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  • Upday for Samsung: quando mobile è il lettore

    Upday for Samsung: quando mobile è il lettore

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    Upday for Samsung, l’aggregatore con giornalisti veri.

    Sono andato a trovare Giorgio Baglio, giovane e bravo direttore di Upday for Samsung, applicazione di news che la grande marca di telefoni coreana ha inserito in modo nativo sulle ultime generazioni di telefonini e, piano piano, sta ampliando a tutti i modelli. Si tratta di un prodotto editoriale “mobile” realizzato dall’editore Axel Springer, un prodotto che ha costretto Apple News, la sua app concorrente ad andare nella stessa direzione. Il motivo? Semplice: Upday for Samsung è sì un algoritmo che aggrega le notizie, ma ha anche una redazione che le sceglie, le verifica, le produce e le diffonde con tutti i mezzi sociali possibili.

    Samsung
    Ecco come i lettori leggono le nostre notizie: quasi tutti in verticale, quasi tutti dal telefonino. E’ il momento di adeguarsi. (Pixabay)

    L’amica che ti fornisce le news: quelle giuste.

    L’unione fra la matematica e gli uomini, quindi, ha dato origine a un prodotto pensato “mobile” che può rappresentare un passo in avanti verso quei “responsive media” di cui tanto parlano i maghi della futurologia editoriale. Upday for Samsung, infatti, è appena nata, ma promette di diventare un’amica che ti fornisce le news, quelle giuste, quelle che ti servono davvero. Grazie ai suoi giornalisti, però, può anche diventare un hub di confronto e una comunità attiva proprio nel proporre notizie e nell’interagire realmente con i suoi lettori per migliorare un servizio, quello dell’informazione, che diventerà sempre più profilato secondo le necessità del cliente e sempre meno generalista.

    Mi incuriosiva il pensiero.

    Mi incuriosiva il pensiero su some viene fatta Upday for Samsung giorno dopo giorno. Ho scoperto una redazione in continuo movimento che, naturalmente, basa le impostazioni tecniche dei suoi prodotti sul mezzo di fruizione del lettore (il telefono, appunto), ma è ancora alla ricerca di nuovi formati di news da proporre che migliorino l’esperienza del phone user. E’ una sensazione molto bella poter frequentare questo mondo dei prodotti editoriali nuovi e il motivo è molto semplice. Siamo tutti sperimentando 🙂

    Ecco, a ogni modo, il video della chiacchierata in diretta fatta con Giorgio Baglio dal Talent Garden Calabiana di Milano, posto dove la redazione italiana ha preso il via con 5 giornalisti regolarmente assunti.

     

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  • Giornalismo, Mulcahy: “Ora il mojo è cosa di tutti i giorni”

    Giornalismo, Mulcahy: “Ora il mojo è cosa di tutti i giorni”

     

    Giornalismo e mojo: un binomio possibile.

    Al termine di Mojocon, la Mobile Journalism World Conference di Galway andata in scena dal 4 al 6 maggio, ho avuto l’occasione di parlare a lungo con il gran boss della manifestazione, il giornalista irlandese Glen Mulcahy. Il 43enne, capo dell’innovazione presso il broadcaster nazionale irlandese RTE, ha raccontato le sue sensazioni al tramonto della conferenza che, per tre giorni, ha tenuto assieme alcuni fra i pionieri del mobile journalism mondiale, parlando di un’edizione riuscita e improntata al “consolidamento. Ho visto case study coraggiosi – continua – che hanno fatto pensare che il giornalismo fatto con le device mobili è diventato parte del nostro lavoro di tutti i giorni“.

    Un’ edizione di consolidamento.

    Mojocon, nata proprio dalla testa di Mulcahy e dal suo visionario coraggio, è giunta alla terza edizione e ha mostrato senza dubbio come si possa fare del giornalismo di qualità con smartphone e tablet, lanciandosi anche nel mare dei video immersivi e nella realtà virtuale. “La prima edizione – afferma Mulcahy – era quella della novità. Si vedeva per la prima volta che nel giornalismo si poteva fare questa cosa. La seconda è stata quella della maturazione, mentre la terza ha fatto capire che il mojo può essere parte di tutti i processi produttivi. Mi ha fatto piacere vedere la comunità diventare forte e coesa, anche per merito di una città come Galway, magica nel creare contatti e far incontrare le persone”.

    Un messaggio all’Italia.

