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  • Master Iulm: inizio una collaborazione-docenza sul mojo

    Master Iulm: inizio una collaborazione-docenza sul mojo

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    Mobile content creation: un’arma in più per gli studenti del Master Iulm.

    Oggi è uno di quei giorni da ricordare. Una parte importante del mio progetto di diffusione della cultura della mobile content creation e del mobile journalism ha trovato sviluppo. In qualità di collaboratore, infatti, sono stato chiamato alla docenza-testimonianza in tre differenti master di specializzazione della IULM, la Libera Università di Lingue e Comunicazione, presso l’ateneo di Via Carlo Bo 1 a Milano.

    E’ un momento molto importante per lo sviluppo del progetto che ho creato. Semplice il motico: per la prima volta ho l’occasione di portare la mia esperienza nel mondo della formazione accademica. Spero di poter essere soltanto un’arma in più a disposizione degli studenti dei Master Iulm che studiano “Management e Comunicazione del Beauty e del Wellness”, “Food and Wine Communication” e “Marketing e Comunicazione dello Sport”.

    Perché è un passo importantissimo.

    Quando ho iniziato il mio percorso ho sempre avuto chiaro l’obiettivo. Ho chiaro anche il percorso che il mobile journalism e la mobile content creation dovevano fare per essere introdotti al maggior numero di colleghi e di persone in generale. Questo percorso passava e passa dalla formazione universitaria. Il contatto provocato dalla collaborazione con l’ateneo milanese, infatti, sarà determinante per dare la materia la collocazione che merita e per farle avere la dignità accademica che merita. Questo indipendentemente dal mondo del giornalismo dal quale provengo, mondo nel quale, strano, ma vero, il mojo incontra le sue più grandi resistenze, almeno in Italia.

    Il linguaggio mojo

    La collaborazione prevede delle giornate dedicate in modo verticale alla mobile content creation e al mobile journalism. Questi Master Iulm, quindi, avranno nelle loro “premesse”, all’inizio dell’esperienza dei corsisti, la giornata mojo.

    Il tutto per fare in modo che la mia esperienza venga poi “utilizzata” durante l’anno sotto la mia supervisione. Il linguaggio mojo, quindi, finirà nella cassetta degli attrezzi del loro lavoro. In attesa che il Master Iulm che frequentano li formi a una professionalità della comunicazione ad alto livello.

    I ringraziamenti doverosi

    Concludo ringraziando i Direttori Scientifici Mauro Ferraresi e Vincenzo Russo per l’occasione, il Coordinatore Didattico Errico Cecchetti per l’accoglienza, la Tutor Giorgia Clemenza (per l’aiuto) e il collega Alessandro Franceschini. Senza di lui tutto questo non sarebbe stato possibile. Sono onorato e il motivo è semplice: dare questa esperienza ai nuovi comunicatori è un primo passo molto importante per aprire la conoscenza di questa materia a tutti.

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  • Gigabit society, editori e giornalisti: il futuro è mojo

    Gigabit society, editori e giornalisti: il futuro è mojo

     


    Gigabit Society in arrivo.

    Con l’arrivo della connessione mobile di quinta generazione, il 5G di cui ho già parlato in questo pezzo, la società che conosciamo diventerà la Gigabit Society. Cambierà tutto, cambierà anche il mondo dei media. Se sei un editore e capiti qui, specialmente se hai una tv, siediti, mettiti comodo, che ti dico una cosa. Fai parte del sindacato? Mettiti ancora più comodo che dobbiamo parlare. Sei un giornalista? Diventa un mobile journalist che ti conviene. Questione di sopravvivenza.

    Quando ho visto questo documento, non ci credevo.

    Mojocon 2017, la Mobile Journalism World Conference cui ho preso parte dal 4 al 6 maggio, è iniziata con una keynote di Richard Swinford, Head of Telecommunications, Information, Media & Entertainment (TIME) Practice, UK, di Arthur D. Little, uno dei più grandi studi mondiali di consulenza. Al centro le caratteristiche della Gigabit Society, la società che vivremo tutti quando avremo a disposizione il 5G.

