Categoria: Giornalismo

Studio da anni il mobile journalism e sono uno dei punti di riferimento della materia in ambito italiano e internazionale. In questa categoria del mio sito ci sono raccolti tutti gli spunti arrivati dalle mie esperienze, dai miei studi e dalla trasformazione della mia figura professionale. Ormai il mobile journalism è il giornalismo di oggi.

  • Vidéo Mobile 2019: a Parigi il Mojo di domani

    Vidéo Mobile 2019: a Parigi il Mojo di domani

    Mobile journalism alla francese: sguardo sul futuro 

    La conferenza internazionale sul mobile journalism Vidéo Mobile 2019, terza edizione dell’evento sulla cultura della mobile content creation in lingua francese, offre sempre uno sguardo differente sulla materia. Già, perché alla manifestazione organizzata dal team di Philippe Couve e di Samsa.fr, agenzia internazionale di formazione Mojo che ha rivoluzionato il mercato francese, ci sono sempre occhiate non scontate su quello che di nuovo emerge nel mobile journalism e su nuove zone in cui il Mojo attecchisce e germoglia in forme davvero poco regolari sia per quanto riguarda il linguaggio visuale, sia per i business giornalistici. 

    Audio, Stories, ruolo del mojoer e tanto altro 

    La cosa magnifica di Vidéo Mobile è che apre al Mojo africano e fa scoprire coraggiosi esempi di mobile journalism “low cost” che stanno conquistando l’interesse internazionale. Il team di Couve, però, è abilissimo nel creare temi che facciano restare al centro l’esercizio giornalistico Mojo, ma lo portino in territori nuovi come le stories di Instagram o le piattaforme social di diffusione dei video, la posizione del giornalista Mojo in una sua storia (dentro o fuori?), ma anche la potenza dei microfoni wireless o delle ultime app di montaggio come Premiere Rush che ha stravolto il teatro dell’editimg in mobilità.

    Esserci è un must

    L’organizzazione de la Vidéo Mobile ha già fatto uscire la data che é quella del 7 febbraio 2019 e ti comunico che sono già fuori gli early bird. Già, sto parlando dei biglietti in prevendita per una giornata che regala un pieno di link verso un paese e delle realtà più prossime alla nostra rispetto a quelle del mondo anglosassone e del Mojofest di Galway.  A margine degli speech e dei panel una serie di workshop pratici che renderanno assolutamente formativa la giornata parigina. 

    (Photo credit Micallef/Vidéo mobile)

  • Via a Premiere Rush e Adobe diventa mobile

    Via a Premiere Rush e Adobe diventa mobile

    Fino a ieri era Project Rush oggi è Premiere Rush: rivoluzione mojo in vista

    Su questo blog e in diretta, per i miei Patron, ho parlato più di una volta di quella app realizzata da Adobe che fino a ieri si chiamava Project Rush, ma oggi ha cambiato nome. In diretta dagli Stati Uniti, infatti, la Adobe, nel suo annuale keynote “Adobe Max” ha presentato ufficialmente (e messo in commercio) la sua app per il montaggio “mobile” multipiattaforma ribattezzandola ufficialmente Premiere Rush CC. Durante l’evento è stata tenuta tra le ultime novità ed è stata presentata con grande passione sul palco losangelino della conferenza che ha come eloquente claim “The Nex Generation of Creativity”. Impattante la scena, e impattante anche il cambiamento che la più grande firma mondiale del software per creativi ha impresso alla sua immagine con questo evento. 

    Una piattaforma per la creatività.

    Premiere Rush CC è stata svelata con tutti i particolari e presentata come la app che serve ai nuovi storyteller, quelli che vivono online tra il canale Youtube e il loro blog, quelli che montano ovunque e che passano l’esistenza “catturando” la vita che gli sta intorno. Insomma Project Rush, divenuta Premiere Rush, ha parlato proprio ai mojoer, aprendo tutta una serie di possibilità di enorme interesse per quello che riguarda l’editing dei contenuti video con il plus affascinante del poter cambiare strumento di lavoro in tempo reale, passando dall’iPhone all’iPad oppure facendo gestire da remoto nel cloud ulteriori avanzamenti del lavoro per poi rifinirlo ancora sulle device mobili. Questo può cambiare la filosofia e aumentare la capacità di interazione tra un luogo fisico come una redazione e i mobile journalist in giro per servizi. Ora che lo vedo nei miei device, posso dire che, nonostante io sia un “totalmojo” e abbia eliminato dal processo di produzione il pc, vedere Premiere Rush CC recapitare nel mio vecchio computer hp delle cose fatte con l’iPad alcuni secondi prima è un cambiamento che quasi mi sciocca.  Quasi come la strepitosa Youtuber Lill Singh che oggi ha fatto da madrina al prodotto. 

