Tag: Ordine dei Giornalisti

  • Giornalisti: il cambiamento vola, a noi pilotarlo

    Giornalisti: il cambiamento vola, a noi pilotarlo

    La professione del giornalista sta cambiando in modo violentissimo e decisivo.

    E io non voglio stare a guardare, ma mettermi al volante di questa rivoluzione.

    La trasformazione del mondo del giornalismo e i nuovi strumenti a disposizione della categoria: saranno i temi dell’incontro organizzato a Livorno, in occasione dei 60 anni di Odg Toscana, cui sono stato invitato per un intervento sul futuro di questo mestiere e sulle armi per interpretarlo a dovere e con piena espressione e soddisfazione. Anche in tempi rivoluzionari come quelli che stiamo attraversando con l’arrivo nel nostro lavoro e nelle nostre vite dell’intelligenza artificiale.

    Un convegno interessante

    60 anni dell’Ordine dei giornalisti. L’evoluzione del giornalismo e i nuovi strumenti della professione” questo il titolo dell’appuntamento, valido per la formazione professionale, che si terrà il 20 aprile 2023  nella Sala Consiliare C. Ciampi della Provincia di Livorno, in Piazza del Municipio 4, a Livorno, a partire dalle ore 10.00. Un modo. per me per guardare in faccia tanti colleghi giornalisti, per capire come si sentono, come stanno e da che parte guardano per trovare il loro futuro.

    Ti trascrivo in questo articolo gli appunti, il canovaccio, il percorso del mio intervento, confidando che possa aprire a te e a tanti altri giornalisti scenari di un domani sostenibile e praticabile.

    Il mio speech

    Partirò da questi presupposti. 

    Sono stufo della narrativa sul giornalismo italiano e sui giornalisti italiani. Sono arcistufo di sentire un racconto di questa professione che è imperniato, immerso, permeato, incastrato nella parola crisi. Crisi del settore, crisi dei giornali crisi della professione, crisi dei media, crisi dei lettori, crisi degli spettatori, crisi degli ascoltatori. Sono stufo di vedere questa profonda mancanza di percezione del futuro che annebbia talmente tanto le menti di tutti i protagonisti del nostro mondo lavorativo. Sono stufo perché è vero che la crisi esiste, ma è stata moltiplicata nei suoi devastanti effetti dal totale disarmo con il quale la nostra categoria ha vissuto la rivoluzione tecnologica in atto negli ultimi anni. Ci siamo fatti travolgere da ogni sorta di social media coso si presentasse sull’uscio della porta di qualsiasi editore e ci siamo fatti… sostituire.

    Basta.

    Dico basta perché non c’è mai stata un’epoca così sfidante, complicata e affascinante per fare i giornalisti e non ci sono mai state tante possibilità di fare questo mestiere alla grande, con piena espressione e con soddisfazione economica. 

    Basta problemi, ecco le sfide

    Il problema (che poi non è un problema perché è un affascinante sfida) è che noi giornalisti ci siamo suicidati reagendo al cambiamento necessario della nostra professione con terrore e paura, in modo difensivo, conservativo, disperato e disperante. Abbiamo fatto catenaccio cercando di restare seduti su quel seggiolino da corridoio, quell’apparenza di professione, che ci ha lasciato il treno in corsa dei cambiamenti tecnologici. 

    Il problema è che anche quella malferma sedia si sta sradicando dalla parete e la mano che la sradica si chiama Intelligenza Artificiale, altro argomento che mi fa letteralmente uscire dai gangheri per come viene trattato e usato nel nostro mondo lavorativo.

    Il problema è che veniamo da una crisi di senso e di identità che ha completamente devastato percezione, accesso, vita, sviluppo e persino pensioni dei giornalisti. Una crisi tale da non farci più vedere le opportunità che abbiamo. 