    Il suo discorso è partito dallo studio commissionato da Vodafone alla sua azienda per descrivere e disegnare in modo particolareggiato il nuovo tessuto sociale che la connessione superveloce in mobilità potrà regalare. Il motivo per cui si è aperta così la Mobile Journalism Conference è semplice: dentro questa nuova società i media avranno una configurazione completamente diversa, in tutti i loro aspetti. Produzione, distribuzione, fruizione, canali, ecosistema. Tutto irrimediabilmente diverso.

    Prenditi tempo per leggere.

    Non so se hai abbastanza tempo per leggere questo report di Richard Swinford,  Camille Demyttenaere ed Eric Stok. Se non ce l’hai trovalo. Sinceramente ti conviene. Cambieranno trasporti, conoscenza, medicina, agricoltura, industria, commercio, finanza, scuola. La Internet of Things diventerà cosa comune.

    Cambieranno i media, perché si vivrà in un ecosistema in grado di bypassare completamente il dinosauro rappresentato dal broadcasting televisivo classico, partendo da produzioni in mobilità e arrivando a fruitori in grado di vedere, tramite le loro device, contenuti in 4k o in realtà aumentata.

    Vai a pagina 19 del report per comprendere meglio quali saranno le potenzialità del 5G  nei media, di un 5G che avrà la velocità da 1 a 20 giga al secondo, che potrà far lavorare alla stessa velocità 1 milione di oggetti connessi in un 1km quadrato, che potrà essere fruita anche a 500 km orari in movimento, che avrà una latenza inferiore al millisecondo.

    Ecosistema senza editori?

    Si trasferiranno in un secondo video da un giga, in una manciata di secondi film visibili in 4k senza tempo di attesa. In questo nuovo mondo gli editori non potranno non ridiscutere il loro ruolo. Ci sarà un ecosistema che, dalla produzione al delivery potrebbe anche fare a meno di loro. Ne parla apertamente Glen Mulcahy, capo di Mojocon in questa intervista che ha rilasciato a me qualche giorno fa.

    Dal proprio telefonino, passando per le piattaforme come Youtube e Vimeo, già in grado di consegnare streaming in 4k, si arriverà ai fruitori dei video senza passaggio intermedio dalla tv. Almeno che questi attori dell’editoria non si siedano con i produttori di contenuti e con le piattaforme. C’è da ricodificare il mondo dell’informazione. La rivoluzione è impossibile da fermare, bisogna salirci sopra e cercare di guidarla in modo inclusivo, mettendosi tutti in discussione e dandosi nuovi traguardi. Insieme.

    Messaggio a Ordine e Sindacato.

    Se sei dell’Ordine o se sei del sindacato, della FNSI, scaricati questo report e pensaci su. Tutto deve cambiare, a partire dalla parola stessa, giornalista, vecchia come il cucù. Lo dice Michael Rosemblum, il padre del videogiornalismo mondiale: il giornalismo è morto, perché si è suicidato. Se non si attrezza per la società a 5G non risorge…

    Per questo gli attori del giornalismo italiano, Ordine e Sindacato, devono accorgersi della situazione e mettere gli editori di fronte a un fatto. Devono ridiscutere tutta la realtà dell’industria giornalistica nazionale. Non c’è possibilità alternativa. Se non quella di diventare un paese assolutamente periferico e decadente rispetto alla rivoluzione mondiale del mondo dei media. D’altronde se CNN e Al Jazeera, tanto per dirne due, hanno iniziato a salire su questo toro imbizzarrito del cambiamento, un motivo ci deve essere. Ecco, aspetto la Rai, Mediaset, La7, il Corriere, la Repubblica. Vi prego, prendete il mojo per le corna. Altrimenti vi disarcionerà.

