Tag: brand journalism

  • Brand Journalism, quando un cliente ti dice: “Crea un linguaggio”

    Brand Journalism, quando un cliente ti dice: “Crea un linguaggio”

    Brand Journalism e mobile content creation: il binomio funziona eccome.

    L’iconografia che è passata finora del brand journalism è legata a marchi famosi e ad aziende strutturate. Non è così: c’è un intero mercato da scoprire anche per le piccole imprese che, oltre ai marketer e ai digital strategist, cominciano ad avere voglia di tenersi in casa un giornalista per raccontare il loro business.

    Io sto sviluppando dei progetti per due pmi in settori molto diversi, ma posso dire che in entrambi i casi si è visto l’effetto numerico di allargamento della base e del pubblico anche nella parte iniziale dei progetti di brand journalism sviluppati nelle due realtà. Gli strumenti più efficaci, più veloci e meno costosi? Quelli della mobile content creation. Ma c’è di più

    Le parole che non ti ho mai detto.

    Usare il mojo per raccontarsi al cliente in un progetto di brand journalism è come sedersi vicino a lui e dirgli: “Ora ti dico le parole che non ti ho mai detto”. Il brand journalism in salsa “mobile”, infatti, è un linguaggio smarcato, immediato, veloce, ritmato, magari grezzo ma vero. Per questo è più confidenziale di qualsiasi altra comunicazione corporate. Gli strumenti mobile hanno il vantaggio di essere leggeri e versatili, meno costosi e più capaci di produrre un risultato produttivo che sia molto vicino al cliente.

    Mi succedono cose strane.

    Sto impostando il lavoro con un cliente di Vimodrone di cui, per scaramanzia, non dico il nome. Un lavoro particolare, con carattere commerciale, ma contenuto editoriale. Mi è stata chiesta una cosa strana. Ricordo bene le parole: “Crea un linguaggio, Facchini! Crea un linguaggio!”

    Il grande segreto della mobile content creation.

    Bella sfida, che ne dici? E’ proprio una bella sfida quella di creare un linguaggio video per un cliente, quel mix che dia un impasto tale che, alla vista, il target scelto sia talmente affascinato da restare li a guardare. Il grande segreto della mobile content creation è questo. Con gli hardware, i software, i formati, le app di grafica, titolazione, post produzione, diventano infiniti i possibili linguaggi da mettere in campo. Sono molte le variabili combinabili, al mobile content creator sta il lavoro di poterle combinare in modo tale da servire il piatto migliore al target di riferimento finale. Proprio come uno chef che sta in cucina a combinare variabili, in attesa di farle planare nei piatti con il giusto mix e di far portare i piatti in sala, per gli ospiti.

    Image by Free-Photos from Pixabay

  • La mobile content creation nelle aziende

    La mobile content creation nelle aziende

    Mobile content creation, un modo per cambiare il futuro di un’impresa

    “Every company is a media company”: è questo uno dei mantra più importanti del brand journalism. Ormai, grazie alla disintermediazione offerta dalle piattaforme sociali, le quali permettono alle aziende di raggiungere il proprio bacino di clienti, ogni impresa che vuole stare in modo adeguato sul mercato deve produrre dei contenuti in autonomia. Per molti motivi, principalmente legati al racconto che una compagnia vuol fare di se per creare il giusto coinvolgimento con la propria community e mandare all’esterno messaggi perfettamente coerenti con la propria mission e vision. La mobile content creation può essere un ingrediente decisivo di questo tipo di progettualità.

    Aumenta il valore delle risorse interne

    Per usare la mobile content creation bisogna, innanzitutto, formare le risorse interne. Saper fare un video professionale con lo smartphone, per il vostro ufficio stampa o il vostro ufficio marketing, è un vantaggio competitivo che aumenta il valore e la produttività delle vostre risorse interne e la profondità della loro azione.

    Inserire nel programma di formazione anche questa materia, indubbiamente, creerà maggiore soddisfazione nelle risorse interne e maggior senso di appartenenza. Oltretutto la mobile content creation può coinvolgere tutti i dipendenti nel processo di produzione di un contenuto e anche questa può essere un’arma di valorizzazione e di costruzione di una squadra. Con un telefonino, infatti, ogni dipendente sarà in grado di registrarvi un contenuto e di partecipare a un risultato, sviluppando empatia e partecipazione nei confronti dell’ambiente.