    Perché fare il giornalista oggi è difficilissimo e bellissimo. E’ più difficile e più bello rispetto a qualsiasi epoca del passato 

    Viviamo in un’epoca in cui la tecnologia ha complicato il mestiere, ma anche in un’epoca nella quale la tecnologia può anche permetterci di fare qualsiasi cosa. Possiamo interpretare la nostra professione in una varietà di modi completamente innovativa e creare nuovi modelli, nuove produzioni, nuove committenze, nuovi mercati con la potenzialità enorme di riuscire a disintermediare il ruolo dell’editore e di raggiiungere (potenzialmente) un pubblico sterminato. Possiamo creare una tv senza avere una telecamera, una radio senza avere un ripetitore, possiamo vendere un prodotto editoriale giornalistico senza dover avere un medium che lo compri. Possiamo, ma il problema è un altro: vogliamo? 

    Cambiare la prospettiva dei giornalisti

    Si, vogliamo. Adesso la smetto con il linguaggio al negativo e comincio a dire: sì, vogliamo. Vogliamo abbracciare il cambiamento e giocare in contropiede dopo aver fatto catenaccio per anni. Dobbiamo cambiare prospettiva…

    e sapere che…

    Della nostra legge professionale resta ben poco. E’ da riscrivere in modo completo, totale definitivo, strutturale, ma… 

    Il valore di un solo articolo può reggere il futuro

    Resta immutato il valore di un articolo, il numero 2. Con tutto quello che comporta. Leggiamolo, fa sempre molto bene: 

    E’ diritto insopprimibile dei giornalisti la libertà d’informazione e di critica, limitata dall’osservanza delle norme di legge dettate a tutela della personalità altrui ed è loro obbligo inderogabile il rispetto della verità sostanziale dei fatti / osservati sempre i doveri imposti dalla lealtà e dalla buona fede. Devono essere rettificate le notizie che risultino inesatte, e riparati gli eventuali errori. Giornalisti e editori sono tenuti a rispettare il segreto professionale sulla fonte delle notizie, quando ciò sia richiesto dal carattere fiduciario di esse, e a promuovere lo spirito di collaborazione tra colleghi, la cooperazione fra giornalisti e editori, e la fiducia tra la stampa e i lettori

    Nel 2022 il Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti mi ha chiesto di creare due corsi. Uno di questi era sulla nuova professionalità del giornalista. Ho chiesto ai responsabili se potevo partire da una nuova definizione di giornalista e loro mi hanno dato assenso. Ecco quello che ho scritto: 

    In un ecosistema dei media in costante cambiamento

    “Il giornalista oggi è un produttore di contenuti multimediali per l’informazione o per la formazione. Esercita il suo ruolo con la professionalità specifica della costruzione del contenuto, ma anche con le sue competenze di mediazione sociale, sorrette dai valori e dai principi richiamati dall’articolo 2 della Legge sull’Ordinamento della professione giornalistica (l.1963/69). Gestisce attraverso questi valori la costante conversazione che il sistema dei media e della comunicazione impongono grazie alla compresenza di molti canali digitali di interazione con il pubblico. Interpreta la sua professione per qualunque cliente richieda la sua professionalità con l’obbligo intrinseco di creare un un patto di trasparenza e fiducia nei confronti del pubblico verso il quale il committente vuole dirigere i contenuti creati dal professionista del giornalismo”

    L’articolo due c’azzecca ancora, avrebbe detto l’Antonio Di Pietro dei tempi di Mani Pulite. 

    Il resto di questa legge, tuttavia, è travolto dal tempo. Dobbiamo saperlo, come dobbiamo sapere che il futuro del giornalista si gioca nella distanza tra l’uomo e l’intelligenza artificiale.ù

    I giornalisti e l’intelligenza artificiale

    L’intelligenza artificiale è una rivoluzione degna di quella di Gutenberg, ma va capita. Il garante bene ha fatto a bloccarla (anche se si può raggiungere facilmente dal mio telefonino) per mettere tutti in guardia sugli aspetti controversi di gestione dei dati personali da parte di questi nuovi algoritmi generativi.  

    Tuttavia il nostro lavoro sarà anzi, viene già in questo momento rivoluzionato dall’AI. L’intelligenza artificiale entra nel mio percorso professionale ogni giorno. Ogni giorno, tanto per dirne una. L’intelligenza artificiale travolgerà definitivamente modelli, flussi di lavoro, cambiera i media, cambierà il pubblico. Cambierà i giornalisti, ma a patto che noi si riesca a rimanere questa volta al centro della rivoluzione tecnologics

    Il giornalista arretrerà molto presto rispetto alle fasi produttive di un contenuto, si allontanerà dalla tastiera e da quella macchina da righe o video a cottimo che sono i media di oggi. Molte cose saranno eseguite dagli algoritmi generativi di cui oggi stiamo vedendo i bagliori e stiamo capendo i problemi. 

