azienda sta a cuore l’opinione dei mojoer, voglio dire che l’unico grosso neo di questo oggetto che è importante per il lavoro dei giornalisti mobili è il materiale. Questo attrezzo, infatti, consegna stabilmente l’impressione di essere troppo leggero e di non assicurare adeguatamente lo smartphone alla sua struttura.

    Nell’uso da treppiede telescopico, poi, subisce ogni sussulto e spostamento rischiando la caduta. Certo, ci sono “precauzioni” facilmente adottabili che assicurano una buona dinamica di lavoro ugualmente, ma sicuramente preferirei concentrarmi sull’inquadratura sicuro al 100% dell’efficienza dello strumento, invece che tenere una mano sul treppiede per paura che cada. Non succede, ma anche l’impressione conta. Per cui per iKlip Grip Pro tanti plus e un minus. Lo puoi acquistare, per ora, solo negli Apple Store o a questo link qui 

  • Ricerca sul Mobile Journalism: da Oxford arriva “Closer to the story”

    Ricerca sul Mobile Journalism: da Oxford arriva “Closer to the story”

    Ricerca sul Mobile Journalism: il mojo arriva più vicino.

    Il mobile journalism sta destando sempre maggiore interesse a livello accademico, ma faccio subito una precisazione: molto in giro per il mondo, molto poco in Italia. Agli inizi di luglio, a firma Panu Karhunen, giovane e talentuoso mobile journalist finlandese, è uscita una ricerca molto dettagliata sull’efficacia del mobile journalism nella costruzione di reportage di news e di MOS, Man on street. Promossa dall’Università di Oxford, nell’ambito di una Reuters Institute Fellowship, sponsorizzata dalla finlandese Helsingin Sanomat Foundation, la research è un lavoro straordinariamente interessante sulla materia in generale e sulla sua “penetrazione” nella notizia in particolare.

    Un patrimonio di grande importanza.

    Karhunen è andato in profondità nell’argomento, intervistando i più grandi interpreti della storia del mojo (più uno scappato di casa, me!) e regalando alla cultura del mojo un lavoro che deve diventare patrimonio di tutti i mobile journalist. Panu mi ha molto gentilmente girato una copia di questo documento, in pieno spirito di condivisione del sapere, cosa che si fa d’abitudine nella community internazionale dei mobile journalist, ma non in Italia.

     Ecco il documento.

    Leggilo, condividilo, se sei uno studente di giornalismo portalo al tuo professore e chiedi di parlare di questa materia. Io sto divulgando la materia in italiano, ma non ho “orti” da tenere: la cultura del mobile journalism è di tutti e chi vuole capire capisca. Guarda qui sotto per goderti il lavoro di Panu Karhunen. Buono studio.

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  • Brand journalism: raccontare i sogni è davvero Speciale

    Brand journalism: raccontare i sogni è davvero Speciale

    [fusion_builder_container hundred_percent=”no” equal_height_columns=”no” hide_on_mobile=”small-visibility,medium-visibility,large-visibility” background_position=”center center” background_repeat=”no-repeat” fade=”no” background_parallax=”none” parallax_speed=”0.3″ video_aspect_ratio=”16:9″ video_loop=”yes” video_mute=”yes” overlay_opacity=”0.5″ border_style=”solid”][fusion_builder_row][fusion_builder_column type=”1_1″ layout=”1_1″ background_position=”left top” background_color=”” border_size=”” border_color=”” border_style=”solid” border_position=”all” spacing=”yes” background_image=”” background_repeat=”no-repeat” padding=”” margin_top=”0px” margin_bottom=”0px” class=”” id=”” animation_type=”” animation_speed=”0.3″ animation_direction=”left” hide_on_mobile=”small-visibility,medium-visibility,large-visibility” center_content=”no” last=”no” min_height=”” hover_type=”none” link=””][fusion_text]

    Brand Journalism: si parla di un marchio e del suo sogno.

    Uno dei campi nei quali il mobile journalism può rappresentare un linguaggio peculiare e un’opportunità importante per chi lo pratica è quello del Brand Journalism. In questi mesi sto vivendo un’esperienza professionale di grande soddisfazione con il designer Gianni Speciale e la sua “firma” di esclusivissime biciclette artigianali realizzate in legno. Gioielli unici, “diamanti” a due ruote, se vogliamo facilissimi da raccontare. Il motivo? Sono emozionanti e il brand journalism, nuova tendenza delle pubbliche relazioni delle aziende, quello racconta: l’emozione. L’emozione che si prova ad avere quel determinato prodotto, a vestire quel capo, a pedalare quella due ruote.

    Con il team di Speciale abbiamo deciso di partire raccontando il “daydream”, il percorso, il sogno a occhi aperti di un artigiano che ha oltrepassato i confini della sua stessa natura per diventare un vero designer.  In grado di creare delle bici talmente belle da essere considerate un oggetto da esposizione. Ecco l’inizio della nostra nuova immagine digitale, prodotto tutto con tecniche di mobile journalism.