    “Stati che si affacciano per la prima volta a questo mondo – sottolinea Mulcahy – devono sapere di poter contare sulla nostra comunità. Va chiarito che la storia del mojo è molto giovane e ci è voluto molto tempo per convincere le persone che con smartphone e tablet si poteva fare giornalismo di qualità. Poi va anche chiarito che ci sono persone differenti al mondo, anche nella capacità di prendersi dei rischi. E comunità differenti. Non è una sorpresa, quindi, quella di vedere che ci sono paesi più avanti e paesi più indietro nell’accesso al mobile journalism che sta rivoluzionando il giornalismo. Basti pensare che perfino gli Stati Uniti, sul mobile journalism, sono dietro all’Europa. Quello di cui avete bisogno in Italia è una comunità, state facendo un buon lavoro“.

    La forza di una comunità.

    “D’altronde –  afferma Mulcahy – Mojocon stessa è nata così’, come una comunità di persone che faceva mojo e si scambiava le practice per crescere insieme. Avete bisogno di replicare le stesse modalità, di fare gruppo, Meet Up, corsi, di avere dei case study, di diffondere la cultura in un piccolo gruppo di persone che poi faccia da diffusore del mobile journalism nel tessuto connettivo del giornalismo tradizionale“. Come un inarrestabile “virus”. La forza della comunità dei giornalisti, infatti si è vista benissimo in Irlanda.

    Gli “avversari” più agguerriti.

    Ora c’è da convincere gli editori a investire su questa fenomenale possibilità. “Paradossalmente – sentenzia Mulcahy – quelli più diffidenti sono proprio gli imprenditori televisivi. Quando direte loro che si possono fare con un telefono le stesse cose che stanno facendo con infrastruttura milionaria, vi risponderanno ‘Bah, è come avere una Ferrari e andare in giro con una 500’. Devono capire che si sta creando un ecosistema mojo che parte dagli smartphone e arriva agli utilizzatori finali passando soltanto attraverso device mobili e bypassandoli“.

    Entrare in questo mondo ridurrà il rischio di essere scavalcati a zero e non è una questione di riduzione dei costi, ma di sopravvivenza. D’altronde se c’erano qui gruppi televisivi come CNN e Al Jaazera perché vogliono vedere da vicino come va a finire ci sarà un motivo, no? Poi quando arriveremo alla connessione 5G l’ecosistema avrà un avanzamento inarrestabile e le televisioni rimarranno fuori, con la loro eredità milionaria di infrastrutture“.

    Il futuro, con le proprie gambe.

    Mojocon 2018 potrebbe avere un volto completamente diverso ed essere autonoma. “RTE sta ristrutturando ancora e potrebbe considerare questa conferenza come un orpello e non come core business – conclude Mulcahy -. Io, tuttavia, ho investito un’enorme parte della mia vita su questa creatura. Assicuro fin da ora che, se RTE dovesse decidere di tagliarla, io lascerò la tv e andrò avanti da solo“. Una strada tracciata, sulla quale bisogna mettere anche gli editori e i sindacati, per una rifondazione ampia del giornalismo. In tutto il mondo.

     

  • Mobile journalism: il kit pronto per l’uso (con filosofia)

    Mobile journalism: il kit pronto per l’uso (con filosofia)

    Il Mobile journalism ci deve stare addosso.

    Vedo crescere anche attorno a me l’interesse per il mobile journalism, allora comincio con questo post a entrare nello specifico. Vuoi sapere qual è il kit perfetto per il mobile journalist? Ecco alcune informazioni necessarie a orientarsi nel  mobile partendo dai “ferri del mestiere”.

    Mobile journalism: ecco il pezzo determinante, l'iphone
    Mobile journalism: ecco il pezzo determinante, l'iphone Mobile journalism: ecco il pezzo determinante, l’iphone

    Faccio una premessa: ognuno ha il suo kit, ognuno ha la sua maniera di essere mojo. Per “salvarmi” dalla partigianeria, per lasciare aperta ogni strada, passo l’incombenza di darti le dritte necessarie all’allestimento del miglior kit possibile per il mobile journalism al mio “filosofo” di riferimento. Sto parlando del giornalista australiano Ivo Burum, di cui ho già parlato in questo articolo qui e che rappresenta per me il massimo della sintesi accademica del mojo.

    E’ un trainer e un produttore multimediale di Brisbane che ha realizzato documentari con la sola forza delle device mobili, ma è anche colui che ha messo su carta nella maniera migliore l’intera filosofia di questo orientamento professionale che, a livello internazionale, sta godendo di crescente successo.

    Alcune cose su Ivo le puoi trovare qui, mentre il suo Kit 101 lo puoi vedere svelato nel video qui sotto.

