Categoria: Giornalismo

Studio da anni il mobile journalism e sono uno dei punti di riferimento della materia in ambito italiano e internazionale. In questa categoria del mio sito ci sono raccolti tutti gli spunti arrivati dalle mie esperienze, dai miei studi e dalla trasformazione della mia figura professionale. Ormai il mobile journalism è il giornalismo di oggi.

  • Il giornalismo non sa parlare

    Il giornalismo non sa parlare

    Sono arcistufo di sentir parlare del giornalismo in un certo modo.

    E’ passato un po’ di tempo dall’ultima volta che sono venuto qui. Questo luogo, per me, è un posto dove respirare, stare calmo, fare il punto e guardare l’orizzonte. Io vivo ancora di giornalismo, un mestiere che ho ricodificato praticamente da solo. Lo vivo in modo nuovo e durante i giorni che passo mi esprimo, mi diverto e lo esercito con onestà e prospettiva. Ho clienti diversi, modi diversi, strumenti diversi, ma sempre il giornalista faccio: racconto storie rispettando i miei valori e il pubblico cui si chiede di rivolgermi.

    Tutto nasce da una sera a cena

    Ho partecipato a una cena con i colleghi di Nuova Informazione, straordinario gruppo di colleghi che fa sindacato in questo periodo così difficile. Parlare con loro mi arricchisce sempre, perché il nostro gruppo è un luogo nel quale si discutono e si affrontano i problemi del giornalismo. Senza sconti. Tutti quanti stiamo tentando di trovare nuove strade e nuove definizioni del giornalismo che possano dare a questa professione un futuro diverso dal pessimo presente. Nella discussione è emerso un fatto chiaro. Il giornalismo non sa parlare di se, non sa descriversi, non sa spiegarsi e raccontarsi.

    Il giornalismo e una malattia grave

    Il motivo per cui il giornalismo non riesce a ridefinirsi è semplice: perché non sa definirsi. Il giornalismo si racconta per gossip o per notizie negative. Il giornalismo è vittima del tentato suicidio che ogni giorno tenta chi lo descrive come un mondo disfatto, come un lavoro morto, come un orpello da eliminare il prima possibile. Lo fanno gli stessi giornalisti che alimentano, quando parlano del giornalismo, una narrativa fatta di parole negative, di possibilità annullate, di approccio alla professione approssimativo, di mercato del lavoro inesistente, di sfruttamento, di precariato, di abusivato. Quelli che ti ho appena elencato sono aspetti veri del mondo del giornalismo italiano in questo momento.

    Però non sono gli unici.

    Parlare del giornalismo come di un mondo devastato e raccontarlo banalizzando le categorie dei giornalisti in ‘quelli che hanno il culo al caldo’ (e presto verranno segati) e ‘quelli che fanno la fame’, è un autolesionistico tentativo di uccidere quel che resta del giornalismo. La conseguenza di questa retorica è far trasparire un disfacimento totale, tirar giù quei pochi mattoni rimasti del muro della credibilità dei giornalisti, senza ottenere effetto.

    Il giornalismo è vivo e lotta insieme a noi

    Da anni vado dicendo ai colleghi che il giornalismo è vivo. Le possibilità tecnologiche, l’intelligenza artificiale da abbracciare, le sfide della comprensione del presente, le possibilità di essere editori di se stessi, i nuovi mercati del giornalismo, fanno di questo mestiere un mestiere molto sfidante, ma anche molto affascinante. Il giornalismo è vivo e lotta insieme a noi. Però bisogna assolutamente smettere di descriverlo con quel linguaggio che lo rappresenta come un mondo di privilegiati nascosti nelle redazioni e un mondo di precari che in redazione sperano di entrarci per pararsi il culo (per un po’, visto che le redazioni muoiono come le mosche).

    Cambiare linguaggio e parlare con un linguaggio nuovo

    Pretendere di fare il giornalismo e di essere giornalisti come lo si era 30 anni fa è pura utopia. Svegliarsi dal coma, buttare le parole al negativo per creare un nuovo vocabolario del giornalismo è un imperativo che tutti dovrebbero cogliere. I precari non sono tutti i giornalisti: te lo dico. I precari sono coloro che svolgono un lavoro dipendente senza che questo gli venga riconosciuto.

