Tag: mobile journalism

  • Quando un corso di mobile journalism diventa un network

    Quando un corso di mobile journalism diventa un network

    Network e capitale sociale: tra i mobile journalist ce n’è di più

    Mi sono accorto di una cosa, mentre passano i giorni della settimana che mi avvicina a un nuovo corso di mobile journalism. Mi sono accorto che gli eventi e i corsi di base che stiamo sviluppando con la community Italianmojo e con MilanoAllNews si trasformano spesso in occasioni ghiottissime per fare newtwork. Da queste reti di relazioni, da questi network, poi, molti colleghi e amici ricavano una massiccia dose di capitale sociale da immettere nelle dinamiche delle loro relazioni lavorative.

    La diretta conseguenza è la creazione di opportunità professionali, di incontri, di riunioni, di “session” per pensare a un format da fare insieme: insomma, lavoro, lavoro, lavoro. Ho capito anche il motivo di questa facilità a creare network utili a migliorare la propria condizione. E’ semplice: al centro c’è una materia e una modalità nuova di fare le professioni visive, un linguaggio che riporta tutti più vicino alla qualità del lavoro, al pensiero, alla creatività. Per questo diventa più facile unirsi, semplicemente perché si ha un nuovo futuro da imparare e da condividere con la comunità di coloro che lo stanno imparando e, contemporaneamente, facendo. Come me.

    La risposta a E.

    E. è un ragazzo che ha fatto un corso con me. Mi ha fatto alcune domande in una mail dopo che io, durante il corso, mi sono permesso di dirgli che non si comprendeva cosa davvero volesse fare. Durante la giornata di corso l’ho invitato a “precisare” dentro di se e poi all’esterno cosa desiderasse davvero dal suo percorso professionale, arricchito  in quel momento dalla possibilità di avere un ottimo linguaggio visuale da sfruttare (il mobile journalism, appunto). Nella mail mi ha chiesto ancora di riempirgli i vuoti e io ho deciso di rispondere pubblicamente.

    Il Bosone di Higgs raccontato ai bambini.

    Caro E. devi rispondere da solo alle domande che mi hai fatto e devi farlo mettendo sul tavolo tutte le tue armi e le tue qualità, contandole per bene e “lustrandole”. Fatto questo, essendo tu un creatore di contenuti, devi pensare, anche grazie al linguaggio mojo, quali servizi tu possa rendere alla collettività tali da poter essere considerato un riferimento per quel tipo di prestazione d’opera e che quella prestazione d’opera aggiunga valore a chi la riceve.

    Il tutto deve essere fatto, tuttavia, creandosi una specificità tale da rappresentare un punto di riferimento autorevole per quel tipo di prodotti, servizi, creazioni. Faccio un esempio forzato: a scrivere favole per bambini sono in molti. A scrivere un libro per bambini con una spiegazione su cosa sia il Bosone di Higgs non ci ha ancora pensato nessuno. Ecco, tu caro E, devi essere quello che racconta il Bosone di Higgs ai bambini. Accorrerebbero da ogni dove per sentirti. Ti ho reso l’idea?

    E. è attore e creatore di relazioni.

    E. è stato capace di creare, grazie a un semplice corso mojo, relazioni che sono diventate un network. Per questo che ho deciso di rispondergli in pubblico. Ho deciso di farlo affinché cerchi le sue risposte da solo oppure da quel network che si sta muovendo attorno a lui alla ricerca di un’idea da formattare e magari da vendere. Ci sono stati incontri, mail, scambi di idee, brainstorming fruttuosi e infruttuosi.

    Tutte queste cose sono state “accese” da un corso di mobile journalism. Oggi, per esempio, io stesso sono stato coinvolto in un lavoro assieme a due mie corsiste e, facendolo, ho incontrato una persona che ha manifestato l’interesse di venire al corso di mobile videomaking di sabato 30 settembre. Essere mojo, essere alleggeriti da tecnicismi e macchinari pesanti, aiuta la creatività e le capacità di relazione con gli altri, quindi inevitabilmente anche con i colleghi. Aiuta anche il pensiero che serve per creare nuove opportunità di lavoro, nuove opportunità di ricchezza.

    Il corso di mobile journalism di sabato (e dintorni).

