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  • Osmo Pocket 2: dallo smartphone al cinema

    Osmo Pocket 2: dallo smartphone al cinema

    Ho provato la Osmo Pocket 2, nuova versione della microcamera stabilizzata di Dji.

    Il micro strumento della famosa marca cinese specializzata in droni non mi aveva convinto nella sua prima versione. Con la numero due è cambiato tutto… o quasi. La Osmo Pocket 2, infatti, è uno strumento indispensabile per portare ancora più in alto la qualità delle immagini che produci con lo smartphone.

    Osmo Pocket, i problemi della prima versione

    Alcune cose della prima release della Osmo Pocket non mi convincevano. Sembrava un giocattolo poco professionale, almeno visto con gli occhi di chi produce un contenuto. Ottima per la stabilizzazione, pessima, per esempio, per l’audio. Non si capiva bene se questa camera fosse una semplice sport-cam, come la Go Pro, per intenderci, o volesse essere qualcosa di più. Come sai non parlo di tecnica, ma di utilizzo dell’aggeggio: ebbene, la Osmo Pocket, col tempo, mi ha contraddetto sul campo. La seconda versione ha fatto ancora di più.

    Le prime esperienze con la due

    Filmati in 4k a 60 fps, fotocamera da 64 mega, stabilizzazione a tre assi, active track (ti segue se ti muovi davanti a lei, per intenderci). La nuova creatura di Dji ha delle caratteristiche che la rendono molto potente sotto il profilo tecnico, ma è notevolmente migliorata anche nella sua esperienza di uso. Ecco le prime foto e i primi video stabilizzati che ho realizzato passeggiando per Milano il 16 gennaio 2021.

    Perché comprare la Osmo Pocket 2

    La microcamera ha sconfitto completamente i problemi dell’audio, equipaggiandosi di quattro microfoni che creano l’audio direzionale il quale si modula a seconda dei tuoi spostamenti davanti a lei. Oltretutto è stata dotata di una basetta e di un microfono wifi che può permettere di creare splendidi “piece to camera” anche in pieno movimento e da lontano. Insomma, con i suoi accessori, può essere uno strumento con il quale lavori in modo autonomo, usando lo smartphone solo per scaricare i pezzi e montarli. La Osmo Pocket 2, però, è necessaria quando fai le immagini di copertura che, con la sua spettacolare stabilizzazione, portano i tuoi video a una qualità cinematografica.

    Perché non comprare la Osmo Pocket 2

    Grandi motivi non ce ne sono, ma è davvero respingente la maniera di affrontare i clienti della Dji. La base, infatti, costa 359 euro, ma è completamente sfornita di accessori che sono determinanti per l’uso completo di questa microcamera, la quale non è una semplice sport-cam, ma uno strumento che vale le più costose camere cinematografiche, almeno in movimento. Per questo sei comunque obbligato ad acquistare gli accessori se vuoi, per esempio, usarla come seconda camera wifi controllata da un secondo telefonino (altra cosa che faccio spesso nelle interviste). Anche il microfono dedicato è a parte. Ecco, piccolo problema, se vuoi acquistare gli accessori a parte non si trovano…

    Il motivo? Semplice. Vogliono farti acquistare la versione combo, con tutti gli accessori compresi. Lì il prezzo sale a 519 euro. Non va bene, ci vorrebbe più chiarezza. Comunque se vuoi portare al livello più alto possibile le tue immagini, lei è la risposta.

    Leggi anche – Nel 2021 il mobile journalism diventerà grande

  • Il progetto Da Noi a Noi

    Il progetto Da Noi a Noi

    Sto sviluppando un nuovo racconto in collaborazione con l’agenzia Interlaced, splendida interprete nel mondo della comunicazione integrata.

    Per il brand della grande distribuzione Mercatò, sono stato incaricato di raccontare il marchio Da Noi a Noi che il player piemontese della grande distribuzione ha creato per valorizzare prodotti e produttori del territorio. Il mio compito è quello di visitare le aziende, di scoprire i tesori della terra piemontese e di raccontare le storie delle persone che ci sono dietro le eccellenze che il marchio richiude e porta sugli scaffali per i suoi clienti.

    Ecco il primo dei video di questo racconto che si svilupperà per alcuni mesi. Sarà interpretato, sia nel filming, sia nel montaggio, con strumenti, software e tecniche prese dalla mobile content creation. Buona visione.

