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  • Giornali sostenibili? Senza dubbio si può

    Giornali sostenibili? Senza dubbio si può

    I giornali (italiani e non) sono al collasso in questo fine 2021.

    Già i dati di settembre delle vendite di giornali in edicola facevano spavento. La situazione è anche peggiorata. Negli Stati Uniti i fondi ci speculano sopra, in Italia i principali quotidiani brancolano nel buio senza sapere dove andare, altrove non va meglio. Una tragedia che sembra non avere fine. Nel giorno della conferenza stampa di fine anno del Premier Mario Draghi organizzata dall’Ordine dei Giornalisti, desidero mettere in fila alcuni ragionamenti sui giornali per farti capire che questi strumenti così importanti per la comprensione della realtà possono tenersi economicamente in piedi senza dubbio. E guadagnare soldi sufficienti per essere indipendenti.

    L’ispirazione è il Nieman Lab

    Il Nieman Lab, luogo digitale determinante per il futuro dei media retto dalla fondazione Nieman di Harward, ha iniziato a pubblicare le previsioni per il 2022 del mondo del giornalismo. E’ da sempre un sito dove guardare per sapere dove va il mondo dei media. Prendo da lì le prime indicazioni, perché gli esperti chiamati da Nieman vanno diretti al punto, al punto della sostenibilità. Di cosa parlo? Parlo del fatto che i giornali devono guadagnare soldi come tutte le altre intraprese.

    Il problema non è il business model, ma…

    Il problema, indica Nieman con l’analisi predittiva di Paul Cheung, mom è il modello di business, ma l’infrastruttura del business. Si parte dal fatto che ogni esperienza nel mondo dei giornali deve guadagnare, per molti motivi. Il primo è che la ricchezza di un’impresa media è anche un salvacondotto per la sua indipendenza dal potere.

    “Nel 2022 – dice Cheung – le organizzazioni che creano giornali (inteso in senso lato, naturalmente, non parliamo solo di carta, ndr) non devono pensare al modello con cui fanno soldi, ma all’infrastruttura con cui producono i loro contenuti. Per supportare prodotti giornalistici per i quali il pubblico voglia pagare, la concentrazione deve essere tutta sulle operazioni con le quali questi prodotti vengono creati”. Cheong dice che bisogna concentrarsi su tre aree.

    Le tre aree di intervento per far soldi

    • I prodotti devono essere diversi. Naturalmente i giornali devono essere hub informativi in grado di diversificare l’offerta in modo davvero ampio. Siti, video, audio, comunità, long form, approfondimenti, eventi virtuali, contenuti sui social. Tutti i giornali che vogliono guadagnare devono saper intercettare nuove comunità di pubblico dove il pubblico si trova.
    • Il giornalismo deve essere strumento di eguaglianza e di cura della diversità. Molti giornali sono ancora “bianchi” nel modo di pensare. Maggiore diversità vuol dire maggiore pubblico e più possibilità di raccogliere Revenue.
    • Bisogna creare nuove strutture che supportino lo sviluppo del business anche nella sua capacità di venderlo meglio e di dare a quello che i giornali creano, maggiori possibilità di trovare mercati. Bisogna immettere nelle strutture dei giornali la tecnologia più avanzata per creare produzioni innovative e, nello stesso tempo, meno pesanti sotto il profilo dei costi.

    Il giornalismo delle comunità

    Di Nieman ti raccomando di leggere tutte le predizioni. Tutte. Sono una specie di mappa di quello che devi fare se vuoi creare un giornale che guadagni soldi. A questo aggiungo un paio di riflessioni. I giornali di massa sono finiti, i media di massa sono morti. Sta salendo prepotentemente il giornalismo delle comunità. Vuoi un esempio? Eccolo, te lo regalo. Io ci sto pensando da tempo.

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    Milano è una città di livello internazionale. Se osservi bene i media meneghini sono di impostazione nazionale. Uno in particolare ha una tradizione locale, Il Giorno, ma versa in crisi. La città è in crescita e va verso le Olimpiadi del 2026. Non credi che sarebbe una straordinaria comunità sulla quale creare un medium iperlocale di riferimento? Se ti va ti parlarne ho un piano. Contattami.

