Categoria: Social Network

Il giornalismo e la comunicazione vissuti attraverso i social network hanno completamente rivoluzionato il campo dei media. Ecco quali sono i trend di questi settori professionali che sono in grande fermento.

  • Razzismo digitale: dobbiamo parlarne

    Razzismo digitale: dobbiamo parlarne

    Il razzismo sta assumendo nuove forme e sta dilagando in nuovi luoghi. Come questo.

    Si, parlo di questo qui… parlo del web. Specialmente in questo periodo, specialmente in Italia, di razzismo dobbiamo parlare e dobbiamo farlo senza remore. Il contesto nel quale viviamo è diventato molto più “violento” e aggressivo contro chi si esprime fuori dalla logica dominante e ha anche aperto le porte alla creazione di differenze sociali sempre più ampie e sempre più evidenti, soprattutto in ambito digitale. Differenze di partenza, differenze che creano nuovi tipi di razzismo.

    Per questo motivo, guardando cosa il Governo e il Parlamento stanno facendo alle libertà di questo paese e comprendendo bene che siamo in una situazione di allarme, ho deciso di alzarmi in piedi e dirti che dobbiamo parlare di tutte quelle situazioni delle quali quasi nemmeno ci accorgiamo e che stiamo lasciando andare in modo inconsapevole. Si tratta di fatti, accadimenti, ma anche di omissioni o silenzi che stanno sezionando in maniera chirurgica la società a seconda delle possibilità di accesso e di uso di internet, della tecnologia, del digitale, del web, dei social e, ultima ma forse più importante di tutto, dell’Intelligenza Artificiale.

    Le differenze che creano razzismo

    In questa riflessione ti parlo di razzismo digitale, ma lo faccio senza riferirmi a episodi singoli che lo evidenziano. Il problema della società iperconnessa che si sta creando non lo dobbiamo solo vedere quando guardiamo il fatto singolo di matrice razzista. Dobbiamo imparare a considerare le differenze di partenza tra le persone che creano distanze che non sono solo dettate dal diverso potere economico di un umano rispetto a un altro. Dobbiamo capire ora che ci sono disfunzioni genetiche della nostra società e della nostra economia che creano umani che hanno una differente possibilità di esprimersi e di evolvere attraverso la tecnologia e lo fanno… di partenza. Per questo si creano esclusioni, per questo si crea diversità, per questo si crea razzismo.

    Le infrastrutture e il luogo che ti frega per la vita

    Nel nostro paese c’è una situazione di gravi differenze per quanto riguarda l’accesso a Internet. Uno che nasce a Pila, in Val Sesia, provincia di Vercelli, per esempio, non ha anche oggi, nel 2023, la stessa rete, la stessa velocità di dati in “upload”, in caricamento, di uno che vive in centro a Milano. Quindi significa che è più lento nell’accesso ai servizi, all’amministrazione, al lavoro, allo scambio di dati e alle possibilità tecnologiche che sono, invece, a portata di mano di un milanese.

    Un tempo erano le differenze economiche e politiche, insomma, a creare umani di “razze” diverse e di dignità diverse. Adesso ci sono anche le differenze digitali.

    A scuola, in tutte le scuole d’Italia, abbiamo visto con chiarezza le differenze di approccio al collegamento web quando i nostri ragazzi-bambini facevano la DAD, la mitica Didattica a Distanza. Per motivi di reddito, di costi, di opportunità, un’intera parte della società italiana non aveva al tempo del covid e ancora oggi non possiede dotazioni tecniche in casa che permettano di avere un approccio corretto e sufficientemente veloce al web. Per studiare, per conoscere, per acquistare, per avere servizi, per lavorare, per evolvere.