    Questo non vuol dire un giornalista che sarà meno giornalista. Già, perché diventerà meno produttore del contenuto e più progettista del contenuto. Dovrà sapere quando usare o non usare l’intelligenza artificiale. 

    E quando l’AI sarà al lavoro per suo conto lui potrà fare molte cose che da tempo non fa più: verificare le fonti dell’AI stessa, incrociare i dati, leggere i dati, mettere insieme i benedetti puntini, progettare il contenuto in tutte le sue parti e nel suo sviluppo. 

    Pensare all’esperienza di uso che passando da un testo a un video, da un audio a una foto dovrà fare il lettore. Insomma, l’AI se capita guidata governata può farci tornare al centro del nostro lavoro che è proprio quello dell’articolo 2 della legge professionale. 

    Cambiare linguaggi, guidare gli strumenti

    Cambieremo linguaggi perché saremo giornalisti scrivendo prompt non scrivendo frasi. Modificheremo i media perché ci avviamo ai media responsivi che riconosceranno ogni lettore e gli daranno le informazioni che gli servono. Cambieremo dimensione perché presto progetteremo e realizzeremo contenuti immersivi per il metaverso che è ancora li che aspetta che ci avviciniamo. Lavoreremo creando contenuti in un team che prevedrà anche tanti tecnici, ma non potrà fare a meno dei giornalisti. 

    Dobbiamo infine sapere Che il giornalista per essere libero deve saper rispettare i suoi valori, ma anche stare sul mercato. Essere capace di capire le evoluzioni della tecnologia e degli strumenti, gestirsi come un imprenditore (e magari anche un editore) di se stesso e cambiare modelli, produzioni, piattaforme e committenti (è una favola che abbiano bisogno di giornalisti solo i media, c’è un mondo là fuori da questa bolla che è ampiamente scoppiata)

    Che il giornalista deve saper dire di no, prima di dire di si. 

    Che il giornalista deve avere a che fare con il futuro dell’informazione e possederlo prima che arrivi.

    Una promessa e un abbraccio all’art.2

    Dobbiamo continuare a parlare di intelligenza artificiale e vi faccio una promessa. Il prossimo che usa l’intelligenza artificiale come minaccia e parla solo degli inquietanti lati negativi avrà il mirino delle mie parole puntato addosso. Il prossimo che trovo sulla mia strada intento a definire l’Intelligenza Artificiale come una trovata tecnologica in grdo di sostituire i giornalisti sarà mio nemico. Lo giuro. Ecco perché chi parla in un certo modo di AI mi fa uscire di senno: non è una falce per licenziare un altro po’ di giornalisti, è il nostro miglior alleato. Cerchiamo di ficcarcelo in testa e di conoscerlo, usarlo, gestirne l’entrata ragionevole e utile nella nostra realtà lavorativa, prima che qualcuno decida davvero di usarlo per eliminare definitivamente i giornalisti dalla faccia della terra.

    E’ un grande periodo di sfide, dobbiamo abbracciarle e vincere tenendoci stretto quel benedetto articolo due.

  • Ordine dei Giornalisti e formazione: un sasso nello stagno

    Ordine dei Giornalisti e formazione: un sasso nello stagno

    L’Ordine dei giornalisti è un’istituzione in cui credo.

    La professione giornalistica in Italia non è mai stata così vituperata e sbrindellata da una crisi profondissima e da un attacco su più fronti che la sta rendendo inutile, ma non ho intenzione di fare l’ennesimo ragionamento su questo stato dell’arte. Ho intenzione di raccontarti una storia, una magia. Ho deciso di passare queste ultime ore del 2021 a scriverti di quello che sta succedendo, ormai da giorni, nella mia posta elettronica e di un sasso che ho gettato nello stagno (perché di acqua ferma si trattava) del mondo della formazione per i giornalisti. Lo faccio perché credo nell’Ordine dei Giornalisti e ho avuto la prova che questa mia fede è ben ripagata. E forse l’hai avuta anche tu.