     

  • Mobile Journalism: la parola chiave è il mindset

    Mobile Journalism: la parola chiave è il mindset

    Mobile Journalism: la chiave è il settaggio della mente.

    Per comprendere fino in fondo le potenzialità del mobile journalism c’è una parola chiave da mandare a memoria: si tratta del mindset. Abbiamo visto che le fasi della produzione di un contenuto mojo hanno regole precise e precise dinamiche. C’è un filo rosso che le accomuna tutte ed è il settaggio mentale nel quale il giornalista si deve mettere per avere il massimo da quello che fa. Quando si costruisce la borsa degli attrezzi hai visto che gli acquisti vanno mirati a seconda delle proprie esigenze. Quando sei sul campo, invece, ci sono precise tecniche per le inquadrature, precise indicazioni per il montaggio, precise direttive per lo storage e il delivery. Il linguaggio e la grammatica visiva sono diversi, così come sono diverse perfino le tecniche per trovare una storia, per tirar fuori dall’enorme flusso di notizie che ci massacra ogni giorno un diamante da vendere.

    Il pensiero laterale, sempre.

    Anche nei modi in cui si scovano le storie bisogna cambiare mindset. Osservare i lati del fiume di news è utile, così come lo è l’esercizio che ho fatto oggi pomeriggio andando a Tempo di Libri, la fiera dell’Editoria italiana in scena a Rho fino a domenica. In fiere ed eventi grandi come quelli la marea di storie laterali si trova negli stand più piccoli o nelle sale più sperdute, là dove è possibile fare gli incontri più interessanti che poi nascondono la possibilità di arrivare a immagini molto interessanti.  Investire su quegli eventi è sempre un’ottima idea per la quantità di spunti che questi possono dare in una volta sola. Si incontra, si chiede un appuntamento per fare un’intervista, raccontare la storia. Poi si scheda il contatto, ci si scrive un paio di note sulla possibile “sceneggiatura” da sviluppare e si va al successivo “incrocio”, alla successiva suggestione.

    La mente deve stare aperta.

    Il mojo deve rimanere attento e aperto e deve studiare, tutti i giorni. Le tecniche, l’hardware, i prodotti, le tendenze, la grammatica visuale. Tutto quello che attiene alla cultura mojo deve essere oggetto di una continua evoluzione, e di un’apertura mentale costante per vedere cosa sta succedendo attorno a te.

  • Un mojo al Festival Internazionale di Giornalismo di Perugia

    Un mojo al Festival Internazionale di Giornalismo di Perugia

    Italian Mojo a Perugia.

    Per la prima volta vado a dare un’occhiata al Festival Internazionale di Giornalismo a Perugia, con l’obiettivo di infilarmi in ogni sala dove si parli di mobile journalism o di argomenti attinenti. La kermesse umbra che racconta il meglio del giornalismo di oggi e di domani con l’occhio italiano è già iniziata con un programma fittissimo, che puoi trovare su questo sito.

    Il mio programma, quindi, è selezionato, nelle giornate in cui potrò essere presente (da venerdì pomeriggio a domenica primo pomeriggio), verso quegli eventi che regalano prospettive innovative per la professione, soprattutto per quanto riguarda nuovi linguaggi, nuovi modi di proporsi e nuove qualità che devono cominciare a diventare bagaglio dei giornalisti di domani, soprattutto dei giornalisti “mobile”. Ecco quello che ho deciso di seguire.

    Il programma di venerdì 7 aprile.

    Best practice for reporters using live video #ijf17 —> Hotel Brufani, sala Priori, Perugia, ore 14.

    Quali sono le buone pratiche per reporter sul campo che usano i video live? Quali aspetti dovrebbero considerare i news outlet nel gestire i video live? In questo workshop, imparerete le buone pratiche etiche per essere reporter dal vivo. Qual è il vostro pensiero riguardo le questioni legate alla privacy, il consenso e i permessi? Come vi relazionate con gli abusi nei vostri thread di commenti? I facilitatori discuteranno inoltre di come si stanno sviluppando le politiche di redazione riguardanti l’utilizzo nella loro offerta dei video live di testimoni oculari, fornendo consigli pratici basati su esempi recenti. Organizzato in collaborazione con First Draft News.