  • La mobile content creation nelle aziende

    La mobile content creation nelle aziende

    Mobile content creation, un modo per cambiare il futuro di un’impresa

    “Every company is a media company”: è questo uno dei mantra più importanti del brand journalism. Ormai, grazie alla disintermediazione offerta dalle piattaforme sociali, le quali permettono alle aziende di raggiungere il proprio bacino di clienti, ogni impresa che vuole stare in modo adeguato sul mercato deve produrre dei contenuti in autonomia. Per molti motivi, principalmente legati al racconto che una compagnia vuol fare di se per creare il giusto coinvolgimento con la propria community e mandare all’esterno messaggi perfettamente coerenti con la propria mission e vision. La mobile content creation può essere un ingrediente decisivo di questo tipo di progettualità.

    Aumenta il valore delle risorse interne

    Per usare la mobile content creation bisogna, innanzitutto, formare le risorse interne. Saper fare un video professionale con lo smartphone, per il vostro ufficio stampa o il vostro ufficio marketing, è un vantaggio competitivo che aumenta il valore e la produttività delle vostre risorse interne e la profondità della loro azione.

    Inserire nel programma di formazione anche questa materia, indubbiamente, creerà maggiore soddisfazione nelle risorse interne e maggior senso di appartenenza. Oltretutto la mobile content creation può coinvolgere tutti i dipendenti nel processo di produzione di un contenuto e anche questa può essere un’arma di valorizzazione e di costruzione di una squadra. Con un telefonino, infatti, ogni dipendente sarà in grado di registrarvi un contenuto e di partecipare a un risultato, sviluppando empatia e partecipazione nei confronti dell’ambiente.

    Parla ai clienti in un modo unico.

    La mobile content creation permette di fare contenuti video con un linguaggio diverso rispetto alla videografia normale. Chi produce video in mobile arriva più vicino alle storie, riprende in modo atipico i prodotti, gira immagini più informali, le quali portano il cliente potenziale più vicino al valore dell’azienda e delle sue creazioni. I protagonisti dell’azienda, poi, si faranno intervistare in un modo più veritiero, informale, meno finto. Insomma, l’azienda che usa la mobile content creation la può mettere a frutto creando un modo unico di parlare a chi la segue.

    La mobile content creation mette l’azienda nel tuo telefonino.

    Ormai molte delle automazioni aziendali vengono gestite dai telefonini, ma con la mobile content creation puoi gestire anche la comunicazione senza mai utilizzare un computer. Così come produci dal telefono, puoi anche pubblicare i contenuti dal telefono e, dallo stesso smartphone, monitorare i risultati e la penetrazione dei tuoi contenuti nell’agone mediatico. Non appena si ingenera una richiesta, un commento, un’interazione dal cliente, la tua risposta può essere pronta.

    L’arma mobile è molto potente e va appresa con pazienza o con passione. Non va sottovalutata. Dietro video professionali, anche fatti con gli smartphone, ci devono essere persone che conoscono questa cultura e le sue evoluzioni, le quali sono rapidissime. È per questo, infatti, che per far entrare la mobile content creation nell’azienda, ci vuole un professionista di questo campo. Che sappia produrre, se ti serve, formare e sovrintendente ai flussi di lavoro. È un progettista e un produttore, ricordalo. E usalo.

    Basta tremolii, basta contenuti pessimi.

    Basta, quindi, con video tremolanti o dirette social da incubo (a proposito, anche quello delle dirette è un campo che si affronta col mobile). Preparati ad avere, a fare, a produrre tu, a pubblicare, a creare un progetto editoriale che impatti sui clienti in un modo unico. Tra l’altro apprestati a essere stupito dal contenimento dei costi che la mobile content creation realizza. Sei pronto?

  • Adobe Premiere Rush su Android cambia la storia dei media

    Adobe Premiere Rush su Android cambia la storia dei media

    Ieri è stato un giorno storico per la mobile content creation, per merito di Adobe Premiere Rush

    Dal 21 maggio 2019, infatti, è possibile scaricare Adobe Premiere Rush per Android e avere a disposizione quella app di editing di cui ti avevo parlato in questo pezzo qui ma anche in questo pezzo qui, pure per i telefoni del Robottino (per ora il numero delle device abilitate è abbastanza limitato). Questa scadenza, questa data, cambia le cose della mobile content creation in tutti i sensi perché ieri ha visto la luce la prima piattaforma creativa che può farti montare un contenuto video con qualsiasi aggeggio mobile tu abbia. Sto parlando, infatti, di un software che ha una versione per mac, una per pc, una per iPad, una per iPhone e una, da ieri, per telefoni Android.

