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  • Mobile Storytelling: il manuale di mobile journalism perfetto

    Mobile Storytelling: il manuale di mobile journalism perfetto

    Se scrivi un manuale di mobile journalism sei un pazzo.

    Se riesci a scrivere un manuale di mobile journalism che diventa una bibbia sei un eroe. E qui, in questa storia, di eroi ne abbiamo due. Guarda caso come ne avevamo due nella prima storia di un manuale di mobile journalism.

    Andiamo con ordine. I due eroi di cui sto parlando sono Wytse Wellinga, olandese, e Björn Staschen, tedesco. Si tratta di due tra i maggiori esperti del mobile journalism in circolazione, i quali si sono cimentati, lo scorso aprile, nell’impresa di far uscire un manuale di mobile journalism che si intitola “Mobile Storytelling:A journalist’s guide to smartphone galaxy“.  

    Io lo sto studiando, non senza difficoltà visto il carattere approfondito e preciso dell’opera, redatta in inglese, in questi giorni. Più vado avanti nelle pagine, più mi convinco che i due colleghi abbiano centrato un’impresa straordinaria. Sono, infatti, riusciti a salire al piano di sopra della manualistica universitaria rispetto ai due grandi che li hanno preceduti, vale a dire Ivo Burum e Stephen Quinn, autori di “The Mojo Handbook”

    Perché sono due pazzi.

    Bjorn e Wytse sono due pazzi perché fare un manuale di mobile journalism è una assurda corsa contro il tempo per cercare di fotografare una materia fluida e in velocissimo cambiamento. “Mentre lo stavamo scrivendo – mi ha raccontato Staschen – ci siamo accorti di quanto velocemente cambi questa materia. Incredibile. Quanti cambiamenti abbiamo dovuto notare e quindi mettere nel libro in poco tempo. Abbiamo faticato a stare dietro al mojo: difficile e bello”. Non contenti del fatto che sfidavano la sorte e la logica, cosa che peraltro sto facendo anche io da un’annetto, i due alfieri della cultura mojo hanno anche fatto… di peggio. Se lo sono pubblicati da soli via Amazon. “Beh, esperienza dura – ha detto Staschen – ma abbiamo avuto anche la possibilità di cambiarlo e di farlo evolvere in corso d’opera. E’ bello poter pensare che hai un libro che puoi aggiornare quando vuoi”. Ora, adesso, velocemente, con pochi costi: insomma mojo.

    Perché sono due eroi.

    Davvero non so cosa li abbia guidati, ma sono riusciti a spiegare tutta la materia in modo approfondito senza scivolare nel tecnico o senza perdersi troppo in particolari su app e software che cambiano dopo poco. Hanno scritto tutto, tutti i fondamentali, tutte le caratteristiche di tutte le app più importanti, di tutti i modi e i consigli per fare mobile storytelling senza esagerare.

    Senza incorrere nell’errore di essere troppo precisi e troppo tecnici, cosa che avrebbe di fatto messo in pericolo il loro libro. Il motivo? Sarebbe diventato vecchio in due mesi. Invece non lo è. Davvero prezioso, pieno di testimonianze dei grandi interpreti della mobile content creation. Se uno vuole studiare mobile journalism qui trova la mojo bibbia. “Volevamo diffondere la conoscenza del mobile journalism che molti colleghi ci hanno regalato – mi ha raccontato Wytse Wellinga – e aiutare chi legge a trovare il suo mojo. Speriamo possa essere un manuale di mobile journalism utile a chi vuole trovare la via per raccontare le sue storie. In modo unico”. Un libro meraviglioso.

  • Mobile Journalism e self publishing: il matrimonio spiegato da Amazon

    Mobile Journalism e self publishing: il matrimonio spiegato da Amazon

    Self publishing, stumento da conoscere approfonditamente.

    Come avrai capito, bado molto alle problematiche economiche del lavoro da giornalista (specialmente freelance) e alle possibilità che il mobile journalism regala per migliorare il riconoscimento tra lo sforzo fatto e la paga ricevuta per farlo. A Perugia ho partecipato a un lungo panel sul self publishing e non potevo non approfittarne per aprire a questo argomento anche sul blog. Il ragionamento è semplice quanto importante: il mobiel journalist, quando produce, produce quattro tipi di file in uno (video, audio, testo e foto), ma ha anche necessità di dare valore a quanto raccoglie e magari non vende subito o a quanto rappresenta il suo archivio, magari in modi nuovi e forme nuove. Esistono strade primarie come la vendita di più contenuti che escono dalla stessa produzione e strade secondarie come il self publishing che è uno strumento da conoscere approfonditamente.

    Ragiona come un’azienda, perché lo sei.

    Questi ragionamenti, a mio avviso, valgono più di un tutotial di una app o dell’ultima prova delle lenti della Zeiss per iPhone (e comunque se ti serve una recensione sulle lenti Zeiss eccola qui). Sono legati al fatto che tu, caro mobile journalist, ti devi comportate come un’azienda, come una piccola compagnia di produzione nella quale, grazie alla tecnologia, unisci tutti i reparti in una persona sola. Se sei un’azienda devi pensare a massimizzare la redditività della tua produzione cercando ricavi in più modi possibili da una sola uscita, da un solo prodotto. Per dirla in modo banale, è un po’ un’economia modello Ikea, l’azienda svedese di mobili componibili che è partita dalla libreria Billy (nel tuo caso il tuo video) per costruire mobili buoni per arredare mezza casa (!). Per rendere più accessibile e più pratico il ragionamento ho sviluppato questo breve video.

    Un’ulteriore strada è il Self Publishing.

    Quando vivi i tuoi giorni da mojo, spesso non ti accorgi che le giornate passano via con un tasso di redditività molto basso sui prodotti che fai. Di solito sei quasi costretto ad andare in un posto, fare un video, montare velocemente, mandare il pezzo e poi liberarti delle immagini inutili perché il tempo e la necessità di fare altro per cercare di “sfangarsela” fracassano tutto il resto. Tuttavia, se ci pensi bene, i tuoi argomenti, le tue linee di interesse, i servizi che ti vengono commissionati, le storie che segui, possono essere rivalorizzate anche a tempo lungo (sentito nel video qui sopra la storia degli imprenditori che mollano tutto e cambiano vita?).

    Per dare nuova linfa alla redditività dei tuoi prodotti, anzi, più esattamente, per migliorare l’efficienza della struttura di costi che già sostieni, la strada maestra è quella dell’archiviazione del tuo lavoro e della riproposizione in altri tipi di pubblicazioni di taglio lungo e diverso. A Perugia ho fermato Giulia Poli, Head of Kindle Content di Amazon per farmi spiegare tutti gli strumenti possibili che il gigante americano mette a disposizione per giornalisti che vogliano, con un delta di lavoro in più per l’allestimento del prodotto ebook, vedere pubblicate le loro storie di taglio lungo.

    Il mondo del self publishing è un mondo in fermento e molti sono gli strumenti messi a disposizione delle aziende. Quello di Amazon, per ora, ha il difetto di non prevedere contenuti multimediali, ma ha grandi potenzialità. Il sito di Kindle lo trovi qui. Mettiti al lavoro che sono molte le storie che hai nel cassetto e che aspettano di essere pubblicate.