    Spero di potercela fare, ma non ne sono sicuro, visto il fatto che viaggerò dalla mattina proveniente da Milano, grazie alla straordinaria collaborazione del collega e amico Fabio Benati.

    Visual storytelling on Facebook  #ijf17—> Hotel Brufani, sala Raffaello, Perugia, ore 15.

    Fino a poco tempo fa, trasmettere in diretta significava utilizzare satelliti o dotarsi di grossi automezzi. Oggi, i giornalisti trasmettono regolarmente in tempo reale per discutere le notizie col proprio pubblico. È passato poco più di un anno dalla creazione di Facebook Live e le redazioni di tutto il mondo lo utilizzano per permettere alle persone di partecipare direttamente allo storytelling.

    Intanto, la crescita dei video a 360°, utilizzati anche durante le trasmissioni live, ha offerto una dimensione supplementare al giornalismo, proponendo nuove sfide. Nick Wrenn, responsabile News Partnership di Facebook nell’area Europa, Medio Oriente e Africa, condividerà alcune best practice e casi studio per l’utilizzo di Facebook video, Live e 360 nella tua redazione. Il workshop includerà una sessione di domande e risposte con Mark Frankel, responsabile Social Media di BBC News, tra i pionieri di Facebook Live e 360 video. Organizzato e sponsorizzato da Facebook.

    Role of digital companies in evolution of news publishing. With Richard Gingras #ijf17 —> Sala dei Notari, Perugia, ore 16.30.

    Richard Gingras, vice presidente News Google, sarà affiancato da Davide Casati del Corriere della Sera in una conversazione sul ruolo delle aziende digitali nel processo evolutivo della pubblicazione delle news. Responsabile dei prodotti News e Social, Gingras illustrerà la Digital News Initiative di Google, lo stato dell’arte del progetto open-source AMP (Accelerated Mobile Pages) e le tendenze del settore, inclusi gli sforzi compiuti da Google per far emergere e mettere in luce, nelle News and Search, il contenuto verificato grazie al fact-checking.

    Immersive journalism: YouTube and VR/360 #ijf17 —> Sala delle Colonne, Palazzo Graziani, Perugia, ore 18.

    Apertura di un canale YouTube, personalizzazione, fidelizzazione dei propri utenti, creazione e organizzazione dei contenuti. Uso degli strumenti di editing direttamente su YouTube, creazione e utilizzo dei sottotitoli in diverse lingue, condivisione dei contenuti creati e pubblicati. Gestione dello streaming YouTube per intervistare, costruire eventi online, fare dirette durante un evento. Uso di diversi strumenti per la creazione e gestione di immagini e video a 360 gradi. Sperimentazione sul canale YouTube360. Uso dei cardboard e visualizzazione di VR/360 su mobile. Esempi e casi studio di progetti giornalistici incentrati sulla VR/360. Organizzato e sponsorizzato da Google.

    Il programma di sabato 8 aprile

    If journalism unites with self-publishing: the long life of news #ijf17—> Sala delle Colonne, Palazzo Graziani, Perugia, ore 11.

    Nella prima parte del panel, scrittori e giornalisti come Claire Prentice (The Washington Post e The Guardian) e Stephan Talty (New York Times Magazine, GQ, Playboy, the Irish Times) analizzeranno gli strumenti innovativi messi a disposizione della stampa insieme a Giulia Poli, Head of Kindle Content Amazon Italy. Nella seconda parte, a partire dalle 12.00, Beniamino Pagliaro, giornalista de La Stampa, introdurrà il tema della trasformazione digitale, commentandolo con gli studenti vincitori della Scholarship e con Giovanni Grezzi di AFP. Organizzato e sponsorizzato da Amazon.

