Tag: giornalismo

  • Il giornalismo non sa parlare

    Il giornalismo non sa parlare

    Sono arcistufo di sentir parlare del giornalismo in un certo modo.

    E’ passato un po’ di tempo dall’ultima volta che sono venuto qui. Questo luogo, per me, è un posto dove respirare, stare calmo, fare il punto e guardare l’orizzonte. Io vivo ancora di giornalismo, un mestiere che ho ricodificato praticamente da solo. Lo vivo in modo nuovo e durante i giorni che passo mi esprimo, mi diverto e lo esercito con onestà e prospettiva. Ho clienti diversi, modi diversi, strumenti diversi, ma sempre il giornalista faccio: racconto storie rispettando i miei valori e il pubblico cui si chiede di rivolgermi.

    Tutto nasce da una sera a cena

    Ho partecipato a una cena con i colleghi di Nuova Informazione, straordinario gruppo di colleghi che fa sindacato in questo periodo così difficile. Parlare con loro mi arricchisce sempre, perché il nostro gruppo è un luogo nel quale si discutono e si affrontano i problemi del giornalismo. Senza sconti. Tutti quanti stiamo tentando di trovare nuove strade e nuove definizioni del giornalismo che possano dare a questa professione un futuro diverso dal pessimo presente. Nella discussione è emerso un fatto chiaro. Il giornalismo non sa parlare di se, non sa descriversi, non sa spiegarsi e raccontarsi.

    Il giornalismo e una malattia grave

    Il motivo per cui il giornalismo non riesce a ridefinirsi è semplice: perché non sa definirsi. Il giornalismo si racconta per gossip o per notizie negative. Il giornalismo è vittima del tentato suicidio che ogni giorno tenta chi lo descrive come un mondo disfatto, come un lavoro morto, come un orpello da eliminare il prima possibile. Lo fanno gli stessi giornalisti che alimentano, quando parlano del giornalismo, una narrativa fatta di parole negative, di possibilità annullate, di approccio alla professione approssimativo, di mercato del lavoro inesistente, di sfruttamento, di precariato, di abusivato. Quelli che ti ho appena elencato sono aspetti veri del mondo del giornalismo italiano in questo momento.

    Però non sono gli unici.

    Parlare del giornalismo come di un mondo devastato e raccontarlo banalizzando le categorie dei giornalisti in ‘quelli che hanno il culo al caldo’ (e presto verranno segati) e ‘quelli che fanno la fame’, è un autolesionistico tentativo di uccidere quel che resta del giornalismo. La conseguenza di questa retorica è far trasparire un disfacimento totale, tirar giù quei pochi mattoni rimasti del muro della credibilità dei giornalisti, senza ottenere effetto.

    Il giornalismo è vivo e lotta insieme a noi

    Da anni vado dicendo ai colleghi che il giornalismo è vivo. Le possibilità tecnologiche, l’intelligenza artificiale da abbracciare, le sfide della comprensione del presente, le possibilità di essere editori di se stessi, i nuovi mercati del giornalismo, fanno di questo mestiere un mestiere molto sfidante, ma anche molto affascinante. Il giornalismo è vivo e lotta insieme a noi. Però bisogna assolutamente smettere di descriverlo con quel linguaggio che lo rappresenta come un mondo di privilegiati nascosti nelle redazioni e un mondo di precari che in redazione sperano di entrarci per pararsi il culo (per un po’, visto che le redazioni muoiono come le mosche).

    Cambiare linguaggio e parlare con un linguaggio nuovo

    Pretendere di fare il giornalismo e di essere giornalisti come lo si era 30 anni fa è pura utopia. Svegliarsi dal coma, buttare le parole al negativo per creare un nuovo vocabolario del giornalismo è un imperativo che tutti dovrebbero cogliere. I precari non sono tutti i giornalisti: te lo dico. I precari sono coloro che svolgono un lavoro dipendente senza che questo gli venga riconosciuto.

