Tag: mojo

  • Drone per imparare? Il DJI Tello, palestra per un nuovo lavoro

    Drone per imparare? Il DJI Tello, palestra per un nuovo lavoro

    Ho scoperto qual è il drone per imparare davvero: è il Dji Tello, non ha avversari.

    Il drone per imparare era ed è una mia fissa, dopo che ho iniziato questo percorso per diventare un #drojo (drone journalist) di cui forse hai letto (o vuoi leggere) la mia prima puntata.

    Il motivo per cui penso che sia utile, anzi necessario, avere un drone giocattolo con cui “farsi le ossa” è molto semplice. Mi sto avvicinando a questo mondo con gli occhi liberi da pregiudizi e da idee di casta o di combriccola che spesso valgono molto in contesti come questi. Penso che ci siano molte cose dette male, molte cose che non si conoscono, molte storture e molta negatività in un mondo che potrebbe essere una grande opportunità professionale e di passione perché vive con le immagini.

    Avrai letto, forse, che ho già fatto un minimo di chiarezza.

    Nel primo pezzetto che ho fatto sull’argomento, questo qui, ho già messo in fila alcune nozioni sul mondo dei droni che sconfessano luoghi comuni, sfatano miti e smontano leggende. Più sono andato avanti negli esercizi, però, è più mi è sembrato chiaro che avere una palestra in piccolo di quello che poi ti fa fare lo Spark, serviva e serve. Molto. Anche in questo mondo e in questo particolare linguaggio delle immagini, quello che conta e conterà nella mia divulgazione della materia non è la tecnologia, ma il modo con cui si racconta una storia. Nel mondo dei droni, però, la tecnologia, visto che parliamo di macchine volanti, conta e molto.

    Dopo tanti fallimenti ho trovato il divertimento vero.

    Ho presto tre tipi di drone diversi tra i 32 e i 59 euro, comprati tutti su Amazon. Ebbene, si sono rivelati tutti un fallimento, rotti al primo urto o “uccisi” dalla loro scarsa qualità. Ho provato a sparare più in alto e, con 109 euro (ma su Amazon si trova a qualche cosina meno, ho trovato la perfetta palestra per il mio percorso da neofita del drone. Sto parlando del Dji Tello, il nuovo arrivato “basic” di casa Dji. E’ un drone fatto in collaborazione con la Ryze Electronics che monta circuiti della Intel, ha una macchina fotografica da 5 megapixel in grado di fare tranquillamente video 1280×720.

    L’esperienza di volo, specialmente se fatta con il controller Gamesir T1d, è da urlo.

    Essendo molto fedele alle manovre, con il Dji Tello viene facile fare in piccolo tutti quei movimenti di camera che sono utili per fare delle buone riprese aeree. E’ resistente, piccolo, fermo in volo e leggero. E’ un vero spasso, ma per chi vuole fare il drone journalism una tappa obbligata per capire come si fa. L’ho provato, vissuto, smontato, rimontato. Ebbene: ho trovato la palestra perfetta per fare allenamento e quello che ci vuole per imparare a volare con suo fratello maggiore, lo Spark.

  • Microfono per Smartphone?  iRig Mic HD2, soluzione perfetta per le news

    Microfono per Smartphone? iRig Mic HD2, soluzione perfetta per le news

     Microfono per smartphone: l’offerta si fa sempre più ricca.

    La questione dell’audio, te l’ho sempre detto, è assolutamente centrale se vuoi fare mobile journalism seriamente.

    Dall’inizio di questo progetto fino a oggi mi è capitato di avere per le mani molte soluzioni microfoniche che hanno soddisfatto diversi tipi di necessità di un mobile journalist o di un mobile videomaker.

    Oggi ti parlo di iRig Mic HD2, evoluzione dei microfoni a filo della iK Multimedia, azienda italiana che sta facendo uno strepitoso lavoro negli hardware di acquisizione audio, soprattutto nell’ambito della musica.

    Ho incrociato la strada di questa azienda molte volte per più di un tipo di supporto per il mojo. Treppiedi, amplificatori microfoni lavallier (i mitici iRig Mic Lav di cui parlo spesso nei miei corsi). Ora arriva il microfono per smartphone perfetto se fai il cronista di strada e hai bisogno di registrare velocemente.