    Parla ai clienti in un modo unico.

    La mobile content creation permette di fare contenuti video con un linguaggio diverso rispetto alla videografia normale. Chi produce video in mobile arriva più vicino alle storie, riprende in modo atipico i prodotti, gira immagini più informali, le quali portano il cliente potenziale più vicino al valore dell’azienda e delle sue creazioni. I protagonisti dell’azienda, poi, si faranno intervistare in un modo più veritiero, informale, meno finto. Insomma, l’azienda che usa la mobile content creation la può mettere a frutto creando un modo unico di parlare a chi la segue.

    La mobile content creation mette l’azienda nel tuo telefonino.

    Ormai molte delle automazioni aziendali vengono gestite dai telefonini, ma con la mobile content creation puoi gestire anche la comunicazione senza mai utilizzare un computer. Così come produci dal telefono, puoi anche pubblicare i contenuti dal telefono e, dallo stesso smartphone, monitorare i risultati e la penetrazione dei tuoi contenuti nell’agone mediatico. Non appena si ingenera una richiesta, un commento, un’interazione dal cliente, la tua risposta può essere pronta.

    L’arma mobile è molto potente e va appresa con pazienza o con passione. Non va sottovalutata. Dietro video professionali, anche fatti con gli smartphone, ci devono essere persone che conoscono questa cultura e le sue evoluzioni, le quali sono rapidissime. È per questo, infatti, che per far entrare la mobile content creation nell’azienda, ci vuole un professionista di questo campo. Che sappia produrre, se ti serve, formare e sovrintendente ai flussi di lavoro. È un progettista e un produttore, ricordalo. E usalo.

    Basta tremolii, basta contenuti pessimi.

    Basta, quindi, con video tremolanti o dirette social da incubo (a proposito, anche quello delle dirette è un campo che si affronta col mobile). Preparati ad avere, a fare, a produrre tu, a pubblicare, a creare un progetto editoriale che impatti sui clienti in un modo unico. Tra l’altro apprestati a essere stupito dal contenimento dei costi che la mobile content creation realizza. Sei pronto?

  • Business storytelling, Mark Egan: “Mojo do it better”

    Business storytelling, Mark Egan: “Mojo do it better”

    Business storytelling: una grande opportunità.

    Il business storytelling è un’opportunità che i mobile journalist devono saper cogliere. Lo spiega molto bene il giornalista inglese Mark Egan, ex firma della BBC e ora boss di Purple Bridge Media. Egan è no dei più importanti innovatori della cultura del mobile journalism al mondo. Parla di un cambio epocale del modo di fare advertising che è anche una clamorosa opportunità per i giornalisti, specialmente per i mojo.

    Una volta era pubblicità, ora è racconto.

    “Una volta – mi ha raccontato – le aziende avevano dei canali “rigidi” per comunicare i loro prodotti, dei modelli preconfezionati. Andavano verso le tv, i giornali, le radio, i siti e acquistavano lo spazio necessario per poter portare i loro messaggi ai clienti. Ora è tutto diverso: ora la pubblicità è diventata racconto. L’avvento dei social netwrok, oltretutto, ha dato alle stesse aziende dei canali diretti profilati e precisi per arrivare al loro pubblico. Di conseguenza è arrivata una scelta naturale, vale a dire quella delle aziende di farsi una propria redazione “online” per costruire la propria comunicazione. Così possono arrivare al cliente da sole”. Beh, da lì ad assumere giornalisti il passo è breve.

    I mojo lo fanno meglio.

    Sintetizzandolo si potrebbe dire così: “Mojo do it better”. Non sono parole di Mark Egan nell’intervista rilasciata nel corso di Mojocon 2017, ma è una buona sintesi: “I mobile journalist – racconta Egan – hanno un linguaggio particolare. Con quello possono creare contenuti unici per un business, contenuti più caldi e appassionati, più vicini alla gente”.

    L’intervista non è stata sottotitolata o “speakerata” in italiano per un motivo molto semplice: fa parte di quelle interviste sulla cultura del mobile journalism che, se tradotte, perdono di profondità. Oltretutto desidero che questo sito, sebbene scritto in italiano e per gli italiani, sia utile anche per gli stranieri. Il mojo, infatti, è una comunità che non ha confini e la sua lingua madre è l’inglese.