    Fra i lavoratori autonomi non ci sono solo persone che sperano di essere assunte. Ci sono fior fior di liberi professionisti che mandano avanti attività e progetti innovativi con spirito imprenditoriale e interpretando a dovere la nuova professione. Ci sono molte figure professionali eccezionali, molte professionalità complesse e moderne. Ecco, se cominciamo a dare il valore e il linguaggio che merita alla libera professione giornalistica contribuiremo a ridefinirne i confini e a farla uscire da quell’immagine di mondo fatto di personaggi devastati con la manina fuori per chiedere la carità. Immagine che lo stesso linguaggio del giornalismo quando parla di giornalismo, ha costruito.

    La battaglia vera da fare per il giornalismo.

    Il libero professionista del giornalismo vale l’avvocato. Vale il notaio e il commercialista. E’ una libera professione determinante per la società. Se cominciamo cambiando il linguaggio e la narrativa quando parliamo di giornalismo, beh, questo comincerà a far percepire a tutti un cambiamento.

    Costringerà le nostre istituzioni professionali e le istituzioni politiche ad accorgersi che non è questione soltanto di equo compenso, ma è questione di difesa di una delle professioni più importanti della società dover stabilire delle regole. Su quanto vengono pagati i giornalisti, su come vengono pagati. Su come viene valutata la loro professione. Questa è la vera battaglia da fare per il giornalismo e il vero solco sul quale mettere le richieste alle istituzioni necessarie a ridefinire i doveri, ma anche i diritti del giornalista di oggi e di domani.

    Non abbiamo bisogno di elemosina. Abbiamo bisogno di ridefinire doveri, diritti e tutele del giornalista. Adesso.

  • Ordine dei Giornalisti e formazione: un sasso nello stagno

    Ordine dei Giornalisti e formazione: un sasso nello stagno

    L’Ordine dei giornalisti è un’istituzione in cui credo.

    La professione giornalistica in Italia non è mai stata così vituperata e sbrindellata da una crisi profondissima e da un attacco su più fronti che la sta rendendo inutile, ma non ho intenzione di fare l’ennesimo ragionamento su questo stato dell’arte. Ho intenzione di raccontarti una storia, una magia. Ho deciso di passare queste ultime ore del 2021 a scriverti di quello che sta succedendo, ormai da giorni, nella mia posta elettronica e di un sasso che ho gettato nello stagno (perché di acqua ferma si trattava) del mondo della formazione per i giornalisti. Lo faccio perché credo nell’Ordine dei Giornalisti e ho avuto la prova che questa mia fede è ben ripagata. E forse l’hai avuta anche tu.

    Due video-corsi che si chiamano futuro

    Ho vissuto una splendida esperienza nel mondo della formazione e dell’Ordine dei Giornalisti. Te la racconto. Il Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti mi ha chiesto di realizzare i contenuti per due corsi che si chiamano, più o meno, “Fondamenti e strumenti del giornalismo in mobilità” e “Concetti e strumenti per una nuova professionalità del giornalista”. Due materie mie, ma non ti voglio raccontare di me. Ti voglio dire che questi corsi sono nati dalla volontà dell’Ordine e dalle persone lungimiranti che lo compongono, a partire dal Presidente Carlo Bartoli e dal consigliere Andrea Ferro che mi ha chiesto di realizzarli e mi ha seguito in ogni passo, lasciandomi assoluta libertà didattica e di testi, anche nei passaggi che potevano essere dirompenti o pericolosi.

    Ho fatto “all-in”

    Nel lavoro per realizzarli ho fatto “all-in”, come al tavolo da poker quando senti che la mano è giusta. Tuttavia va notato che ho potuto fare quello che ho fatto solo grazie al lavoro e alla stima che i consiglieri mi hanno dato. Ho tirato il sasso nello stagno della formazione perché la volontà di cambiamento del Consiglio ha fatto in modo che io lo potessi fare. Poi ci sono altre donne e altri uomini che mi hanno aiutato a creare i presupposti di questo lavoro, a partire dai colleghi di Nuova Informazione che mi hanno insegnato cose determinanti per fare in modo che potessi fare quello che ho fatto

    Ho lavorato su quei corsi nel mese di marzo, sono andati in linea nel mese di giugno, sulla piattaforma Formazione Giornalisti. E lì è successo l’incredibile.