    Adobe si consegna alla mobilità e alla nuvola, tutta!

    Dopo questa serata non credo di esagerare se dico che il mobile journalism cambierà, così come tutta la mobile content creation. Intendiamoci, Premiere Rush non ha nemmeno lontanamente le qualità enormi e le caratteristiche che ha Luma Fusion, di Luma Touch. Però non posso dire che l’operazione di fare Premiere Rush non sia di quelle che cambiano la storia. Adobe ha fatto questa app perché la considera la punta di un progetto nel quale crede moltissimo. Quale? Quello che ha, di fatto consegnato tutto il futuro della più grande firma al mondo di software “creativo” alle parole “mobile” e “cloud”. Premiere Rush, infatti, ha rivelato tutte le sue potenzialità in quanto a flessibilità e velocità di esecuzione del montaggio video, ma i dirigenti e i creatori di Adobe che si sono alternati sul palco di Los Angeles hanno riempito la hall con concetti vicinissimi a una completa mobilization degli applicativi e dei software di Adobe. Insomma la company si è consegnata tutta al mobile… ed è solo all’inizio della transizione. 

    Premiere Rush e i suoi fratelli più grandi…

    Premiere Rush, infatti, è la testa di ponte del mondo Adobe per passare dal desktop alle device mobili, ma anche alcuni fra gli altri programmi di punta hanno fatto il salto definitivo. Photoshop 2019, per esempio, è stato presentato come il primo Photoshop completo per iPad e non più come una versione light per il tablet di casa Apple. Stessa cosa dicasi per Lightroom che ha mostrato tutta la sua potenza quando è stato fatto passare un file RAW da 41 mega tra un iPad in cui era stato fatto “virare” al bianco e nero, all’iPhone di chi stava facendo la dimostrazione, ma anche a un Samsung S9. La Adobe ha presentato anche Project Gemini per gli illustratori che è un’altra applicazione nativa per iPad e ha scatenato tutta la fantasia del suo Cloud dichiarando che diventerà una creativity platform senza confini, con Premiere Rush e i suoi fratelli più grandi. 

    Il futuro sembra non avere frontiere

    Sono stato abituato, per necessità, a presentarti il mondo del mobile journalism come diviso tra iOS e Android, avvicinabile dal PC o dai Mac. Due metà dell’universo, con un largo confine in mezzo. Questa sera, però, mi accordo che tutto sta cambiando se Adobe, per i creativi di tutto il mondo, mette a disposizione delle App disegnate per le device mobili e la potenza di una nuvola che fa in modo che tutte gli apparecchi siano sincronizzati per finalizzare il lavoro e facilitare un flusso a più mani sullo stesso contenuto. Il futuro è tracciato e a questa strada va aggiunta solo l’implementazione dei comandi vocali che già questa sera si è vista. Insomma Adobe ha cambiato il modo di pensare il mobile journalism con una app come Premiere Rush, ma anche con “miglioramenti” decisivi sui suoi prodotti classici visti in mobile come Photoshop e Lightroom. Poi è andta nel futuro con XD, app per il designing da mobile per siti e creazioni di app. Ora la risposta a Luma Touch per riportarsi avanti quattro passi come è sempre stata. 

    Il prezzo? Sono 10,49 euro al mese.

    Per 10,49 euro mensili Premiere Rush è una app che penso sia il caso di avere per quella grande potenza della condivisione del lavoro via cloud che sbaraglia il campo delle applicazioni di montaggio mobile. Ti dirò che ho acquistato subito l’abbonamento, ma resto certo che Luma Fusion è assolutamente inarrivabile e presto pareggerà il conto anche per quanto riguarda il lavoro in cloud.