    Due video-corsi che si chiamano futuro

    Ho vissuto una splendida esperienza nel mondo della formazione e dell’Ordine dei Giornalisti. Te la racconto. Il Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti mi ha chiesto di realizzare i contenuti per due corsi che si chiamano, più o meno, “Fondamenti e strumenti del giornalismo in mobilità” e “Concetti e strumenti per una nuova professionalità del giornalista”. Due materie mie, ma non ti voglio raccontare di me. Ti voglio dire che questi corsi sono nati dalla volontà dell’Ordine e dalle persone lungimiranti che lo compongono, a partire dal Presidente Carlo Bartoli e dal consigliere Andrea Ferro che mi ha chiesto di realizzarli e mi ha seguito in ogni passo, lasciandomi assoluta libertà didattica e di testi, anche nei passaggi che potevano essere dirompenti o pericolosi.

    Ho fatto “all-in”

    Nel lavoro per realizzarli ho fatto “all-in”, come al tavolo da poker quando senti che la mano è giusta. Tuttavia va notato che ho potuto fare quello che ho fatto solo grazie al lavoro e alla stima che i consiglieri mi hanno dato. Ho tirato il sasso nello stagno della formazione perché la volontà di cambiamento del Consiglio ha fatto in modo che io lo potessi fare. Poi ci sono altre donne e altri uomini che mi hanno aiutato a creare i presupposti di questo lavoro, a partire dai colleghi di Nuova Informazione che mi hanno insegnato cose determinanti per fare in modo che potessi fare quello che ho fatto

    Ho lavorato su quei corsi nel mese di marzo, sono andati in linea nel mese di giugno, sulla piattaforma Formazione Giornalisti. E lì è successo l’incredibile.

    Una marea di colleghi

    Lentamente, ma in modo costante, la mia mail è stata invasa da messaggi di ringraziamento, da storie bellissime di colleghi fantastici, da umanità preziose che hanno rialzato la testa guardando davanti. Da lì il sasso nello stagno gettato dallo stesso Ordine dei Giornalisti nell’acqua ferma della formazione professionale ha iniziato a fare cerchi concentrici che sono arrivati lontanissimo. Dalla Sicilia a Bologna, da Udine a Torino, da Bergamo a Lecce. Gli iscritti a quei due corsi? Una marea di colleghi. Non sto a dirti i numeri, che peraltro conosco. Te ne dico solo uno: quei due corsi sono stati fatti da, più o meno, il 20-25% dei giornalisti italiani attivi. Un’enormità della quale sono onorato. I messaggi verso di me? A star bassi, oltre 200. Te ne faccio leggere uno di un collega che non ho il bene di conoscere.

    Ho cercato di rispondere a tutti, spero di esserci riuscito, tra telefonate, mail whatsapp, messenger. Quello che desidero farti sapere, caro collega, cara collega, è che ho letto tutti i messaggi e li ho tenuti con me. Sono il senso di quello che ho fatto, di quello che abbiamo fatto.

    Ordine dei giornalisti, ora ascoltali

    Dopo quel messaggio che hai appena letto, qui sopra, ho iniziato a pensare una cosa: non posso fermarmi qui. Sono arrivato qui grazie a Carlo Bartoli, Andrea Ferro, a tutti i consiglieri, al Presidente dell’Ordine toscano Marchini che mi fa fare corsi mensilmente (a proposito, sto preparando cose nuove), al consigliere regionale toscano Andrea Giannattasio, alla preziosa Sara Cenni, ai colleghi tutor dei miei corsi e a tutti quelli che mi hanno seguito. Se una nuova formazione c’è è per merito di tutti loro, io sono solo uno strumento.

