Tag: mojo

  • Philipp Bromwell: il fuoriclasse del mobile journalism

    Philipp Bromwell: il fuoriclasse del mobile journalism

    Il giornalista irlandese Philipp Bromwell, della redazione digital di RTE, è un vero fuoriclasse del mobile journalism internazionale. A Mojofest, nel maggio del 2018, ho avuto il piacere di parlargli. Ecco la nostra chiacchierata.

    Dal nostro ultimo incontro fino a oggi, Philipp Bromwell, con il team digital della televisione di Dublino, ha realizzato una serie incredibile di format per i social e per ogni tipo di piattaforma di distribuzione. Con la sua classe e la sua semplicità, Philipp Bromwell ha mostrato che il mobile journalism può essere un grande linguaggio per rinnovare il modo di comunicare con gli spettatori ed i lettori (e per trovarne di nuovi)

    La mia chiacchierata con Philipp

  • Mobile journalism alla Lumsa: inizia uno splendido viaggio

    Mobile journalism alla Lumsa: inizia uno splendido viaggio

    Le mie università.

    Quando ho iniziato questo progetto, dopo 26 anni di esperienza da giornalista, ho subito pensato che il mobile journalism doveva avere una dignità di cultura. Per averla doveva essere accolto nelle aule delle università. È stato così: importantissimi atenei come la Iulm di Milano o l’Università di Pavia, mi hanno accolto tra i docenti delle loro scuole di perfezionamento, management e comunicazione. Ho avuto l’onore di servire straordinari e appassionati studenti e ho provato la grande emozione di vederli agire in brevissimo tempo con gli strumenti del mojo, con risultati sorprendenti.  Sono stato, lo scorso anno, anche ospite della scuola di giornalismo della Lumsa, invitato a tenere una lezione mojo dal collega Andrea  Iannuzzi

    Il progetto è andato oltre.

    Ho incontrato tanta gente, ho fatto molti corsi ed eventi pubblici, ho partecipato alle più importanti manifestazioni internazionali sulla materia e sono stato attore co-protagonista di Mojo Italia, il primo evento italiano dedicato al mobile journalism. Nel frattempo ho continuato il lavoro per far approdare il mojo anche dentro una casa specificamente giornalistica. La prima Scuola di Giornalismo riconosciuta dall’Ordine che ha deciso di aprire le porte alla materia è stata proprio la Lumsa, per il suo master biennale. Il progetto, quindi, è andato oltre e domani approderà nell’aula del master romano. Grazie a Carlo Chianura, responsabile del master, a Gianluca Cicinelli e ad Andrea Iannuzzi, la Lumsa ha varato un corso di 12 ore per i suoi studenti del biennio 2018-2020, facendo entrare ufficialmente il mojo nel piano di studi e nell’offerta formativa che i giovani giornalisti avranno a disposizione. 

    L’opportunità di condividere l’esperienza con l’amico Piro

    Ls cosa più bella di questo corso storico, il primo in una scuola di giornalismo italiana, è che condividerò l’esperienza di insegnamento con il collega Nico Piro che sta portando avanti con me la costruzione della cultura mojo in Italia. Un amico, un collega, un interprete del mojo molto diverso da me. Questa coppia di docenti darà agli studenti una visione molto ampia della disciplina, arricchendo notevolmente la loro “valigia”. Insomma, sono felice di poter dire che il mojo è approdato alle scuole di giornalismo italiane,  ma posso confermare che le notizie di tal genere non sono finite. #Staytuned

  • Vidéo Mobile 2019: a Parigi il Mojo di domani

    Vidéo Mobile 2019: a Parigi il Mojo di domani

    Mobile journalism alla francese: sguardo sul futuro 

    La conferenza internazionale sul mobile journalism Vidéo Mobile 2019, terza edizione dell’evento sulla cultura della mobile content creation in lingua francese, offre sempre uno sguardo differente sulla materia. Già, perché alla manifestazione organizzata dal team di Philippe Couve e di Samsa.fr, agenzia internazionale di formazione Mojo che ha rivoluzionato il mercato francese, ci sono sempre occhiate non scontate su quello che di nuovo emerge nel mobile journalism e su nuove zone in cui il Mojo attecchisce e germoglia in forme davvero poco regolari sia per quanto riguarda il linguaggio visuale, sia per i business giornalistici. 