    In queste ore il corso di Stampa Romana tenuto da Nico Piro ed Enrico Farro sta vivendo il suo clou, mentre il Centro di documentazione giornalistica ha varato, sempre con i due insegnanti romani, dei corsi anche a Milano. Sono, quindi, giorni interessanti per la materia del mobile journalism che sta crescendo come interesse. Sta crescendo anche la partecipazione ai corsi di Italianmojo che vedranno una nuova puntata sabato 30 settembre con un nuovo corso base. I ragguagli dell’evento li puoi trovare qui, assieme alla modalità per iscriversi. Ci sono ancora 6-7 posti disponibili per riempire la nostra saletta.

    Sempre a proposito di network

    Sempre a proposito di reti di relazioni, di capitale sociale e di network, mi hanno chiesto di preparare anche un corso per la Fabbrica delle Idee, uno straordinario coworking di Maniago, cittadina splendida in provincia di Pordenone. Tornerò presto in Friuli, quindi, per fare un’altra emozionante esperienza di corso base. Devo dirtelo, mi diverto molto a farli, perché ritengo che siano una grande opportunità e regalino l’emozione (che vedo nei volti di chi lo fa) di scoprire qualcosa di nuovo che può cambiare le sorti e le vicende di una vita lavorativa. Se sei di quelle parti, quindi, prenota il tuo posto andando a questo link e ci vediamo lì. Anche per creare un ulteriore punto di un grande network. Un network mojo.

  • IBC, giorno terzo: il mobile journalism diventa workflow

    IBC, giorno terzo: il mobile journalism diventa workflow

    Workflow, la parola magica.

    Sono tornato in Italia e, naturalmente, sono stato travolto dalle cose da fare, come a ogni ritorno succede. Mi è rimasto molto impresso, tuttavia, il terzo giorno di permanenza all’International Broadcasting Conference di Amsterdam. Semplice il motivo: il mobile journalism si sta muovendo verso un’era della maturità che fa rima con la parola workflow. Già, perché sono molto importanti la filosofia e la teoria di questo nuovo modo di intendere il giornalismo, ma è altrettanto importante la pratica.

    Perché lo dico? Perché il verdetto di quanto ho visto nei tre giorni di IBC nella comunità mojo è legato a un’evoluzione che potremmo dire essere quella della maturità. In che senso? Nel senso che gli strumenti più importanti, a vario titolo e in vario modo, si stanno attrezzando per darti la possibilità di mettere giù un metodo di lavoro che sia più possibile qualitativo, veloce, performante e smarcato. Ti dico un segreto: ci stanno riuscendo…

    Le novità di Luma Fusion.

    Ora vado nello specifico delle novità viste nel mondo iOS e Android, ma poi ti darò alcuni consigli e alcune indicazioni finali. Luma Fusion, la magnifica app di editing creata da Terri Morgan e Chris Demiris ha fatto passi da gigante anche nell’ultima versione, la 1.4. Le novità più importanti arrivano dalla gestione della parte audio che è stata resa ancora più approfondita, densa di feature e di opportunità di lavorare sui particolari, come i keyframe della pipeline, ma anche l’acquisizione di audio da più canali o da destra a sinistra o da sinistra a destra. In quanto a integrazione sono miglirati i rapporti di LF con altre applicazioni e le possibilità di importazione.

    Come leggi da queste frasi questi strumenti per il lavoro del mojo sono sempre più aperti e capaci di abbracciare altri file, contenuti, progetti che arrivano da fuori per provvedere all’integrazione con questo flusso di lavoro. Nelle prossime settimane, ha rivelato Chris durante una chiacchierata, entrerà in App Store “Luma Connect” che permetterà di inserire in luma qualsiasi file o progetto proveniente da Mac, per poi riuscire a “ridarlo al Mac”, molto facilmente per continuare i progetti con altri programmi. Poi di dico una cosa: faranno, nella prossima release, un’integrazione con i sistemi di “library” di parti terze per avere, con un piccolo abbonamento,

    Le novità di Kinemaster: inizi tu, finiscono in redazione!