    L’effetto boomerang

    Tuttavia, caro Ordine dei giornalisti, ora ti devi impegnare ad ascoltare le migliaia di iscritti a quei corsi e i messaggi ricevuti dal sottoscritto. Creerò un dossier in merito, lo porteremo in giro, lo trasformeremo in un sistema. Insomma, io farò il mio, ma tu, caro Odg, devi continuare a fare quello che hai fatto. Devi continuare a dire e a dirci che un’altra professione è possibile e che un’altra formazione è possibile. Altrimenti avrai un terribile effetto boomerang. Quale? Beh, è presto detto. Tutti i messaggi, ma proprio tutti, hanno avuto questo tenore: “Ah, la formazione dell’Ordine era noiosa, inutile e pedante, ma poi sono arrivati questi corsi…”. Già, poi sono arrivate tutte le persone che hanno voluto cambiare la formazione dell’Ordine. E io con loro. Se non continui il cambiamento avrai migliaia di delusi in cambio.

    Allora chiudo questo 2022 con la constatazione di aver fatto la cosa più bella della mia carriera, quella che da un senso a tutto. Ma anche con l’idea che mai come in queste ore, il bello deve ancora venire, perché tante persone hanno voluto che fosse così.

    Non io, tante persone. Auguri a tutti, grazie a tutti e, soprattutto, grazie a loro.

    In fondo, ma non per minore importanza, grazie alla splendida Maria Letizia Mele senza la quale questi corsi non sarebbero mai nati.

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  • Diario di un candidato: vale più un assist o un gol?

    Diario di un candidato: vale più un assist o un gol?

    Il diario di un candidato della mia esperienza per le elezioni all’Ordine dei Giornalisti finisce oggi.

    Sono alla fine di un giorno strano. Emozionante. Ci vuole un sigaro e una metafora calcistica. Sono seduto su un campo da calcio, dentro uno stadio vuoto. La partita è finita. Abbiamo vinto. Guardo i compagni e penso che sono bellissimi. Guardo i miei piedi. Il respiro rallenta, gli occhi ripassano tutte le azioni.

    Una posizione difficile

    Ho giocato nella posizione che mi piace di più. Ho esplorato traiettorie, disegnato cambiamenti, stando sempre dietro i compagni. Il mio compito? Quello di mandare in gol. Avanzando verso zone del campo inesplorate, arretrando a difendere le posizioni e l’equilibrio. Stupendo avversari e, a volte anche i compagni. Incitando, tirando su da terra chi cadeva, facendo correre, correndo, fermandomi quando era il caso.

    Abbiamo vinto e guardo i miei compagni, mentre gli occhi si muovono veloci per ripassare quel passaggio, per ricordare quel ribaltamento di fronte. Per rivivere questa scarica di emozioni. E’ stata una gran partita e dal mio piede son partiti 12 assist. Cinque per il primo match, sette per il secondo. In gol ci è andata quella splendida ciurma che ho davanti.

    Fuori di poco

    A un certo punto ho tirato anche io. Un tracciante. Corpo perfettamente in asse, collo pieno. Ho accompagnato quella palla in rete per attimi infiniti. Ho invocato gli dei di Eupalla che scendessero a portarla fino alla rete.

    E’ andara fuori. Di poco. Anzi di pochissimo.

    Di sei centimetri.

    Proprio subito dopo il mio tiro l’arbitro ha fischiato la fine. Quattordici assist, nessun gol. Ho sentito le spalle incurvarsi, il corpo arrendersi. La vita del play è anche e soprattutto questa. Mandare in gol è bellissimo, anche se i gol non li fai tu. Bellissimo e pesante.

    E’ cambiato il vento

    Mi sono avviato da solo negli spogliatoi, camminando a passo lento e guardandomi i piedi. Capaci di dipingere nuovi scenari, condannati a essere diversi. Essere quello che cambia il vento è una cosa che costa. Spesso non fa comprendere chi sei e come giochi. I tuoi passaggi si ritrovano a essere frutti illogici della fantasia e dei sogni. Spaventano. Sono imprevedibili.

    La partita è finita, il vento è cambiato. Gli avversari non si capacitano, i compagni festeggiano. I miei piedi riposano. Fornire assist è la cosa più bella che ti possa capitare nella vita. Il gol è la foce del fiume di un’azione, ma l’assist è la sorgente. E’ il punto dove nasce qualcosa di nuovo.