    Fra i lavoratori autonomi non ci sono solo persone che sperano di essere assunte. Ci sono fior fior di liberi professionisti che mandano avanti attività e progetti innovativi con spirito imprenditoriale e interpretando a dovere la nuova professione. Ci sono molte figure professionali eccezionali, molte professionalità complesse e moderne. Ecco, se cominciamo a dare il valore e il linguaggio che merita alla libera professione giornalistica contribuiremo a ridefinirne i confini e a farla uscire da quell’immagine di mondo fatto di personaggi devastati con la manina fuori per chiedere la carità. Immagine che lo stesso linguaggio del giornalismo quando parla di giornalismo, ha costruito.

    La battaglia vera da fare per il giornalismo.

    Il libero professionista del giornalismo vale l’avvocato. Vale il notaio e il commercialista. E’ una libera professione determinante per la società. Se cominciamo cambiando il linguaggio e la narrativa quando parliamo di giornalismo, beh, questo comincerà a far percepire a tutti un cambiamento.

    Costringerà le nostre istituzioni professionali e le istituzioni politiche ad accorgersi che non è questione soltanto di equo compenso, ma è questione di difesa di una delle professioni più importanti della società dover stabilire delle regole. Su quanto vengono pagati i giornalisti, su come vengono pagati. Su come viene valutata la loro professione. Questa è la vera battaglia da fare per il giornalismo e il vero solco sul quale mettere le richieste alle istituzioni necessarie a ridefinire i doveri, ma anche i diritti del giornalista di oggi e di domani.

    Non abbiamo bisogno di elemosina. Abbiamo bisogno di ridefinire doveri, diritti e tutele del giornalista. Adesso.

  • Diario di un candidato/2: devi votare subito

    Diario di un candidato/2: devi votare subito

    Le elezioni dell’Ordine dei Giornalisti sono al momento decisivo.

    Persi come siamo “ognuno a rincorrere i suoi guai” forse non abbiamo prestato attenzione. Allora ti ripeto per l’ennesima volta che ci sono le elezioni per il rinnovo delle cariche al consiglio Regionale e Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti. Potrà non fregartene alcunché, potresti essere un giornalista e non avere mai votato. Adesso, nella tragica crisi nella quale versa questa professione molto importante per chi la fa e per chi ne riceve il frutto, devi votare o far votare.

    Da qualche giorno faccio il diario o, comunque, parlo di questa esperienza anche dalle colonne di questo blog che, solitamente, si occupa di altro. Lo faccio perché ci ho voluto mettere la faccia per ribaltare il piano in discesa di questa professione prima che sia tardi in modo ultimativo.

    La faccia la metto io, tu metti il voto

    Io ho deciso di impegnarmi in modo diretto. Ci sto mettendo la faccia. Tu devi metterci il voto e non solo per me, ma per tutta la squadra della componente Rinnoviamo l’Ordine. I candidati li trovi qui. Intanto perdi 5 minuti ad ascoltarmi e cerca di capirmi. Ho bisogno del tuo voto se vogliamo cambiare le cose.

    Il diario di un candidato, secondo episodio.
  • Diario di un candidato: e adesso si gioca

    Diario di un candidato: e adesso si gioca

    Ordine dei Giornalisti: si va al ballottaggio.

    Mi sono candidato alle elezioni per l’Ordine dei Giornalisti della Lombardia e oggi, il 26 ottobre 2021, è arrivato il primo risultato. Con la squadra di Rinnoviamo l’Ordine abbiamo portato 17 candidati su 20 al ballottaggio nelle varie tipologie di elezione. Io ho il settimo posto in quanto a preferenze con 199 voti. Ma questo, per la mia piccola esperienza di candidato, non conta niente.

    Devo ricominciare da zero

    Come candidato devo ripartire da zero e ricostruire il dialogo che ho creato con chi ha deciso di votarmi e, soprattutto, con chi non lo ha ancora fatto. Vivo questa esperienza con l’idea di guardare, come al solito, dalla parte del sole. Allora ti spiego cosa voglio fare qui. Adesso voglio cominciare a giocare la partita che conta raccontandoti punto per punto i miei impegni.

