Categoria: Giornalismo

Studio da anni il mobile journalism e sono uno dei punti di riferimento della materia in ambito italiano e internazionale. In questa categoria del mio sito ci sono raccolti tutti gli spunti arrivati dalle mie esperienze, dai miei studi e dalla trasformazione della mia figura professionale. Ormai il mobile journalism è il giornalismo di oggi.

  • I 10 buoni motivi per passare al mobile videomaking

    I 10 buoni motivi per passare al mobile videomaking

    Mobile videomaking: un’arma in più per tutti.

    Sto preparando il corso di mobile videomaking che farò il prossimo 8 luglio nei locali di MilanoAllNews. Man mano che avanzo con la conoscenza del mobile journalism e del mobile videomaking, mi rendo conto dell’importanza di questo linguaggio per tutti, sia a livello professionale, sia a livello personale. E quando dico tutti, penso proprio a tutti. Il motivo? Semplice: il linguaggio visivo sta diventando il mezzo principale di comunicazione per tutti, forse ancor di più rispetto alla parola scritta. In molte, moltissime situazioni della giornata, riceviamo informazioni, messaggi input sotto forma di linguaggio visuale e in altrettante situazioni dobbiamo essere noi a mandare messaggi video ad altri.

    E’ il caso di farlo… e per bene.

    Piccolo “nanetto”, come direbbe Nino Frassica per dire aneddoto. Sono andato con mia nipote al concerto di Radio Italia in Piazza Duomo.  Cerco di renderti l’idea, con una foto, dello spettacolo che mi sono trovato davanti.

    mobile videomaking

    Mi ha fatto impressione vedere in quante mani c’era un telefono, strumento di condivisione dell’emozione e delle cose positive di una vita. Telefonini che filmavano, in attesa di postare questa o quella canzone, questa o quella sensazione vissuta sui social o sui propri strumenti di vita digitale. Ognuno dei giovani che avevo davanti con un telefonino in mano potrebbe avere bisogno dei fondamenti del mobile videomaking. Anche soltanto per trasferire meglio le sue emozioni filmate. Figuriamoci per il lavoro o per lo studio.

    I 10 motivi buoni (e ti sfido a non riconoscerti almeno in uno)

    Ecco, quindi, una manciata di ottime ragioni per partecipare al primo corso di Mobile Videomaking al quale ti puoi iscrivere cliccando qui e seguendo la procedura di iscrizione al meet up con il contestuale pagamento della quota di partecipazione.

    1. Venendo al corso di mobile videomaking forse la smetterai di filmare in verticale (visto che il tuo computer e la televisione da cui guardi i video sono orizzontali). Se sei di quelli che preferiscono il formato verticale, almeno saprai come filmarlo e che grammatica usare.
    2. Se vieni al corso “movi” scoprirai come si fa un’inquadratura ferma e corretta per armonia delle linee o dei punti di fuga. Se sei buono ti diremo anche con quali supporti e con quali app farla perfetta.
    3. Se vieni a fare un giro al corso potrai sapere come mai Brunetta guarda sempre in camera e un intervistato quasi mai.
    4. Fai l’artigiano o il commerciante? Se vieni al corso di mobile videomaking potrai fare correttamente dei video di presentazione dei tuoi prodotti o dei tuoi servizi.
    5. La possibilità di sapere i fondamenti del videomaking col telefonino può dare opportunità di comunicazione di un brand o di un business con costi pari a zero.
    6. Se ti va di conoscere il mobile videomaking imparerai un linguaggio visivo che è diverso dal videomaking classico. Un linguaggio che può farti arrivare dove le normali telecamere non arrivano, ma non si sovrappone a quello dei professionisti classici dell’immagine. E’ semplicemente diverso.
    7. Se sei un videomaker e vuoi affrontare il mondo della ripresa con il telefonino per differenziare la tua offerta, questo è un modo per iniziare.
    8. Vuoi imparare un modo di pensare completamente smarcato e “out of the box” per creare ricchezza e lavoro? Vieni al corso di mobile videomaking. Non è una questione di telefonini, è una questione di cuore e di testa.
    9. Vuoi avermi come amico e spacciatore di consigli per sempre? Beh, vieni al corso di mobile videomaking e vedrai che ti faccio una sorpresa.
    10. Qualsiasi lavoro tu faccia potresti avere bisogno di un video fatto bene. Pensaci: un documento filmato, una presentazione, uno speech, una video intervista, un video che racconta un prodotto o un servizio, un video curriculum. Non è meglio imparare a farlo con l’aggeggio che hai già in tasca e che hai già pagato?