    Il controllo assoluto del suono

    Se segui questo sito lo sai: anche per questo microfono per smartphone, come per gli altri sponsored post, non mi va di fare l’unboxing. Per cui ti dico che nella scatola trovi il microfono, l’astuccio, il filo di connessione al PC (comunque a USB) e il filo con la presa lightning per adattare questo microfono per smartphone a tutti i telefoni del mondo iOS.

    Grazie a convertitori a 24 bit di alta qualità, sample rate fino a 96kHz, un preamplificatore con bassissimo rumore di fondo, una nuova capsula gold-sputtered a condensatore e un’uscita cuffie integrata per il monitoring, iRig Mic HD 2 offre qualità e versatilità senza rivali ad un prezzo imbattibile

    I suoi ampi ambiti di utilizzo.

    La iK multimedia ne descrive così le caratteristiche principali che fanno di questo microfono lo strumento ideale per le news, per le interviste, per veloci stand up in primo piano, per registrazioni audio, per podcast, per live via social, ma anche . Il suo preamplificatore (con segnalatore multicolore a led) e la sua uscita cuffie fanno poi in modo che, se lo usi, tu abbia completa consapevolezza di quello che sta accadendo al tuo audio mentre lo registri. Nota ulteriore: ha la phantom e quindi prende energia dal telefono stesso.

    Con una controindicazione: ho verificato che, nel momento in cui parte lo standby del telefono, l’energia di alimentazione del microfono viene meno. Se non fai attenzione, quindi, specialmente quando stai registrando cose lunghe (in audio) potresti perdere pezzi. Ho fatto video, interviste, interviste con gente lontana, Facebook live.

    L’unico difetto…

    La resa mi sembra di quelle da urlo per un microfono per smartphone che ha un solo vero difetto. Volete sapere quale? Non è per telefoni Android e per come è messo il mercato italiano dei telefoni mi sembra una cazzata. Cara iK Multimedia, ti prego fanne una versione che sia “comprensiva” di un cavo Android (micro usb? Usb C?).

    Sono comunque ammirato da questo microfono per smartphone: da quando ho iniziato a produrre materiale per le mie Italian Mojo Stories non sono mai più uscito senza. Vale la pena, anche se il prezzo non è dei più bassi.

  • CNMP2018: tutto pronto per il primo congresso in #totalmojo

    CNMP2018: tutto pronto per il primo congresso in #totalmojo

    Cnmp2018 al via

    Tutto pronto per la tre giorni del Secondo Congresso Nazionale di Medicina e Pseudoscienza che, dal 6 all’8 aprile 2018, vedrà 30 tra i migliori esponenti della medicina e della scienza italiana discutere di un tema fondamentale per la vita dell’uomo: l’alimentazione.

    Dal direttore dell’Istituto Mario Negri Silvio Garattini all’immunologo Roberto Burioni, da Piero Angela al direttore del Dipartimento di Scienze Umane del Consiglio Nazionale delle Ricerche Gilberto Corbellini, alcuni fra i più importanti scienziati, ricercatori e divulgatori scientifici del nostro paese cercheranno di fare chiarezza su un tema invaso da mode, da fake news, da tendenze e false notizie come quello del mondo alimentare. Nel mirino le diete miracolose, i cosmetici “per dimagrire” venduti come farmaci, il grande mondo dell’omeopatia, le mode dei “No glutine” o “No OGM”: insomma, dalla corretta ragione della scienza verranno spazzate via tutte le false verità su quanto portiamo alla bocca ogni giorno. I relatori della tre giorni (il primo, il 6 aprile,. valido per la formazione professionale ECM delle professioni mediche con il conferimento di 8 crediti) non risparmieranno colpi verso tutto quanto si è fatto strada nel mondo dell’informazione alimentare e non risponde alle regole della scienza.