    Potrei anche guardarti in faccia e dirti che le storture che vedo non valgono la pena dello sforzo. Nemmeno dello sforzo di 15 minuti per rivotare il 3 e il 4 novembre. Poi magari sei anche uno che giornalista non è e che potrebbe non volerne sapere di tutto questo. Però c’è una professione da rifondare, però c’è un cambiamento ancora possibile. Però io devo ricominciare da zero, ma devi farlo anche tu. Probabilmente.

    Il diario di un candidato

    Vivrò giorni incasinati, belli, brutti. Te li racconto qui. A cominciare da questo. Come candidato vedo bene, dentro gli ingranaggi di questo momento dell’Ordine dei Giornalisti. Vedo bene tutte le cose che non vanno. Se sei un giornalista forse le sai, se non le sai te le risparmio. Come candidato ti parlo di quello che voglio essere, del lavoro che voglio fare, dell’esperienza che posso portare avanti. Mi permetto due piccole note, magari apparentemente slegate tra loro.

    La prima. Quello che ha detto il primo voto è che la più votata nell’elezione nella quale sono candidato anche io è Ester Castano. E’ brava, ha 30 anni. E’ un messaggio. C’è chi ha votato per lei perché è brava e ha 30 anni. C’è chi ha votato per lei solo perché è nuova. Non so se in quei 249 voti ci sia un messaggio, ma so che c’è il messaggio che voglio vedere. Di questi giornalisti, vecchi, travolti, sbudellati dalla crisi e recalcitranti a qualsiasi cambiamento, forse, ne abbiamo abbastanza. Il voto a Ester lo ha detto.

    La seconda. Ho fatto ormai quasi 10 corsi di formazione ai giornalisti online con l’Ordine dei Giornalisti della Toscana. Le mie materie, la mia conoscenza, le mie esperienze, hanno avuto un seguito notevole. Dopo pochi corsi avevo anche il fan club, colleghi che mi seguivano in ogni piega delle mie competenze messe al loro servizio.

    Non perché sono chissà chi, ma perché vivo, sono, sperimento, studio e divulgo la nuova professione del giornalista.

    Un messaggio per te

    Ripartiamo. Riparto, ma devi venire anche tu. In questi giorni ci sentiamo, parliamoci. Dimmi cosa possiamo fare insieme e, tra una giornata e l’altra da candidato, ti ascolterò. Però vieni a votare. Se non sei un giornalista fai votare qualcuno che lo è. Perché il giornalismo sta morendo, ma forse non è l’inizio della fine. E’ semplicemente il passaggio per un nuovo inizio. E basta.

  • Come diventare giornalista? Sperimentando

    Come diventare giornalista? Sperimentando

    Una domanda che mi fanno spesso e che non ha risposte giuste

    Se cerchi sul web “come diventare giornalista” le risposte che trovi sono figlie di un altro tempo. Sono vecchie, hanno modelli professionali che non esistono più. Il mondo dei media e la professione del giornalista hanno fondamenti che non reggono più alla velocità del cambiamento. Come diventare giornalista è una domanda che non ha risposte adeguate. Ho deciso di mettere qui la mia, proprio poco prima delle vacanze di Natale e poco prima di alcuni fondamentali cambiamenti nella mia professione di giornalista.

    Come diventare giornalista? Vivendo delle esperienze sulla propria pelle

    Sono un giornalista. Resterò un giornalista. Invece di rispondere alla domanda “come diventare giornalista” ho dovuto rispondere, pochi anni fa, alla domanda “come restare un giornalista”. La risposta che mi sono dato è: vivendo esperienze nuove. Ho studiato il mobile journalism, l’ho fatto mio. Ho cambiato strumenti lavorando solo con lo smartphone. Nel mio percorso ho conosciuto molte persone e cambiato il bacino dei miei clienti. Ho sperimentato talmente tante cose e fatto talmente tanti errori che non riesco nemmeno a contarli.

