Tag: Android

  • Adobe Premiere Rush su Android cambia la storia dei media

    Adobe Premiere Rush su Android cambia la storia dei media

    Ieri è stato un giorno storico per la mobile content creation, per merito di Adobe Premiere Rush

    Dal 21 maggio 2019, infatti, è possibile scaricare Adobe Premiere Rush per Android e avere a disposizione quella app di editing di cui ti avevo parlato in questo pezzo qui ma anche in questo pezzo qui, pure per i telefoni del Robottino (per ora il numero delle device abilitate è abbastanza limitato). Questa scadenza, questa data, cambia le cose della mobile content creation in tutti i sensi perché ieri ha visto la luce la prima piattaforma creativa che può farti montare un contenuto video con qualsiasi aggeggio mobile tu abbia. Sto parlando, infatti, di un software che ha una versione per mac, una per pc, una per iPad, una per iPhone e una, da ieri, per telefoni Android.

    Il segreto è nella nuvola

    Adobe è entrata in campo, per quanto riguarda il montaggio video da smartphone e tablet, con tutta la potenza del suo concetto che riguarda la nuvola e ha approntato una app che è una base potentissima su cui si svilupperà il lavoro dei prossimi periodi. Oggi l’ho provata creando il video che vedi qui sotto (con qualche imprecisione) in due versioni diverse e con due device diversi dalle 16.10 alle 16.49. L’ambiente di lavoro sugli smartphone (io ho lavorato su un iPhone 7plus e su un Note 8) è famigliare e facile da comprendere, intuitivo e veloce. Può essere vissuto in verticale e porta alla lavorazione di video immediati e veloci, ritmati e adatti ai social. Insomma Rush fa creare in velocità e fa scatenare la creatività per la sua facilità d’uso. Ho impostato facilmente in Android il lavoro in 26:9 con qualche copertura “basic” e due sottopancia. Poi ho provato il grande segreto di Adobe Premiere Rush.

    Due formati fatti in contemporanea.

    Così, mentre caricavo il video in 16:9 per la mia diretta multicast, ho continuato sull’iPhone a produrre il formato verticale e ho visto una grande cosa. Il riallineamento dei formati da orizzontale a verticale è sorprendente e nasconde quello che mi ha spiegato in una telefonata Fred Rolland. Di chi sto parlando? Sto parlando dello Strategic Manager di Creative Cloud per imprese e Video, EMEA di Adobe, di stanza a Parigi. Verticalizzare il lavoro che ho fatto è stato facile in un modo disarmante e ho visto con i miei occhi le grafiche ritararsi seguendo il cambiamento dell’immagine.

    E’ nato Adobe Sensei… un maestro AI

    Senti cosa dice Rolland: “Rush per noi è la base per uno sviluppo futuro che avrà dei confini sorprendenti – mi ha raccontato al telefono – e che regalerà ai creatori di video una piattaforma mai vista prima, uno strumento che li farà lavorare in totale libertà. E volete sapere grazie a cosa? Grazie a Adobe Sensei. Si tratta di tutta quella parte di programmazione che sta dietro a Rush e che rappresenta la base tecnologica di intelligenza artificiale con la quale abbiamo già rivoluzionato alcuni passaggi, come il cambiamento di formato e l’armonizzazione della voce con la musica. Però sappiate che ci apprestiamo a fare di più, molto di più. Gli speech to text e la sottotitolazione automatica possono essere due scenari futuri che Rush implementerà con l’aiuto della AI, una AI che è già presente nella nostra struttura base e che sarà l’ingrediente con il quale rilanceremo la creatività video nel mondo”. Il tutto grazie al nuovo Sensei di Adobe che, questo lo penso io, avrà anche il merito di riuscire a far parlare Rush con tutta la suite di Creative Cloud.

    Le prime impressioni.

    Adobe Premiere Rush ha una filosofia diversa rispetto alle altre suite. Spinge sull’immediatezza e sul montaggio lineare se è vero che, per esempio, per mettere della B-Roll sulla seconda timeline l’operazione deve’essere fatta in due passaggi perché il video aggiuntivo casca prima sulla timeline di base e poi può essere lavorato. Mi voglio, tuttavia, prendere del tempo, più di un mese, diciamo, per ragionare su come Rush ti invita a lavorare e assecondarla. Titoli, musica, transizioni: tutto è immediato, tutto lavorabile in secondi. “L’idea è che Rush sia una suite che fa lavorare in flusso e regala una grande libertà. La libertà di produrre ovunque e di vivere quello che si sta raccontando con le immagini con serenità, perché trasformarlo in un racconto visuale è facile, ma dal risultato qualitativo”.