  • Project Rush: Adobe porta Premiere in mobile

    Project Rush: Adobe porta Premiere in mobile

    Project Rush: una app che cambia le carte

    Sono passati 15 giorni da quando i miei patron hanno potuto vedere una lunga dimostrazione delle funzionalità di Project Rush, la nuova applicazione di montaggio mobile realizzata nientemeno che dalla Adobe. Si, hai letto bene: sto parlando della company che realizza Premiere e tutti gli altri programmi per i creativi dell’immagine famosi in tutto il mondo. Si tratta di un software multi piattaforma che grazie a Creative Cloud può farti fare un lavoro cominciandolo in mobile, continuandolo su pc e finendolo su iPad. Una rivoluzione che ridefinisce le potenzialità del montaggio in mobilità per i mobile journalist. 

    Le prime impressioni, senza le mani sopra

    Non ho ancora avuto sotto le mani questa app e quindi devo ammettere che le mie impressioni possono risultare parziali. La filosofia di Premiere portata in mobile, però, è una promessa che rischia di rapirmi. Avere a disposizione la flessibilità e la potenza della tecnologia Adobe, facendo tutto su un telefonino, controllo colore e audio compresi, ma anche una straordinaria varierà di possibilità grafiche e di titolazione, è una cosa che rischia di ribaltare il mercato delle App di editing. 

    Essendo un total mobile mi viene più facile pensare che la dedizione al prodotto mobile di Luma Touch e della loro Luma Fusion resta imbattibile e che Adobe abbia messo piede sul mercato delle applicazioni in mobilità solo per dire di esserci. Sarò ben felice, però, se i fatti mi smentiranno. Intanto ti lascio con questa provocazione.  Se Rush entra anche in Android, cosa già prevista, e Luma Fusion sbarcherà in Android anche lei, vuoi vedere che saluteremo tutti i telefoni Apple? 

  • Mobile Journalism: lo stato delle cose nel 2018

    Mobile Journalism: lo stato delle cose nel 2018

    Il mobile journalism italiano è cresciuto, molto. 

    A settembre saranno più o meno due anni dall’inizio del mio progetto di divulgazione del mobile journalism in lingua italiana. Forse un pochino di più se vai a rileggere questo articolo datato 9 aprile 2016, quando ancora parlavo di mobile journalism quasi senza avere contezza che ero dentro una nuova cultura e un nuovo mondo del giornalismo. Leggilo, fa tenerezza. Già, mi fa piacere anche pensare che tutto il mio progetto sia sotto gli occhi di tutti, leggibile dall’inizio alla fine, anche adesso che questo blog viaggia stabile sui 1800 lettori unici al mese. Sul mobile journalism, poi, ho scritto anche questo articolo, raccontando uno stato delle cose che era tutto fuorché roseo, almeno in quel momento. Era il 16 ottobre 2016 e tutto doveva ancora essere fatto (e anche io mi dovevo… fare). 

    La comunità esiste, eccome.

    Il mobile journalism italiano è nato nel 2015 dalla visione di Nico Piro, collega del Tg3, ma anche dal coraggio di Lazzaro Pappagallo, dirigente dell’associazione Stampa Romana che per prima ha varato i corsi sulla materia. Nel 2017 è nata Italian Mojo a Milano, per mano e cuore di Fabio Ranfi, Fabio Benati, Andrea Fontana e Sabrina Della Valle. Corsi, eventi, pubbliche prolusioni, collaborazioni con l’Ordine regionale dei giornalisti della Lombardia. Passo dopo passo la romana Mojo Italia e la milanese Italian Mojo sono nate, cresciute e si sono sviluppate cominciando a far penetrare nel linguaggio comune del giornalismo italiano le parole mobile journalism. Alcuni corsi sono anche stati sviluppati dal Centro di Documentazione Giornalistica, sempre con i romani Enrico Farro e Nico Piro, incaricato di redigere un libro sulla materia del mobile journalism che uscirà a settembre 2018.

    Il corso alla Regione Lombardia

    Italian Mojo, invece, ha raggiunto oltre 400 persone in un colpo solo nell’evento organizzato dall’Odg Lombardo “Voglio fare il freelance” al Palazzo della Regione nel settembre 2017, corso replicato anche nel marzo 2018. Oltre 200 erano i presenti agli Stati Generali dell’Informazione in Lombardia a Palazzo delle Stelline a Milano. Centinaia le persone formate nei corsi e quelle toccate da corsi accessori come quello sviluppato nel giugno del 2018 con riferimenti anche alla deontologia professionale e al Brand Jourmalism. La comunità milanese cresce con minore intensità rispetto a quella romana, ma ha già esempi di giornalisti sganciati nelle redazioni e nelle aziende a contaminare il flusso normale del lavoro con il viruso del mobile journalism.