    Audio, Stories, ruolo del mojoer e tanto altro 

    La cosa magnifica di Vidéo Mobile è che apre al Mojo africano e fa scoprire coraggiosi esempi di mobile journalism “low cost” che stanno conquistando l’interesse internazionale. Il team di Couve, però, è abilissimo nel creare temi che facciano restare al centro l’esercizio giornalistico Mojo, ma lo portino in territori nuovi come le stories di Instagram o le piattaforme social di diffusione dei video, la posizione del giornalista Mojo in una sua storia (dentro o fuori?), ma anche la potenza dei microfoni wireless o delle ultime app di montaggio come Premiere Rush che ha stravolto il teatro dell’editimg in mobilità.

    Esserci è un must

    L’organizzazione de la Vidéo Mobile ha già fatto uscire la data che é quella del 7 febbraio 2019 e ti comunico che sono già fuori gli early bird. Già, sto parlando dei biglietti in prevendita per una giornata che regala un pieno di link verso un paese e delle realtà più prossime alla nostra rispetto a quelle del mondo anglosassone e del Mojofest di Galway.  A margine degli speech e dei panel una serie di workshop pratici che renderanno assolutamente formativa la giornata parigina. 

    (Photo credit Micallef/Vidéo mobile)

  • La Mobile Content Creation è realtà nel mondo della musica

    La Mobile Content Creation è realtà nel mondo della musica

     

    Mobile content creation e Sony Music Italia.

    Come sai mi piace parlare di mobile journalism e mobile content creation in un modo molto pratico. Per questo motivo qualche giorno fa mi sono immerso volontariamente, su invito dell’amico Andrea Corelli di Sony Music Italia, in un momento mojo che l’ufficio di comunicazione della sua casa discografica ha creato per il lancio del prossimo disco della cantante Jain. Naturalmente, per letture e logica, sapevo che il mondo della musica era già stato “contagiato” dal virus della mobile content creation (basta vedere qui per credere), ma è stata la prima volta che mi è capitato di vedere all’opera un media office di una majlor della musica creare un contenuto brand con le tecniche del mojo.

    Creatività al servizio del brand (e a vantaggio dei costi).

    Per una firma della musica mondiale come la Sony, la mobile content creation per gli uffici media è il pane quotidiano, ma non ha ancora assunto il ruolo di un linguaggio continuativo. Per eventi di lancio dei nuovi album, tuttavia, è un elemento che aiuta a creare contenuti per il brand che siano creativi, smarcati e utili per parlare al target, solitamente giovane, cui si rivolgono. Oltretutto questi contenuti, di estrema qualità, sono realizzati con vantaggio dei costi, considerazione che anche in ambienti così grandi si inizia a fare. Per questo motivo, un ufficio media come quello di Sony Italia si è preso la briga di inventare un video con i fan di Jain che svelasse la copertina e il titolo dell’ultimo lavoro della splendida esponente della World Music. 

    Le considerazioni del product manager.

    Ecco, infine, le parole del product manager Andrea Corelli sull’evento e sul livello di integrazione, ormai molto alto, tra le tecniche e il linguaggio mojo, per farla semplice, e il lavoro di comunicazione di una grande azienda come la Sony, nella sua espressione italiana. Ormai, nella musica, la mobile content creation dimostra di essere una vera e propria realtà.

  • Adornato: “Giornalisti e mojo, si può vivere senza editori”

    Adornato: “Giornalisti e mojo, si può vivere senza editori”

    Giornalisti e mojo: c’è una via per esistere anche senza editori.

    Ho avuto la fortuna di incontrare di persona l’amico ed eminente professore di Ithaca College Anthony Adornato. Il docente e scrittore (qui puoi trovare la sua straordinaria opera di cui ho già fatto una review) sta sviluppando una didattica di insegnamento della disciplina del giornalismo del tutto innovativa, prendendo come concetto principale l’idea di insegnare ai nuovi giornalisti a produrre contenuti e prodotti editoriali per il mondo delle news con i mezzi del mobile al fine di destinare il proprio lavoro a tutti i tipi di piattaforme. Il cuore dell’intervista? C’è un modo per essere giornalisti senza passare per forza dagli editori.

    Lo smartphone resta al centro.

    Nella lunga chat che puoi trovare qui sotto, Adornato ha affrontato alcuni temi centrali del nuovo modo di lavorare che devono avere i giornalisti di oggi. “Insegniamo ai nostri ragazzi come gestire una storia – ha raccontato Adornato – per tutte le piattaforme di destinazione possibili, perché ora è questo il nostro lavoro. I giornalisti devono saper dialogare con i lettori e creare fiducia e credibilità. Prima eravamo noi a stabilire quale è la news del giorno, ora il giornalismo è una conversazione e il giovane giornalista deve essere consapevole di questo. Naturalmente facciamo questo percorso didattico facendo rimanere al centro del lavoro dei giornalisti lo smartphone, strumento centrale del lavoro di giornalista ora”.