    Spero di averti convinto a fare l’iscrizione e spero di cuore di vederti ai nostri appuntamenti dei prossimi giorni.

  • Video a 360 gradi, ecco i segreti del professor Hernandez

    Video a 360 gradi, ecco i segreti del professor Hernandez

     

    I Video a 360 gradi? Sono il futuro dei mojoer.

    A Mojocon 2017, la mobile journalism world conference, ho avuto occasione di fare una proficua chiacchierata sui video a 360 gradi con il professor Robert Hernandez. Si tratta di uno dei più importanti innovatori mondiali della materia. Una buona parte del suo lavoro la puoi trovare qui e nella sua biografia presso la USC Annenberg, la University of Soutern California dove è professore di Digital Journalism. Con lui ho parlato di video a 360 gradi chiedendogli consigli utili per quello che penso sia una delle strade possibili per il futuro.

    Il suo Journalism e i suoi percorsi.

    “Posso dire che lavoro in questo campo specifico – mi ha raccontato Hernandez a Galway – da un paio d’anni. Ho iniziato con la realtà aumentata, poi ho sperimentato la produzione di contenuti editoriali anche con Google glass e con gli wearables. Come insegnamento, invece, negli ultimi due anni mi sono concentrato sull’immersive storytelling. Con i miei studenti produciamo pezzi che sono giornalistici, ma essendo in Virtual Reality abbiamo ribattezzato il nostro lavoro con il neologismo jovrnalism. Collaboriamo con il New York Times, con NPR, con Desert Sun e altri”.

    I consigli del prof sui contenuti video a 360 gradi.

    Come al solito ho un modo di fare molto “basic” con questi grandi interlocutori. Anche al professor Hernandez, uomo di una simpatia contagiosa, ho chiesto consigli su cosa si può fare di utile, di vendibile, di efficace per i mojo.

    “Ci sono alcune cose interessanti, alcuni progetti che si possono sviluppare – mi ha risposto -, anche se tutto dipende dal budget. Se desideri sviluppare progetti low cost i prodotti come la Insta Nano 360 o la 360 Air per Android sono buone soluzioni per fare video a 360 gradi, ma anche foto. Con quelle puoi, oltre a produrre contenuti multimediali, andare anche live su Periscope, su Facebook e anche su Youtube”.

    Si ma come campi? Con Thingkink

    Questi contenuti certamente sono i primi passi che si possono fare dentro il mondo del video immersivo, ma di direttamente vendibile c’è poco. Sono strumenti importantissimi, tuttavia, per fare in modo che attorno a te, mojoer che li usi, si crei un interesse. L’interesse poi ti porta agganci con clienti oppure alla stessa vendita di questi tipi di contenuti o della tua professionalità. Il professor Hernandez, diciamolo, sta in un altro pianeta, ma nell’ultima parte dell’intervista poi piazza un bel colpo, un ottimo suggerimento.

    “Poi c’è un’altra compagnia che si chiama “thinglink” – ha raccontato -, la quale fornisce l’infrastruttura per questo genere di cose. Devi pagare un abbonamento, ma quello che “thinglink” ti permette di fare è interessante. A qualsiasi immagine puoi aggiungere degli hotspot che ti fanno vedere altri contenuti come immagini 360 o addirittura video a 360 gradi. Il risultato è un contenuto immersivo, che, grazie a questi hotspot, “aumenta” il suo valore”. Questo è un ragionamento molto interessante.

    Un esempio molto interessante di contenuto con Thinglink

    Calata nella realtà, la proposizione di contenuti innovativi per la pubblicazione è un’operazione coraggiosa da fare nel mercato dei prodotti giornalistici italiano… Da qualche parte, tuttavia, si deve cominciare, quindi tanto vale farlo sfruttando i consigli di innovatori come il professor Hernandez. Ecco un esempio interessante delle potenzialità di un contenuto fatto con Thinglink:

    Eccoti, invece, il video della mia intervista realizzata il 5 maggio a Galway con il professor Robert  Hernandez. “Per adesso non diventeranno mainstream”, ha detto più volte Hernandez a più interlocutori, ma io ti aggiungo soltanto una cosa. I video a 360 gradi sono il primo passo per diventare giornalisti immersivi e cominciare a “fare i conti” con un mondo che, in meno di 10 anni, potrebbe diventare il mondo di riferimento della produzione dei contenuti giornalistici.