    Parigi e Galway, noi ci siamo.

    Il mio intervento a Mojofest 2018

    Il 2018 verrà ricordato, in Italia, anche per altri due passi che hanno portato la comunità italiana a rafforzarsi ancora. Sto parlando della mia partecipazione come speaker alla conferenza “La Video Mobile” di Parigi nel febbraio del 2018 e la mia partecipazione come moderatore di un panel alla conferenza di Galway, quella Mojofest che da tutti è ricordata come un punto di riferimento internazionale della community.

    Le esperienze accademiche

    Fra le mie attività accademiche ci sono da annoverare, nella scorsa stagione universitaria, corsi ai Master della Iulm (Wellness and Beauty, Management dello sport e Food and Wine), al corso di Management dello Sport dell’Università di Pavia e una lezione presso la Scuola di giornalismo della Lumsa. Di grande importanza anche le esperienze di Nico Piro, con il quale condivido il ruolo di divulgatore del mobile journalism in lingua italiana. Il collega della redazione esteri del Tg3 è stato impegnato, con l’aiuto di Enrico Farro, al Master del Sole 24 Ore e alla Business School del quotidiano, alla Scuola di Giornalismo di Salerno, è stato fra i più “osannati” relatori del Dig a Riccione e ha rappresentato l’Italia anche alla nona conferenza della European Broadcasting Union nel 2017.  In questi giorni ci sono ulteriori elementi che fanno pensare a novità nei confronti delle Scuole di Giornalismo (la Lumsa in particolare), ma non posso ancora dire alcunché. Il mobile journalism, comunque, è entrato lentamente nelle stanze dove si studia il presente e il futuro del giornalismo. 

    La figura di Lazzaro Pappagallo, di Fabio Benati e le istituzioni.

    Nel 2018 è successo di più: è l’anno che verrà ricordato come quello del primo festival italiano del mobile journalism, Mojo Italia. Per rendere giustizia alla manifestazione vanno sottolineate alcune cose. La prima è il ruolo di Lazzaro Pappagallo, sindacalista al vertice del movimento di Stampa Romana. L’opera di questo professionista, la protezione e la carta bianca data al team di Mojo Italia per organizzare il festival, insomma, l’appoggio fornito è determinante per la storia del mobile journalism italiano (e non me ne voglia Nico Piro e tutto il team romano). Così come il collega Fabio Benati a Milano, uomo dell’Ordine da sempre e attivo nella politica della professione, a Roma Lazzaro Pappagallo ha mostrato la vita del rinnovamento intepretanto un ruolo del sindacato come di quella istituzione che “deve portare il lavoratore – sono parole sue – dove c’è il lavoro”.  Sono convinto che Pappagallo sia una chiave di volta per il futuro del mobile journalism e auguro ai colleghi romani che stia dov’è per molto tempo. Fabio Benati, invece, si spende al mio fianco ormai da oltre un anno divulgando il verbo del mobile journalism e guidandomi in modo sapiente nei rapporti con le istituzioni da “conquistare”, da convincere, da far innamorare. Un professionista eccelso che si batte per il bene della professione da decenni, oltre le correnti politiche e le convenienze.

    Le istituzioni come la FNSI sembrano seguire con interesse il movimento del mobile journalism italiano, così come lo fa con vigore il Presidente dell’Ordine dei Giornalisti lombardo Alessandro Galimberti che si sta adoperando per l’introduzione del mobile journalism anche nell’Istituto per la Formazione al Giornalismo Walter Tobagi. Percorso non facile… a quanto sembra. 

    Il presidente dell’Ordine Lombardo Alessandro Galimberti.

    Io sto lavorando al suo fianco e cerco di sostenere la cosa, perché penso che il cambiamento vada aiutato e supportato dentro le istituzioni. Stare fuori a criticare è molto, troppo facile. In questo senso ho anche fatto vista all’amico Carlo Verna, Presidente Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, per raccontargli con passione il progetto. 