    Il silenzio è razzista

    Il tutto si svolge nell’ambito di un mercato delle linee internet e delle connessioni che è un cartello, che ha prezzi simili e alti e che beneficia dei voucher come cerotto buono per guarire uno sbudellato. Se la fibra non c’è, se le infrastrutture sono in mano a un monopolista, se la velocità è “x” a Pila e “10 volte x” a Milano, se le istituzioni non si prendono carico della necessità di parificare l’approccio alla rete e di garantirlo a tutti come un più che giusto diritto costituzionale, beh, allora dico che il silenzio del Governo attuale e di quelli precedenti è razzista. Perché? Perché esclude e crea diversità, in partenza, solo perché nasci in una valle montana, anziché nella pianura Padana (e non voglio allargare il discorso).

    I social son per ricchi

    I social network sono luoghi digitali che stanno cambiando con grande rapidità e che ci hanno fatto vivere una distorsione della realtà durata più o meno una ventina d’anni. Ora sono diventati posti virtuali molto diversi dal passato, ma non te ne sei nemmeno accorto, ci scommetto. Terminata la fase d’oro del furto continuo dei dati a nostro danno per fornirci la più stronza e invasiva forma di pubblicità della storia umana, ora le reti di connessione sociale sono servizi che devi pagare se vuoi continuare a usare in modo completo, ma la cosa non si ferma qui.

    Tanto per parlare di differenze che creano razzismo, se paghi il servizio (il Twitter Blue o il Meta Verified) hai maggiori possibilità di vedere quello che vuoi, di avere più contenuti, di non vedere più la pubblicità, di avere un supporto dedicato. Si, hai capito bene, se ci paghi ti assistiamo, se non ci paghi no…

    Traggo un altro esempio per farti comprendere come anche i social network stanno facendo differenze di razza. Se paghi Twitter Blue puoi vedere fino a qualche migliaio di Tweet al giorno. Se non lo paghi ne vedi 600.

    Dobbiamo cambiare punto di vista sui social

    Dobbiamo cercare di comprendere alcune cose che ritengo importanti per cambiare approccio ai social network, ma bisogna anche riflettere sul fatto che queste gigantesche reti di connessione tra umani hanno completamente trasceso la logica di un semplice prodotto (insomma Facebook non è una maglietta della Adidas che compri al negozio) e sono diventati strumenti di grande impatto sociale.

    Pensare a soluzioni per ottemperare a una giustizia sociale e per salvare le leggi di mercato che vogliono le aziende orientate al profitto non è il mio mestiere, ma quello di chi governa. Io sto solo indicando il problema con il dito: ora, sui social, ci sono i ricchi che pagano e hanno in cambio visibilità, contenuti, servizi. Poi ci sono i poveri che guardano dentro le vetrate del bel mondo e fanno l’alone di alito sul vetro.

    Concetti sparsi che concimano il razzismo

    Metto in fila alcune cose. Hai notato che, quando parlavo della rete, parlavo di velocità di upload e non di download? Ti spiego perché tutti parlano di download, ma è l’upload l’unico valore importante per l’utente. Il download o scaricamento dei dati è necessario se tu vuoi fruire di un contenuto, quindi se hai un approccio passivo al web e a quello che c’è dentro: guardi, ascolti, leggi, senti (e paghi). Il caricamento di dati è importante, invece, per te: se sei un lavoratore digitale e fai un video da un giga, beh, è determinante per te poter mandare quel giga di video in pochi secondi anziché in 10 minuti. Se devi lavorare col web devi avere potenza del segnale di rete quanto carichi dati, non quando scarichi…

    Ecco: e perché nessuno ne parla e lo mette come priorità nei suoi servizi?

    Le bolle che creano razzismo

    Seconda cosetta sparsa: se i social network sono diventati il posto che ho descritto nel paragrafo precedente, sai cosa succede? Succede che vedi sempre meno contatti, amici e li vedi sempre più simili a te e ai tuoi interessi. Per essere chiari: le bolle, le camere social nelle quali siamo chiusi sono una delle maggiori cause delle manifestazioni del razzismo digitale. Se il fascista o il razzista è contornato dai suoi simili che gonfiano ulteriormente il suo ego, sarà ancora più facile che questo crei testi, video, foto che contengono messaggi fascisti o razzisti visto che attorno a lui ci sarà sempre di più gentaglia che risponde solo ai suoi modi di vedere il mondo.