    Una marea di colleghi

    Lentamente, ma in modo costante, la mia mail è stata invasa da messaggi di ringraziamento, da storie bellissime di colleghi fantastici, da umanità preziose che hanno rialzato la testa guardando davanti. Da lì il sasso nello stagno gettato dallo stesso Ordine dei Giornalisti nell’acqua ferma della formazione professionale ha iniziato a fare cerchi concentrici che sono arrivati lontanissimo. Dalla Sicilia a Bologna, da Udine a Torino, da Bergamo a Lecce. Gli iscritti a quei due corsi? Una marea di colleghi. Non sto a dirti i numeri, che peraltro conosco. Te ne dico solo uno: quei due corsi sono stati fatti da, più o meno, il 20-25% dei giornalisti italiani attivi. Un’enormità della quale sono onorato. I messaggi verso di me? A star bassi, oltre 200. Te ne faccio leggere uno di un collega che non ho il bene di conoscere.

    Ho cercato di rispondere a tutti, spero di esserci riuscito, tra telefonate, mail whatsapp, messenger. Quello che desidero farti sapere, caro collega, cara collega, è che ho letto tutti i messaggi e li ho tenuti con me. Sono il senso di quello che ho fatto, di quello che abbiamo fatto.

    Ordine dei giornalisti, ora ascoltali

    Dopo quel messaggio che hai appena letto, qui sopra, ho iniziato a pensare una cosa: non posso fermarmi qui. Sono arrivato qui grazie a Carlo Bartoli, Andrea Ferro, a tutti i consiglieri, al Presidente dell’Ordine toscano Marchini che mi fa fare corsi mensilmente (a proposito, sto preparando cose nuove), al consigliere regionale toscano Andrea Giannattasio, alla preziosa Sara Cenni, ai colleghi tutor dei miei corsi e a tutti quelli che mi hanno seguito. Se una nuova formazione c’è è per merito di tutti loro, io sono solo uno strumento.

    L’effetto boomerang

    Tuttavia, caro Ordine dei giornalisti, ora ti devi impegnare ad ascoltare le migliaia di iscritti a quei corsi e i messaggi ricevuti dal sottoscritto. Creerò un dossier in merito, lo porteremo in giro, lo trasformeremo in un sistema. Insomma, io farò il mio, ma tu, caro Odg, devi continuare a fare quello che hai fatto. Devi continuare a dire e a dirci che un’altra professione è possibile e che un’altra formazione è possibile. Altrimenti avrai un terribile effetto boomerang. Quale? Beh, è presto detto. Tutti i messaggi, ma proprio tutti, hanno avuto questo tenore: “Ah, la formazione dell’Ordine era noiosa, inutile e pedante, ma poi sono arrivati questi corsi…”. Già, poi sono arrivate tutte le persone che hanno voluto cambiare la formazione dell’Ordine. E io con loro. Se non continui il cambiamento avrai migliaia di delusi in cambio.

    Allora chiudo questo 2022 con la constatazione di aver fatto la cosa più bella della mia carriera, quella che da un senso a tutto. Ma anche con l’idea che mai come in queste ore, il bello deve ancora venire, perché tante persone hanno voluto che fosse così.

    Non io, tante persone. Auguri a tutti, grazie a tutti e, soprattutto, grazie a loro.

    In fondo, ma non per minore importanza, grazie alla splendida Maria Letizia Mele senza la quale questi corsi non sarebbero mai nati.

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    Sindacato giornalisti, ne abbiamo tutti bisogno

  • Sindacato giornalisti, il momento delle elezioni

    Sindacato giornalisti, il momento delle elezioni

    Il sindacato giornalisti è arrivato ai giorni delle votazioni e delle elezioni.

    Da qualche tempo ho fatto un passo avanti nel mondo delle istituzioni della mia professione. Diciamo da un anno e mezzo, forse due. Il motivo per cui l’ho fatto è legato a una motivazione personale: ho vissuto un lungo percorso di cambiamento del mio lavoro e l’ho vissuto con un obiettivo preciso in mente. Volevo sperimentare l’evoluzione del mio mestiere, visitandone i confini, per poi tornare nel mio mondo e dire: “Si può fare”. L’ho fatto con l’Ordine, facendo una bellissima esperienza (pur senza l’esito positivo dell’elezione), l’ho rifatto con il sindacato giornalisti che in queste ore vive il momento del rinnovo delle cariche regionali e nazionali (i delegati per il congresso di Riccione).