    Il segreto è nella nuvola

    Adobe è entrata in campo, per quanto riguarda il montaggio video da smartphone e tablet, con tutta la potenza del suo concetto che riguarda la nuvola e ha approntato una app che è una base potentissima su cui si svilupperà il lavoro dei prossimi periodi. Oggi l’ho provata creando il video che vedi qui sotto (con qualche imprecisione) in due versioni diverse e con due device diversi dalle 16.10 alle 16.49. L’ambiente di lavoro sugli smartphone (io ho lavorato su un iPhone 7plus e su un Note 8) è famigliare e facile da comprendere, intuitivo e veloce. Può essere vissuto in verticale e porta alla lavorazione di video immediati e veloci, ritmati e adatti ai social. Insomma Rush fa creare in velocità e fa scatenare la creatività per la sua facilità d’uso. Ho impostato facilmente in Android il lavoro in 26:9 con qualche copertura “basic” e due sottopancia. Poi ho provato il grande segreto di Adobe Premiere Rush.

    Due formati fatti in contemporanea.

    Così, mentre caricavo il video in 16:9 per la mia diretta multicast, ho continuato sull’iPhone a produrre il formato verticale e ho visto una grande cosa. Il riallineamento dei formati da orizzontale a verticale è sorprendente e nasconde quello che mi ha spiegato in una telefonata Fred Rolland. Di chi sto parlando? Sto parlando dello Strategic Manager di Creative Cloud per imprese e Video, EMEA di Adobe, di stanza a Parigi. Verticalizzare il lavoro che ho fatto è stato facile in un modo disarmante e ho visto con i miei occhi le grafiche ritararsi seguendo il cambiamento dell’immagine.

    E’ nato Adobe Sensei… un maestro AI

    Senti cosa dice Rolland: “Rush per noi è la base per uno sviluppo futuro che avrà dei confini sorprendenti – mi ha raccontato al telefono – e che regalerà ai creatori di video una piattaforma mai vista prima, uno strumento che li farà lavorare in totale libertà. E volete sapere grazie a cosa? Grazie a Adobe Sensei. Si tratta di tutta quella parte di programmazione che sta dietro a Rush e che rappresenta la base tecnologica di intelligenza artificiale con la quale abbiamo già rivoluzionato alcuni passaggi, come il cambiamento di formato e l’armonizzazione della voce con la musica. Però sappiate che ci apprestiamo a fare di più, molto di più. Gli speech to text e la sottotitolazione automatica possono essere due scenari futuri che Rush implementerà con l’aiuto della AI, una AI che è già presente nella nostra struttura base e che sarà l’ingrediente con il quale rilanceremo la creatività video nel mondo”. Il tutto grazie al nuovo Sensei di Adobe che, questo lo penso io, avrà anche il merito di riuscire a far parlare Rush con tutta la suite di Creative Cloud.

    Le prime impressioni.

    Adobe Premiere Rush ha una filosofia diversa rispetto alle altre suite. Spinge sull’immediatezza e sul montaggio lineare se è vero che, per esempio, per mettere della B-Roll sulla seconda timeline l’operazione deve’essere fatta in due passaggi perché il video aggiuntivo casca prima sulla timeline di base e poi può essere lavorato. Mi voglio, tuttavia, prendere del tempo, più di un mese, diciamo, per ragionare su come Rush ti invita a lavorare e assecondarla. Titoli, musica, transizioni: tutto è immediato, tutto lavorabile in secondi. “L’idea è che Rush sia una suite che fa lavorare in flusso e regala una grande libertà. La libertà di produrre ovunque e di vivere quello che si sta raccontando con le immagini con serenità, perché trasformarlo in un racconto visuale è facile, ma dal risultato qualitativo”.

    I perché di una rivoluzione

    Perché Adobe Premiere Rush cambia il mondo dei media? Semplice, perché é una suite che non ha barriere e ha tutto quello che le serve dentro il suo cuore, quella nuvola grazie alla quale io oggi sono passato dal Note 8 all’iPhone nel giro di pochi secondi. Provate a portare questa benedetta possibilità dentro i flussi di lavoro delle redazioni e scoprirete un mondo con infinite possibilità, visto che gli aggiornamenti su tutte le device che lavorano su uno stesso video sono automatici e possono instaurare un flusso di lavoro che regala un’interazione perfetta tra risorse che sono sui luoghi degli eventi e delle notizie e risorse che nella newsroom integrano il lavoro e ne curano poi l’emissione.

    Accetto la sfida, Rush.

    Se invece porti il ragionamento ai freelance l’arma di poter lavorare da fisso e da mobile e far vedere (sperando che non tocchi eh…) il lavoro al cliente in tempo reale, penso che liberi potenzialità enormi. Rush è ancora all’inizio e già costa 12 euro. Qualcuno polemizza, ma il cloud, la licenza per tutti i device e le sinergie che fa sviluppare a mio avviso valgono la pena. A patto che Rush ci regali dei miglioramenti che favoriscano il montaggio non lineare (per accontentare noi vecchi bacucchi che montiamo ancora pensando alla tv). Però accetto la sfida e rilancio. Se Rush mi fa cambiare modo di scrivere i video io ci sto e spacco tutto. Vediamo cosa succede.