    Il grande evento: Mojo Italia

    Il direttore di Mojo Italia Nico Piro

    Fatta la premessa, posso entrare nello specifico con il racconto di Mojo Italia. Il primo festival del mobile journalism italiano. E’ dal 21 al 23 settembre, presso Stampa Romana e la Casa del Cinema, immersa nella bellissima Villa Borghese. Lo sta organizzando il team di Mojo Italia che, parte Nico Piro, conta anche altri mojo come Natalia Castaldini o Vally Corona, ma vede l’appassionata partecipazione di tutta la comunità mojo romana. Un team affiatato che ha messo in piedi 15 seminari gratuiti in 3 giorni di evento, per quello che è un grande evento di formazione gratuita per giornalisti e professionisti del visuale, con la collaborazione proprio di Italian Mojo e dell’Associazione Filmaker diretta da Enrico Farro. Montaggio con Kinemaster o Luma Fusion,  introduzione al mojo, il Vlogging, gli altri social come Instagram, come fare un podcast: questi solo alcuni degli argomenti della tre giorni per un programma fittissimo, con i massimi esperti ialiani, che puoi trovare qui.

    Dalle prime notizie sono oltre 300 le iscrizioni ai seminari per una manifestazione che si annuncia come quella che dividerà un prima da un dopo nella storia del mobile journalism italiano. Il tutto anche perché c’è un primo timido interesse anche da parte degli editori che, probabilmente, faranno capolino alla manifestazione. Ci saranno anche tre concorsi mojo che puoi trovare qui se vuoi metterti alla prova.

    Editori, se ci siete battete un colpo

    Il grande passo che deve fare Mojo Italia è dare riconoscimento alla comunità italiana e farle sapere che esiste. Se posso mettere fuori un difetto di questa manifestazione ritengo che sia quello di essere in lingua italiana, ma va detto: in Italia i mobile journalist devono prima conoscersi e vincere le diffidenze. Poi potranno dire la loro anche all’estero. Il secondo grande passo è quello di uscire dal guscio e di far capire agli editori che il giornalismo va nella direzione del mobile journalism. Ci va con una comunità nuova e unita, moderna e creativa: non parteciparvi e non immettere il mobie journalism (tutto) nel processo delle aziende editoriali, è un errore. Saprà Mojo Italia fare questo? Intanto ti dico una cosa, se ti interessa il mobile journalism e non ci sarai, beh, hai torto. Terrò anche un seminario sui business possibili con lo smartphone: vieni? 

  • Il giornalista digitale ha bisogno di etica: ci aiuta Mariagrazia Villa

    Il giornalista digitale ha bisogno di etica: ci aiuta Mariagrazia Villa

    Giornalismo digitale ed etica: binomio imprescindibile

    Ho letto “Il giornalista digitale è uno stinco di santo” (Autrice Mariagrazia Villa, editore Dario Flaccovio) e quando sono arrivato alla fine mi sono accorto di due cose, diciamo, importanti per chi vuole fare il giornalista digitale e riuscire ad andare a dormire sereno tutte le sere.

    Etica necessaria per fare e per capire 

    La prima cosa che ho capito è che questo libro, coraggiosamente dedicato a 27 virtù che deve avere un giornalista per essere vero in questo mondo liquido del web, parla di etica riportandola al centro della professione giornalistica come mai mi era capitato di vederla di recente. Le virtù, le qualità da coltivare e sviluppare se si vuole che il proprio lavoro resti di valore, sono molto importanti e ci differenziano per sempre dagli algoritmi. Per questo coraggio, disponibilità, servizio, empatia, sono attrezzi necessari se vuoi fare questo lavoro facendogli conservare la funzionalità centrale nella società. Di che funzione parlo? Di questa qui sotto.

    Ecco il ruolo del giornalista

    Parliamo di etica, quindi, anche per capire il mondo che ci circonda e che cambia in modo liquido. Dobbiamo usare l’etica perché tutto della nostra professione è cambiato, ma il ruolo di mediazione della realtà resta quello. 