    Terza constatazione: negli ultimi tempi c’è stato un caso che ha creato, diciamo, una divisione netta tra “chi può e chi non può” ed è quello di Threads, nuova applicazione di Meta lanciata un po’ dappertutto, ma non nei paesi europei (e per certi versi mi viene da dire per fortuna). Ecco la questione riassunta in un video del canale YouTube di Algoritmo Umano.

    Il video sulla questione Threads sul mio canale YouTube.

    Social network: ora l’America ci evita

    Con il caso Threads è successo qualcosa che non era mai successo prima. Per la prima volta una app non è stata nemmeno rilasciata in un’area del mondo e la decisione è stata presa a priori. Ok, a causa delle leggi europee sulla protezione dei dati personali (e questa è una grande cosa, te lo assicuro), ma ha comunque creato una deliberata distinzione tra paesi che potevano toccare con mano la novità tecnologica e paesi che non lo potevano fare.

    Questa americanocentricità della tecnologia è davvero inquietante per tutto l’approccio al web, ai social, alle innovazioni. Per non parlare del monopolio mondiale della ricerca sul web di un’azienda sola che, se volesse, potrebbe cancellare interi paesi dalla faccia della terra in un’istante. Si parlo di un giorno ipotetico nel quale un capoccia di Google si sveglia e dice: cancelliamo l’Italia dai nostri server. Cosa succederebbe?

    Il mondo dell’intelligenza artificiale e il razzismo digitale

    Anche il mondo della AI ha vissuto la stessa cosa, almeno per quanto riguarda l’Italia, successa con i social network quando è uscito Threads. Per molti mesi Bard, il Large Language Model di Google, non era utilizzabile nel nostro paese. Decisione anche in questo caso presa a priori da Google per il problemi di rapporto tra queste piattaforme (che gestiscono assai allegramente i dati) e le nostre ottime legge sulla privacy. Ora si presenta così:

    Quello che devo notare, dopo averti raccontato questo caso, è che stiamo assistendo ad alcuni processi, nel mondo della AI, che creano i presupposti per delle importanti conseguenze di tipo razzista. Non mettere il mondo connesso alla pari facendo accedere contemporaneamente tutti gli umani internauti a un innovazione avrà anche i suoi giustificati motivi, ma crea differenze. Le quali si aggiungono alle differenze sociali ed economiche che ci sono già e che spingono da molto tempo lontano dal mondo digitale che stiamo creano un umano che ha la sola colpa di nascere a Ouagadougou e non a Milano.

    Il mondo delle aziende AI, il peggio del peggio

    Oltretutto il mondo dell’AI, o meglio delle aziende AI, è quanto di peggio possa esprimere la tecnologia per quanto riguarda la creazione dei presupposti del razzismo digitale. Lo dico chiaro: le varie fondazioni o aziende che hanno iniziato la corsa modello Far West alle nuove ricchezze derivanti da questa tecnologia non hanno fatto capire praticamente nulla agli internauti e agli utenti.

    Ci hanno solo resi fruitori passivi di queste tecnologie e utenti paganti. Insomma ci hanno messo subito le mani nel portafoglio promettendoci grandi cose o impaurendoci con potenti pericoli, ma senza costruire cultura, dare un approccio, fornire indicazioni non solo operative, ma anche etiche. Il prodromo più classico del razzismo.

    Come se non bastasse, poi, gli LLM come Chat Gpt o Bard si riforniscono con scarsa attenzione quando ti generano i contenuti attingendo ad algoritmi predittivi e probabilistici (quindi non intelligenti). Sto parlando del fatto che violentano il materiale altrui protetto dai diritti d’autore e si alimentano con testi e fonti che sono ancora piede d’odio, come afferma Wired in questo pezzo di qualche tempo fa.