    The rise of live journalism #ijf17—> Sala delle Colonne, Palazzo Graziani, Perugia, ore 14

    Le organizzazioni di giornalismo hanno svolto molti esperimenti volti a rafforzare l’impegno, la competenza e i profitti, organizzando dibattiti, aprendo luoghi di interesse culturale, gestendo caffetterie e sponsorizzando hackathon. C’è un numero in aumento di persone che sperimentano il live journalism in vari contesti – storytelling nei teatri, passeggiate collettive fotografiche, interviste pubbliche o factcheckathon in tempo reale, per esempio. È un esperimento molto diffuso negli Stati Uniti che sta prendendo piede anche in altri luoghi. Media alternativi e indipendenti hanno sperimentato il live journalism in modi incredibilmente creativi per eventi come, ad esempio, le Olimpiadi. Che cosa potrebbero offrire al giornalismo eventi di questo tipo? Questo panel mette insieme esperimenti di live journalism e imprese operanti in Danimarca, Francia e Paesi Bassi, per condividere nuove lezioni e suggerimenti su giornalismo, fiducia e engagement.

    360° videos and VR: immersive journalism is here to stay? #ijf17—> Sala del Dottorato, Perugia, ore 15.15.

    Da qualche anno realtà virtuale, realtà aumentata e video a 360° rappresentano una delle frontiere di sperimentazione per il giornalismo. Il 2016 è stato l’anno nel quale molti editori e redazioni nel mondo hanno deciso di investire risorse in progetti di narrazione visuale immersiva. Piattaforme come youtube e soprattutto Facebook consentono di raggiungere una audience globale, la tecnologia per la produzione e la fruizione di questi contenuti si sta diffondendo a costi sempre più competitivi: i tempi sono maturi per capire se oltre al cosiddetto “effetto wow” c’è un futuro giornalistico ed editoriale. Ne parlano alcuni esperti già da tempo impegnati a sperimentare e studiare questi formati.

    Engagement strategies for Facebook #ijf17—> Hotel Brufani, Sala Raffaello, ore 17.

    Con quale frequenza si dovrebbe pubblicare su Facebook? Quali strumenti possono essere utlizzati per la gestione quotidiana di una pagina? In questo workshop, risponderemo a queste e ad altre domande, offrendo una visione generale per crescere in maniera adeguata e coinvolgere il pubblico su Facebook. Ci concentreremo su best practice, nuovi strumenti di pubblicazione come Rights Manager, Branded Content, e Crossposted video, suggerendo consigli pratici e spunti per gestire al meglio la tua pagina, creare il contatto con il pubblico, e confezionare contenuti accattivanti. Il workshop sarà condotto da Francesca Sacasa, Manager Partner Services di Facebook nell’area Europa, Medio Oriente e Africa.

    Il programma di domenica 9 aprile

    Scoop #ijf17—>Hotel Brufani, Sala Raffaello, Perugia, ore 10.

    Talvolta la narrativa è un mezzo necessario per condurre il pubblico nella complessità del presente, cercando con lo sguardo prospettive sganciate dall’agenda mediatica. È il caso di Scoop (Feltrinelli, 2017), l’ultimo romanzo di Enrico Franceschini, corrispondente da Londra de La Repubblica. Attraverso il personaggio di Andrea Muratori, cronista alle prime armi catapultato per errore nel Centro America, in mezzo a una guerra civile, Franceschini ci porta al cuore di un mestiere, l’inviato di guerra, e di come lo scontro con la realtà metta alla dura prova sogni, aspettative e ideali.

    Social media journalism and DCM #ijf17—> Hotel Brufani, sala Perugino, Perugia, ore 11

    Social media journalism e DCM, dal giornalismo al digital content management. Due nuovi manuali per giornalisti e comunicatori ma anche un doppio workshop con i loro autori per scoprire come lavorare in un contesto dove l’informazione è fluida, multiforme e scorre velocemente. Organizzato in collaborazione con ONA Italia.