    Matthew Feinberg è uno dei “deus ex machina” di Kinemaster, l’applicazione di editing “cross platform” che è comunque il top del mondo Android. Da lui, invece, ho saputo quali novità ci sono nel prossimo aggiornamento dell’applicazione che viene sviluppata dalla coreana Nexstreaming. “Nella prossima release siamo molto felici di poter introdurre il workflow di Kinemaster – ha raccontato Feinberg – per il quale sarà possibile  esportare un intero progetto con tutti i media collegati, al fine di poterlo continuare su altre device come i personal computer e con altri programmi come Premiere Pro. Un processo di lavoro del genere potrebbe anche farti fare la versione ridotta, o per social, di un video o di un contenuto, per poi mandare il progetto alla tua newsroom”. Beh, pensaci: si tratta di una cosa non da poco.

    Arriverà presto anche il Cloud.

    Feinberg ha anche fatto accenno a un progetto pilota che Nextstreaming sta realizzando con il gruppo Ortana: “Si tratta di un progetto ancora alle fasi iniziali ed è una soluzione cloud – ha raccontato Feinberg ad Amsterdam – che lavora con Kinemaster”. Vuoi sapere cosa fa? Eccoti servito: “Ingest automatizzato – ha sottolineato Feinberg -, pubblicazione automatica su più piattaforme”. Poi sta per arrivare Kinemaster 5 con delle novità sconvolgenti sulla timeline, ma di questo sarà il caso di parlare in un altro post. Penso che quanto bolle in pentola sia davvero interessante  crei molte opportunità.

    I precursori: i francesi di City Producer.

    Se mi hai seguito su twitter hai visto che ho dedicato molto del secondo giorno all’IBC a studiare City Producer. Beh, l’app dell’azienda francese E-Facto creata dal vulcanico Bertrand Samini, è davvero quanto di meglio si possa trovare in giro appunto sotto la categoria del worflow, del vero e intero processo produttivo per la creazione di video. Nella stessa App c’è una potente parte di filming, una parte di editing che rende facilissimi e veloci i processi di montaggio delle news e una parte di live e di delivery. Molto molto evoluta e molto interessante, una app che consegna ai francesi il ruolo di precursori della parola worflow nel mondo del mobile journalism.

    Una app davvero impressionante.

    Ha, tuttavia, dei lati che circoscrivono l’innovatività della app al mondo delle company televisive per la produzione di news. Sul lato dei content creators, infatti, va detto che non apre opportunità di codifica customizzata dei file e agisce nei binari di un sistema, peraltro splendido, che è dentro il flusso di una tv che fa news. Gli effetti visivi (come le transizioni) non sono ancora disponibili, mentre le parti di titolazione o le librerie musicali devono essere introdotte e governate nel flusso dal pc, ma non possono essere create o gestite nella app (così come la cancellazione dei progetti).

    Una news tv che apre ora dovrebbe guardarli con tanto interesse, un semplice mojo forse potrebbe non giovarsi pienamente di un workflow “start to end” che per necessità (visto che è concepito per le news e per integrarsi nel flusso di lavoro di una newsroom tv) è dentro binari stabiliti. Pazzesco vedere all’opera questa App, comunque, per quante cose ti fa fare e quante operazioni rende facili nella tonnara del mondo delle news.

    Il mobile journalism deve restare libero. Tu anche.

    Alcune riflessioni finali, comunque. Come hai visto le novità delle principali app vanno verso il flusso di lavoro e allora ti invito a pensarci. Creati il tuo, comincia a vedere, passaggio per passaggio quello che ti serve per lavorare bene dall’acquisizione del materiale fino alla sua consegna. Pensaci bene: Feinberg nella sua intervista ha parlato perfino di monetizzazione del proprio lavoro tramite il collecamento di Kinemaster agli stock di vendita dei video. Ti rendi conto di quello che può voler dire questo? Sta cambiando tutto, allora segui il cambiamento. Tuttavia non rinunciare mai a pensare a una cosa, una cosa che deve restare sempre al centro del tuo lavoro. Pensa a curare ogni passaggio della tua esecuzione, ogni passaggio del tuo lavoro, fino al delivery, alla consegna sicura o alla monetizzazione dello stesso.

    Però resta libero: tutto quello che ti fa entrare dentro processi nei quali la proprietà perfetta del tuo lavoro ti sfugge dalle mani, beh, rifuggilo come fosse peste. In questo senso i big dell’editing stanno lavorando benissimo: ti danno opportunità in più facendoti tenere comunque sempre la possibilità di lavorare offline, dentro l’applicazione dall’inizio alla fine. Lì dentro c’è il tuo lavoro e devi essere tu a governarne il flusso, fino a quando decidi di effettuare la consegna a chi te lo compra. E sopratutto te lo paga.

