Venti grammi di grande potenza.
La Insta 360 Go è uscita qualche mese fa, ma solo in queste vacanze di Natale ho avuto occasione di averla tra le mani e di giocarci un po’. Si tratta di una piccolissima fotocamera di poco più di 20 grammi che stacca video alti 2720 pixel (più di 4K, si tratta di file rotondi) e fino a 60 frame per secondo, con bitrate variabile tra 30 e 40 mega. Nota bene: quando esporti i file via app la definizione scende a 1080 e quindi è un bluff la definizione di partenza. Al tuo occhio non arriverà mai. La Insta 360 Go è un oggetto che stravolge la tua videografia perché fa diventare estremamente facile la ripresa da angoli e da posizioni impensabili con qualsiasi altro hardware.
Perché l’ho amata subito.
Ho amato subito la Insta 360 Go perché, in perfetto stile mobile, ti apre delle possibilità di fare immagini, essendo una vera wearable camera, che non ti sogneresti nemmeno di fare anche con lo smartphone in mano. Con il suo angolo aperto e fisheye, la Instac 360 Go ti regala, piani soggettivi, visioni oculari, carrellate in movimento, con la potenza della flow state stabilization che soffre un po’ sui microtremori, ma sembra steady alla vista finale.
La attacchi ovunque con i suoi supporti magnetici e a colla. Quando la tieni fra le mani ti suggerisce angolature e nuovi formati in continuazione. E’ un oggetto che diventerà indispensabile per il mio lavoro in brevissimo tempo, perché fa diventare ancora più ricche le immagini di copertura. Oppure può suggerire format come le interviste alla macchina del caffé, 60 secondi per conoscersi meglio, format sul quale ho intenzione di lavorare per il 2020. Però non chiedetegli di fare la videocamera vera…
Comunque non vedo l’ora di vedere la Insta 360 Go nelle mani di Yusuf Omar perché lui, maestro e profeta del wearable journalism, saprà sicuramente farne un uso meraviglioso.
Perché la odio moltissimo.
La Insta 360 Go è l’ultimo esempio di prodotto della Insta sul quale, per abbassare il costo iniziale, è stata tagliata la possibilità di servire il cliente dopo l’acquisto. Questo hardware, infatti, è un hardware che si maneggia con paura perché alla prima caduta potrebbe spaccarsi e farti entrare in una specie di incubo che è quello cui Insta sottopone il cliente che rompa un pezzo come una Insta 360 Go. Se avviene, infatti, ci si può scordare di avere un servizio nel proprio paese e bisogna affidarsi alla spedizione del pezzo alla Casa Madre, per vederlo tornare, forse, 20 giorni dopo con costi di riparazione e di dazi. Se volete comprare una Insta 360 Go, quindi, sappiate che è un gadget costoso per essere un “usa e getta”. Questo è il motivo per cui adoro la filosofia che c’è dietro questo progetto, ma odio la sua delicatezza e la mancanza di aiuto che c’è nei confronti del cliente nel servizio post-vendita. Spero che la cosa possa cambiare, magari a discapito del prezzo.