    La mia intervista a Robert Hernandez
  • Upday for Samsung: quando mobile è il lettore

    Upday for Samsung: quando mobile è il lettore

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    Upday for Samsung, l’aggregatore con giornalisti veri.

    Sono andato a trovare Giorgio Baglio, giovane e bravo direttore di Upday for Samsung, applicazione di news che la grande marca di telefoni coreana ha inserito in modo nativo sulle ultime generazioni di telefonini e, piano piano, sta ampliando a tutti i modelli. Si tratta di un prodotto editoriale “mobile” realizzato dall’editore Axel Springer, un prodotto che ha costretto Apple News, la sua app concorrente ad andare nella stessa direzione. Il motivo? Semplice: Upday for Samsung è sì un algoritmo che aggrega le notizie, ma ha anche una redazione che le sceglie, le verifica, le produce e le diffonde con tutti i mezzi sociali possibili.

    Samsung
    Ecco come i lettori leggono le nostre notizie: quasi tutti in verticale, quasi tutti dal telefonino. E’ il momento di adeguarsi. (Pixabay)

    L’amica che ti fornisce le news: quelle giuste.

    L’unione fra la matematica e gli uomini, quindi, ha dato origine a un prodotto pensato “mobile” che può rappresentare un passo in avanti verso quei “responsive media” di cui tanto parlano i maghi della futurologia editoriale. Upday for Samsung, infatti, è appena nata, ma promette di diventare un’amica che ti fornisce le news, quelle giuste, quelle che ti servono davvero. Grazie ai suoi giornalisti, però, può anche diventare un hub di confronto e una comunità attiva proprio nel proporre notizie e nell’interagire realmente con i suoi lettori per migliorare un servizio, quello dell’informazione, che diventerà sempre più profilato secondo le necessità del cliente e sempre meno generalista.

    Mi incuriosiva il pensiero.

    Mi incuriosiva il pensiero su some viene fatta Upday for Samsung giorno dopo giorno. Ho scoperto una redazione in continuo movimento che, naturalmente, basa le impostazioni tecniche dei suoi prodotti sul mezzo di fruizione del lettore (il telefono, appunto), ma è ancora alla ricerca di nuovi formati di news da proporre che migliorino l’esperienza del phone user. E’ una sensazione molto bella poter frequentare questo mondo dei prodotti editoriali nuovi e il motivo è molto semplice. Siamo tutti sperimentando 🙂

    Ecco, a ogni modo, il video della chiacchierata in diretta fatta con Giorgio Baglio dal Talent Garden Calabiana di Milano, posto dove la redazione italiana ha preso il via con 5 giornalisti regolarmente assunti.

     

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  • Video a 360 gradi per il giornalismo: consigli ai mojoer

    Video a 360 gradi per il giornalismo: consigli ai mojoer

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    Video a 360 gradi per il giornalismo: il secondo step del mojo.

    Sto facendo in questi mesi del 2017 i primi passi nella produzione e nell’editing di video immersivi a 360 gradi, sto entrando, quindi, nel campo del Giornalismo a 360 gradi. Ho testato, senza pubblicare, per alcuni mesi, ho avuto e rotto la mia prima telecamera, ho fatto la mia prima intervista a 360 gradi a Dan Pacheco, professore di Innovation Journalism della Syracuse University, ho fatto i primi editing, ho avuto i primi problemi di stitching.

    L’intervista (molto approssimativa), ma meravigliosa.

    A Perugia, durante il Festival Internazionale di Giornalismo, ho deciso di provocare Pacheco, dopo un suo panel, facendogli un’intervista immersiva su come si faceva un’intervista immersiva. Ne ho ricevuto in dono un pacco di consigli e di considerazioni che ti sbobino per la prima volta qui.

    “Questa intervista è per il 360 o per la Virtual Reality? – ha iniziato Pacheco -. Perché se è per la seconda devi avere un tripode per forza, per non far ammattire chi sta guardando. Ma se è per il 360, per piattaforme come Facebook o quelle tradizionali (tipo Youtube, ndb) potrebbe andare bene anche il posizionamento che sta operando, anche se l’idea del tripode io la metterei in pratica lo stesso. Anche perché potrebbe essere un buon modo per tenere anche il telefono. Ci sono le staffe, gli holders apposta che rendono tutto molto stabile”.  Nonostante il mio stile approssimativo, Pacheco ha continuato imperterrito.