  • IBC, primo giorno: la tv “chiede cose” al mojo

    IBC, primo giorno: la tv “chiede cose” al mojo

    IBC: effettivamente non è proprio “mobile”.

    Sono venuto ad Amsterdam, nel cuore del mondo del broadcasting mondiale, per vedere da vicino come sta evolvendo la tecnologia della televisione e che rapporto ha (o desidera avere) con il mondo del mobile. Una piccola premessa: la prima cosa che ho visto arrivando è una mega regia mobile (un camion) e mi è venuto un filino da ridere pensando a quanto sia poco “mobile” rispetto alle apparecchiature che utilizziamo noi mobile journalist.

    Ho incontrato le prime aziende”mojo”

    Il primo giorno, quello di ieri, è stato quello dell’arrivo mattutino e anche della stanchezza, ma nelle mie due incursioni di giornata all’ IBC, ho già avuto l’opportunità di incontrare alcuni attori del mondo mojo. Dalle chiacchierate fatte, qui nella fiera più importante al mondo per quanto riguarda la TV, ho compreso molto bene che si è verificato un cambiamento importante nell’atteggiamento delle aziende del mondo TV verso le aziende mobile.

    La domandina incuriosita.

    Tutti gli attori del mercato del software e dell’harware “mobile” che ci sono qui sono stati avvicinati da molte aziende che, all’ IBC, sono nel settore del broadcasting istituzionale. “Prima ci guardavano come fossimo arrivati da “Marte” – mi ha rivelato ieri Matthew Feinberg di Kinemaster – e chiedevano cosa fosse il mojo. In questa edizione sono arrivati molti interlocutori mostrando interesse per il nostro lavoro e cercando di iniziare un dialogo che possa portare all’integrazione di processi produttivi”.

    Nelle stanze del palazzo del Re Guglielmo, quindi (si tratta del palazzo che puoi vedere nella foto di apertura) c’è la tv che si muove e va verso la concezione di nuovi modi di produrre contenuti, modi che si integrino con le soluzioni mobili. Però fa ancora un errore che, per esempio in Italia, è davvero marchiano.

    Gli errori della tv.

    Anzi ne fa due. Il primo, anche se secondo gli esperti le cose stanno cambiando, è quello di continuare a investire un sacco sui modi di diffusione classica del segnale e sulle infrastrutture pesantissime e costosissime che servono per crearlo. Qui ci sono aziende che hanno satelliti nello spazio…

    Il secondo, invece, è l’errore macroscopico di produrre contenuti “replicati” dai modelli televisivi nei nostri telefoni e tablet. Mi chiedo e ti chiedo: perché?

  • Apple iPhone X e dintorni: vicina la fine choc del telefonino

    Apple iPhone X e dintorni: vicina la fine choc del telefonino

    Apple iPhone X e Keynote: uno spettacolo avvilente.

    Apple ha presentato al mondo i suoi nuovi prodotti, in diretta dallo Steve Jobs Theatre di Cupertino. iPhone 8 e iPhone 8 Plus, ma soprattutto iPhone X, quello del decennale, sono i nuovi lanci della casa della mela morsicata che ieri hanno catalizzato l’attenzione di addetti ai lavori e appassionati di tecnologia di tutto il mondo. Mobile Journalist compresi. Ebbene, proprio la comunità internazionale dei mojoer ha espresso tutto il suo disappunto per la mancanza, pressoché totale, di novità riguardanti la produzione di contenuti multimediali. Da sempre, infatti, la company fondata da Steve Jobs ha dettato le regole dell’innovazione e dell’interazione tra device mobili: ieri le novità presentate da Tim Cook sono sembrate senza mordente, quasi copiate dalla concorrenza che sta incalzando la Apple da vicino (superandola, talvolta, come nel caso di Huawei).

    Le cose buone per i mojo.

    Qualche ora fa ho twittato, scherzando, ma non troppo, che la cosa più interessante del Keynote di ieri era la terza serie dei Watch. Se fosse cosi si capirebbe subito che c’è anche altro nelle pieghe della presentazione di Cook e compari, tra ridicoli scambi di espressioni degli Animoji e presentazioni di caricatori wireless come se fossero una novità, ma è un altro da andare a scoprire. Ci sono alcune cose buone per i mobile journalist. Comincio con quelle legate all’hardware.