    Creare una comunità per vivere senza un editore.

    “Saper creare una comunità è anche saper creare fiducia. Questo è il primo passaggio – ha sottolineato Adornato – per essere riconosciuti quali giornalisti come fonte di informazione autorevole e diretta. Il tutto se si è capaci di creare una community che ci segue attorno a un determinato argomento. Noi imponiamo questo passaggio ai nostri studenti, vale a dire che creino la propria nicchia per essere seguiti e riconosciuti, per diventare un brand del campo specifico nel quale si devono specializzare. Questo serve per pubblicare senza aver bisogno di un editore, ma anche per essere adocchiati dagli editori che vogliono ‘prendere’ un determinato giornalista proprio per la community che ha e che lo segue”. Il resto? Goditi la chiacchierata.

  • Mobile Storytelling: il manuale di mobile journalism perfetto

    Mobile Storytelling: il manuale di mobile journalism perfetto

    Se scrivi un manuale di mobile journalism sei un pazzo.

    Se riesci a scrivere un manuale di mobile journalism che diventa una bibbia sei un eroe. E qui, in questa storia, di eroi ne abbiamo due. Guarda caso come ne avevamo due nella prima storia di un manuale di mobile journalism.

    Andiamo con ordine. I due eroi di cui sto parlando sono Wytse Wellinga, olandese, e Björn Staschen, tedesco. Si tratta di due tra i maggiori esperti del mobile journalism in circolazione, i quali si sono cimentati, lo scorso aprile, nell’impresa di far uscire un manuale di mobile journalism che si intitola “Mobile Storytelling:A journalist’s guide to smartphone galaxy“.  

    Io lo sto studiando, non senza difficoltà visto il carattere approfondito e preciso dell’opera, redatta in inglese, in questi giorni. Più vado avanti nelle pagine, più mi convinco che i due colleghi abbiano centrato un’impresa straordinaria. Sono, infatti, riusciti a salire al piano di sopra della manualistica universitaria rispetto ai due grandi che li hanno preceduti, vale a dire Ivo Burum e Stephen Quinn, autori di “The Mojo Handbook”

    Perché sono due pazzi.

    Bjorn e Wytse sono due pazzi perché fare un manuale di mobile journalism è una assurda corsa contro il tempo per cercare di fotografare una materia fluida e in velocissimo cambiamento. “Mentre lo stavamo scrivendo – mi ha raccontato Staschen – ci siamo accorti di quanto velocemente cambi questa materia. Incredibile. Quanti cambiamenti abbiamo dovuto notare e quindi mettere nel libro in poco tempo. Abbiamo faticato a stare dietro al mojo: difficile e bello”. Non contenti del fatto che sfidavano la sorte e la logica, cosa che peraltro sto facendo anche io da un’annetto, i due alfieri della cultura mojo hanno anche fatto… di peggio. Se lo sono pubblicati da soli via Amazon. “Beh, esperienza dura – ha detto Staschen – ma abbiamo avuto anche la possibilità di cambiarlo e di farlo evolvere in corso d’opera. E’ bello poter pensare che hai un libro che puoi aggiornare quando vuoi”. Ora, adesso, velocemente, con pochi costi: insomma mojo.

    Perché sono due eroi.

    Davvero non so cosa li abbia guidati, ma sono riusciti a spiegare tutta la materia in modo approfondito senza scivolare nel tecnico o senza perdersi troppo in particolari su app e software che cambiano dopo poco. Hanno scritto tutto, tutti i fondamentali, tutte le caratteristiche di tutte le app più importanti, di tutti i modi e i consigli per fare mobile storytelling senza esagerare.

    Senza incorrere nell’errore di essere troppo precisi e troppo tecnici, cosa che avrebbe di fatto messo in pericolo il loro libro. Il motivo? Sarebbe diventato vecchio in due mesi. Invece non lo è. Davvero prezioso, pieno di testimonianze dei grandi interpreti della mobile content creation. Se uno vuole studiare mobile journalism qui trova la mojo bibbia. “Volevamo diffondere la conoscenza del mobile journalism che molti colleghi ci hanno regalato – mi ha raccontato Wytse Wellinga – e aiutare chi legge a trovare il suo mojo. Speriamo possa essere un manuale di mobile journalism utile a chi vuole trovare la via per raccontare le sue storie. In modo unico”. Un libro meraviglioso.

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