    Bisogna quindi, per creare giornali che portano frutto, pensare al giornalismo delle comunità. Non provare vergogna mentre fai questo ragionamento: devi trovare una comunità da servire per creare un prodotto tale per cui la comunità che scegli voglia pagare per esserci, per averlo, per poter far sentire la propria voce.

    Il giornalismo “di conversazione”

    La definizione di giornalismo che ripeto più spesso è dell’amico professor Anthony Adornato: “Journalism is a Conversation“. Segui questo concetto e pensa che il web e i social sono il luogo nel quale il contenuto deve e può essere basato sulla conversazione. Incontri virtuali, eventi virtuali, interazioni con il pubblico sono contenuti che devono entrare nel mirino dei giornali che vogliano guadagnare. Semplice il motivo: se vuoi creare giornali che contano devi parlare con i tuoi lettori. Su questo l’esempio di Tortoise detta la linea e indica la strada.

    Il giornalismo delle esperienze

    Su Algoritmo Umano ti ho spiegato che cos’è il Metaverso. I giornali che vogliono guadagnare devono essere rafforzati da un’iniezione potentissima di tecnologia, specialmente mobile. Per produrre contenuti, per pubblicare contenuti, per fruire dei contenuti.

    Tuttavia bisogna concentrarsi sul concetto del web come luogo digitale delle esperienze e sull’orientamento al metaverso che hanno imposto i cambiamenti dei social media. Più si studieranno contenuti da offrire al pubblico che sono vere esperienze, più il pubblico vorrà pagare, essere membro di queste comunità create dai giornali. Comunità che devono essere coltivate e fatte crescere, ma anche educate a guardare fuori delle proprie bolle, interpretando la complessa realtà che ci circonda.

  • I giornali? Morti. E adesso?

    I giornali? Morti. E adesso?

    I giornali sono morti, un horror tutto italiano

    Meno 191 mila copie in un mese per un totale che dà un numero poco lontano dal 1.300.000 copie in tutto. Con il Corriere della Sera  sotto le 192 mila copie e Repubblica attorno a 141 mila. Un horror per i giornali italiani nelle vendite a settembre 2021 comunicate qualche ora fa.

    E adesso? Tutti a spacciare la loro verità. Al netto del covid19, al netto della crisi, al netto degli aiuti di stato, però, il panorama dei quotidiani italiani è afflitto da qualcosa di più profondo e più grave di una recessione economica.

    Fra i mandanti dell’omicidio anche i giornalisti

    I giornali italiani sono morti per mano degli editori che li hanno ridotti a foglietti pubblicitari, ma io preferisco puntare il dito contro la mia categoria. Siamo noi #giornalisti ad aver officiato il funerale. Con una terrificante mancanza di cultura digitale, con il mantenimento delle posizioni e degli orticelli, con le definizioni travolte dal tempo e con i “ma noi abbiamo sempre fatto così”. La verità è che siamo dei morti che camminano se non guardiamo dalla parte giusta.

    Dall’unica parte possibile, quella del cambiamento. Della definizione di giornalista, delle competenze, dei clienti, delle scuole, dei corsi, dei modelli di business, dei luoghi digitali.

    C’è bisogno di giornalisti 

    Il bisogno di giornalisti è più alto che mai. Nelle aziende, nelle istituzioni, nei più svariati campi e nei più svariati modi. Servono giornalisti sui social, sui siti, sui blog, dentro i video, dentro le esperienze virtuali, dentro il metaverso. 

    Serve cambiare tutto, tranne due cose: il ruolo di mediazione sociale e quello della produzione del contenuto. 

    I giornali sono morti. I giornalisti no. Almeno non ancora. Basta guardare dalla parte giusta. La storia sta travolgendo i media di massa, ma non travolgerà le comunità che hanno bisogno di giornalisti come se fosse aria.