    Il razzismo tecnologico esiste e va fermato

    Magari questa lunga riflessione sul razzismo tecnologico e digitale ti potrà essere sembrata incoerente. Tuttavia queste considerazioni cominciano a fare un quadro sempre più chiaro di quello che sta succedendo e di quello che stiamo subendo senza accorgerci di nulla, beatamente ignoranti. Fino a quando non protesteremo per l’infrastruttura di rete che in Italia non va ed è presa di un cartello di aziende che orientano il mercato a piacimento, fino a quando abboccheremo a stupidaggini come il 5G (ancora oggi il 5G è un bluff e un miraggio che viene pagato dagli utenti), fino a quando non rifletteremo il da farsi sul mondo dei social e della tecnologia, fino a quando non faremo chiarezza e cultura sulla AI e sul suo corretto uso, allora saremo preda del razzismo digitale e delle disuguaglianze che crea. E te lo dico: saranno benzina sul fuoco delle disuguaglianze sociali che già esistono.

    Io il mio l’ho detto, ora è il tuo turno. Che fai, agisci?

    Leggi anche: Internet nella Costituzione, un diritto da scrivere

  • Social network: cambia il modo di usarli

    Social network: cambia il modo di usarli

    I social network ci stanno stufando.

    Lo si capisce in modo abbastanza netto da piccole o grandi cose. Per esempio lo si capisce dagli utenti di Facebook che calano o dai bilanci delle social tech company che non guadagnano come prima. Un segno di recessione. Abbastanza brusco. Da qualche giorno sto ragionando su questo segno meno davanti ai numeri della crescita di qualche social, segno negativo che compare praticamente per la prima volta dalla loro nascita.

    I social network ci hanno fregato

    Già, ci hanno fregato. Per anni, infatti, ci hanno fatto capire che bisognava usare queste piattaforme in un certo modo. Tuttavia, il modo che ci hanno infilato in testa è quello che serve ai padroni del vapore per farci stare lì. Ci hanno voluti, per anni, dentro questi ambienti virtuali senza possibilità di scampo se non per due cose: guardare gli altri (e la pubblicità) o produrre contenuti per apparire (affinché gli altri ci guardino e guardino la pubblicità).

    I social network ci hanno trattato come polli d’allevamento, come anatre da ingrassare per farci il foie gras. Eppure hanno un senso e un’importanza profonda nella nostra vita anche per altri motivi e per altre interessanti funzioni alle quali pensiamo poco. Senti, ti dico una cosa: fino qui hai letto, ora ascolta. Ascolta come si possono usare diversamente i social.

    Se li usi bene, sono importantissimi

    I social network, se li usi bene, sono importantissimi.

    Guarda qui per capire cosa sta succedendo su Instagram e inizia a pensare a come cambiare la tua strategia di contenuto. Forse è il caso

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    Reel Instagram, ti spiego come usare lo smartphone

  • “Snapchat non è un social network”

    “Snapchat non è un social network”

    I social network sono strani mondi e Snapchat è indubbiamente uno dei più strani.

    Snapchat è un coso digitale che io non ho mai capito fino a qualche giorno fa. Per me era un social network. Anzi, dirò di più: per me era il social network dei ragazzini americani. Pensando a Snapchat mi fissavo sulla parte di messaging e di post dei vari Snap e non capivo: come mai un social network, che ti fa pure produrre dei contenuti, che ti fa mandare dei messaggi, fa sparire tutto in pochi secondi? Non comprendevo. Per anni ho lasciato stare. Mi sono detto, “mah, prima o poi muore”.

    Poi è arrivato Yusuf

    Ok, magari ti ho già parlato dell’amico Yusuf Omar, mobile videomaker impareggiabile e fondatore del progetto Hashtag Our Stories. Magari ti ho già stressato su quanto sia stato importante per me incontrarlo e lavorare con lui. A un certo punto, lui che è uno dei creatori di Snapchat fra i più famosi al mondo, mi ha detto una cosa piuttosto illuminante:

    “Snapchat non è un social network”

    OMG, Oh My God, ho pensato. Ma come… poi ha precisato un altro concetto.

    “Snapchat è una camera company”

    In quel momento, almeno su Snapchat, tutto è diventato più chiaro. Ho iniziato a capire come funziona quella app, ma soprattutto ho iniziato a comprendere perché funziona così. Ed è stata una scoperta davvero molto interessante.