    Il punto sui vaccini

    Tanti gli spunti, molti i personaggi. Il CNMP, giunto alla seconda edizione e organizzato interamente dalla casa editrice, farà anche il punto sull’argomento vaccini, un anno dopo aver affrontato l’argomento con la prima edizione del congresso. Tra i 30 relatori il meglio della divulgazione sull’immunizzazione corretta presente in Italia: oltre al già citato Roberto Burioni, saranno presenti anche Francesco Maria Galassi, giovane e brillante paleopatologo e autore di “Un mondo senza vaccini? La vera storia” (C1V Edizionj) e Pier Luigi Lopalco, autore di “Informati e Vaccinati” (Carocci Editore). Promette contenuto e fascino la conclusione, prevista per domenica 8 aprile 2018, nella quale si ricaveranno il ruolo dei saggi anche Paolo Attivissimo, giornalista informatico e cacciatore di bufale seguitissimo su Internet, e Piero Angela. Al padre del giornalismo scientifico italiano il compito di consegnare al pubblico tutta la sua saggezza nelle fasi finali dell’evento.

    Le informazioni di servizio.

    Tutte le informazioni sul congresso e sugli eventi collaterali le potete trovare sul sito www.cnmpconference.com. Tra le iniziative particolari anche una serata teatrale il 7 aprile dopo il congresso, serata nella quale l’attore Fabio Brescia porterà sul palco la piece “Sul Nascere” per la regia dell’inglese Mark Pattenden, dal testo scritto dalla scienziata Carolina Sellitto. Per quanto riguarda le iscrizioni al congresso, C1V Edizioni comunica che, da ora in poi, è possibile effettuarle in loco. La sede del congresso è il Mercure West di Roma in via Eroi di Cefalonia 301: sulla pagina www.cnmpconference.com/sede si possono trovare indicazioni sul modo per raggiungere la location. Fra i servizi anche una navetta a chiamata. Per i media interessati al congresso, si possono effettuare accrediti ancora online. Verranno accettati solo i giornalisti in possesso di tessera ODG, elenco pubblicisti o professionisti. Il link cui accedere per la registrazione è www.cnmpconference.com/press. Per ogni altra necessità potete contattare il nostro ufficio stampa al numero 3477146295.

    Il primo press office in total mobile.

    Da due mesi, ormai, ho preso il press office della casa editrice C1V Edizioni facendone un laboratorio della mobile content creation. Comunicati, note, testi sui siti, foto, video, contenuti multimediali sono stati fatti totalmente con device mobili e pubblicatii con gli stessi attrezzi e criteri sui siti del Gruppo C1V. Il risultato è stato un notevole interesse dei media e dei numeri “social” in verticale ascesa. Ora viene il bello, con un press office che si sposta al Congresso con uno studio per un live multicamera e con un flusso che produrrà in tempo reale contenuti video di qualità tale da poter essere pubblicati da tv e siti interessati. Per i miei studenti e per gli appassionati mojo, il congresso potrebbe quindi essere un’occasione per vederci all’opera e per carpirci qualche segreto. Sarò in compagnia del prof Fabio Ranfi… in arte Rufus.

  • Is Mobile Journalism dead? A letter to Nick Garnett

    Is Mobile Journalism dead? A letter to Nick Garnett

    [Ti faccio una premessa: mi dispiace, ma devo scrivere questo post in inglese, già, nel mio inglese pieno di errori, per poter rispondere adeguatamente a questo articolo di Nick Garnett, uno dei maestri mondiali del mojo, il quale ha parlato di morte del mobile journalism con una riflessione straordinariamente interessante che ti invito a leggere. Il mobile journalism, però, va trattato con un po’ più di rispetto prima dare la notizia delle esequie che, a mio avviso non sono lontanissime, ma non vanno certamente avvicinate con questi modi.  Mobile journalism is dead? No!

    Mobile journalism id dead? My answer to Nick (and, first of all, thanks for your post)

    Dear Nick,

    first of all my excuses for the bad english that you will see in these lines, but after I read your lines in the blog I’ve heard from my heart the need to answer you. For multiple reasons, but first off all because I am one of those guys that are developing the mobile journalism culture in Italian language and the project is about at the beginning. In my opinion you putted me in a little danger writing what you wrote and now I will explain the reason why.

    The community I met in Paris.

    Thursday 8th of february I was in Paris, invited to attend at La Video Mobile conference, to tell the story about the project of Italian Mojo association and my target to import this culture in Italy, in a hostile country. When I was there, at la Cité Universitaire, I looked the community and I found a different one comparing of that one that was in front of my eyes in Galway at Mojocon 2017. I saw new countries growing,

    I saw african colleagues, I saw the absence of my country, I saw, just to tell you, the non mojo world that tries to become mojo. Reading your words was dangerous in my prespective because I am a mojo guy in a non mojo world and before telling my alumni, my colleagues, my environement that mojo is dead, I have to spread the story that mojo is born.