    “Devi prendere delle decisioni importanti quando stai riprendendo qualcosa in immersive journalism. La cosa strana è che io sto parlando con te, ma anche con loro, quelli che grazie a questa telecamera sono completamente immersi nella situazione. Nella VR ti senti come se la tua testa fosse nella camera. Quindi devi dirigermi a parlare sia con te sia rivolgendomi chiaramente alla camera che è un altro interlocutore della situazione”. Poi ha tratteggiato un secondo stile: “Se vuoi che il secondo interlocutore si senta a suo agio completamente puoi inventarti una situazione del tipo che ti siedi a bere un caffé con l’intervistato mettendo la camera sopra un’altra sedia come se ci fosse al tavolo qualcun altro”.

    Si dice 360, ma si scrive VR.

    L’intervistato, quindi, è solo uno dei protagonisti del video, non l’unico. “Insomma – continua Pacheco – devi parlare anche alla terza persona, pensare che questa cosa sia vera e farlo capire all’intervistato, specialmente se è VR e non solo un video a 360°. Devi riflettere se sia il caso o meno di far vivere l’esperienza allo spettatore di un intervistato che li guarda fissi in camera, come se fossero lì. Potrebbe anche non essere il caso se è solo un video a 360°”.

    Poi Pacheco è andato oltre. “Nella posizione della camera devi stare attento perché la tua linea d’orizzonte – ha continuato – deve essere all’altezza del tuo spettatore principale. Se è un video per bambini la camera deve stare bassa. Per le donne ad altezza intermedia, per gli uomini più alta”. Sembra acqua calda, ma quando ci sei dentro non lo è. Per i video a 360 gradi giornalistici considerazioni come queste sono importantissime.  “Devi decidere chi è il tuo target e sto parlando proprio orientandomi più sulla Virtual Reality, che è il futuro di questo tipo di video, che sui video a 360 gradi.  Anche perché dovete pensare a dove pubblicate i video a 360. Lo fate su Facebook? E chi è il padrone di Oculus? Facebook!  Quindi è là che siamo andando, verso la VR. Quindi niente movimento se non lento, scelte chiare, immagine definita”.

    I primi passi.

    Questi mesi di test sono mesi di studio. Per i video a 360 gradi per il giornalismo, infatti, l’epoca è ancora di esplorazione. Basti pensare che il video di riferimento, del cui comitato scientifico fa parte proprio Pacheco, è questo. Ti chiede di registrarti per dirgli come stai facendo video a 360 gradi per cercare di codificare la materia. Ok, ti ho fatto fare i primi passi, ma è solo l’inizio. Il motivo? Semplice: manca una settimana a Mojocon, la Mobile Journalism World Conference di Galway che racconterà tutte le novità proprio sui video a 360 gradi. Io sarò là e te la racconterò. Ogni viaggio, tuttavia, comincia con il primo passo. E dal primo passo dovevamo iniziare.

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  • Mobile Journalism: la parola chiave è il mindset

    Mobile Journalism: la parola chiave è il mindset

    Mobile Journalism: la chiave è il settaggio della mente.

    Per comprendere fino in fondo le potenzialità del mobile journalism c’è una parola chiave da mandare a memoria: si tratta del mindset. Abbiamo visto che le fasi della produzione di un contenuto mojo hanno regole precise e precise dinamiche. C’è un filo rosso che le accomuna tutte ed è il settaggio mentale nel quale il giornalista si deve mettere per avere il massimo da quello che fa. Quando si costruisce la borsa degli attrezzi hai visto che gli acquisti vanno mirati a seconda delle proprie esigenze. Quando sei sul campo, invece, ci sono precise tecniche per le inquadrature, precise indicazioni per il montaggio, precise direttive per lo storage e il delivery. Il linguaggio e la grammatica visiva sono diversi, così come sono diverse perfino le tecniche per trovare una storia, per tirar fuori dall’enorme flusso di notizie che ci massacra ogni giorno un diamante da vendere.

    Il pensiero laterale, sempre.

    Anche nei modi in cui si scovano le storie bisogna cambiare mindset. Osservare i lati del fiume di news è utile, così come lo è l’esercizio che ho fatto oggi pomeriggio andando a Tempo di Libri, la fiera dell’Editoria italiana in scena a Rho fino a domenica. In fiere ed eventi grandi come quelli la marea di storie laterali si trova negli stand più piccoli o nelle sale più sperdute, là dove è possibile fare gli incontri più interessanti che poi nascondono la possibilità di arrivare a immagini molto interessanti.  Investire su quegli eventi è sempre un’ottima idea per la quantità di spunti che questi possono dare in una volta sola. Si incontra, si chiede un appuntamento per fare un’intervista, raccontare la storia. Poi si scheda il contatto, ci si scrive un paio di note sulla possibile “sceneggiatura” da sviluppare e si va al successivo “incrocio”, alla successiva suggestione.

