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  • Mojofest Day 3: l’eredità di un grande evento

    Mojofest Day 3: l’eredità di un grande evento

    Ci ho messo un po’ a scrivere dell’ultimo giorno di Mojofest. Ora ti spiego perché.

    Il motivo è semplicissimo: Mojofest è morta l’8 giugno 2019 e l’annuncio del decesso è stato dato il 11 giugno 2019 con questo annuncio sul sito e sui social della manifestazione.

    Un momento piuttosto importante

    Non ti nego, quindi, che lasciare l’evento in mezzo a un discreto cumulo di emozioni e con una certa sofferenza, è stato molto faticoso. Ho anche fatto una chiacchierata molto emozionante con Glen Mulcahy della quale non scriverò una parola. Dirò solo una metafora. Glen mi è sembrato come un padre che ha insegnato a tutti a camminare, poi si è seduto e ha detto: “Ho visto e vissuto troppo (in tutti i sensi, nda). Ora andate, fate voi, cavatevela da soli. Andate, camminate…”. La mobile content creation è a un momento di svolta che bisogna saper interpretare molto bene, perché altrimenti si rischia la morte. Ecco cosa può succedere in termini molto pratici.

    Le premesse: la tecnica cambia velocemente.

    La tecnica sta arrivando a un punto in cui la produzione mondiale di creatività è tutta sul ponte di passaggio tra situazioni statiche e situazioni mobile. I media lo hanno capito, il cinema lo ha capito, le aziende lo hanno capito. La mobile content creation non fa più rima soltanto con lo smartphone per quanto riguarda la produzione dei contenuti o la fruizione. La mobile content creation fa rima con smartphone e con tutti gli hardware che, con lui, possono migliorare e potenziare il linguaggio del video in sincronia fisica, wifi o via bluetooth. Ho saputo che la testa edizione degli Spectacles sarà dirompente e darà il via al wearable journalism come non lo abbiamo mai visto o intrepretato finora. I droni migliorano, i gimbal sono diventati robot. Insomma tutto sta cambiando ed è anche in arrivo il 5G. In questo panorama la mobile content creation può avere solo un ruolo in crescita. Non lo dico io, lo dice Claude Lelouch che è uno un filo più intelligente di me, quando parla di una cultura che gli ha liberato la testa come mai prima d’ora. Poi c’è Adobe Rush che promette sfracelli, te lo dico.

    Scenario numero uno: tutto si frammenta.

    Da questo momento in poi potrebbero vincere gli interessi personali e potrebbe infrangersi contro le incongruenze di questo momento economico anche la stessa community dei mojoer, non solo l’evento. Tutti noi, me compreso, abbiamo i nostri affari i quali crescono con difficoltà. Potrebbe essere perfino comprensibile che prevalga l’interesse micro, invece dell’interesse macro. Dobbiamo essere consapevoli però che se nessuno penserà a far crescere seriamente una comunità di persone, sia nei propri contesti, sia a livello internazionale, consapevoli della cultura della mobile content creatrion, le resistenze al cambiamento vinceranno e anche la mojo community, dopo Mojofest, chiuderà i battenti. Senza un filo rosso che unisce tutti, ma con una serie di piccoli satelliti che girano attorno all’argomento, corriamo il pericolo di essere considerati come una strana ed evanescente avanguardia.

    Scenario numero due: tutto cambia.

    L’eredità di Mojofest 2019, la quale è stata la migliore edizione di tutte per l’innovatività dei linguaggi, dei contenuti, degli scenari, è un’eredità che va conservata con molta attenzione e conservata in modo comunitario. Il gruppo Facebook dove i mojoer si scambiano informazioni su questa cultura deve diventare il centro di una nuova versione della mobile content creation e trasformarsi in un gruppo sull’innovazione nel mondo dei media, dei suoi linguaggi, dei suoi prodotti, dei suoi hardware, dei suoi software e, soprattutto, dei suoi modelli di business. Per questo motivo sono andato in giro tre giorni alla Mojofest ripetendo ossessivamente questa domanda.