    Italy is not a democratic country…

    In a country that has old-fashioned market of media, old and devastated market in the journalistic job, in a country that is not a democratic country because journalism is one of the worst paid categories in job market, I can’t have the luxury chance to tell that mojo is dead but I have to carry the mojo disruptive message in the best way that I can’t and then say: Ok, this is the mojo message, but If you can look just a little more you can find that journalism has changed“.

    The Bel Paese situation.

    In Italy there are two communities that are doing a super job in Rome and in Milan. They are trying to spread the message that mojo is something new, peculiar, useful, immediately operative, something that could change careers or help freelance to gain more money from their work because of the easy, technically perfect, peculiar way to product their contents. Can you imagine what will be your announcement to this brand new mojo people??? Listen, Nick I totally agree wth you, but this was not the right way.

    Before announcing the death please allow new mojo countries to come on the field. If not, a lot of people in Italy and other nations will say You see!! I thought it was a geek game, something not serious!. This is not: this is a game changer of my job and a state of mind. Is your sentence that I usually spread to my colleagues.

    Probably the debate is another

    In my modest opinion we have to clarify many things but starting from some others point of view. I try to pose some questions to you and the community, hope someone will answer:

    How can we help the media market to find out profitable business models based on mojo? I had the first answer from this post on medium by Michael Rosenblum.

    How can we clarify what is mojo and what is not mojo? I think, to be clear, that every stuff you make passing, even for one passage, in to a personal computer before publication, is not mojo. And you? What do you think?

    How can we avoid the confusion of putting an overload of technologies on our smartphones to clarify that this (and here I agree with you) is simply a new journalism?

    Nick, thanks: I hope you’ll understand my message.

    Nick I close my post saying that I am very sorry for my horrific English and I absolutely respect your job, the things you made for us and for mojo and our community and our new friendship. But I wrote you something that I hope you will find coming from heart and soul of Italian Mojo, the guy who is trying (with a crew of other pioneers) to give the mojo in Italy see the light. I don’t want that the baby becomes in a while a baby born dead.

  • Il montaggio lineare: linguaggio di vita e di mojo

    Il montaggio lineare: linguaggio di vita e di mojo

    [fusion_builder_container hundred_percent=”no” equal_height_columns=”no” menu_anchor=”” hide_on_mobile=”small-visibility,medium-visibility,large-visibility” class=”” id=”” background_color=”” background_image=”” background_position=”center center” background_repeat=”no-repeat” fade=”no” background_parallax=”none” parallax_speed=”0.3″ video_mp4=”” video_webm=”” video_ogv=”” video_url=”” video_aspect_ratio=”16:9″ video_loop=”yes” video_mute=”yes” overlay_color=”” video_preview_image=”” border_size=”” border_color=”” border_style=”solid” padding_top=”” padding_bottom=”” padding_left=”” padding_right=””][fusion_builder_row][fusion_builder_column type=”1_1″ layout=”1_1″ background_position=”left top” background_color=”” border_size=”” border_color=”” border_style=”solid” border_position=”all” spacing=”yes” background_image=”” background_repeat=”no-repeat” padding_top=”” padding_right=”” padding_bottom=”” padding_left=”” margin_top=”0px” margin_bottom=”0px” class=”” id=”” animation_type=”” animation_speed=”0.3″ animation_direction=”left” hide_on_mobile=”small-visibility,medium-visibility,large-visibility” center_content=”no” last=”no” min_height=”” hover_type=”none” link=””][fusion_text]

    Montaggio Lineare, questo sconosciuto.

    Dai, te lo confesso, di montaggio lineare ne so poco. Però ci sto mettendo mano e mi rendo conto che è un metodo che produce un linguaggio visuale, produce dei video, che sono come lo sguardo che i nostri occhi danno alla vita reale. Per questo motivo è molto mojo ed è molto importante avere padronanza di tutti i fondamentali del montaggio lineare e dei punti di vista che questo costringe a coltivare. Il montaggio lineare è la realtà raccontata con la stessa successione cronologica e non può sfuggire da questo senso di marcia temporale e dall’uso dei tagli e dell’audio direttamente conseguente a chiudere lo sviluppo nello spazio e nel tempo di un’azione.