    Come funziona Snapchat

    La app del fantasmino ha due aree. La prima è quella dell’interazione con gli altri, principalmente via chat o via snap. Parlo di quelle foto o contenuti che pubblichi sul tuo profilo (e da poco ce l’hai anche pubblico, il profilo). Tutto effimero, per quanto riguarda i messaggi. Spariscono dopo la lettura, come le parole di un discorso. Diverso è per i contenuti che posti, per gli Snap che ora sostano nelle tue mappe e sul tuo profilo come una geografia dei tuoi ricordi. Questa parte è una parte che fa assomigliare Snapchat a un qualsiasi altro social network, ma è quella sulla quale non punta.

    Perché “è una camera company”

    E’ una camera company perché è proprio il software di fotocamera a rappresentare qualcosa di unico che Snapchat ha e gli altri non hanno. Effetti, lenti, realtà aumentata, mix, titoli, grafica, musica, linea di montaggio, strumenti di miglioramento di tutte le caratteristiche del video o della foto che stai facendo. E poi… un grande tasto “Salva”. Quello più importante.

    Lo vedi il tasto Salva qui in basso verso sinistra??? (Snapchat)

    Quel tasto è il segreto di Snapchat che si rivela per quello che è. Nell’ambiente di creazione del contenuto puoi fare quello che vuoi. Hai veramente grandi potenzialità nell’ambito della produzione di video e foto verticali. Con gli Spectacles, poi, puoi creare video con splendide visuali orizzontali (e di tutti gli altri formati). Poi puoi salvare e pubblicare altrove. Snapchat è una camera company e una AR, Augmented Reality, company.

    Un cambiamento di prospettiva

    Se c’è una cosa importante che Yusuf mi ha insegnato dicendomi questa casetta su Snapchat non è quello che mi ha detto su questa app. E’ quello che mi ha detto su tutti i social. Ogni applicazione di connessione sociale va esaminata per quello che veramente ti può dare. I social network, principalmente, non ti danno una cosa (o perlomeno te la nascondono il più possibile). Vuoi sapere cosa? Ti nascondono la possibilità di uscire dalla piattaforma, quasi te la vietano, perché il loro obiettivo è farti restare dentro il flusso per spararti la più performante, invasiva e stronza pubblicità possibile.

    Snapchat non è così. Snapchat ti offre contenuti, ti fa produrre contenuti, ti fa creare connessioni, ma soprattutto ti offre una fotocamera incredibile con la quale puoi creare, salvare e far uscire creazioni dalla piattaforma. Liberamente. Per farne l’uso che vuoi tu. Snapchat non è un social network, è un grande strumento di produzione del contenuto.

  • Il senso dei social network nel 2022

    Il senso dei social network nel 2022

    Social network: che ne dobbiamo fare?

    I social network stanno cambiando. Con il mio Algoritmo Umano ci studio e ci lavoro tutti i giorni, ma è ancora molto fluida la situazione per poter capire veramente dove stanno andando e cosa dobbiamo farne noi. Ti racconto, però un piccolo episodio personale per farti capire cosa i social network rappresentano per me. Tutto è nato da un post dell’amico Matthew Feinberg, CEO di Alight Creative, società creatrice della bellissima app di editing e di grafica animata Aligth Motion.

    L’importanza di un contatto

    Ho visto dalla mia timeline di Facebook che si spostava dalla sua Seoul verso Milano. Ho subito pensato che fosse solo uno scalo per tornare nei suoi Stati Uniti o per andare altrove. Nonostante questo gli ho scritto un commento chiedendogli, se fosse rimasto in città, la possibilità di vedersi. Da quel contatto ho scoperto che veniva qui per restare. Ha affari proprio in città. Il senso dei social network per me si stava materializzando. L’importanza di un contatto ha rivelato subito il suo valore.