    L’idea di un sindacato nuovo

    Per pensare a un futuro del sindacato ho due idee, legate al mio ruolo di innovatore o, perlomeno, sperimentatore del giornalismo. La Fnsi, il nostro sindacato giornalisti, offre un sacco di servizi, oltre a condurre le consuete vertenze per cercare di salvaguardare. A mio avviso spero possa migliorare il dialogo, spero possa far conoscere meglio le sue molteplici opportunità col fine di cercare nuovo pubblico proprio attraverso l’erogazione di servizi oltre all’interposizione tra lavoratori e datori di lavoro tipica del suo mandato.

    A mio avviso, poi, l’idea di un sindacato nuovo, passa per l’innovazione, per l’incubazione di nuovi modelli del lavoro, per il riconoscimento delle nuove figure professionali non dal lato giuslavoristico, ma dal lato delle loro nuove esigenze. L’innovazione del sindacato si può praticare in molti modi e un ruolo centrale in questo cambiamento può essere la formazione professionalizzante. Sarebbe bello anche poter sperimentare luoghi di incontro, virtuale e fisico, della domanda di lavoro con l’offerta. In questo senso la vicinanza con le altre istituzioni giornalistiche e il dialogo con le stesse dovrebbero essere resi più strutturali ed evidenti

    Si può votare anche lunedì 5 dicembre 2022

    Si può votare anche lunedì 5 dicembre on line e in presenza. Io sono candidato per le elezioni congressuali. Il congresso che eleggerà il nuovo segretario Fnsi e i nuovi consiglieri si svolgerà a febbraio a Riccione. Ti invito a votare tutta la mia squadra che è quella di Nuova Informazione. Sono persone straordinarie, sono persone che mi hanno sempre aiutato, sono persone che hanno sempre interpretato il sindacato giornalisti come deve essere: come servizio. Se vuoi tutte le informazioni per votare clicca qui. Devi essere in regola con le quote associative al sindacato e aver ricevuto dalla piattaforma Eligo tutte le coordinate per votare online. Lo potrai fare, per la Lombardia, anche in viale Montesanto al 7 a Milano.

  • Il sindacato giornalisti e la stagione dell’impegno

    Il sindacato giornalisti e la stagione dell’impegno

    I giornalisti hanno un sindacato.

    Affermazione un po’ forte, visto che la crisi del settore ha stritolato questa istituzione importante per i lavoratori. Del sindacato, infatti, non si sente traccia tangibile, pensano i più, nelle vite di chi, come me, fa la professione tra mille fatiche e con risultati molto inferiori rispetto alle necessità di una vita dignitosa. Il sindacato dei giornalisti, invece, esiste e ha un valore enorme perché impegnato in furiose e spesso impari battaglie per tenere in piedi questo settore del lavoro.

    Un paio di precisazioni personali

    Innanzitutto scusami se è un mese che non vengo qui a scrivere. L’estate che ho passato è stata intensa, sono arrivato a settembre stanco, a ottobre ho faticato, a novembre sto ripartendo. Son sempre qui sulla mia strada, con il mio smartphone a raccontare storie, a progettare contenuti, a fare l’apprendista papà (naturalmente non in questo ordine). Questo periodo è stato anche un periodo in cui ho maturato l’idea di continuare la stagione dell’impegno e di impegnarmi anche per il sindacato.

    La mia idea di impegno nel sindacato giornalisti

    Non so, magari non sei un giornalista e la cosa non ti interessa molto. Oppure sei un giornalista e non hai mai visto il sindacato arrivare nella tua vita. Io l’ho visto e l’ho visto salvarmi la vita professionale in più di una occasione. Ho visto persone straordinarie comparire come angeli nel momento in cui il nero mi avvolgeva. Di conseguenza il sindacato e il suo valore, la sua importanza, sono sempre rimasti con me. E mi hanno cambiato la vita in meglio.

    Il sindacato, per primo, ha capito il valore del mio cambiamento e lo ha voluto per se. Di conseguenza ho deciso di impegnarmi e portare al sindacato le istanze dell’innovazione. Mi attirerò nemici (non ti preoccupare, li ho già), faticherò a tenere in piedi tutto, ma non mi preoccupo: voglio portare sul tavolo del sindacato le esperienze che ho fatto nei settori di cui mi sono occupato. Servire gli altri in politica o in attività sindacale non fa rima con l’occuparsi di tutto. Per questo metterò a disposizione le competenze nel cambiamento della professione, nell’innovazione, nel futuro del mestiere. Non altro.