    AR, la nuova frontiera.

    Intanto la presentazione del nuovo processore ha impressionato. Si chiama A11 bionic e ai videomaker darà molte opportunità e molta velocità in più. Non c’è niente da dire, questi cuori dei telefoni e dei tablet della Apple sono imbattibili e le 600 miliardi di operazioni al secondo “promesse” dal processore dell’IPhone X, per esempio, sono un dato impressionante. Ci sono netti miglioramenti negli schermi, nella definizione dei colori, nei tempi di apertura dell’otturatore e nella stabilizzazione ottica.

    Se togli l’ultima specifica, però, ottima per i mojo come me e te, capirai velocemente che la principale attenzione dei produttori di iPhone si è orientata sulla fotografia, ma a noi serve fare video. Sempre per quanto riguarda l’hardware ha destato impressione la potenzialità mostrata dagli iPhone di nuova generazione per quanto riguardala AR, la augmented reality. Quella può essere una nuova frontiera di produzione dei contenuti multimediali, ma di qui a parlare di una cosa vendibile per i mojoer come me e te ce ne passa.

    Lo schermo dell’iPhone X, ma soprattutto il suo processore.

    Bello, bellissimo, inarrivabile l’iPhone del decennale. Con quello schermo Super retina e quelle specifiche da urlo per la definizione dei colori è cosa per intenditori, ma diciamocelo, c’è un problemino: nessuno in Italia emette segnali broadcast a 4K, cosa me ne faccio di uno schermo da miliardi di colori? Va chiarito, tra le cose buone, che il processore neurale dell’iPhone X è una figata pazzesca e ha 4,3 miliardi di transistor a pezzo, i quali fanno quei 600 miliardi di operazioni al secondo.

    Vuol dire che tra le mani hai il processore più avanzato dell’intero mercato delle device mobili e una macchina che annulla un computer in toto. E per chi fa video questo è una manna. I mobile journalist, tuttavia, sono quasi tutti incazzati per lo spreco di potenza del nuovo gingillo, ma sollevati perché “adesso il 7 costa molto meno”. Capito l’antifona? I mojo avevano bisogno di miglioramenti nel comparto fotografico e video, non di chip mostruosi utilizzati per fare le faccine.

    La vera chicca o il grande bluff.

    Se segui la mia FanPage (o il mio profilo) sai che sto utilizzando il sistema operativo iOS11 da qualche tempo: è li la vera dritta del nuovo pianeta della Mela. Si tratta di un sistema operativo che nell’iPhone del decennale viene utilizzato in modo diverso perché manca il tasto home (a proposito non è che finisco nei casini quando sto filmando con questo touch totale e questo riconoscimento facciale del cavolo?), ma negli iPhone 8 (e sinceramente anche nel mio) ha molto migliorato il software fotografico e video.

    Ci sono effetti di luce, gestione dei colori molto approfondite, migliore stabilizzazione, ma mi è sembrata tutta una questione di software. Il nuovo sistema operativo è più chiaro, più veloce, migliorato in ogni aspetto, è proprio un’altra storia rispetto ai precedenti. Poi ha la chicca del File Manager che, peraltro, resta un file manager parziale e per cloud, più che altro. Non va a cercarti la foto o il pdf che ti sei perso dentro il telefono….

    Comunque quello, il sistema nuovo di zecca che verrà rilasciato ai dispositivi compatibili il 19 settembre, è la vera innovazione. E se lo è nasconde il grande bluff di cui ti parlavo nel titolo: se c’è tanta innovazione nel software, non c’è nell’hardware. E si vede. Comunque per i mojoer iOS11 è da scaricare, ma portatevi il power bank. La batteria va che è un piacere e non cambia la situazione con le nuove batterie degli 8 che sono giudicate come dotate di 2 ore in più del iPhone 7.

    La cosa migliore di tutte.

    Vado verso la chiusura di questa analisi riflettendo sulla migliore notizia arrivata ieri da Cupertino per i mobile journalist. Si tratta del nuovo sistema di archiviazione dei video e dei contenuti multimediali che i nuovi iPhone hanno: salvano in H265 con encoding HEVC, high efficiency video coding. La morale della favoletta? Salvano il 50% di memoria in più, mica male per chi se la smazza con un sacco di video.

    La notizia peggiore.