    Vivendo i cambiamenti e deragliando costantemente dai binari sui quali avevo messo il trenino della mia carriera nei 25 anni precedenti, ho trovato la strada giusta. Ho trovato nuove piattaforme, nuovi clienti, nuovi prodotti, nuovi servizi. L’ho fatto solo sperimentando, vivendo esperienze sulla mia pelle. Mi sono tagliato, mi sono sporcato le mani, sono sceso da tutti i piedistalli sui quali ero. Ho divulgato il giornalismo in un modo nuovo, ho spaccato luoghi comuni. Ho aiutato professionisti, aziende, attività a rilanciarsi. Con uno smartphone.

    Il giornalista che sono diventato

    Se devo rispondere alla domanda “come diventare giornalista” potrei dire, “diventando uno sperimentatore, un produttore di contenuti, un costruttore di relazioni tra i media e il pubblico, un mediatore sociale”. Sono diventato così. Faccio esperimenti con cadenza quasi giornaliera. Produco contenuti con il criterio e la deontologia del giornalista per chiunque. E ovunque. Creo connessioni, processi nuovi di lavoro, mediazioni della realtà. Non smetto di essere giornalista nemmeno sui social network. Non sparo opinioni, diffondo cose utili: per capire la realtà, per interpretare il futuro.

    Come diventare giornalista? Con Algoritmo Umano e col coraggio

    Nel 2020 ho scritto un libro di cui fra poco saprai. Nel 2020 ho creato Algoritmo Umano. Cos’è? La mia interfaccia digitale con il pubblico, la casa sul web del mio lavoro. Se mi vuoi leggere, passi da lì. Se mi vuoi ingaggiare passi da lì. Quello è il posto del mio lavoro e segue il progetto di una completa digitalizzazione della mia figura professionale. Ho avuto il coraggio di cambiare il limite della mia professione di giornalista e ho fatto cose che possono tranquillamente essere considerate oltraggiose dai più.

    Lo dico, mi autodenuncio e rispondo a tutti quelli che chiedono “come diventare giornalista” al web. Si diventa giornalisti sperimentando, anche cose come queste. Se clicchi su questo link troverai il mio shop di Facebook. L’ho fatto anche su Instagram. Si tratta di sperimentazione e sono ben sicuro che non venderò la mia professionalità sui social di Menlo Park dall’oggi al domani. Però è conoscenza, è novità, è interazione. Si tratta di una sperimentazione che non può non esserci nel mio lavoro di produttore di contenuti e sviluppatore di messaggi di comunicazione. Il 2021 del mio essere giornalista si presenta molto bene. Sappi che scriverò tutto quello che succede.

    Leggi anche – Il giornalista?Non conosce il suo business.

    Giornalismo: riflessioni sul futuro

  • Giornalismo, riflessioni sul futuro

    Giornalismo, riflessioni sul futuro

    Vivo di giornalismo da quasi trent’anni e ho visto questo mestiere cambiare.

    In questo periodo il mio percorso professionale è stato caratterizzato da molti cambiamenti, da repentine evoluzioni, ma al centro è sempre rimasto il giornalismo. Già, il mio maledetto mestiere, quello che talvolta odio, ma che voglio continuare a fare fino all’ultimo respiro. Osservo il giornalismo e vivo il giornalismo da sempre, ma mai come in questi giorni l’ho trovato in condizioni gravi, almeno nel mio paese. In modo molto chiaro, tuttavia, osservo che ci sono grandi opportunità davanti a noi, opportunità che intendo cogliere.

    Giornalismo e formazione

    Ho frequentato per qualche anno il mondo della formazione nell’ambito del giornalismo. Un’avventura fantastica che mi ha portato a conoscere centinaia di giovani giornalisti. Lì ho trovati tutti energici, coraggiosi, visionari. Lì ho visti, però, immersi in un sistema di apprendimento vecchio, stantio. Basato su concetti di media come “giornale”, “televisione” radio. Media che non esistono più. L’opportunità da cogliere in questo campo è rivedere il concetto stesso di giornalismo e adattarlo al tempo. Il giornalismo è una conversazione, come sostiene il professor Anthony Adornato. Ecco, bisogna formare una generazione di giornalisti che sappiano dialogare con il proprio pubblico. Anche rivedere la parola medium sarà importante. Ora i media sono creatori e gestori di comunità, le quali vanno servite senza dimenticarsi dei principi del giornalismo. Gli studenti di questa disciplina lo sanno? I loro docenti glielo stanno insegnando? Credo di no. Poi bisogna raccontare la verità ai giovani che vogliono fare questo mestiere. Devono crearsi un business, devono essere un brand.