    I perché di una rivoluzione

    Perché Adobe Premiere Rush cambia il mondo dei media? Semplice, perché é una suite che non ha barriere e ha tutto quello che le serve dentro il suo cuore, quella nuvola grazie alla quale io oggi sono passato dal Note 8 all’iPhone nel giro di pochi secondi. Provate a portare questa benedetta possibilità dentro i flussi di lavoro delle redazioni e scoprirete un mondo con infinite possibilità, visto che gli aggiornamenti su tutte le device che lavorano su uno stesso video sono automatici e possono instaurare un flusso di lavoro che regala un’interazione perfetta tra risorse che sono sui luoghi degli eventi e delle notizie e risorse che nella newsroom integrano il lavoro e ne curano poi l’emissione.

    Accetto la sfida, Rush.

    Se invece porti il ragionamento ai freelance l’arma di poter lavorare da fisso e da mobile e far vedere (sperando che non tocchi eh…) il lavoro al cliente in tempo reale, penso che liberi potenzialità enormi. Rush è ancora all’inizio e già costa 12 euro. Qualcuno polemizza, ma il cloud, la licenza per tutti i device e le sinergie che fa sviluppare a mio avviso valgono la pena. A patto che Rush ci regali dei miglioramenti che favoriscano il montaggio non lineare (per accontentare noi vecchi bacucchi che montiamo ancora pensando alla tv). Però accetto la sfida e rilancio. Se Rush mi fa cambiare modo di scrivere i video io ci sto e spacco tutto. Vediamo cosa succede.

  • Kinemaster va all’attacco: è sbarcata sul pianeta iOS

    Kinemaster va all’attacco: è sbarcata sul pianeta iOS

     Kinemaster: debutto a luci spente.

    La comunità di coloro che sviluppano il mobile journalism mondiale se n’è accorta da sola,  anche se non si è nemmeno visto un lancio vero e proprio della notizia, dopo il periodo beta. Di cosa sto parlando? Del clamoroso sbarco di Kinemaster nel pianeta Apple, avvenuto nemmeno 36 ore fa in completa sordina, a fari spenti, con il rilascio nell’App Store di Cupertino. Rilascio che non è stato nemmeno pubblicizzato da un tweet dell’account ufficiale dell’applicazione, sviluppata dalla coreana Nexstreaming. Te lo sto scrivendo con tale anticipo che nemmeno il sito di Kinemaster, che puoi trovare qui, ha messo, almeno fino al momento in cui sto battendo sulla tastiera, il bottone del rilascio della sua nuova creatura per il sistema operativo della mela morsicata e delle sue device.

    Il gioco cambia, di molto.

    Già mesi fa ti avevo anticipato che Nexstreaming sarebbe andata nel campo nemico, nel campo dominato, in questo momento, da Luma Touch. Lo avevo anticipato in questo post che puoi andare a rileggere perché spiega bene la grande battaglia che si sta verificando tra Kinemaster e Luma Fusion. Lo sbarco di Kinemaster in iOS, con pregi e difetti, obbliga tutti a fare un passo in avanti nelle applicazioni cross platform per il montaggio video da device mobili.

    Trainer liberi!

    Nel contempo libera anche i mojo trainer dal dover fare un corso che abbia differenze tra il mondo iOS e il mondo Android. Come? Proprio attraverso il punto di contatto che, in questo momento, è solo Kinemaster. Il gioco cambia, di molto. Tutti ne beneficeranno e ho già visto due nuove app che potrebbero rendere più serrata la battaglia.

    I mojoer l’hanno provata subito (compreso me).

    E’ stato Marc Blanc Settle, mojo guru della BBC, a mettere fuori l’avviso che aveva trovato Kinemaster nell’App Store. Da quel momento in poi è stato un florilegio di commenti, pareti, test, prove. Ci ho messo le mani anche io e l’ho trovata quasi uguale al modello Android, con i suoi pregi e i suoi difetti. Compreso il drag and drop difficoltoso, la titolazione limitata e poco intuitiva. Comprese, anche, alcune features nascoste e macchinose come il cropping. E’ rimasta la versatilità nelle transizioni e in alcuni layout.