    La perfezione di un attimo

    Le elezioni per il rinnovo delle cariche dell’Ordine dei Giornalisti della Lombardia sono finite e la mia squadra ha portato 5 elementi al consiglio regionale, conquistando la maggioranza e sette consiglieri al nazionale. Vederli andare in gol è stato bellissimo, anche perché gli avversari da battere erano quelli che per anni hanno tentato di ridurre il giornalismo in poltiglia. Sono andati a casa, con le pive nel sacco.

    Il senso di un risultato

    Io mi sono goduto la perfezione di un attimo. Anzi, la perfezione di tanti attimi. Quelli in cui nasceva un’idea che si trasformava in gol. La mia partita per cambiare le sorti di questo campionato è appena iniziata e io non mi voglio tirare indietro. Voglio continuare a essere il cambiamento del giornalismo, il fornitore di assist illogici, lo stratega dell’evoluzione di questa professione.

    Quello che desideravo fare l’ho fatto. Mi è mancato il gol. Però che magnifica partita. Per ora tolgo gli scarpini e ringrazio tutte le 369 persone che mi hanno votato alle elezioni del Consiglio Regionale dell’Ordine dei Giornalisti. E dico solo una cosa: ho 369 motivi per tornare presto a disegnare cambi di fronte, in campo. Al mio posto. Immediatamente dietro quelli che vanno in gol. Ecco: questo è il senso di un risultato. Non certo quei 6 voti di distanza tra me e il primo eletto.

  • Diario di un candidato: e adesso si gioca

    Diario di un candidato: e adesso si gioca

    Ordine dei Giornalisti: si va al ballottaggio.

    Mi sono candidato alle elezioni per l’Ordine dei Giornalisti della Lombardia e oggi, il 26 ottobre 2021, è arrivato il primo risultato. Con la squadra di Rinnoviamo l’Ordine abbiamo portato 17 candidati su 20 al ballottaggio nelle varie tipologie di elezione. Io ho il settimo posto in quanto a preferenze con 199 voti. Ma questo, per la mia piccola esperienza di candidato, non conta niente.

    Devo ricominciare da zero

    Come candidato devo ripartire da zero e ricostruire il dialogo che ho creato con chi ha deciso di votarmi e, soprattutto, con chi non lo ha ancora fatto. Vivo questa esperienza con l’idea di guardare, come al solito, dalla parte del sole. Allora ti spiego cosa voglio fare qui. Adesso voglio cominciare a giocare la partita che conta raccontandoti punto per punto i miei impegni.

    Potrei anche guardarti in faccia e dirti che le storture che vedo non valgono la pena dello sforzo. Nemmeno dello sforzo di 15 minuti per rivotare il 3 e il 4 novembre. Poi magari sei anche uno che giornalista non è e che potrebbe non volerne sapere di tutto questo. Però c’è una professione da rifondare, però c’è un cambiamento ancora possibile. Però io devo ricominciare da zero, ma devi farlo anche tu. Probabilmente.

    Il diario di un candidato

    Vivrò giorni incasinati, belli, brutti. Te li racconto qui. A cominciare da questo. Come candidato vedo bene, dentro gli ingranaggi di questo momento dell’Ordine dei Giornalisti. Vedo bene tutte le cose che non vanno. Se sei un giornalista forse le sai, se non le sai te le risparmio. Come candidato ti parlo di quello che voglio essere, del lavoro che voglio fare, dell’esperienza che posso portare avanti. Mi permetto due piccole note, magari apparentemente slegate tra loro.

    La prima. Quello che ha detto il primo voto è che la più votata nell’elezione nella quale sono candidato anche io è Ester Castano. E’ brava, ha 30 anni. E’ un messaggio. C’è chi ha votato per lei perché è brava e ha 30 anni. C’è chi ha votato per lei solo perché è nuova. Non so se in quei 249 voti ci sia un messaggio, ma so che c’è il messaggio che voglio vedere. Di questi giornalisti, vecchi, travolti, sbudellati dalla crisi e recalcitranti a qualsiasi cambiamento, forse, ne abbiamo abbastanza. Il voto a Ester lo ha detto.