     

     

    Questione di valori.

    Il brand journalism è uno dei nuovi sbocchi professionali per il giornalismo perché è dai giornalisti che va sviluppato. Ormai il consumatore è attivo, informato, preciso, esigente e veloce nell’arrivare al punto. L’azienda, di conseguenza, che vuole proporsi in modo efficace sul mercato, deve diventare una produttrice di contenuti che abbiano dignità di notizia. News che possano regalare informazioni inedite ed esatte a chi, potenzialmente, vuole acquistare un bene, specialmente se di “super lusso” come quello nel video. Per questo il brand journalism è questione di valore e di valori. I quali vanno amministrati secondo la deontologia professionale dei giornalisti e secondo l’onestà del codice deontologico dei giornalisti (ammesso esista ancora, scusami la battutaccia).

    Qui ci trovi il mio mojo.

    Non c’è dubbio che ho cercato di dare la mia impronta a questo video. Con un ragionamento semplice: gli effetti sono pochi, le inquadrature semplici e intense. Come quella della foto in testa a questo articol. Foto che ritrae il designer che “si abbraccia” proprio mentre, nel suo discorso, dice le parole “l’abbraccio del manubrio”. Non voglio tirarmela, ma voglio farti un esempio: il mobile journalism è il solo linguaggio delle professioni visive che possa darti questo tipo di immagini pensate. Ad alta qualità concettuale e con un prezzo contenuto. Questo è tutto il mio mojo, anzi questo penso che sia il mojo. La possibilità di raccontare un’emozione con un video pensato “frame per frame”, con un attrezzatura semplice e con un tempo dimezzato rispetto al consueto tempo di esecuzione di un lavoro del genere. Brand journalism e mojo: binomio vincente.

     

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  • Filmic Pro, Kevin Buonagurio: “In arrivo versione leggera”

    Filmic Pro, Kevin Buonagurio: “In arrivo versione leggera”

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    Filmic Pro: a ogni aggiornamento effetto wow sicuro.

    Ti ho già raccontato molte volte come la app più evoluta per fare buone immagini sia Filmic Pro, anche se concorrenti come Mavis sono arrivate a pari livello. A Galway, durante l’ultima Mobile Journalism World Conference, ho avuto occasione di fare una lunga chiacchierata con Kevin Buonagurio, il COO di Filmic Pro, la pluripremiata applicazione (per entrambi i mondi, sia iOS, sia Android), il quale mi ha raccontato il momento della loro company, un momento di grande evoluzione e di grandissime soddisfazioni. La versione 6 di Filmic ha strappato applausi in tutto il mondo e a ogni aggiornamento del materiale sembra che l’effetto wow sia assicurato da costanti passi avanti sulla strada della perfezione.

    L’intervista su Filmic Pro: botta e risposta.

    Kevin, avete consegnato al mondo dei mobile journalist probabilmente una delle migliori app al mondo per il filming. Mi vuoi raccontare il vostro momento? Costa state sviluppando?

    Filmic Pro è davvero una app sorprendente, ma anche e soprattutto un viaggio interessante perché era stata disegnata principalmente per il filming, ma per il giornalismo si è rivelata essere il prodotto giusto al momento giusto. Abbiamo deciso di posizionare il prodotto Filmic Pro a un livello molto più professionale e con la versione numero sei lo abbiamo fatto, per soddisfare i giornalisti più esigenti, ma anche i videomaker e quelli che entrano in questa industria dell’immagine.

    Per questo, visto l’alto livello di Filmic Pro, abbiamo deciso di sviluppare un altro prodotto più adatto ai consumatori, ma anche al linguaggio essenziale dei mojoer. Quello che abbiamo presentato a Galway, quindi, è una versione nella quale ritrovi le caratteristiche di Filmic Pro, ma anche una maggiore velocità e facilità di accesso. Cosicché tutti possano usarla per insegnare in una classroom.

    Penso sia un grande punto di partenza per uscire a produrre cose belle con facilità per poi passare gradualmente a Filmic Pro. Stiamo pensando a una versione che abbia un free level, magari con watermark, per poi provare e acquisire il prodotto, anche se premetto che comunque il prezzo sarà minore di Filmic Pro perché non sarà full featured.

    Voi siete nei due mondi, iOS e Android. Avrete sicuramente realizzato quali sono le differenze e  le esigenze dei diversi clienti delle due piattaforme?