    Lo stramaledettissimo problema…

    Il problema è il costo, il folle costo che, alla richiesta del passaggio a pro, parla di 4,99 dollari al mese e 39,99 in quota annua. Porcaccia miseria, ma allora quelli di Luma Touch cosa sono, dei pirla? Avrò modo di incontrare gli sviluppatori di  Kinemaster a Galway per Mojocon 2017 e glielo chiederò. Venti dollari in tutto di Luma Fusion contro 40 anni di Kinemaster sono un divario enorme. Chiudo dicendoti solo una cosa. Ti ribadisco che questi giorni e questi sviluppi sono importantissimi per il mondo del mobile journalism. Così facendo, il mojo si esprime al massimo anche nell’editing visto che tra montaggio pc e montaggio mobile, ormai, non c’è più differenza. Ah, un’altra cosa: la prossima super app in arrivo parlerà francese…

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    Kinemaster: debutto a luci spente.

    La comunità di coloro che sviluppano il mobile journalism mondiale se n’è accorta da sola,  anche se non si è nemmeno visto un lancio vero e proprio della notizia, dopo il periodo beta. Di cosa sto parlando? Del clamoroso sbarco di Kinemaster nel pianeta Apple, avvenuto nemmeno 36 ore fa in completa sordina, a fari spenti, con il rilascio nell’App Store di Cupertino. Rilascio che non è stato nemmeno pubblicizzato da un tweet dell’account ufficiale dell’applicazione, sviluppata dalla coreana Nexstreaming. Te lo sto scrivendo con tale anticipo che nemmeno il sito di Kinemaster, che puoi trovare qui, ha messo, almeno fino al momento in cui sto battendo sulla tastiera, il bottone del rilascio della sua nuova creatura per il sistema operativo della mela morsicata e delle sue device.

    Il gioco cambia, di molto.

    Già mesi fa ti avevo anticipato che Nexstreaming sarebbe andata nel campo nemico, nel campo dominato, in questo momento, da Luma Touch. Lo avevo anticipato in questo post che puoi andare a rileggere perché spiega bene la grande battaglia che si sta verificando tra Kinemaster e Luma Fusion. Lo sbarco di Kinemaster in iOS, con pregi e difetti, obbliga tutti a fare un passo in avanti nelle applicazioni cross platform per il montaggio video da device mobili.

    Trainer liberi!

    Nel contempo libera anche i mojo trainer dal dover fare un corso che abbia differenze tra il mondo iOS e il mondo Android. Come? Proprio attraverso il punto di contatto che, in questo momento, è solo Kinemaster. Il gioco cambia, di molto. Tutti ne beneficeranno e ho già visto due nuove app che potrebbero rendere più serrata la battaglia.

    I mojoer l’hanno provata subito (compreso me).

    E’ stato Marc Blanc Settle, mojo guru della BBC, a mettere fuori l’avviso che aveva trovato Kinemaster nell’App Store. Da quel momento in poi è stato un florilegio di commenti, pareti, test, prove. Ci ho messo le mani anche io e l’ho trovata quasi uguale al modello Android, con i suoi pregi e i suoi difetti. Compreso il drag and drop difficoltoso, la titolazione limitata e poco intuitiva. Comprese, anche, alcune features nascoste e macchinose come il cropping. E’ rimasta la versatilità nelle transizioni e in alcuni layout.

    Lo stramaledettissimo problema…

    Il problema è il costo, il folle costo che, alla richiesta del passaggio a pro, parla di 4,99 dollari al mese e 39,99 in quota annua. Porcaccia miseria, ma allora quelli di Luma Touch cosa sono, dei pirla? Avrò modo di incontrare gli sviluppatori di  Kinemaster a Galway per Mojocon 2017 e glielo chiederò. Venti dollari in tutto di Luma Fusion contro 40 anni di Kinemaster sono un divario enorme. Chiudo dicendoti solo una cosa. Ti ribadisco che questi giorni e questi sviluppi sono importantissimi per il mondo del mobile journalism. Così facendo, il mojo si esprime al massimo anche nell’editing visto che tra montaggio pc e montaggio mobile, ormai, non c’è più differenza. Ah, un’altra cosa: la prossima super app in arrivo parlerà francese…[:]

  • Mobile journalism: ti svelo il segreto di un video perfetto

    Mobile journalism: ti svelo il segreto di un video perfetto

    Mobile journalism: questione di immagine

    Mi avete chiesto in tanti, forse anche tu, quali siano le applicazioni migliori per fare mobile journalism. Finalmente entro nello specifico e dico quello che penso per quanto riguarda l’acquisizione di immagini. Ogni buon mojo sa che la prima regola è “fai con quello che hai”. Per cui a questa domanda, risuonata nelle mie orecchie decine e decine di volte, rispondo così: la migliore applicazione per fare immagini con il telefonino è… nessuna.

