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  • “Lo smartphone è la penna del nostro tempo”

    “Lo smartphone è la penna del nostro tempo”

    Il mio viaggio di studio a Londra si è rivelato pieno di suggestioni.

    Mi ha regalato un mare di idee buone per la didattica dei corsi di formazione e per il mio patrimonio di conoscenze professionali. Viaggiare per motivi di studio è un’esperienza che ti cambia nel profondo e che rimette in discussione quello che pensi e quello che vedi. In queste ore posso dire di aver ricevuto, dagli incontri che ho avuto e dalla realtà che ho osservato, la conferma che esiste una forte crescita di quella che io chiamo mobile media economy e che dobbiamo parlarne proprio noi che facciamo giornalismo mobile.

    La ri-definizione della materia.

    Cosa intendo per mobile media economy? Tutto sommato si tratta di dare dignità unitaria a tutti quei processi che creano ricchezza grazie a prodotti, servizi e contenuti che vengono realizzati, distribuiti, visti, consumati con lo smartphone. Al centro di questa economia ci sono i produttori di contenuti che, grazie allo smartphone, possono creare valore aggiunto in modo diretto, magari intermediato soltanto da una piattaforma di distribuzione del contenuto. Detto in modo semplice: insegnare mobile content creation è solo metà del mio progetto. L’altra metà è insegnare gli strumenti che, dallo smartphone fanno partire quelle operazioni che creano ricchezza.

    Lo smartphone è la nostra penna, il video la nostra lingua.

    Dove voglio arrivare? Semplice. Appreso il mojo come strumento, ognuno di noi è in grado di fare contenuti di valore editoriale. Il fine di questi contenuti è il più vario e va dal miglioramento della propria immagine alla vendita del contenuto, alla progettazione di un vero e proprio business dei media. Già, perché un hub di informazione per il quale il pubblico voglia pagare potresti anche crearlo da solo. Con uno smartphone. Perché lo smartphone “è la penna della nostra epoca e il video è il nostro linguaggio – dice il direttore dell’innovazione e della formazione di Thomson Foundation Hosam El Nagar -. Dobbiamo saperlo usare bene e riuscire a entrare in questo ecosistema che, ormai, vede tutti noi informarsi proprio grazie allo smartphone”. Qui sotto la versione integrale della nostra intervista.

  • Mobile journalism: scende in campo la Thomson Foundation

    Mobile journalism: scende in campo la Thomson Foundation

    Thomson Foundation e mojo: tutto il sapere è online.

    La Thomson Foundation, organizzazione inglese intitolata a Lord Roy Thomson, magnate anglocanadese dei media e storico padrone del The Times negli anni ’60, ha messo in campo una squadra imponente, in questi giorni, per monopolizzare l’attenzione dei giornalisti di tutto il mondo e convogliarla verso il mobile journalism. Il format? Quello dei corsi online, con una offerta che parla chiaramente di un pacchetto molto ricco, in grado di fornire preziosissimi strumenti per il futuro professionale.

    Il catalogo, che puoi trovare su questo link, è orientato al mojo, ma anche a tutti quegli ambiti che attengono direttamente alla produzione di contenuti in mobilità. Nei corsi della Thomson Foundation, infatti, si può trovare il guru del mojo internazionale Glen Mulcahy che sciorina la sua materia, ma parla anche di video a 360 gradi.  Oppure dei “teacher” come Chris Birkett, ex Telegraph e BBC, il quale introduce al giornalismo multipiattaforma.

    Un pacchetto di corsi da urlo.

    Le pagine della Thomson Foundation offrono davvero il meglio della preparazione mojo in questo momento. Mi attirano molto un paio di passaggi sul trust e sulla reputation, ma anche sull’engagement e sulle community da creare. Ricorderai, infatti, che da sempre penso che il giornalista debba coltivare con estrema attenzione il suo brand e la sua comunità di lettori: ebbene, questi corsi offrono il meglio per far crescere questi aspetti. Un altro dei punti centrali di questo programma didattico e quello di giornalismo multipiattaforma.

    Il motivo è semplice: la Thomson Foundation sa bene che i giornalisti ora si devono preparare a produrre contenuti da caricare su ogni tipo di pubblicazione. Per questo motivo “Journalism Across Multiple Platform” è uno degli snodi principali di questo pacchetto della Thomson: insegna come i lettori consumano le notizie sui vari siti social, per poi addentrarsi anche sulla produzione di contenuti adatti alle diverse tipologie di luoghi di pubblicazione.

    Si parla anche di Business.

    In questo bundle di corsi che si chiama TFJN, Thomson Foundation Journalism Now, si parla anche di affari sempre con Chris Birkett con il corso “The Business of Journalism: Creating a Brand & Building an Audience“. Capisci dal titolo che è un vero concentrato di indicazioni su come creare modelli di business vincenti per i mojoer e per i giornalisti di oggi. I quali devono essere brand, devono essere talmente riconoscibili nel loro campo dal divenire fonti dirette di informazione, senza l’intermediazione di un editore.

    Già che sono metto giù anche i prezzi: si va dai 350 dollari del corso tenuto da Glen Mulcahy sul mobile journalism fino ai corsi free. Aggiungo anche un paio di altre notizie che possono essere molto utili. Proprio direttamente dall’amico Glen è arrivato un codice sconto di lancio per i due corsi prodotti da lui che ha definito questa avventura come “molto impegnativa, ma importantissima, visto il valore che la Thomson sta dando al mojo”. Si tratta di “mojolaunch50Glen” che abbasserà al 50% le tariffe dei due percorsi firmati Mulcahy.

    La Thomson Foundation guarda oltre.

    C’è un altro modo interessante per regalarsi questi corsi da sogno: se uno riesce a completare efficacemente due dei tre corsi Free contrassegnati con la sigla JN01, JN02 o JN07, avrà libero accesso a un corso a pagamento a scelta. Insomma ragazzo, fatti un mazzo così e studia i corsi gratis. Poi fai quello di Mulcahy: ci siamo capiti?

    Buono studio con la Thomson Foundation, una istituzione che guarda molto lontano e vede molto bene.