    Sono candidato al congresso

    Insomma: ho accettato la candidatura al congresso del sindacato FNSI che si svolgerà in febbraio a Riccione. La mia lista è Nuova Informazione e le liste di tutti i candidati le trovi qui. Il sindacato va a elezioni e i modi per votare li trovi qui. Sul quando votare l’Associazione Lombarda dei Giornalisti dice questo: Le elezioni per il rinnovo delle cariche sociali Alg e per i delegati al 29° Congresso della FNSI si terranno nelle giornate di venerdì 2 dicembre, sabato 3 dicembre, domenica 4 dicembre e lunedì 5 dicembre 2022, il seggio di Milano, in viale Monte Santo resterà aperto dalle ore 10 alle ore 18 per tutte e quattro le giornate. Si precisa che il voto elettronico si potrà effettuare dalle ore 10 del primo giorno, ininterrottamente, fino alle ore 18 dell’ultimo giorno.

    L’importanza del sindacato giornalisti

    Le regole sono un po’ macchinose e ricordano l’elezione dell’Ordine. Per votarmi devi essere un “professionale” in regola con le quote del sindacato al 3 giugno 2022. Ora, non so se lo sei, ma ti racconto una cosa. Il sindacato dei giornalisti è importante per garantire la salvaguardia e il futuro di questa professione. Il giornalismo è importante anche se non sei un giornalista perché resta uno degli strumenti della democrazia. Siccome della democrazia abbiamo ancora bisogno, beh, dammi una mano a diffondere la cosa tra amici e conoscenti che magari giornalisti lo sono e in regola con le quote anche. Se vuoi capire più approfonditamente i motivi del mio impegno leggi qui.

  • La crisi energetica, la comunicazione e la forbice

    La crisi energetica, la comunicazione e la forbice

    Crisi energetica, è iniziata l’accelerazione.

    Da alcuni giorni sto lavorando al 2023 di Algoritmo Umano. Un 2023 che si annuncia interessante, sfidante e difficile. Pianificare il modo con il quale ti inventerai lo stipendio per i prossimi 12 mesi sempre un’operazione difficoltosa per un libero professionista. Un questo periodo, oltretutto, le difficoltà sono acuite dalla crisi energetica e politica che il mondo sta attraversando. Una crisi sulla quale, a naso, marciano in molti. Iniziata l’accelerazione di questa situazione critica, sono iniziati anche i primi problemi nel settore della comunicazione e nella produzione di contenuti.

    La forbice per tagliare

    In più di qualche telefonata di tipo commerciale mi sono sentito dire: “Francesco, grazie, ma le bollette ci hanno messo in ginocchio. Nel 2023 non investiremo in comunicazione”. Insomma, la forbice dei tagli va per prima alla lettera “C”. Viviamo ancora in un mondo del business e delle aziende per il quale la comunicazione è intesa come una necessità, come un costo. La stragrande maggioranza degli imprenditori e dei manager, attanagliata certamente da preoccupazioni gravi, valuta l’interazione di un’impresa con l’esterno (o anche al suo interno) come qualcosa di non necessario. Insomma una cosa che si deve fare, ma si può pure fare a meno.

    Tagliando la comunicazione queste aziende tagliano anche il loro futuro. Già, perché mentre in Italia “il sito lo facciamo l’anno prossimo”, in giro per il mondo comunicare e produrre contenuti, per un’azienda, è ritenuto un asset imprescindibile.

    La crisi energetica e la necessità di valore

    Si, sto parlando di asset, cioè di un valore, un bene immateriale di un’azienda. La comunicazione e l’interazione con il cliente è costruzione di valore del proprio brand. La capacità di un’impresa di parlare al suo mondo e di ascoltarlo si trasforma in coinvolgimento e il coinvolgimento in rafforzamento del mercato (e quindi dei ricavi). Ecco perché talune aziende mettono a bilancio la valutazione della propria reputazione: perché vale soldi.

    Oltretutto proprio in questo momento di crisi energetica le aziende, anche piccole, dovrebbero raccontarsi e raccontare le loro scelte. Svelare le difficoltà e far capire come le risolvono.

    L’Italia ha un grande tessuto economico di aziende piccole mediamente arretrate sul digitale e sui social. La cultura imprenditoriale italiana ha fatto in modo che il sito restasse un peso e i social una roba per il cugino a 150 euro al mese. E gli effetti si vedono nella diversa velocità alla quale vanno le imprese rispetto a quello che c’è fuori da Bardonecchia, Chiasso o Trieste.