    Un incontro meraviglioso

    Attraverso i social network abbiamo iniziato a programmare un incontro. Parole affettuose sul piacere inaspettato di potersi vedere, due indicazioni e via, ci siamo visti. Io e Matt, due vite a 8 mila miglia di distanza, che si incrociano grazie a un social network.

    Due ore a parlare, a raccontarsi la vita e il lavoro. Due ore a guardarsi negli occhi, a ridere e a scherzare. Ore nelle quali ringraziavo l’esistenza dei social network senza i quali non avrei mai potuto conoscere uno dei più grandi mobile creator della terra.

    Una sensazione vera

    Ti dico il senso dei social network per me, un senso che si materializza nella forza dei legami deboli di Granovetter di cui ti ho parlato qui. I social sono uno strumento per coltivare relazioni di valore che iniziano virtualmente, ma si sostanziano fisicamente. Così come penso sia il web: un posto in cui stiamo in contatto e creiamo un contatto che inizia qui, ma finisce quasi sempre in un incontro fisico, in una collaborazione vera, in uno scambio di valore. Mi ha colpito davvero provare sensazioni vere per una persona che è nella mia vita virtuale da anni, ma è stata nella mia vita reale per un numero di giorni che si contano sulle dita di una mano.

  • Social network: come cambiare strada

    Social network: come cambiare strada

    Riflessioni mentre cammino.

    Ho camminato nella notte. Era talmente tanto buio che non si vedeva la lingua d’asfalto sulla quale mettevo i piedi. Mi sono sentito come uno di quelli che ha capito che i social network stanno cambiando e non ha capito come. Soprattutto, però, non ha capito dove deve andare e mette un passo malfermo dietro l’altro sperando che possa andar bene.

    Social network: il grande smarrimento

    Per scovare una nuova strada bisogna andare a sbattere. A me è capitato. È capitato durante l’ultimo giorno di lezione di un corso di riqualificazione professionale che ho tenuto per l’azienda IG Samsic. Stavamo facendo una sponsorizzata insieme, sì, una inserzione su Facebook. Ci siamo trovati davanti a un muro. Questo.

    Il gestore delle inserzioni fotografato dalla mia mano malandrina. (Facchini)

    Il muro del pianto

    La parte che vedi evidenziata è quella che ammette che, visto il cambiamento nel tracciamento dei dati operato dai sistemi operativi Apple, non è più possibile stimare il pubblico raggiungibile. E allora cosa faccio inserzioni a fare?

    Questa cosa deve essere esplosa come una bomba nelle agenzie di social media e a me ha dato un momento di terrore con i miei studenti. Non sapevo come avrebbero reagito di fronte a questo muro del pianto (per i social media marketer). Hanno capito tutti. Subito.

    E tu hai capito?

    La curva secca dei social network

    I social network si sono sviluppati sul modello di business dell’advertising profilato e su quel numero lì, quello del pubblico raggiungibile. E ora non c’è più…

    Questo significa una sola cosa. Una cosa semplice. Le aziende non possono più cacciar soldi a Facebook per rompere i cosiddetti ai potenziali clienti. Li devono raggiungere con altro. Se poi ci metti anche che le notifiche si possono gestire come mai è successo prima (leggi qui qualcosa in merito) il dado è tratto. Anzi come direbbe uno dei miei studenti “il dato è tratto”.

    E questo altro cosa sarà mai?

    La via del contenuto sui social

    Ho già scritto qui in merito al ritorno prepotente del contenuto al centro della scena. Ora resta da capire chi potrà fare il protagonista di questo cambiamento. Quelli del social media marketing li vedo un po’ smarriti se è vero che si attaccano perfino ai Reel sponsorizzati e ai Tiktok con spintarella pubblicitaria per creare attenzione. Vedo, invece, con forza una grande opportunità per i creatori di contenuti e i giornalisti. Già proprio i tanto vituperati giornalisti, capaci di raccontare storie come pochi altri professionisti della comunicazione.

    Un piccolo problema: la creazione del valore.