    E’ il più importante linguaggio di editing per il mobile journalism.

    Certo, non è il linguaggio visuale che abbiamo imparato a conoscere nelle redazioni o in tv dove l’accompagnamento con le coperture di voci a supporto della storia ha fatto allontanare i video dal logico susseguirsi di fatti e di eventi. In questo senso si vede ben poco nei siti di informazione italiani o nelle tv che non sia NON lineare. Anzi, il montaggio lineare viene considerato come qualcosa di inferiore rispetto al montaggio asincrono, quasi di basico. Eh, c’è un problemino, però: il montaggio lineare è il montaggio con il quale ci scorre davanti la vita. Quindi?

    Roba da totalmojo.

    E’ con il montaggio lineare che crei storie che abbiano un ritmo parallelo alla vita che ci piomba nello smartphone. I video così sono i pezzi del nostro racconto, delle notizie, del nostro modo di essere storyteller che, poi, devono essere piazzati sul mercato. Il montaggio lineare e quel vedere e vivere anche la fase di produzione delle immagini come un flusso, magari alternato tra campi stretti e larghi, nel quale io, per raccontare una storia devo solo seguirla e fare due cose. Sapere quando schiacciare “Rec”, sapere quando schiacciare “Stop”. Il montaggio lineare, di conseguenza è l’apriscatole per aprire il vaso di pandora del proprio stile di montaggio. Se non ti confronti con quello non sei ancora dentro il mondo del mobile journalism fino al collo.

    Il montaggio lineare ti regala due possibilità.

    Il montaggio lineare ti regala sue possibilità. La prima è quella di prepararti e, come ho già scritto in questo post qui, la cosa è molto importante se sei un mojoer. La facilità della traccia, specialmente se a sviluppo cronologico, ti permette di sapere bene, quando sei sul campol, cosa devi riprendere e come. La seconda è che il montaggio lineare ti dona la possibilità di inciampare….

    Già sto parlando proprio di quello: imbattersi, scontrarti. Solo se stai seguendo un montaggio lineare e sei su una strada di Bristol, in Inghilterra, nella quale stai raccontando la storia di un quartiere che chiude una vita per far giocare i bambini una volta alla settimana, puoi accorgerti con facilità di questo, di quello di cui si è accorto il genio del mobile journalist Dougal Shaw. Preciso che lui non ha fatto un montaggio lineare, ma nel servizio precedente a quello che vedi, che ha provocato questo, la linearità della sua storia ha fatto in modo che potesse prendersi anche il tempo per ascoltare, col cuore e con le immagini, quest’altra.

    Sono praticamente certo (e mi baso su una trentina d’anni di lavoro scarsi) che un montaggio non lineare avrebbe tenuto occupata la testa di Dousgal in modo sufficiente a fargli ciccare questa storia. O forse avrebbe, di fatto complicato la sua possibilità.

    Lineare come la vita, impreciso come i nostri giorni.

    Ho cominciato (dovresti farlo anche tu) a pensare che il montaggio classico imparato e anche insegnato ai mojoer in questo primo anno vada completamente ripensato. Io devo ricominciare da zero a pensare al montaggio. Il nostro linguaggio video è quello del film, ma quello che vediamo non è un film, è la realtà. Quindi ragazzo, te lo dico: mi sono sbagliato…

    Nel cinema degli anni ’50 si faceva così.

    Dai, no, scherzi a parte, il montaggio asincrono e gli strumenti per farlo in mobile che ho insegnato in questo anno passato sono gli strumenti principali con cui lavorano i colleghi giornalisti e con cui rispondono alle esigenze dei loro clienti. Mi sono, però messo in discussione quando ho visto come sta cambiando il nostro modo di fruire certi contenuti, anche di base.

    Li vediamo dal cellulare e non abbiamo bisogno di essere presi per il culo da una replica in piccolo del linguaggio video da tg. Abbiamo bisogno di verità. Abbiamo bisogno di quella linearità che vediamo con gli occhi tutti i giorni e quella imprecisione che nei nostri giorni è la normalità. Con l’overload di comunicazione che riceviamo, infatti, la vita di sottopone a continui riadattamenti e a modificazioni dei programmi. Inciampi, imprevisti e sorprese che solo la cronologicità del racconto video con montaggio lineare può regalare. D’altronde, se ci pensi, anche con il cinema era così, quando si lavorava in pellicola. Monta così. d’ora in poi: lineare e impreciso. Nei prossimi post ti dirò qualcosa anche sugli strumenti.