    Sai come mi è sembrato Cook ieri? Mi è sembrato triste, molto triste. Già, perché ha presentato dei prodotti che sono arrivati al limite delle potenzialità fisiche e che, sostanzialmente, rendevano migliori e rendono migliori delle feature che già ci sono. Vedere un iPhone AR ready, ridursi a fare le faccine della cacchetta, mi ha fatto pensare.

    Mi ha fatto pensare che l’era del telefono sta per finire perché siamo arrivati al limite. Quel rettangolo li più di così non può fare. Per questo motivo manca poco anche a un cambiamento epocale dei mobile journalist che presto si ritroveranno a filmare con apparati wereable e a montare con schermi e tastiere virtuali. Te lo scrivo qui, il 13 settembre del 2017. Vediamo se per il 2022 si realizza qualcosa di quello che ho detto. Tu, intanto fa il mojo: cambia. Costantemente.

  • Insta360 One: la videocamera immersiva che trasforma tutti in pro

    Insta360 One: la videocamera immersiva che trasforma tutti in pro

    Insta360 One: una creatura che cambia tutto.

    Dal pomeriggio di oggi il lancio della Insta360 One, nuova creatura dell’azienda di Shenzhen famosa per la Insta 360 Nano di cui ti ho molto parlato, è diventato ufficiale. Si tratta di una videocamera a 360 gradi che rappresenta l’anello di congiunzione tra il mondo consumer e i produttori di contenuti immersivi professionali. La company cinese sta cercando di fare qualcosa di straordinario e, dalle immagini e dalle notizie che sono arrivate fino in Italia, sembra possa riuscirci proprio con la Insta360 One. Di cosa sto parlando? Della missione di rendere la produzione di video immersivi facile e accessibile a tutti.

    Una “bestia” alla portata dei consumatori.

    E’ una 360 che può fare video e foto a risoluzione 4k, ha una macchina fotografica da 24 megapixel in grado di arrivare al raw, può andare in livestreaming su tutte le principali piattaforme ed essere comandata via bluetooth (novità rispetto alle pari livello). Può lavorare in plug-in sul telefono (per ora solo iOS, ma è già stata annunciata la versione Android, in subacquea con la apposita case impermeabile venduta a parte (impermeabile IP68 fino a 30 metri), in remoto o da sola. E’ una bestia dalle specifiche molto potenti (70 minuti di registrazione in continuo prima che si scarichi), ma ha la capacità di rendere facili le cose a tutti. Prima di addentrarmi nelle novità di livello mondiale, tuttavia, ti dico una cavolatina simpaticissima e ti riferisco le parole del capoccia di Insta rilasciate oggi ai media. Parole che fanno pensare.

    La cazzatina simpaticissima.

    Quando attacchi la Insta360 One a un selfie stick la camera lo cancellerà dalla foto stessa dando l’impressione di eseguire delle foto aeree, funzione che, te lo racconterò fra un po’ diventerà “wow” in un particolare effetto di cui è dotata la camera stessa. Ecco, invece, le parole del Ceo e Fondatore dell’azienda che dal 2014 si è messa in testa di portare i video a 360 gradi a livello del pubblico consumer. “La Insta360 One – racconta JK Liu – è il risultato degli sforzi che abbiamo fatto per mettere a disposizione del pubblico una videocamera professionale che fosse in grado di avere caratteristiche “pro”, ma anche di essere il più facile possibile da usare. Pensiamo di esser riusciti a creare un prodotto rivoluzionario che, tra l’altro, con l’esclusiva feature Free Capture cambierà per sempre il mondo della ripresa video”.

    Free Capture: un’innovazione pazzesca.

    Free Capture è una delle due novità della Insta360 One e rischia di mandare gambe all’aria tutti i già gracili studi che ho fatto sul 360 gradi introducendo un altro linguaggio pazzesco nel modo di creare video. Di cosa si tratta? Ecco qui, te lo spiego con un video.

    Hai capito? Ok, te lo dico anche a parole, per essere sicuro che ti sia chiaro. Piazzi la camera in mezzo alla scena, la fai partire e lei va. Tu, poi, in montaggio, con la funzione Free Capture, puoi andare a prenderti gli estratti del tuo video a 360 gradi, possibilmente girato in 4k, per editarli trasformandoli in un video lineare alto 1080. Ancora non ci credi, vero? Può cambiare per sempre la percezione del montaggio di un video.