    Già, perché quello che il mojo predica e predica assai bene è la necessità di valorizzare l’esistente, di evitare qualsiasi spesa possa essere evitata. Allora la migliore app per fare delle immagini meravigliose è la macchina fotografica nativa del vostro telefonino. Ormai siamo a livelli altissimi e con funzionalità meravigliose, quindi migliore è il vostro telefono e minore sarà la necessità di acquistare una applicazione specifica per la registrazione delle immagini.

    Una macchina fotografica, due mondi diversi

    La vera differenza, però, sembra un particolare secondario dell’apparato fotografico dei vostri smartphone, ma è assolutamente dirimente. A cosa mi sto riferendo? A una funzione che nel mondo Android c’è e nel mondo iPhone non c’è. Dando per scontato che il miglior iPhone e il miglior aggeggio del Robottino, una volta schiacciato “rec” scodellano immagini da film, un piccolo innocuo tastino stravolge completamente i modi di lavorare se sei della mela o di Android. La Mela infatti quella funzione non ce l’ha. Ok, la finisco con la suspence. Sto parlando della funzione start and stop che i telefoni con il sistema operativo del Robot hanno e che quelli con iOS, invece, non hanno. Da una macchina fotografica nativa, quindi, nascono due mondi diversi. Già, perché è diverso il mindset che bisogna avere nell’affrontare la produzione delle immagini se si usa la camera nativa.

    Il sistema iOS.

    Partendo dalla macchina fotografica, o meglio dal suo modulo montato sugli iPhone, va detto che se è unico il file dell’intervista portante che realizzate, finiscono con l’essere molti i file delle coperture, quelle che, in inglese, si chiamano B-Roll. Se la mentalità mojo, quindi, parte dal non acquistare quello che non è strettamente necessario, va detto che con un iPhone tra le mani il lavoro si complicherà quando dai 4-5-6 minuti di intervista, dovrete poi passare ai file multipli degli shoot di copertura. Il mobile journalism regala tecniche precise di filming con sistema iOS, ma per raccontarle ci vorrebbe il capitolo di un libro (peraltro lo sto scrivendo). Riassumendo tutto in un concetto, sarai portato a fare coperture con una sola filosofia: filma quello che è necessario, non un frame di più.

    Il mondo Android.

    mobile journalism

    Se con una device Apple, facendo mobile journalism, ti ritrovi ad avere un file principale e una manciata di file di copertura, il vantaggio del fare immagini con un Android è regalato da quel bottoncino “pausa”. Quando fai le coperture, infatti, restando ferma la necessità di raffinare le tecniche, per non produrre fuffa, il vantaggio enorme sarà che, specialmente se lavori sulle news, quindi devi andare veloce, che il file di B-Roll sarà uno solo. Verrà enormemente facilitato il montaggio e la resa della device sarà migliore, rispetto alla gestione di 15-20 file che sei costretto a fare con l’iPhone. Capito la differenza? Un giochetto non da poco.

    La soluzione per video perfetti? E’ Filmic Pro

    Della mia app per fare le immagini, te lo ricordo, io appartengo ad iOS, ti parlo comunque molto volentieri e in termini entusiastici. E’ Filmic Pro, un software sviluppato dalla Filmic Inc di Seattle, grazie alla visione del fondatore e Ceo Neill Barham. Trasforma il telefono in una macchina professionale con estremo controllo su esposizione, fuoco, bilanciamento dei colori e quanto altro serva a stabilizzare il modulo fotografico del vostro smartphone. E’ in vendita, per il mondo iOS a 9,99 euro, mentre la versione Android sale a 11,99. Attenzione, non è compatibile con tutti i telefoni del Robot e, infatti, la Filmic ne ha rilasciato una versione ridotta che si chiama Plus a 6,49 euro.

    Io, per esempio, ho in questo periodo un Huawei P8 e non posso nemmeno scaricare la versione Pro. Notizia delle notizie. Filmic rilascerà il 16 marzo una release completamente rinnovata che avrà, fra le nuove caratteristiche, degli slider ovali per il controllo contemporaneo di fuoco ed esposizione, delle feature per controllare sovraesposizione e sottoesposizione dell’inquadratura, delle funzioni per verificare con colorazioni specifiche l’esposizione su tutta l’immagine e le ombre, ma anche tanto altro. Lascio al mitico Eliot Fitzroy l’incombenza di portarvi in questo mondo e vi ribadisco: la soluzione è Filmic. In attesa di nuove sorprese.

    Il vero motore dell’immagine, tuttavia, resti tu. E le tecniche mojo possono aiutarti a fare l’inquadratura necessaria, senza sprecare un frame di troppo.

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