    Running a newspaper or being a journalist: the importance of a business plan #ijf17 —> Hotel Brufani, sala Perugino, Perugia, ore 14

    Con la crisi dei media tradizionali e del loro modello di sviluppo si rafforza l’invito a “mettersi in proprio”, sia come freelance sia come imprenditori di se stessi. Già, ma ai giornalisti nessuno insegna che per farlo la cosa più importante è sapere fare un business plan. Ecco, parliamone.

    Alcune precisazioni e la copertura.

    Le parti che vedi scritte in corsivo sono le sinossi degli eventi tratte dal sito ufficiale dell’International Journalism Festival. Non ho cambiato le parole, perché intendevo darti la spiegazione più fedele possibile del tipo di evento che ho scelto. La copertura avrà una base live da parte mia sui social, vale a dire sul mio canale Twitter personale, sulla pagina Facebook delle attività professionali e su Periscope. Tutti i contenuti prodotti, arricchiti da appunti e impressioni, verranno poi inseriti, con calma, in una serie di pezzi di taglio #mojo su questo blog. Con calma e analisi.

    Ultima nota: il gruppo Italian Mojo di Facebook, nuova comunità di mobile journalist italiani, avrà alcuni membri presenti al Festival, se ti iscrivi al gruppo e vuoi conoscerci, ci vediamo da quelle parti.

  • Mobile Journalism: tutti i segreti della borsa di un mojo (più uno)

    Mobile Journalism: tutti i segreti della borsa di un mojo (più uno)

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    Mobile journalism: a ognuno il suo kit.

    Fare il mobile journalism è poco una questione di kit e tanto una questione di testa. Per questo motivo penso che dare indicazioni sull’hardware da portarsi dietro quando si va a filmare sia importante, ma sia ancora più importante focalizzarsi su un paio di concetti che non hanno proprio a che fare con gli strumenti con cui si lavora, ma con il modo con il quale si lavora.

    Per questo la cosa più importante della borsa del mojo è che sia… leggera. Deve contenere il poco che basta a fare le immagini (perfette) che vi servono e a raccogliere un audio di qualità. Il resto è fuffa. Sembra quasi assurdo quello che ti sto scrivendo, perché il video giornalismo classico fa rima con una miriade di accessori che rendono pesante il proprio zaino. Però è così: meno porti, meglio fai il mojo.

    Perché magro è bello (l’altro segreto).

    Pur essendo un convinto assertore della buona tavola, come dimostrano spesso le tre cifre che compaiono ogni volta che salgo sulla bilancia, penso che la tua borsa debba mettersi a dieta. Il motivo lo capirai quando sarai sul campo e, con le tecniche di ripresa e di acquisizione immagini del mobile journalism, avrai effetti immediati e positivi sulla qualità di quello che riprendi e sul tempo nel quale riprendi. Libero da pesi e da timori di perdere i pezzi dell’attrezzatura, ti ritroverai ad avere margine operativo più importante, con la filosofia del mobile journalism, per raccontare liberamente, con inquadrature spiazzanti e linguaggio inedito, il soggetto che stai riprendendo, la storia che stai costruendo.

    The italian way.

    Abbiamo un gap di conoscenza terrificante, noi italiani, per quanto riguarda il mobile journalism. Abbiamo, tuttavia, anche un vantaggio schiacciante che potrebbe portarci alla pari con il resto del mondo in poco tempo in questi periodi di rivoluzione mojo. Quale? La creatività. Se vai in giro leggero, lo capirai. Viene da sola.