    E’ normale che in queste due piattaforme ci siano clienti che hanno abitudini ed esigenze differenti. Non c’è sorpresa. Android è una piattaforma difficile, vista la frammentazione delle device. Tipicamente i clienti Android sono meno disposti a pagare per applicazioni Premium. Per questo motivo vedi meno app professionali in quel mondo. Filmic sta cercando di prendere il meglio dalle due piattaforme, contanto che entrambe hanno punti di forza e di debolezza. Comunque come design e uso comune entrambe le piattaforme possono dialogare ed essere armonizzate. Entrambe. Per cui cerchiamo di non pensare come se si fosse un mondo Android e uno iOS.

    La versione numero 6 di Filmic per Android viene rilasciata nel corso di questa estate ed è un grande passo in avanti per quella piattaforma per quanto riguarda il filmic. Tutte le sue versioni, per la prima volta, saranno molto vicine in quanto a usabilità e tutti potranno lavorarci su e insegnare. Non interesserà se sei  Android o iOS. Certo ci saranno differenze di device e si sa che per Android devi avere una device avanzata per far funzionare Filmic, ma stiamo tentando di avere l’approccio “impara a usare questo tool, impara a raccontare una storia” e poi “metti insieme le immagini e vedrai che sarai ok con qualsiasi piattaforma.

    Ma su quel nuovo prodotto di cui mi hai accennato e che avete presentato a Galway andate verso il live?

    Oh Diavolo, effettivamente non lo avevo detto. Con questa nuova creatura siamo molto eccitati perché sappiamo cosa può offrire di bello e andiamo verso il live perché ha anche dei live component. Avrà il live di Periscope, di Youtube e la possibilità di andare su un custom RTMP. Così se lavorate per qualcuno che ha un RTMP server potete andare live solo mandandogli il segnale.

    Al primo test questo nuovo prodotto è sembrato versatile, facile e potente. Vedrò se la usability sul campo confermerà le prime impressioni.

     

     

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  • iKlip, un amico per il Facebook live

    iKlip, un amico per il Facebook live

    Se usi Facebook Like ti servono strumenti.

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    Inizio il mio percorso di sponsored post e lo faccio parlando di un supporto interessante per il fare dei Facebook Live in modo preciso e professionale, soprattutto per quanto riguarda l’audio. Sto parlando di iKlip, la maniglia per la registrazione dotata di preamplificatore con entrata XLR in grado di ricevere segnali audio da ogni tipo di mixer o microfono wireless tramite il cavo Canon.

    Si tratta di uno strumento professionale che aiuta molto a rendere “pro” la propria resa e che permette di proporre la diretta Facebook come uno dei prodotti proponibili ai committenti da parte dei mobile journalist. Per proporre questi servizi, insomma, servono strumenti adatti: dopo una settimana di stress passata in giro per la città di Milano a fare dirette notturne con ogni tipo di connessione, penso di poter dire che iKlip è sicuramente uno strumento da avere.

    Una maniglia che amplifica e assiste.

    iKlip è un supporto di trasmissione con una maniglia che al suo interno ha un preamplificatore con attacco XLR che può ricevere ogni tipo di radiomicrofono e ogni genere di segnale proveniente da mixer. Per dirette streaming da postazione fissa, per riprendere eventi come conferenze stampa o fare collegamenti da zone in cui servono postazioni news, è un aiuto importantissimo. Il controllo del gain è assoluto e regolabile, mentre l’uscita cuffie ragala la possibilità di controllare la resa audio in tempo reale.

    Un supporto fisico garantisce appoggio per i ricevitori dei microfoni wireless, mentre l’audio in uscita dall’amplificatore viene poi consegnato al cellulare, tenuto sul supporto dalla staffa con l’aggancio universale per treppiede, da un cavo TRRS. La maniglia supporto, quindi, amplifica e assiste con una resa sicura e affidabile, senza sbalzi o disturbi di sorta nella fluidità del suono.

    Due difetti: prezzo non popolare e staffa rivedibile.

    Questo è uno sponsored post, ma come sanno le aziende con le quali ho iniziato a collaborare, non sono disposto a essere indulgente sui difetti dei prodotti, almeno quelli che riscontra la mia esperienza diretta.

    E’ un prodotto per il quale mi spendo volentieri, ma penso che il prezzo (fra i 219 e i 170, dipende se lo acquisti dal sito della IK o da Amazon) sia un po’ alto e che la staffa che regge il cellulare, buona fino ai 6 pollici di schermo, sia obiettivamente un po’ poco sicura.

    Sono difetti, tuttavia, che non mi impediscono di pensare che lo strumento sia necessario se, come mobile journalist, in perfetta autonomia, vuoi proporre la realizzazione di dirette Facebook multicamera dall’immagine, dall’audio e dalla resa professionale. Se puoi uscire a 400 euro a giornata per un servizio del genere, diciamo che con mezza giornata ti sei ripagato l’aggeggio. D’altronde si può scherzare poco quando c’è di mezzo una diretta e c’è di mezzo l’audio, visto che la regola aurea di un buon video è che il 90% di un video… è proprio l’audio stesso.