    [/fusion_text][/fusion_builder_column][/fusion_builder_row][/fusion_builder_container]

  • Mobile journalism: scende in campo la Thomson Foundation

    Mobile journalism: scende in campo la Thomson Foundation

    Thomson Foundation e mojo: tutto il sapere è online.

    La Thomson Foundation, organizzazione inglese intitolata a Lord Roy Thomson, magnate anglocanadese dei media e storico padrone del The Times negli anni ’60, ha messo in campo una squadra imponente, in questi giorni, per monopolizzare l’attenzione dei giornalisti di tutto il mondo e convogliarla verso il mobile journalism. Il format? Quello dei corsi online, con una offerta che parla chiaramente di un pacchetto molto ricco, in grado di fornire preziosissimi strumenti per il futuro professionale.

    Il catalogo, che puoi trovare su questo link, è orientato al mojo, ma anche a tutti quegli ambiti che attengono direttamente alla produzione di contenuti in mobilità. Nei corsi della Thomson Foundation, infatti, si può trovare il guru del mojo internazionale Glen Mulcahy che sciorina la sua materia, ma parla anche di video a 360 gradi.  Oppure dei “teacher” come Chris Birkett, ex Telegraph e BBC, il quale introduce al giornalismo multipiattaforma.

    Un pacchetto di corsi da urlo.

    Le pagine della Thomson Foundation offrono davvero il meglio della preparazione mojo in questo momento. Mi attirano molto un paio di passaggi sul trust e sulla reputation, ma anche sull’engagement e sulle community da creare. Ricorderai, infatti, che da sempre penso che il giornalista debba coltivare con estrema attenzione il suo brand e la sua comunità di lettori: ebbene, questi corsi offrono il meglio per far crescere questi aspetti. Un altro dei punti centrali di questo programma didattico e quello di giornalismo multipiattaforma.

    Il motivo è semplice: la Thomson Foundation sa bene che i giornalisti ora si devono preparare a produrre contenuti da caricare su ogni tipo di pubblicazione. Per questo motivo “Journalism Across Multiple Platform” è uno degli snodi principali di questo pacchetto della Thomson: insegna come i lettori consumano le notizie sui vari siti social, per poi addentrarsi anche sulla produzione di contenuti adatti alle diverse tipologie di luoghi di pubblicazione.

    Si parla anche di Business.

    In questo bundle di corsi che si chiama TFJN, Thomson Foundation Journalism Now, si parla anche di affari sempre con Chris Birkett con il corso “The Business of Journalism: Creating a Brand & Building an Audience“. Capisci dal titolo che è un vero concentrato di indicazioni su come creare modelli di business vincenti per i mojoer e per i giornalisti di oggi. I quali devono essere brand, devono essere talmente riconoscibili nel loro campo dal divenire fonti dirette di informazione, senza l’intermediazione di un editore.

    Già che sono metto giù anche i prezzi: si va dai 350 dollari del corso tenuto da Glen Mulcahy sul mobile journalism fino ai corsi free. Aggiungo anche un paio di altre notizie che possono essere molto utili. Proprio direttamente dall’amico Glen è arrivato un codice sconto di lancio per i due corsi prodotti da lui che ha definito questa avventura come “molto impegnativa, ma importantissima, visto il valore che la Thomson sta dando al mojo”. Si tratta di “mojolaunch50Glen” che abbasserà al 50% le tariffe dei due percorsi firmati Mulcahy.

    La Thomson Foundation guarda oltre.

    C’è un altro modo interessante per regalarsi questi corsi da sogno: se uno riesce a completare efficacemente due dei tre corsi Free contrassegnati con la sigla JN01, JN02 o JN07, avrà libero accesso a un corso a pagamento a scelta. Insomma ragazzo, fatti un mazzo così e studia i corsi gratis. Poi fai quello di Mulcahy: ci siamo capiti?

    Buono studio con la Thomson Foundation, una istituzione che guarda molto lontano e vede molto bene.

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