    “How the hell do we make money out of this”

    Come diavolo ci facciamo i soldi

    Se vogliamo raccogliere davvero l’eredità di Mojofest dobbiamo creare un movimento che parli ed elabori in modo autentico modelli di business che possono creare profitto e ricchezza. Forse è questo il punto, ma va detta una cosa importante. Molto probabilmente uno dei motivi per cui si è interrotta la parabola di Mojofest è che non siamo riusciti a far prevalere la Teoria dei Giochi di John Nash rispetto ai nostri interessi individuali. Per questo motivo, invece di dire grazie a Glen Mulcahy per quello che ha fatto per noi, forse dovremmo dire, “scusa Glen per quello che non abbiamo saputo fare noi”. E prepararci a dare un nuovo futuro alla più grande community di media innovator del mondo.

  • Mojofest Day 1: il potere dello storytelling

    Mojofest Day 1: il potere dello storytelling

    La storia di For Sama

    La filmaker siriana Waad Al-Kateab ha realizzato un documentario impressionante che è stato il keynote di apertura di MojoFest il 6 giugno 2019. Un film choccante, sconvolgente, a tratti stomachevole, che ha regalato a tutti il grande messaggio che produrre in mojo e avere una mentalità mojo consegna a tutti una possibilità in più, quella di inventare uno stile nuovo, di fare entrare la vita, la morte, il sangue le urla, il pianto e la speranza dentro un video con l’impressione che sia vita. Così com’è.
    Questo neorealismo è dentro For Sama. Un film che tutti dovrebbero vedere per capire cos’è la guerra e cos’è il potentissimo linguaggio mojo. Niente a che vedere con smartphone o hardware. Tutto a che vedere con la vita.

    Il messaggio è chiaro: le storie non moriranno.

    Le storie non moriranno mai. Ne avremo sempre bisogno, siano esse della potenza di quella raccontata dalla giovane siriana, la quale ha documentato lo strazio di Aleppo sotto le bombe per scrivere una lettera di perdono alla figlia, Sama appunto, oppure siano della specie più semplice. Alla conferenza più importante del mondo in quanto a presente e futuro dei media, il grido è arrivato forte: cambiate gli strumenti, ma non abbiate paura, le storie resteranno un bisogno primario dell’uomo. Il primo giorno è andato via sulle ali di argomenti e provocazioni legate alla fotografia e alla creatività cinematografica che ormai ha visto ben 12 film realizzati con gli smartphone. Nel pomeriggio numerosi workshop hanno rivelato segreti e spigolature della smartphone photography. Nella mia giornata resta il filo conduttore dello storytelling che resta una certezza in un mondo che cambia. Ne ho parlato anche con il pluripremiato e talentuosissimo Mike Castellucci, fuoriclasse della narrativa video con lo smartphone. Anche da lui l’idea è arrivata chiara: se hai la storia ci puoi vivere, i soldi arrivano.

    Devi stare attento, però: i luoghi delle storie stanno cambiando e a questo ti devi adattare. Anche i linguaggi, anche la tecnica, anche la grammatica. Ti racconto un paio di piccoli particolari: oggi ho visto For Sama, soltanto il trailer. Ebbene, ho sentito ancora chi diceva che le immagini non erano di qualità. Cioè, questa riprendeva con un telefono in mezzo alle bombe e c’è anche chi si lamenta. Seconda cosa: guarda che il tuo lavoro può e deve essere diffuso, offerto, formattato, per chiunque abbia bisogno di una storia. Inventa prodotti, cambia schemi, cambia posti, proponiti per contenuti su social, sul web, su ogni mezzo. L’unico ostacolo è dentro la testa delle persone: combatti, cambiala, ammalia, convinci. Poi la storia buona che hai per le mani ti pagherà le bollette. Restare sui tuoi schemi ti farà solo morire più lentamente.