    Nuovi strumenti e contesto

    Virtù dopo virtù, qualità dopo qualità, la Villa nel suo manuale capolavoro dipinge la figura del nuovo giornalista digitale come quella di una mucca viola (per dirla con Seth Godin) che si crea il ruolo e il suo posto in quel postaccio che è il web rafforzandosi con l’allenamento dedicato alle qualità che rendono una persona migliore. Per quello è una mucca viola: così, a ben vedere, son poche poche le persone che cercano ogni giorno di essere migliori…

    Già, la Villa ci dice che il giornalista digitale è uno stinco di santo perché deve esserlo per fare questo mestiere con passione e verità. Peggio è il web e migliore deve essere la persona. Ti rendi conto di quanto questo messaggio sia rivoluzionario?

    Un passaggio sulla mediazione

    La seconda cosa pazzesca

    La seconda cosa importante che ho capito da questo libro è che Mariagrazia, detta Grace, giornalista e docente eccellente, è una fuoriclasse della scrittura di questo tipo di libri.

    Con questo “Il giornalista digitale è uno stinco di santo” riesce a essere alta come una filosofa e amichevole come quella compagna di liceo dietro la quale morivi e che ti faceva i compiti perché le facevi tenerezza. Bella, divertente, profonda, leggera, scorrevole, l’amica che vorresti, la prof di cui ti innamori perdutamente anche se parla di lavatrici.

    Morale? Aprite le aule delle scuole di giornalismo e inondate le aule di questo libro e ricordati: se vuoi essere un vero stinco di santo. Sii eccellente, ogni giorno di più.

  • Gutenberg: la trasformazione mojo di Worpress

    Gutenberg: la trasformazione mojo di Worpress

    La rivoluzione di Gutenberg è arrivata.

    Non sono impazzito e non mi sto riferendo all’inventore della stampa con 500 anni di ritardo. Il mio riferimento è alla nuova versione dell’editor dei testi dei siti in wordpress, come questo, che è destinato a cambiare per sempre le abitudini di lavoro dei comunicatori e dei giornalisti, specialmente se mobile journalist.

    Il fantastico mondo dei blocchi.

    Gutenberg è già presente nel mondo di wordpress sottoforma di plugin che puoi scaricare se vai nella sezione plugin del sito. Una volta attivato, il tuo editor cambia per sempre modo di presentarsi e ti porta nel mondo dei blocchi. Il nuovo editor è quindi pensato a pezzi che compongono il mosaico dell’articolo multimediale che si dipana sulla tua colonna pensato proprio per il mondo mobile. 

    Un collage semplicissimo

    L’articolo multimediale che si compone parola dopo parola è un vero collage che si costruisce con una estrema facilità grazie ai comandi e ai bottoni dell’editor che si possono aggiungere uno dopo l’altro proprio nella modalità più moderna per scrivere un pezzo multimediale, cosa che per noi giornalisti è la normalità. Foto, tweet, filmati, poll, frasi, citazioni, elenchi: tutto viene tirato dentro con grande facilità e riducendo al minimo l’intervento coi codici di colui che scrive.

    Ma la vera bomba è un’altra

    La vera bomba è che questo Gutenberg sembra fatto apposta per la scrittura da smartphone. Io, infatti, sto scrivendo questo articolo dal mio Samsung S8 che è uno degli smartphone meno amichevoli Per quanto riguarda la digitazione. Addirittura in questo paragrafo sto utilizzando la titolazione automatica tramite Google che mi permette di aggiungere velocemente del testo al mio editor.

    In tutto il paragrafo che hai appena finito di leggere, dettato interamente al mio S8, c’è stato un solo errore di trascrizione che ho dovuto correggere a mano. È incredibile, quindi, come il mio sito diventi con Gutenberg uno strumento di creatività multimediale potentissimo.

    Ho messo qui Humans of Ny…

    E l’ho fatto per un motivo. Volevo incorporare un elemento nuovo proveniente da un social diverso per far vedere la versatilità di questo strumento. Molto mojo, anche perché uno dei fattori determinanti della costruzione del giornalista moderno è la crossmedialità. Il tutto anche se mi sembra che l’incorporamento di Instagram non sia responsivo per i cellulari come quello di Twitter qui sopra..

    Io non sono in vacanza ma ko sul divano causa influenza.

    Adesso cambia tutto e cambia anche il mio modo di lavorare. Vi rimando al mio podcast Italian Mojo Stories che stasera manderò on air spiegando tutti i retroscena di questo primo pezzo con Gutenberg fatto mentre ero ko sul divano con in mano un S8.