    Giornalismo e business

    Ti spiego quello che sto sviluppando nella mia carriera. Sto cambiando committenti, modelli di lavoro, pubblico, destinatari dei miei contenuti. Non sto cambiando il mio giornalismo. Sto modificando il modo di intenderlo e sto sviluppando tutti i percorsi necessari per fare in modo che il mio giornalismo sia un business e mi dia, sempre di più, il giusto compenso. Nuovi clienti, nuovi contenuti, nuovi formati, al centro sempre la professione. Su piattaforme diverse, per audience differenti. Il giornalista deve considerarsi un businessman che ha l’obiettivo di vendere i suoi contenuti nel modo più professionale e imprenditoriale possibile. Per questo motivo, nella prima parte del 2020 ho creato Algoritmo Umano.

    Homepage – Algoritmo Umano

    Riflettere su come sarà l’economia è un esercizio molto difficile. Algoritmo Umano ci proverà in questa sezione, seguendo due direttive …

    La vetrina della gioielleria

    Algoritmo Umano è la vetrina del mio giornalismo. Per avere un mio contenuto, un mio prodotto, un mio servizio o la mia consulenza, bisogna passare da lì. Si tratta di un laboratorio, della vetrina della gioielleria: Se ogni giornalista avesse il suo negozio virtuale, ogni giornalista potrebbe da quelle colonne ottenere due vantaggi. Il primo: potrebbe creare un formidabile battage di interesse verso quello che sta facendo. Il secondo: con pochi accorgimenti potrebbe creare un’importante interfaccia di pagamento per dare correttezza al rapporto coi committenti. Della serie: vuoi i miei contenuti? Ok, vai sulla piattaforma, magari ne guardi un’anticipazione, poi paghi, poi te li consegno.

    Giornalismo e pagamenti

    Il giornalismo del futuro passa, quindi, dalla necessità di recuperare correttezza tra il conferimento dell’opera dell’ingegno e il pagamento del lavoro. Se il giornalismo ha un futuro questo futuro sarà garantito solo da un patto giornalisti-committenti che riporti al centro la qualità dei contenuti. I modelli di pubblicità della prima era di Internet stanno boccheggiando, di conseguenza i prodotti editoriali a base di click hanno sempre meno senso. In questo vuoto c’è lo spazio per ritornare a parlare del contenuto come prodotto di qualità da vendere (e di conseguenza da pagare adeguatamente).

    Questione di innovazione

    Il giornalismo ha già iniziato il suo cambiamento incontrando l’Intelligenza Artificiale. Nel suo libro Newsmakers, l’innovatore e giornalista Francesco Marconi parla di questo binomio come di un momento che dovrà rinnovare il modo con il quale una notizia viene creata e il modo in cui questa si relaziona alla sua audience. Questo significa che arriveremo in poco tempo alla piena responsività dei media alle persone che li leggono. Il giornalismo italiano è pronto a questo? Si trasformerà il modello economico dell’industria dei media che vivrà una contrazione dei costi e una forte tentazione ad automatizzarsi.

    Il giornalismo (italiano e non) deve essere pronto a fare una cosa specifica. In redazioni completamente rinnovate dallo smartworking, le quali diverranno centri di controllo tecnologico e di pensiero critico, la AI muterà il modo di fare giornalismo, aiutando la parte tecnica e di disamina dei dati per lasciare ai cronisti il tempo dell’analisi e del pensiero per poter allestire nuove tipologie di prodotti editoriali. In questo ecosistema rinnovato nasceranno nuove figure della professione giornalistica. Dobbiamo progettarle e definirle ora. Altrimenti sarà troppo tardi.