    L’effetto Bullet Time.

    Nella confezione della Insta30 One c’è anche un resistentissimo cordino cui si può attaccare la propria video camera che arriva con una definizione di 240 fps a creare un effetto pazzesco per il quale il centro della foto o del video è chi sta riprendendo la foto. Se si attacca il cordino alla camera e la si fa roteare, la Insta360 prende tutto il surround mettendoci al centro della scena e cancellando cordino e camera dalla scena stessa. Ecco manuale e risultato.

    C’e da restarne storditi.

    Certo, adesso aspetto di provare l’aggeggio, ma l’impressione è che la Insta abbia fatto centro per un oggetto che oggi costa 299 dollari ma il prezzo in euro pare un po’ più alto (340) e che puoi acquistare qui, ma forse troverai i server down perché nel mondo dei mojoer non si parla d’altro. C’è da restare storditi per il concentrato di tecnologia rappresentato dalla Insta360 One che, fra l’altro, monta anche uno stabilizzatore 6 assi e viene provvista di tutti gli accessori per farla diventare una vera sportcam a 360 gradi. Eppure il prodotto è lanciato e l’idea di mettere in mano a un pubblico potenzialmente grandissimo uno strumento pro potrebbe avere un grande impatto sul mondo visuale e sul modo di fare video.

    Il tutto secondo una filosofia che già in maggio a Galway, gli amici di Insta mi hanno spiegato così, con le parole di uno dei dirigenti del marketing: “Vogliamo rendere il video a 360 gradi facile”. Pare ci stiano riuscendo. “E’ un linguaggio nuovo – mi raccontava allora Max Richter – un linguaggio che vi invito a provare con gli strumenti di Insta che possono soddisfare la più grande varietà di esigenze. Abbiamo la Nano come entry level, ma arriviamo fino alle professionali che girano in 8K. Nella nostra gamma ce n’è per tutti i gusti e tutte le professionalità. Quello che raccomando è entrare dal basso e provare, testare, capire lo strumento e i suoi linguaggi. E poi crescere”.

  • Video con lo smartphone: è solo questo il mobile videomaking?

    Video con lo smartphone: è solo questo il mobile videomaking?

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    Fare video con lo smartphone: una necessità impellente.

    L’altro giorno sono stato a fare una gita in Svizzera e, a un certo punto, mi è caduta la marmitta della macchina sulla strada. Un gran baccano, un clangore pazzesco, la macchina che rallenta in un punto un po’ problematico e io che guardo nello specchietto retrovisore e… sorrido. Perché? Oddio, prima di sorridere ho pensato anche una cosa un po’ volgare (una cosa tipo “Cazzo filmi”), poi ho sorriso. Il motivo? Dietro di me, una ragazza, dentro una macchina, riprendeva la scena della mia macchina con la marmitta a terra che faceva scintille. Riprendeva la scena con il telefono e in verticale.

    Insomma, il gesto di riprendere un fatto che ci accade davanti è diventato un comportamento ancestrale, quasi un riflesso. Il gesto di riprenderlo in verticale, beh, anche quello è, diciamo un riflesso condizionato dall’uso che facciamo del telefono. Ti tiro una riga: fare video con lo smartphone è un nostro linguaggio comune ed è un modo di comunicare in rapida crescita in tutti i campi. Per questo va allenato, se non altro per mettere il cellulare in orizzontale quando si riprende (anche perché non credo che metterai la tv o il pc in verticale per guardarli.

    Il video (e l’audio) stanno mandando in pensione la tastiera.

    Se non te ne sei già accorto (forse si, se leggi queste righe), te lo sottolineo io: il video e l’audio (ma ci metto dentro pure la foto) sono i due (tre) tipi di comunicazione più importanti di questo nosto periodo. Non scriviamo più, nemmeno sulla tastiera. Tendiamo, comunque, a riprendere immagini in movimento appena possiamo (come quando ci casca una marmitta nella macchina davanti) o a mandare foto per un saluto o audio se il concetto che dovremmo scrivere supera le 20-30 parole.