    Anzi ne vedo due. Vedo due problemi. Il primo sarà quello di fare capire alle aziende (che ancora credono che i social siano da affidare al cuggino con due g) che non devono più mettere soldi nel social adv, ma nel contenuto. L’altro sarà quello di emergere dalla mediocrità col valore. Se vuoi provarci inizia da qui. Si chiama Riccardo Scandellari e, come spesso gli accade, ci indica la strada. Che fai, vieni anche tu?

  • Creare contenuti: sui social network cambia tutto

    Creare contenuti: sui social network cambia tutto

    Creare contenuti sembra facile, ma lo è sempre di meno.

    Penso che succederanno presto delle cose sui social network. Delle cose importanti. Penso che succederanno molte cose nel mondo di coloro che sanno creare contenuti e che molti fra coloro che creano fuffa verrano smascherati. Finalmente verrebbe da dire.

    I cambiamenti in atto.

    Specialmente durante questa estate del 2021 guardo le reti sociali e i miei account con un’attenzione ancora maggiore. L’evoluzione che stanno avendo i social è di quelle che cambiano per sempre il mondo e il modo. Leggo ancora contenuti di pancia, estremi, violenti, aggressivi, mediocri. Vedo sempre più netto il rantolare della gente catturata dalla moda del momento e dal trend del momento. Però vedo anche altro. Sento il terrore di chi sta cominciando a capire che fare contenuti pieni del vuoto e del nulla cosmico, rutti buoni solo per ravanare un click, è un esercizio che sta per finire.

    Creare contenuti e creare esperienze

    I social network stanno diventando posti dell’esperienza virtuale, dello scambio, del business. Quindi devono diventare luoghi dove il contenuto deve essere pieno di valore non vuoto di mediocrità.

    E qui per molti cascherà l’asino.

    Tanti tanti personaggi, ma tanti proprio, cadranno come pere. Finalmente chi non riuscirà a confrontarsi con la qualità del contenuto comincerà a usare sempre meno parole. Comincerà a essere sopraffatto dal silenzio. Da quel momento in poi ricomincerai a sentire quelli che sono stati sommersi dal rumore del nulla. Quelli che sanno davvero come usare la scatola magica che si chiama contenuto.

    Sopravviveranno solo quelli, quelli che sanno mantenere la promessa di darti valore quando vai a trovarli sul loro account. Sono quelli che non solo sanno creare contenuti, ma sanno anche sviluppare delle esperienze che incidano. Il contenuto di oggi e di domani, infatti, non dovrà toccarti solo per le informazioni che ti dà, ma anche per come ti fa sentire poco prima che tu inizi a goderne e poco dopo.

    Creare contenuti e il cimitero degli elefanti

    Che bello. Non vedo l’ora di capire chi resterà nei miei account a dire cose di valore e chi verrà portato via…

    A proposito. Per fare contenuti di valore ci voglio i produttori di contenuti di valore. Ce ne sono molti, ma ancora non li vedi. Sono ancora dietro il commento di qualche no vax o dietro qualche rigurgito di populismo.

    Sono coloro che scrivono, postano video, audio o foto facendoti nascere dentro sensazioni come l”aspettativa, la curiosità, la voglia, anche prima della loro prima parola o del loro primo frame. Poi, dentro i loro testi, trovi le risposte che cerchi o le cose che non ti aspetti. Insomma apri il regalo e c’è qualcosa di bello, di utile, di inaspettato, di nuovo. Infine, dopo il contenuto c’è la piccola sensazione spiacevole che il contenuto sia finito e che devi aspettare il prossimo.

    Resterà vivo chi mantiene tutte queste promesse. Gli altri si appoggeranno su un fianco e cominceranno ad affollare il cimitero degli elefanti del contenuto basato sul nulla.

    Creare contenuti: ti chiedo un favore

    Abbiamo bisogno tutti di buoni contenuti. Se ti va, segnalami gli account social che pensi valga la pena visitare. Fallo qui sotto nei commenti o sotto i post sui miei social che parlano di questo. Scambiarsi un po’ di bei posti dove si trovano cose belle e utili da leggere, da vedere o da sentire potrebbe essere una bella cosa. Non credi?

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