     

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  • Mobile Journalism: cenni storici sulla materia fluida

    Mobile Journalism: cenni storici sulla materia fluida

    Mobile Journalism: una rivoluzione che parte dagli uomini

    Lo so che vorresti che parlassi di app e di truccaglie per fare il mobile journalism: te lo prometto, lo farò quanto prima. Non voglio, tuttavia, rinunciare troppo presto all’approccio culturale di questa materia. Dopo aver provato a dare una definizione e a definire un elemento molto importante per il lavoro del mojo, il pubblico, desidero far due chiacchiere sulla storia di questa filosofia professionale che sta cambiando le professioni visive. E’ una storia quasi (o forse senza quasi) ventennale, ma è diventata realtà soltanto dal 2007, 2008. Parla di uomini, di teste, di cuori e di persone che hanno voluto cambiare il corso degli eventi con quello che avevano in tasca: il telefonino.

    In principio era lo Smart Journalism

    Mobile Journalism: the father of mojo, Michael Rosenblum
    Michael Rosenblum (www.rosenblumtv.com)

    Se il mojo ha un padre, il padre è Michael Rosenblum. Newyorkese doc, Rosemblum ha lavorato per trent’anni nel campo del videogiornalismo con l’obiettivo di ridurne la pesantezza e di renderlo smarcato, veloce, leggero. A guardare il suo CV internazionale vengono i brividi, visto che è uno che ha completamente reinventato il modo di fare videogiornalismo negli Stati Uniti, non in Italia, dove sarebbe stato un filino più facile. Già 20 anni fa ha fracassato modi e metodi con cui nella grande mela si usava fare news in tv quando la New York Times company gli ha dato il compito di fare NYTV.

    La sua filosofia? Eccola ben riassunta in un pezzo del New York Times, dal quale, nel tempo si è staccato per lavorare con colossi che si chiamano CBS o BBC (di cui ha fatto la transizione totale verso il VJ), ma anche per fondare la Rosenblum TV, Current TV (assieme ad Al Gore). Insomma, nel tempo Rosenblum ha puntato tutto sul dimagrimento delle strutture della TV e dei suoi costi, quasi se la sentisse che quel carrozzone che è un grande broadcast, fatto nello stesso pesante modo in ogni angolo del mondo, era pronto a scoppiare. Con questa filosofia è diventato il padre mondiale del Video Giornalismo e dei Video Giornalisti, ma è letteralmente esploso quando tra le sue mani è passato un iPhone 4. Con il gadget più venduto del mondo ha costruito un impero che è partito da Rosenblum TV ed è arrivato a VJ. E’ anche il tipetto che ha guidato la transizione verso il mojo e il video journalism della mitica Voice of America, agenzia di news governativa degli Stati Uniti, attiva dalla seconda guerra mondiale.

    Un giorno dissero a Glen: “Go to NY”. E fu mojo…

    Mobile journalism: il re è Glen Mulcahy
    The King of Mojo: Glen Mulcahy (www.twitter.com)

    Siamo più o meno nel 2002 e Glen Mulcahy, un giornalista di RTE, viene chiamato dal capo che brandisce dei biglietti aerei per NY. “Vai a New York e studia il VJ di Rosenblum”, gli disse il boss. Lui si imbarca e ne ritorna con un pacco di informazioni tale che a RTE decidono di cominciare a trasformare tutti in Video Giornalisti. Lui, però, trainer di vocazione oltre che cronistaccio, fa di più. Mentre supervisionava il lavoro di altri cronisti, comincia a girare un pezzo con un iPhone e lo manda in emissione senza dire niente. Piglia un collega e gli chiede di fare lo stesso. Nessuno in regia a Dublino nota la differenza e, quando si presenta davanti al capo redattore per dirgli la verità, la reazione è quella di una bomba. “Quel pezzo e quel pezzo l’ho fatto con l’iPhone”, disse candido. Fu il Quarantotto, visto che la cosa pigliava in mezzo molte categorie diverse tra le professionalità presenti nella rete di stato irlandese.