    La seconda. Ho fatto ormai quasi 10 corsi di formazione ai giornalisti online con l’Ordine dei Giornalisti della Toscana. Le mie materie, la mia conoscenza, le mie esperienze, hanno avuto un seguito notevole. Dopo pochi corsi avevo anche il fan club, colleghi che mi seguivano in ogni piega delle mie competenze messe al loro servizio.

    Non perché sono chissà chi, ma perché vivo, sono, sperimento, studio e divulgo la nuova professione del giornalista.

    Un messaggio per te

    Ripartiamo. Riparto, ma devi venire anche tu. In questi giorni ci sentiamo, parliamoci. Dimmi cosa possiamo fare insieme e, tra una giornata e l’altra da candidato, ti ascolterò. Però vieni a votare. Se non sei un giornalista fai votare qualcuno che lo è. Perché il giornalismo sta morendo, ma forse non è l’inizio della fine. E’ semplicemente il passaggio per un nuovo inizio. E basta.

  • Ordine dei Giornalisti: pensieri di un candidato

    Ordine dei Giornalisti: pensieri di un candidato

    Si avvicinano le elezioni dell’Ordine dei Giornalisti.

    Sono giorni che ci lavoro tirando via fette alle mie notti di un settembre complicato e di un ottobre che quando guardo l’agenda perdo quel che mi resta dei capelli. Eppure ci sto dando dentro e sto curando la comunicazione digitale un po’ per tutti i componenti della squadra di cui faccio parte per le imminenti elezioni dell’Ordine dei Giornalisti. Si chiama Rinnoviamo l’Ordine e se clicchi qui trovi il suo blog.

    Adesso, però, mi sa che ti parlo di me. E di quello che sta dietro questa esperienza. Se vuoi sapere i punti sui quali mi impegnerò (ammesso che tu sia un giornalista e che ti interessi), eccoti servito. Però ho voglia di parlarti di altro in questo luogo un po’ più personale. Ho voglia di raccontarti i pensieri che mi passano per la testa in queste ore in cui il mal di schiena mi massacra da quante ore sto seduto per lavorare.

    L’ho fatto per me. Si, ma sai perché?

    Te lo spiego. Vorrei davvero che lo sapessi se sei un collega che vuole andarmi a votare. L’ho fatto perché io questo cazzo di lavoro lo adoro ancora adesso, anche se versa in una crisi di sistema, di soldi, di identità e di valori senza precedenti. L’Ordine, sinceramente, lo odio. Dall’Ordine ho ricevuto solo pedaggi, false promesse e un mare di demagogia. Quando nel 2016 ho subito una pesante crisi professionale e personale, l’Ordine era l’ultima cosa che mi veniva in mente nelle mie giornate. Poi ho vissuto la più straordinaria delle stagioni del cambiamento e sono diventato esattamente quello che un giornalista dovrebbe essere oggi, magari anche domani. Un viaggio difficilissimo, ma bellissimo. Oggi sono un giornalista molto felice di esserlo. E la mia crescita è stata lenta e costante.

    Ora ti spiego perché ho detto sì all’eleggibilità al Consiglio Regionale dell’Ordine dei Giornalisti. Per un motivo personale. Già 5 anni fa ho scelto di cambiare molto perché non volevo far vedere a mio figlio la faccia di un papà infelice, intento a fare un lavoro frustrante. Mi sono allontanato da quel mondo che frequenti, se fai il giornalista, tutti i giorni. Ho lasciato indietro tutto. Candidarmi per cercare di cambiare le cose è l’ultima cosa che farò nel mondo del giornalismo. Per potermi guardare allo specchio e dire: “Ok, ho fatto tutto”. Anche se non sarò riuscito a cambiare una virgola di questo mondo morente.

    L’ho fatto per te. Sì, ma sai perché?

    L’ho fatto anche per te. Sì, anche per te. Perché sono il cambiamento che la professione giornalistica dovrebbe intraprendere. E voglio metterlo sul tavolo per vedere se la mia esperienza può far cambiare le cose per tutti. Lo faccio solo perché sono un fan della Teoria dei Giochi di John Nash (Hai visto “A Beautiful mind”?). Se questa professione si riprende, io ci guadagno. E tu anche. So che fatica si fa a inseguire i soldi. So che fatica si fa a collaborare coi giornali, so che fatica si fa a essere imprenditori di se stessi. Ho penato, contato i centesimi, mandato pec per recuperare crediti, ho battuto il marciapiede.