    La mente deve stare aperta.

    Il mojo deve rimanere attento e aperto e deve studiare, tutti i giorni. Le tecniche, l’hardware, i prodotti, le tendenze, la grammatica visuale. Tutto quello che attiene alla cultura mojo deve essere oggetto di una continua evoluzione, e di un’apertura mentale costante per vedere cosa sta succedendo attorno a te.

  • Mobile Journalism e self publishing: il matrimonio spiegato da Amazon

    Mobile Journalism e self publishing: il matrimonio spiegato da Amazon

    Self publishing, stumento da conoscere approfonditamente.

    Come avrai capito, bado molto alle problematiche economiche del lavoro da giornalista (specialmente freelance) e alle possibilità che il mobile journalism regala per migliorare il riconoscimento tra lo sforzo fatto e la paga ricevuta per farlo. A Perugia ho partecipato a un lungo panel sul self publishing e non potevo non approfittarne per aprire a questo argomento anche sul blog. Il ragionamento è semplice quanto importante: il mobiel journalist, quando produce, produce quattro tipi di file in uno (video, audio, testo e foto), ma ha anche necessità di dare valore a quanto raccoglie e magari non vende subito o a quanto rappresenta il suo archivio, magari in modi nuovi e forme nuove. Esistono strade primarie come la vendita di più contenuti che escono dalla stessa produzione e strade secondarie come il self publishing che è uno strumento da conoscere approfonditamente.

    Ragiona come un’azienda, perché lo sei.

    Questi ragionamenti, a mio avviso, valgono più di un tutotial di una app o dell’ultima prova delle lenti della Zeiss per iPhone (e comunque se ti serve una recensione sulle lenti Zeiss eccola qui). Sono legati al fatto che tu, caro mobile journalist, ti devi comportate come un’azienda, come una piccola compagnia di produzione nella quale, grazie alla tecnologia, unisci tutti i reparti in una persona sola. Se sei un’azienda devi pensare a massimizzare la redditività della tua produzione cercando ricavi in più modi possibili da una sola uscita, da un solo prodotto. Per dirla in modo banale, è un po’ un’economia modello Ikea, l’azienda svedese di mobili componibili che è partita dalla libreria Billy (nel tuo caso il tuo video) per costruire mobili buoni per arredare mezza casa (!). Per rendere più accessibile e più pratico il ragionamento ho sviluppato questo breve video.

    Un’ulteriore strada è il Self Publishing.

    Quando vivi i tuoi giorni da mojo, spesso non ti accorgi che le giornate passano via con un tasso di redditività molto basso sui prodotti che fai. Di solito sei quasi costretto ad andare in un posto, fare un video, montare velocemente, mandare il pezzo e poi liberarti delle immagini inutili perché il tempo e la necessità di fare altro per cercare di “sfangarsela” fracassano tutto il resto. Tuttavia, se ci pensi bene, i tuoi argomenti, le tue linee di interesse, i servizi che ti vengono commissionati, le storie che segui, possono essere rivalorizzate anche a tempo lungo (sentito nel video qui sopra la storia degli imprenditori che mollano tutto e cambiano vita?).

    Per dare nuova linfa alla redditività dei tuoi prodotti, anzi, più esattamente, per migliorare l’efficienza della struttura di costi che già sostieni, la strada maestra è quella dell’archiviazione del tuo lavoro e della riproposizione in altri tipi di pubblicazioni di taglio lungo e diverso. A Perugia ho fermato Giulia Poli, Head of Kindle Content di Amazon per farmi spiegare tutti gli strumenti possibili che il gigante americano mette a disposizione per giornalisti che vogliano, con un delta di lavoro in più per l’allestimento del prodotto ebook, vedere pubblicate le loro storie di taglio lungo.

    Il mondo del self publishing è un mondo in fermento e molti sono gli strumenti messi a disposizione delle aziende. Quello di Amazon, per ora, ha il difetto di non prevedere contenuti multimediali, ma ha grandi potenzialità. Il sito di Kindle lo trovi qui. Mettiti al lavoro che sono molte le storie che hai nel cassetto e che aspettano di essere pubblicate.