    Il rimedio nello smartphone

    Sono anni che mi sbatto per far capire che i device mobili sono ormai macchine potenti e performanti per produrre contenuti. Sono anni che lo faccio.

    A coloro che tagliano a partire dalla “C” di comunicazione dico solo una cosa. Farlo ora avrà questa conseguenza: se sorpasserete il tunnel della crisi, una volta fuori, tutti parleranno e voi sarete in silenzio. Tutti avranno trovato e fatto crescere le loro comunità di persone interessate e i loro mercati, mentre voi dovrete ancora cominciare.

    Sinceramente non posso insegnare a guardare nel futuro perché non sono Mago Merlino. Tuttavia sono sicuro che, chi supererà la crisi energetica sarà quello che più coraggiosamente risponde al cambiamento del contesto dei costi e non smette di guardare l’orizzonte e di parlare al suo pubblico. C’è un rimedio per questo: usare lo smartphone per raccontare un’azienda, un’attività, una carriera, un’impresa grande o piccola che sia.

  • Campagna elettorale: parlateci dei freelance

    Campagna elettorale: parlateci dei freelance

    Campagna elettorale: non voglio parlare di politica, ma…

    voglio parlare di noi. Sulla campagna elettorale è meglio non pronunciarsi. Tuttavia mi tocca notare, anche se spero di poter essere smentito, che non si parla di libera professione, di freelance. Siamo milioni, già, il famoso popolo delle partite iva. Ebbene, nei discorsi acchiappavoti valiamo zero.

    Una parentesi: il mio nuovo sito

    Prima di addentrarmi nell’argomento ti racconto del mio nuovo sito. Questa volta ho scelto di essere ancora più essenziale e di prediligere il racconto. Per questo ho reso questo luogo digitale un luogo minimo. Il mio intento è quello di sedermi, di tanto in tanto, a ragionare insieme a te giocando con le parole. Incontro dopo incontro, esperienza dopo esperienza, riflessione dopo riflessione. Sul mio mondo, sul mio lavoro, sul mio percorso. Voglio farlo scrivendo testi che stiano su, che siano buoni ora o fra 6 mesi, o due anni (tanto di campagna elettorale ce ne sarà presto un’altra, poi un’altra, poi un’altra…).

    Tu sei un’azienda

    Tu sei un’azienda. Noi siamo aziende. Paghiamo le tasse, produciamo ricchezza, creiamo lavoro. Eppure zero. Siamo lo zero. Credo fermamente nelle possibilità, credo nella capacità, nel merito. Però lo Stato e la politica continuano, anche in questa campagna elettorale, a fare finta che i freelance, le partite iva, non esistano.

    Non mi riferisco a misure a raggio stretto, a qualche sgravietto buono per comprarsi le sigarette, a qualche deduzione in più. Mi riferisco alla struttura delle cose. I freelance non possono crescere, non hanno accesso al credito, non hanno ammortizzatori sociali, non hanno protezioni da infortunio (e io lo so bene, se leggi qui). Non possono programmare, avere figli (se non tra mille rischi), avere infrastrutture per lavorare. Non possono fare un mutuo (a me ridono in faccia ogni volta che ci provo). Niente formazione, nessuna preparazione ad affrontare i rischi della libera professione…

    Campagna elettorale: desolazione

    Al di là delle questioni politiche (che mi avviliscono), il panorama degli argomenti è desolante. Il vuoto cosmico che regna attorno alle partite iva fa pensare che presto, noi freelance avremo da faticare ancora di più in questo mercato del lavoro atomizzato, precarizzato, sminuzzato. I clienti avranno mani libere per tirare ancora di più il cappio dei prezzi, dei tempi di pagamento. Dallo Stato non avremo risposte, strutture, protezioni. Forse nemmeno quelle ossa spolpate che sono i bonus una tantum che i precedenti governi ci hanno dato. I nuvoloni neri sono in arrivo, perché questa campagna elettorale è così vuota di contenuti che fa spavento.

    Per favore parlateci dei freelance. Così, a spanne, sono una ventina di milioni. Proprio come quelli che non votano. Vuoi vedere che… son gli stessi? Mai vista una campagna elettorale così scema, quindi non ho speranze. Però lo chiedo lo stesso, anzi lo richiedo: parlateci degli autonomi, parlateci dei freelance.