    Sono un Forrest Gump che corre dritto verso il futuro del giornalismo. E fa, fa, fa, sperimenta, prova, sbaglia, si incasina, casca, si rialza, riparte. L’ho fatto per te perché io sono te. Allora leggi qui come si fa a votare e datti una mossa perché Forrest Fac vuole correre fino alla stanza dei bottoni e dire due cose. “Giornalista è chi Giornalista fa” e “Ragazzi, il futuro è da quella parte”.

    Ti aspetto.

  • Stati Generali dell’Informazione: conclusioni e documenti

    Stati Generali dell’Informazione: conclusioni e documenti

    Stati Generali dell’Informazione: finalmente il futuro.

    Si sono conclusi da qualche ora gli Stati Generali dell’Informazione in Lombardia, evento che su due giorni ha offerto uno sguardo sul presente e sul futuro del giornalismo nella mia regione di importanza notevole. Una due giorni divisa nel corso di formazione della mattina di sabato 22 aprile (a proposito, grazie per il grande interesse mostrato nei confronti del mobile journalism e del mio speech del quale ti giro la presentazione) e le conclusioni andate in scena nella mattinata di oggi dopo il lavoro svolto ieri dai tavoli tematici sulla professione.

    E’ stato un momento importante, nel quale ho avuto la netta impressione di poter contare nell’operazione di “riscrittura” del futuro della professione giornalistica, almeno nell’ambiente a me più contiguo. E’ stato un lavoro molto duro, portato avanti, dallo staff degli Stati Generali e dalle Autorità Regionali che hanno aiutato la riuscita della manifestazione, con il preciso obiettivo di mettere mani al cambiamento del mondo dell’informazione.

    Abbiamo tirato una riga.

    Abbiamo tirato una riga, sintetizzando delle proposte in un documento ufficiale che verrà portato in seno alle massime istituzioni giornalistiche. Si è concluso il primo atto di un lavoro che è iniziato oggi, non certo finito oggi. E il mobile journalism è al centro del cambiamento. Le slide di riassunto del documento le puoi trovare qui, ma ti assicuro che la redazione del documento, letta pubblicamente nella Sala Solari del Palazzo delle Stelline, supera di gran lunga il riassunto del power point. Non te la giro ora perché attendo dallo staff la versione finale, ma si è parlato con puntualità e impegno di molti “nuovi modi” di fare giornalismo e di molte nuove necessità da soddisfare per vincere la sfida della rivoluzione digitale.

    Freelance, prima di tutto.

    Finalmente si è parlato di freelance e in modo profondo: le loro esigenze sono quelle che vanno soddisfatte per prime: noi freelance siamo la colonna portante del lavoro giornalistico. Poche balle. Finalmente si è lasciata da parte la questione politica per fare posto alle reali esigenze del giornalismo che cambia. Io c’ero e ho lavorato a questo progetto per questo motivo: poche chiacchiere, tanti fatti. Ecco le voci conclusive della manifestazione, una sorta di resoconto per immagini.

    Ora comincia il lavoro.

    Comincia il lavoro in altre sedi: deve portare al cambiamento e al far diventare stabili gli Stati Generali. Per fare la fotografia dello stato delle cose e per pensare ai cambiamenti da fare nel futuro. Il motivo? Il giornalismo deve restare al passo con l’evoluzione della società e la società cambia ogni giorno. Quindi anche il giornalismo lo deve fare. Deve cambiare ogni giorno.

    Mi prendo la briga di chiudere polemicamente. Chi non era seduto a quei tavoli, non critichi. Poteva venire a sedersi e dire la sua. L’ho già scritto, ma te lo risottolineo: il giornalismo si cambia stando dentro, non certo da fuori. Alla marea di colleghi che sembrano avere la soluzione in tasca, dico solo una cosa: vi state sbagliando, di grosso. L’unica via per cambiare il giornalismo è farlo insieme.