    Le giovani generazioni, poi, hanno smesso di digitare, tra faccine del cavolo e abbreviazioni, anche una singola lettera. Meglio un video, meglio uno snap, meglio un audio, meglio una gif. Insomma, il video e l’audio stanno mandando in pensione la tastiera. Il linguaggio video, poi, ci viene in soccorso quando dobbiamo sapere una cosa, imparare una cosa, vedere una cosa. Non ti convince il ragionamento? Ti metto qui un link del WSJ che ti farà cambiare idea: il paludato giornale di NY ha già messo giù, con dovizia di dati, un report sul fatto che il prossimo miliardo di utilizzatori di internet non digiterà più una lettera e comunicherà solo con audio e video.

    Ecco: guarderai per decenni, ma se fossi tu a produrre?

    Starai per decenni davanti a uno schermo a guardare dei video, ma pensa a come potrebbe cambiare la tua vita e il tuo lavoro se potessi diventare tu produttore. Si, sto parlando del fatto che potresti diventare serenamente un videomaker e aiutare il tuo capo, migliorare la tua azienda, presentare un tuo nuovo prodotto, raccontare un’ingiustizia subita o semplicemente per mandare gli auguri di buon compleanno a mamma. Lo strumento per farlo? Il tuo smartphone. La disciplina da imparare per farlo? Il mobile videomaking, appunto. Cos’è? E’ il mobile journalism, disciplina e cultura di cui parlo da mesi su queste colonne, aperta a tutti.

    D’altronde viviamo nell’epoca in cui tutti possono essere giornalisti, grazie alle piattaforme sociali e alla possibilità potenziale di arrivare a miliardi di persone. Perché, quindi, non approfittarne per metterlo nel motore di qualsiasi azione? Ecco il motivo per cui, nel progetto di Italianmojo, abbiamo deciso di iniziare i nostri progetti di corsi creando una versione di base del mobile journalism che potesse rappresentare uno strumento utile e immediatamente utilizzabile per qualsiasi professionalità e qualsiasi necessità.

    Ma che diavolo è, quindi, questo movi?

    Il mobile videomaking, quindi, è quella disciplina che fa apprendere modi, tecniche, operazioni e informazioni necessarie  a creare video con lo smartphone per i più svariati usi. Cosa c’è al centro? Un concetto molto semplice: siamo tutti storyteller, siamo tutti uomini con una storia da raccontare. Se si apprendono correttamente le basi del racconto per immagini, gli strumenti necessari, le operazioni di base per l’editing, beh, si diventa immediatamente operativi per la creazione di un contenuto multimediale video (ma anche audio) di qualità professionale.

    Pensaci veramente, fermati un istante: potresti aiutare il tuo capo per la dichiarazione pubblica da mettere sul sito, potresti valorizzare i tuoi prodotti con un video, iniziare a fare un blog di ricette di torte, fare una dichiarazione d’amore al tuo moroso o morosa. Ti si aprirebbero le praterie di possibilità che un linguaggio video codificato e professionale possono dare. Ieri sera ho fatto sull’argomento un paio di riflessioni in diretta con i lettori della mia fanpage. Te le metto qui sotto, magari aiutano.

     

    Sei uno studente? Buttati.

    La presenza di un giovane studente al mio primo corso mi ha colpito molto. Ognuno ha il suo mobile videomaking, i motivi per cui lo vuole imparare, i suoi obiettivi. La cosa importante è questa: il movi si adatta a non viceversa. Per questo motivo, quando il giovane studente, alla mia domanda “Perché sei venuto?” mi ha risposto “Perché indipendentemente dai miei studi, questo linguaggio sarà determinante per il mio futuro”. Beh, applausi. Se sei studente, quindi, buttati senza se e senza ma.

    Nei prossimi giorni il team di Italianmojo e MilanoAllNews riprenderà i corsi. Il primo appuntamento è previsto a Udine ed è organizzato in collaborazione con lo spazio Mantica 26 della dottoressa Francesca Vittorio.  Per aprire un vero e proprio gruppo friulano su questa materia mi sono rivolto a Meet Up che puoi trovare qui, mentre per iscriversi al corso a Udine il prossimo 2 settembre la via è questa.

    Per quanto riguarda il gruppo di Milano, ricominceremo la nostra attività con un incontro il 15 settembre, mentre i primi corsi saranno il 17 settembre e il 30 settembre prossimi. Come si vede dal Meet Up, il quale ha superato i 50 membri, la comunità milanese dei mojo (o movi) è molto viva e già avanti nel suo processo di crescita. Quella udinese, invece, spero cresca con le prime iniziative.
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