    Da quel momento in poi Mulcahy (che nemmeno so esattamente come si pronuncia, ma presto lo chiederò al diretto interessato) si mette al lavoro per risolvere le questioni interne e avviare la rivoluzione, rivoluzione che esporta come trainer in giro per il mondo, perfino verso la ricettivissima Al Jaazera che ora conta una cinquantina di cronisti mojo nella sua redazione, tutti allenati da Glen. Nel 2015 l’idea di creare MojoCon, la Mobile Journalism World Conference che, grazie al lavoro di Glen e del suo staff, è diventata il punto di riferimento mondiale del mobile journalism e che si avvia, come ho spiegato in questo pezzo del blog, all’edizione numero tre. Un lavoro durato 5 anni che vide la luce nel 2015 con il primo evento all’Aviva Stadium di Dublino, sotto l’egida della RTE che ne è la padrona di casa. Se vuoi vedere di più clicca qui.

    Nel frattempo giù sotto…

    Uno dei padri del mobile journalism: Ivo Burum
    Ivo Burum (credit www.smartmojo.com)

    Intanto down under si forma Ivo Burum, croato di Ragusa trapiantato a Melbourne. Con la sua Burum Media, Ivo è stato il pioniere di una delle correnti principali del mojo, quella che parte dagli User Generated Content per fare storie, format e documentari. Una carriera folgorante la sua, dedicata, soprattutto alla didattica. Il professiore della Deakin University di Burwood, nello stato di Victoria, ha, infatti, messo su carta il più importante manuale di mobile journalism a livello mondiale o perlomeno il più diffuso, assieme al collega Stephen Quinn, ora professore alla  Kristiania University College in Norvegia. Particolare la specializzazione di Quinn, nella quale ha potuto prendere a piene mani il vantaggio di essere un mojo: è un giornalista specializzato in.. vino, un ambasciatore della cultura enologica nel mondo, con seguitissime rubriche perfino su China Daily. Quinn è un prolifico divulgatore anche del mojo, come si può evincere dalla sua bio che puoi trovare qui. Su questa asse tra i due è nato questo: MOJO, The Mobile Journalism Handbook: How to Make Broadcast Videos with an iPhone or iPad.

    In Asia c’è Yusuf Omar dell’Hindustan Times.

    Mobile journalism: Yusuf Omar
    Yusuf Omar (credit www.yusufomar.com)

    La storia del mobile journalism, quindi è recente ed è fatta di persone che, come disse Glen Mulcahy aprendo Mojocon nel 2015, “hanno voluto abbattere i confini” e creare un nuovo linguaggio giornalistico internazionale. Uno di quelli che ha spaccato tutto è Yusuf Omar, mobile editor dell’Hindustan Times. Pluripiemiato e pazzo scatenato, talmente matto da fare il suo primo reportage mojo andando a piedi da Durban a Damasco, Yusuf sta realizzando l’impresa di organizzare la più grande redazione mojo della terra. Si tratta di quella dell’Hindustan Times, dotata di 750 mojo che vanno in giro per la città a raccontare storie e a trovare notizie con la tecnica del Facebook Live, con i video a 360 gradi, con Snapchat e altre diavolerie del genere.

    Oggi Yusuf Omar è un apprezzato speaker di questa disciplina, chiamato in tutto il mondo a tenere lezioni. Vive a Dehli, ma è nato a Londra e ha studiato in Sudafrica, facendo anche l’inviato di guerra e firmando diverse inchieste al limite o oltre il limite dei confini possibili. E’ uno che col solo smartphone addosso ha coperto live le proteste verso Zuma, i funerali di Mandela, la guerra in Siria, l’emergenza Ebola. Ha un’azienda che puoi trovare a questo sito. Non ci crederai, ma è un millennial, nato nel febbraio del 1989. Qui in Italia, i millennial come lui fanno la muffa non pagati in qualche redazione. Questa, tuttavia, è un’altra storia.

    Ora ci sono paesi come il Marocco, la Tunisia, il Bostwana e tante altre economie in crescita che stanno investendo sul mojo. E in Italia? Buona parte della storia è ancora da scrivere.

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