    Il punto di partenza? Ognuno ha il suo

    Questo è un punto di partenza ed è piuttosto datato, ma quello che ti consiglio è crearti un modo di stare informato e capire, sviluppando anche un budget di investimento di partenza, quale sia il tuo vero obiettivo da mojo. Se vendi news, magari hai bisogno di ottimi microfoni e te ne freghi del treppiede, hai bisogno di un gimbal (qui nel video non c’è) ma potresti fare a meno delle lenti aggiuntive. Ogni mojo ha il suo kit vuol dire questo: non esiste un manuale delle Giovani Marmotte su come si debba allestire la perfetta borsa degli strumenti. Tutto dipende da chi sei, che lavoro fai, cosa vendi per campare da mojo freelance.

    Burum, infatti,  nei suoi scritti, parla di filosofia raccontando i segreti del mobile journalism. Certo, se lo può permettere, essendo un innovatore di livello mondiale, ma indica una strada che è chiarissima per arrivare al risultato cui vuoi arrivare tu: camparci. Già, perché in molti sparano stronzate sul mojo, ma in pochi ti dicono come camparci. Qualche volta mi stupisco di come colleghi mi vengano vicino a chiedermi cosa uso per interviste doppie, quale microfono mezzo fucile  ho comprato o come faccio editing dei miei pezzi. Beh: è tutto sul web. Segui questo blog e ti dirò tutto, senza freni e senza remore.

    La differenza sta nel pensiero

    La differenza è nel pensiero e Burum, in questo video, ti dà alcuni consigli che fanno capire quasi tutto. Se sei un mojo non c’entra il cellulare che hai in mano, c’entra come pensi il pezzo che devi fare per restare, proprio grazie al cellulare, quattro passi avanti agli altri che stanno accendendo le telecamere quando tu hai finito. Ecco le domande che fa Burum e, quindi, quelle che ti devi fare tu.

    Non ti basta? Ti aggiungo un altro elemento video di valutazione, mettendoti a disposizione una chiacchierata sull’argomento di Glen Mulcahy, specialista di livello mondiale della materia e fondatore di Mojocon. L’ex RTE parla di attitudine e ha ragione da vendere. Credevi di venire su questo post a fare la lista delle cose da comprare per diventare un mojo? Beh, sbagliato. Sei tu che devi dirti, prima di tutto, voglio essere un mojo e poi farlo con qualsiasi cosa. In Italia siamo a uno stato di disperazione tale, sull’argomento, che non ho più nemmeno le lacrime per piangere. Su argomenti come le tools, i modi di lavorare, le dirette facebook, eccetera, ci sono discreti interpreti e alcune buone voci, ma non ne ho ancora trovata una che ti dica “come camparci” in un panorama che vede i mojo come fumo negli occhi.

    Glen Mulcahy, the king of mojo.

    Progetti didattici e nuove frontiere.

    Ho ricevuto nei giorni scorsi i primi contatti da colleghi interessati all’argomento e le prime provocazioni sulla possibilità di fare corsi in Italia sul mojo. Ho subito risposto in modo affermativo, ma ti anticipo che ho anche iniziato a percorrere una via accademica per lo sviluppo di questa cultura. Il mojo dovrebbe andare dritto nelle scuole di giornalismo, per esempio per questa ragione che si può leggere in questo articolo di glen. Il 2021 è dietro l’angolo, volevo dirtelo dopo che hai letto questo pezzo. Ebbene, le risposte delle istituzioni giornalistiche sono state tutt’altro che lusinghiere (mi riferisco all’Ordine dei Giornalisti della Lombardia che non ha ancora risposto alle mie sollecitazioni datate settembre). Diverso l’atteggiamento avuto da un istituto universitario molto all’avanguardia. Per adesso non ti rivelo di cosa si tratta.

    Nel frattempo ho deciso di muovermi da solo e sviluppare  un progetto didattico che porterò all’attenzione degli attori che lo possano far fruttare. Voglio, però, coinvolgerti. Vorresti un corso avanzato, specifico, multimediale, sul mobile journalism, sui suoi tools sì, ma anche e soprattutto sui suoi linguaggi produttivi, sul brand personale, sulla creazione di un pubblico e sui suoi modi di essere venduto per creare ricchezza? Se la risposta è si, fatti sentire: contattami, scrivimi, chiedimi l’amicizia. Il mio primo passo è creare un gruppo sull’Italian way of mojo. Vediamo dove arriva questo viaggio.